Quando la donna viene bruciata a causa della dote di Nozrul Islam
Dhaka (AsiaNews) – Almeno 249 donne nel 2010 sono state uccise per ragioni legate alla dote, secondo dati elaborati dalla Bangladesh Society for the Enforcement of Human Rights. Spesso malmenate, infine cosparse di cherosene e date alle fiamme. E proprio dai loro mariti – o dalle famiglie dello sposo – che agiscono per rabbia o vendetta. Altre volte queste donne vengono prima strangolate e poi legate con una corda e impiccate a un palo, per simulare un suicidio. I numeri sono parziali, tenendo presente i molti casi non segnalati. Ma è un fenomeno in crescita da tenere sotto controllo: nel 2007 i casi registrati erano 145, scesi a 114 nel 2008 e a 109 nel 2009. La stessa società riferisce che, sempre lo scorso anno, almeno 122 donne sono state torturate.
L’attuale sistema della dote, ovvero la pratica secondo cui la famiglia della sposa deve dare una somma al futuro marito, risale a circa cinquant’anni fa. Prima la dote era il cosiddetto “prezzo della sposa”: secondo il diritto di famiglia islamico, lo sposo doveva dare una somma alla donna per convolare a nozze. Un cambiamento recente, la cui causa sembra essere legata a uno squilibrio numerico tra uomini e donne nella società bengalese: nel 1950 le donne erano il 10% in più; nel 1975 il 43% in più.
In un primo momento, spesso, i mariti non chiedono subito la dote. Ma sono proprio casi simili ad avere l’epilogo più tragico. Se la donna non ubbidisce a qualcosa, per esempio, l’uomo si sente in diritto di chiedere la dote. Indice di una mentalità diffusa, che pone il marito in una posizione di superiorità. Accade però che la famiglia della sposa non accetti, o non abbia subito modo di pagare: a quel punto, l’onore del maschio è violato e sente di avere il diritto di vendicarsi.
Il fenomeno è diffuso nella grandi città come nei villaggi, tra le classi medio-alte e quelle più povere. Qualche mese fa, addirittura una professoressa universitaria è stata uccisa per via della dote. Per i benestanti, si tratta di una questione di prestigio: garantire alla figlia una dote alta permette di scegliere un marito dotato a sua volta di buone risorse economiche. Per le classi povere, invece, rappresenta un vero e proprio dramma, perché non sapendo che cosa dare alle figlie non sanno nemmeno che cosa fare per farle sposare.
Dal 1980, in realtà, esiste una legge che proibisce la dote. La norma è stata ritoccata due o tre volte ma, in pratica, non viene seguita: in parte, per negligenza delle autorità di polizia; in parte, per minacce alla famiglia della sposa da parte del marito. A ciò si aggiunge il fatto che la legge è del tutto teorica: si parla in astratto e non ci sono riferimenti a fatti concreti. Questa peculiarità finisce con il penalizzare la parte più debole, ovvero le donne.
Un ulteriore paradosso: il Bangladesh ha aderito alla Convention on the Elimination of All Form of Discrimination Against Women, un programma internazione delle Nazioni Unite che stabilisce in 30 articoli cosa costituisce discriminazione contro le donne e come combatterlo. Ma il Paese non ha sottoscritto in tutte le sue clausole l’art.16 – quello riguardante i diritti della donna nel matrimonio e nella famiglia – per probabili discrepanze con la legge islamica.
Ma il costume della dote ha anche altre conseguenze. Anzitutto, molte famiglie povere s’indebitano per poter garantire una somma sufficiente alla figlia. Molti genitori poi non mandano a scuola le figlie per risparmiare sulla dote, o perché non vogliono investire in qualcosa che poi queste ragazze perderanno. Infine, i matrimoni in giovane età: si calcola che ancora oggi due ragazze su cinque tra i 15 e i 17 anni sono già sposate. Ne conseguono gravidanze precoci, dure forme di depressione e violenze psicologiche oltre che fisiche.
Perché la situazione cambi, è necessario in primis ritoccare la legge e fare in modo che essa sia applicata. Oltre a questo, bisogna cercare di lavorare sulla mentalità sociale e sulla volontà politica. Il ruolo svolto dalle cariche istituzionali non è da sottovalutare: è noto come le autorità religiose delle moschee non prestino alcuna attenzione a tale fenomeno, nonostante sia contrario a quanto scritto nel Corano.
Un movimento islamico di spiritualità ogni anno organizza un grande raduno, al quale partecipano milioni di persone. Durante questa sorta di incontro, talvolta si celebrano matrimoni collettivi di 100-200 coppie, che devono dichiarare pubblicamente di sposarsi secondo i principi dell’islam e di aver rinunciato alla dote. Un’eccezione che testimonia la sensibilità di questo movimento a una tematica dalle conseguenze delicate, ma che è del tutto ignorata dall’autorità ordinaria delle moschee.
La stessa autorità conservatrice che si oppone però ai cambiamenti della legislazione sulle donne.
Asia news