Considerazioni sull’indole oscura dei Chiaramontesi – di Gianni Marras

 

Panorama di Chiaramonti (SS)

Ange de Clermont, uno che non nasconde la propria identità. In questo forse davvero poco chiaramontese o forse un chiaramontese che con lo studio, la cultura, la fede ha saputo affrontare, superare ed elevarsi sulle proprie debolezze. Il chiaramontese tipo è apparentemente freddo e distaccato. Difficilmente agisce d’impeto. Sa covare anche a lungo la vendetta che, prima o poi, in diverse forme e modalità, raggiunge l’obiettivo. Agisce in silenzio, non “si scopre” più di tanto. “Sos maccarrones sunt pius bonos mandigatos frittos”. L’antico adagio ben descrive l’indole radicata del chiaramontese. Giulia Biddau, originaria di Ozieri, maestra nella scuola elementare di Chiaramonti per 30 anni, dal 1889/90 al 1919/20, in una lettera del 20 maggio 1890 al sindaco Niccolò Franchini e al sovrintendente scolastico rev. Salvatore Pezzi, così si esprimeva sulle sue allieve: “bisogna pensare a distruggere il germe del male ed infondere quello della tolleranza e dell’affetto fraterno elevando le fanciulle ad un ambiente più civile di noi stessi se non vogliamo che si diano la taccia del popolo ignorante e barbaro… Di fatto qual è il paese dell’Anglona più miserrimo del nostro? Questa miseria è causata dall’educazione brutale delle madri che inculcano nella prole le massime della vendetta e poi ne otteniamo i frutti corrispondenti… Ciò che manca è l’educazione che crea civiltà”. Il rapporto di un certo chiaramontese con il potere è spesso ambivalente. Sopporta con difficoltà e invidia chi lo detiene, lo desidera e quando lo raggiunge si circonda solo di amici che accettano un rango subalterno. Non sempre gioisce dei successi dei compaesani, ne mette in dubbio il valore, le capacità, la correttezza. Il forestiero vale quasi sempre di più, l’erba del vicino è sempre più verde. Peccato! Lo spirito del Signore, infatti, soffia in ogni luogo e dispensa carismi a tutti. Anche ai chiaramontesi. A buon intenditor poche parole.

Commenti

  1. Dipenderà dalla solitudine ancestrale della vita agropastorale? Dal poco esercizio sul controllo dei propri istinti? Tutto sommato forse come tu dici dalla cattiva educazione o dall’assenza di educazione? O dalla scarsa capacità di leggersi dentro, distinguendo i cattivi sentimenti da quelli buoni? La crescita di un mio compaesano, mi rallegra, mi sembra d’esser cresciuto anch’io. E’ una vita che mi sforzo di far brillare le buone doti dei paesani che spesso incontro. Se poi vanno avanti anche quelli di Martis e di Nulvi, me ne rallegro, sono come compaesani. Con l’invidia, la rabbia covata, il narcisismo parossistico non si va avanti. Che il Signore, per intercessione di San Matteo, ci renda migliori!

    scriptor
    Aprile 2nd, 2011
  2. sicuramente l’invidia, più della vendetta, è il carattere preminente del chiaramontese, che agisce spesso con mentalità ostracizzante (chi non ricorda Cimone?)

    Gianluigi Marras
    Aprile 3rd, 2011
  3. Per fortuna non tutti i chiaramontesi seguono questo stile di vita. Ci sono anche quelli che si rallegrano del successo dei propri compaesani specialmente giovani che rappresentano il futuro della società. Con i compaesani che crescono occorre rallegrarsi e dare spazio.

    scriptor
    Aprile 4th, 2011
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