Il DIZIONARIO COMPARATIVO LATINO-ETRUSCO di Massimo Pittau
Io sono del parere che il titolo della presente opera Dizionario Comparativo Latino-Etrusco sia già per se stesso del tutto chiaro e significativo circa il problema che esso tratta: esso contiene un elenco di circa 2.350 vocaboli latini (antroponimi, toponimi ed appellattivi) i quali corrispondono ad altrettanti vocaboli etruschi.
In effetti il verbo da me adoperato corrispondere fa preciso riferimento a quell’operazione che noi linguisti chiamiamo «comparazione»; e in realtà questo mio Dizionario procede a comparare fra loro 2.350 vocaboli latini ed etruschi.
In glottologia o linguistica storica la «comparazione» non è la stessa cosa della «derivazione» dei vocaboli, ossia della loro “origine” od “etimologia”. Questo Dizionario pertanto persegue ed indica la «comparazione» di vocaboli latini con altrettanti etruschi e viceversa, mentre lascia da parte il problema della loro “derivazione” od “etimologia”. Quest’ultimo problema invece è lasciato e demandato ad altri eventuali studi di altri eventuali linguisti.
Su questo differente problema della “derivazione” o della “etimologia” dei vocaboli latini ed etruschi studiati, io qui mi limito a fare questa sola considerazione: la “derivazione” può avere una direzione orizzontale ed inversa, cioè procedere dal latino all’etrusco ovvero dall’etrusco al latino; oppure può avere un direzione verticale, dall’alto verso il basso, cioè procedere da una eventuale comune lingua-madre originaria (non sono pochi i linguisti che sostengono che anche l’etrusco è una lingua indoeuropea) oppure dal basso verso l’alto (dal greco al latino e all’etrusco, oppure dal cosiddetto “sostrato mediterraneo” al latino e all’etrusco).
Di questo problema specifico della “derivazione” o della “etimologia” io nel presente Dizionario parlo molto poco e se non in rare e fortunate occasioni, motivando questa mia rinunzia col fatto che l’opera di “comparazione” che ho effettuato fra il latino e l’etrusco è stata già un lavoro molto lungo, faticoso ed impegnativo. Adesso si facciano avanti altri linguisti a continuare la ricerca ed a tentare dunque anche il problema della “derivazione” o della “etimologia” dei vocaboli latini e di quelli etruschi trattati.
Antroponimi ed appellativi
È molto importante premettere e ricordare un fatto che tutti gli specialisti di lingua etrusca conoscono bene: la grande maggioranza dei vocaboli etruschi che ci sono stati conservati è costituita da antroponimi, cioè praenomina, gentilicia, cognomina. Da questa circostanza deriva necessariamente che anche i corrispondenti latini citati e studiati siano anch’essi in larga maggioranza antroponimi.
È pure cosa abbastanza nota che la vecchia ma sempre importante opera di Wilhelm Schulze, Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen (1904) ha messo in evidenza una ampia corrispondenza di antroponimi latini con altrettanti antroponimi etruschi. Nella mia recente opera Dizionario della Lingua Etrusca (Sassari 2005) ritengo di avere – in virtù dei successivi rinvenimenti di nuove iscrizioni etrusche – notevolmente allargato il numero di quelle corrispondenze, arrivando al numero di circa 1.600 antroponimi etruschi che corrispondono, in maniera più o meno sicura, ad altrettanti antroponimi latini.
Questa ampia corrispondenza di antroponimi latini ed etruschi innanzi tutto dimostra all’evidenza un fatto socio-linguistico molto importante: agli inizi della storia di Roma, in età monarchica, c’era una notevole mescolanza e fusione delle due comunità etniche, romana ed etrusca. La quale cosa si spiega abbastanza facilmente con due circostanze sicuramente accertate dalla storiografia recente. Innanzi tutto il fiume Tevere all’inizio non era al centro del Latium vetus, come sarà in seguito, ma ne costituiva il confine settentrionale rispetto all’Etruria, ragion per cui Roma era una città di confine tra le due etnie (non a caso lo stesso nome di Roma è molto probabilmente etrusco, uguale al vocabolo etrusco-latino ruma «mammella, seno», indicante la grande “insenatura” che il Tevere fa di fronte all’isola Tiberina; e pure il nome del fiume era probabilmente etrusco). In secondo luogo sappiamo che per più di un secolo Roma fu retta e governata da una dinastia etrusca, quella dei Tarquini, in virtù di cui si intravede che l’elemento antropico etrusco in quel periodo giocò un ruolo importante nella vita della città.
È anche possibile e verosimile trovare ed indicare per il reciproco scambio lessicale tra le due lingue, etrusca e latina, un discrimine di carattere cronologico: all’inizio, all’epoca della monarchia appunto, quando una dinastia etrusca tenne lo scettro a Roma per più di un secolo, l’influsso linguistico etrusco sulla lingua latina sarà stato preponderante rispetto a quello inverso. Invece, in seguito, all’epoca della repubblica, quando i Romani riuscirono a penetrare in Etruria, conquistando una città etrusca dopo l’altra, l’influsso linguistico latino sull’etrusco sarà stato preponderante rispetto a quello inverso.
A questo punto è necessario ricordare che in tutti i domini linguistici gli antroponimi hanno un valore “singolare” o “individuale”, in quanto denotano od indicano un singolo e reale individuo umano o un singolo e reale gruppo familiare; ma in origine tutti gli antroponimi erano altrettanti appellativi (sostantivi, semplici o composti, oppure aggettivi sostantivati), i quali invece denotavano o indicavano un genere o una specie o una classe. Questo fatto – ormai sicuramente acquisito dalla linguistica storica – implica che gli antroponimi, latini od etruschi, non indicavano solamente un singolo individuo o una singola famiglia o gens, ma in molti casi richiamavano anche altrettanti appellativi, latini od etruschi. Ad esempio, i gentilizi lat. Caesius, Claudius, Plaut(i)us, corrispondenti rispettivamente a quelli etr. Caisie, Clavtie e Plaute, richiamavano anche gli aggettivi lat. caesus «che ha gli occhi azzurri o verdastri», claudus «zoppo, zoppicante, claudicante» e plautus «piatto, largo». Questo fatto implica che è molto probabile e verosimile che nella lingua etrusca esistessero anche gli aggettivi *caise «che ha gli occhi azzurri o verdastri», *clavte «zoppo, zoppicante, claudicante» e *plaute «piatto, largo».
E si intravede facilmente che questa importante circostanza può essere molto utile e funzionale per la eventuale interpretazione e traduzione di vocaboli della lingua etrusca, sia riguardo a quelli già documentati e letti sia rispetto a quegli altri di eventuale rinvenimento futuro. Dunque è chiaro che la accertata larga corrispondenza di antroponimi etruschi con altrettanti latini, gli uni e gli altri anche semplicemente omoradicali o corradicali, costituisce una importante prospettiva e direzione per la ermeneutica od interpretazione della lingua etrusca. Tanto che possiamo logicamente concludere col formulare il seguente criterio metodologico generale: siccome è molto probabile e verosimile che siano stati numerosi i vocaboli latini entrati nella lingua etrusca – probabilmente più numerosi di quanto si è fino ad ora pensato -, ai fini della interpretazione dei singoli vocaboli etruschi è del tutto lecito e anche funzionale ed utile fare riferimento ad altrettanti vocaboli latini, i quali già nella veste fonetica si presentino come corradicali od omoradicali con quelli etruschi da interpretare; col risultato finale che il valore semantico o “significato” dei vocaboli latini è molto probabilmente anche il valore semantico o “significato” dei corrispondenti vocaboli etruschi.
E tengo a precisare che questa nuova prospettiva di interpretazione di vocaboli etruschi di fatto mi si è dimostrata feconda e funzionale, come si potrà verificare abbastanza facilmente coi risultati di questo mio nuovo Dizionario Comparativo Latino-Etrusco rispetto all’altro mio pur recente Dizionario della Lingua Etrusca.
Gli studi precedenti
Questo mio nuovo Dizionario Comparativo Latino-Etrusco, nella sua strutturazione generale e nella sistemazione del materiale linguistico studiato, non trova riscontro esatto in opere di altri linguisti precedenti. Esso ha un certo precedente similare in una mia opera di 25 anni fa, il Lessico Etrusco-Latino comparato col Nuragico (Sassari 1984). Rimando a quella mia opera il lettore che voglia vedere una più ampia trattazione od un approfondimento di accostamenti da me effettuati fra vocaboli latini e corrispondenti vocaboli etruschi.
Riscontri di carattere linguistico generale al presente Dizionario invece si trovano in primo luogo nell’importantissimo e geniale studio di Alfred Ernout, Les éléments étrusques du vocabulaire latin, pubblicato nel «Bulletin de la Societè de Linguistique» (XXX, 1930, pag. 82 segg.) e ripubblicato nella raccolta dello stesso A. Ernout, Philologica, I (Paris 1946, pagg. 21-51). In secondo luogo riscontri si trovano nell’ampia opera di Gertraud Breyer, Etruskisches Sprachgut im Lateinischen unter Ausschluss des Spezifisch Onomastischen Bereiches, Uitgeverij Peeters en Departement Oriëntalistiek, Leuven 1993.
Per questa sua ampia opera (di 641 pagine), la Breyer, allieva viennese del noto etruscologo Ambros Joseph Pfiffig, merita le più ampie lodi. L’opera, per gli anni in cui fu composta e pubblicata, era veramente “completa” (non vi compare però la mia su citata opera…) e ad essa non potranno fare a meno di rivolgersi coloro che intendano approfondire il tema dei rapporti fra la lingua etrusca e quella latina.
D’altra parte a me sembra che l’opera della Breyer abbia pure qualche difetto. In primo luogo essa è prolissa e sovrabbondante, non avendo l’Autrice fatto alcun lavoro di selezione nel materiale esaminato e pubblicato, col risultato di aver inserito nel suo lavoro anche non pochi richiami linguistici precedenti, che invece erano senz’altro errati o almeno troppo dubbi e pertanto erano da tralasciarsi del tutto. Ne è derivata anche la conseguenza che l’opera risulta essere di complicata e fastidiosa consultazione.
In secondo luogo la Breyer ha, a mio avviso, ecceduto nel tentativo di rintracciare e di indicare accostamenti fonetici di vocaboli etruschi a titolo di omoradicalità o corradicalità. Ad esempio, mi pare senz’altro esatto l’accostamento, da lei fatto, dell’antroponimo lat. Alapo,-onis con quello etr. Alapu e quindi con l’appellativo lat. alapa «ceffone, schiaffo», ma mi sembra da doversi respingere il riferimento anche alla radice *alp-, che invece trova altri e differenti riscontri negli antroponimi etruschi Alpnana, Alpna, Alp(i)u (DETR 40) e in quelli latini Alpicus, Alpinus, Alpinianus, Alpin(i)us, Alpionius, Alpius.
Ancora l’Autrice ha, a mio avviso, errato nel tralasciare quasi del tutto gli accostamenti relativi al materiale lessicale latino-etrusco di carattere esclusivamente antroponomastico; ed invece anche questi accostasmenti, come ritengo di avere dimostrato nelle righe precedenti, sono molto importanti ed utili in vista di un approccio ermeneutico alla lingua etrusca.
Infine l’opera delLa Breyer presenta un altro difetto, questo però non dipendente dalle decisioni dell’Autrice: la sua opera, finita nel 1987, ma pubblicata soltanto nel 1993, non ha potuto usufruire della revisione dell’intero materiale lessicale etrusco effettuata dagli Etruskische Texte di Helmut Rix, i cui due volumi erano pure stati pubblicati nel 1991. Inoltre l’opera della Breyer quando è stata pubblicata risultava aggiornata fino all’anno 1985, mentre questo mio Dizionario Comparativo Latino-Etrusco risulta aggiornato fino all’anno 2005, cioè fino al primo dei due volumi della rivista «Studi Etruschi» (LXXI – MMV), pubblicati nel 2007. In altre parole, questo mio Dizionario risulta, rispetto all’opera di Gertraud Breyer, più aggiornato di esatti 20 anni.
Massimo Pittau
www.pittau.it