Le tre comari di Ange de Clermont
Nella strada di un paese di collina, ai tempi dei tempi, nel rione più freddo del paese, viveva Marietta, bianca come il latte lei quanto il marito era bruno come un etiope.
Lei veniva soprannominata dai paesani Bianchina e il marito Nerino, entrambi però non se la prendevano a male: i due soprannomi dicevano il vero.
Bianchina si era sposata giovanissima, tanto che, dopo aver dato alla luce i figli Tore e Nina, appariva sempre più pallida e stanca per le fatiche di madre di famiglia.
Il marito, da buon contadino, sorrideva sempre e lavorava con animo ilare il suo campo di frumento, distante un’ora dal paese. Inoltre in una stalla allevava il maiale per il companatico e quando la pancia del suino toccava terra, in mezzo ad una gran festa di bimbi, lo sacrificava secondo l’uso, aiutato dai compari dirimpettai e dalle comari. Salsicce per l’inverno, carne per un mese, lardo per tutto l’anno e soprattutto dolcissimo sanguinaccio per le feste di Natale.
La donna ogni quindici giorni panificava per la famigliola, lasciando che l’odore del pane, appena cotto in forno, si diffondesse per la via.
Nerino sorrideva sempre e quando incontrava i vicini e gli amici:
-Compare!- andava- Compare!- tornava.
I figli crescevano allegri, ma sembrava che si divorassero la madre Bianchina, tanto la donna appariva pallida e sofferente .
Tre comari di sant’Antonio, più anziane di Marietta, vicine di strada, spesso mormoravano tra loro chiedendosi che cosa avesse la donna:
-Secondo me non è felice, sposando compare Nerino non ha fatto un bel matrimonio!- Iniziava la prima comare.
– E chi doveva sposare secondo te? Quello sfaticato di compare Peppeddu?- Soggiungeva la seconda comare.
– Compare Peppeddu sarà quel che sarà, ma quando suona la fisarmonica, comare mia, mi fa ballare come una trottola!- rispondeva la terza.
– Ballate coma’, ma non vi rendete conto che quel suonatore da ballo, si sta mangiando anche le costole di comare Leonarda!-
– Già e vero anche questo che dite, coma’. Vuol dire che era destino.-
– Che destino, destino! Parlo di Marietta: l’hanno fatta sposare perché compare Nerino l’ha subito messa in cinta, togliendole la possibilità di sposarsi vicino all’altare, nel presbiterio, alla messa delle undici, con l’abito bianco, proprio lei che era Figlia di Maria.-
– Questo è vero coma’, invece si è dovuta sposare alle cinque del mattino, quasi di nascosto, fuori della balaustra.-
– Secondo me – concludeva la terza comare – Marietta non ha sopportato la vergogna davanti al vicario che la portava come esempio e se l’è presa a cuore.-
– Non solo, io ho saputo da una comare della quale non posso dirvi il nome, che il vicario si è fatto un pianto perché a quanto pare Marietta doveva farsi suora!-
-Oih, Gesù mio, questo sì che è stato un dolore per il vicario.-
-Lasciatemelo dire, compare Nerino sembra un galantuomo, ma in realtà è stato un mascalzone. Si voleva sposare per forza comare Marietta e già se l’è sposata, sfrontato che non è altro.-
– Avete capito adesso perché Marietta è infelice e si sta lasciando morire giorno dopo giorno!-
Dall’alto della strada, rientrando dal lavoro dei campi, comparve a cavallo all’asino compare Nerino, fischiettando.
Il crocchio delle tre comari si sciolse come tre galline colte in fragrante accanto ad una corbula di grano da macinare.
Comare Marietta, affetta da tubercolosi, morì dopo qualche anno.
Ai funerali il vicario le tessé l’elogio di madre e di sposa feconda che, colpita dal brutto morbo, se n’era volata nel Regno dei Cieli, lasciando i figli e il marito costernati dal dolore.
Le tre comari si recarono ai funerali, nessuna di loro era sposata, e fecero a gara a manifestare il loro cordoglio a compare Nerino e ai due fanciulli.
Fecero crocchio nella strada anche dopo la morte di Marietta e tutt’e tre si fecero queste confidenza, partendo dalla prima alla terza:
-La storia che doveva farsi suora non era vera, tanto meno il dolore del vicario.-
– Non era vero che la madre le avesse confezionato un abito bianco!-
– Il padre e la madre, poverissimi, avevano chiesto a Nerino di affrettare le nozze, ben sapendo che la donna era ammalata e non aveva molto da vivere e che se doveva amarla, l’amasse pure.-
La prima comare concluse:
-Avete visto coma’, quante cose si vengono a sapere quando una muore e poi la gente, senza sapere le cose, dice, dice…-
Annuirono tutt’e tre, sconciando il crocchio, senza nemmeno arrossire.
Commenti
Questo racconto, fluido e semplice mette in risalto come sia facile con il “gossip”, oggi si direbbe così, a quei tempi “loroddos”, sia piuttosto semplice modificare la vita e le intenzioni di altre persone.
Succedeva allora e succede ancor oggi, quando per entrare in qualche discussione, diamo libero sfogo all’immaginazione, raccontando ad altri cose inventate che arrivano in diversi casi a rovinare la vita o la famiglia di tante persone.
E così come allora, alcuni episodi riassumono fatti diversi da quello realmente accaduto, perché possa essere ritenuto più interessante e vivace da chi ci ascolta in quel momento.
Non facciamo caso che a volte il detto “né uccide più la lingua della spada”, tuttora attuale, è veramente un deterrente per chi già fragile con la propria psiche, commette fatti o azioni che fanno rendere indegni gli uomini ad essere chiamati tali.
Alla fine le comari del racconto danno vita ad un discorso, se così si può dire, di pentimento, ma forse è troppo tardi.
Marietta è morta e la sua riabilitazione agli occhi della gente non la riporterà in vita né potrà dargli una pronta guarigione.
Novembre 25th, 2008
Carissimo Carlo, hai pienamente ragione. Le comari, e i compari però, vorrebbero trovare una spiegazione a tutto, anche alle cose più complesse. Fin qui non ci sarebbe male. Il brutto viene quando per gelosia o per invidia o per gli altri vizi capitali, si vanno a cercare ragioni che finiscono nella maldicenza.
San Filippo Neri aveva dato ad una sua penitente, nel tentativo di toglierle il vizio della maldicenza, il compito di spennare una gallina camminando per le vie di Roma. Tornata da lui le ingiunse di andare a raccogliere le piume. La penitente rispose:- Come faccio, il vento se le ha portate via!-
-Hai visto- concluse il santo- ora raccoglierle è impossibile, per cui il male che hai fatto con la maldicenza, difficilmente lo potrai riparare! Pensaci prima di sparlare del prossimo.-
Speriamo che le tre comari avessero parlato soltanto fra di loro, ma se tutt’e tre avevano passato la voce ad altre tre comari e quelle a loro volta ad altre tre, addio la riparazione della maldicenza.
Da bambino, non potendo andare a scuola, mi capitava spesso, nella strada, di sentire i racconti delle comari e un pò mi divertivo a sentire quel che dicevano. Non te le racconterò tutte tanto sono variegate e diaboliche.
I tempi però non cambiano e l’uomo o la donna restano sempre gli stessi.
In questi brevi racconti spero di offrire a chi li legge qualche insegnamento.
Credi che qualcuno si emendi?
Ange de Clermont
Novembre 25th, 2008
A proposito della diffamazione, Carle’, quell’anima dannata di Voltaire che ha offerto la più abbondante letteratura contro la Chiesa, diceva:
– Calunniate, calunniate, qualcosa resterà!-
Hai capito quanto danno fanno alla Santa Madre Chiesa, di origine divina ma fatta da uomini, le calunnie specie attraverso i mass media.
Noi però dobbiamo pregare per questi calunniatori che non sanno quanto male si fanno, da soli, a gratis.
La nostra meta è l’eternità non la gloriuzza di una pagina di giornale, di un programma blasfemo e diffamatorio televisivo, di una email più o meno corretta in un qualsiasi sito del web.
Ange de Clermont
Novembre 25th, 2008