La Sardegna e l’Atlantide di Massimo Pittau
Con grande strombazzamento della stampa è stata di recente prospettata la tesi, secondo cui la Sardegna antica si identificava con l’Atlantide di cui ha parlato il filosofo greco Platone. Io sono dell’avviso che questa tesi sia del tutto campata in aria.
È abbastanza noto che Platone, anche per le sue doti di poeta, esemplificava e concretizzava le sue tesi filosofiche fondamentali con altrettanti miti o favole, che creava appositamente ex novo. Il mito platonico più noto è quello dalla caverna, la quale rappresenta la realtà sensibile o delle ombre, mentre la vera realtà, quella intelligibile o delle idee (Iperuranio) è quella fuori della caverna. E un altro famoso mito platonico è quello di Eros figlio dell’Ingegno e della Povertà. Ebbene il mito dell’Atlantide è stato creato da Platone per sostenere la sua famosa tesi dello “Stato Ideale”.
C’è da premettere che Platone era un conservatore, il quale non sopportava il regime di democrazia che vigeva al suo tempo ad Atene. Ebbene – dice il filosofo nel dialogo «Timeo» – 9 mila anni prima ad Atene vigeva invece un regime politico simile a quello da lui idealizzato, nel quale governavano i filosofi, difendevano lo Stato i guerrieri e lavoravano in tranquillità gli operai. Proprio per merito di questo Stato Ideale vigente allora ad Atene, gli Ateniesi furono in grado di respingere un poderoso attacco effettuato dagli abitanti di Atlantide, che era una grande isola situata al di là delle Colonne d’Ercole, nell’oceano Atlantico.
In un altro dialogo, il «Crizia», Platone riprese il mito e lo perfezionò nel modo seguente. In origine anche in Atlantide vigeva uno Stato Ideale, con i filosofi-governanti, guerrieri-difensori, operai-lavoratori. E tutto procedeva alla perfezione, anche perché l’isola possedeva in abbondanza tutte le ricchezze e la sua città capitale era stata organizzata minutamente nel migliore dei modi (poco mancava che i cani vi fossero legati con le salsicce!); capitale che in seguito è servita ad altri filosofi per creare le linee di una loro perfetta “Città Ideale”. Senonché gli abitanti di Atlantide pian piano tralignarono e di peggioramento in peggioramento divennero quel popolo che attaccò con tracotanza, ma anche con totale insuccesso, la gloriosa e perfetta Atene di 9 mila anni prima (salvo che purtroppo anche Atene finì col tralignare, dando luogo alla disordinata democrazia del tempo presente).
In questo mito platonico di Atlantide sono particolarmente da sottolineare questi punti: 1) Platone da buon conservatore e quindi da quel buon lodatore del bel tempo antico che era, si rifugiava nel lontanissimo passato sia per mostrare di rifiutare il presente regime democratico di Atene, sia per non avere l’onere della prova per le cose da lui affermate; 2) Il mitico attacco ad Atene proveniente dall’Atlantide, ossia dall’occidente, è chiaramente il corrispettivo di quello storico proveniente invece dall’oriente con le guerre persiane promosse da Dario e da Serse.
Ciò premesso, dico che, dato che l’Atlantide non è altro che un mito creato dalla fantasia di Platone, è semplicemente puerile connettere a questo mito, a questo parto della fantasia del filosofo-poeta, quella concreta realtà fisica, geografica, antropica e culturale che era la Sardegna antica. È come se un padre decidesse di maritare una sua figlia con un eroe dei romanzi a fumetti; come se gli Stati Uniti o la Russia lanciassero un’astronave per raggiungere l’Iperuranio; come se uno studioso di speleologia, nella serie delle grotte elencate e studiate, mettesse anche la platonica “caverna delle ombre”; come se un geografo, in una carta dell’emisfero antartico da lui nuovamente tracciata, mettesse anche la “montagna del Purgatorio”, che secondo la fantasia di Dante esisteva agli antipodi di Gerusalemme…
Notevole è già il fatto che Aristotele, il più geniale dei discepoli di Platone e che ovviamente conosceva molto bene il Maestro, ai superficiali che già da allora si interessavano della effettiva ubicazione dell’Atlantide, avesse suggerito di collocarla là da dove proveniva, cioè nella fantasia di Platone.
D’altra parte, se si esamina la descrizione minuta che Platone fa sia dell’Atlantide come isola sia della civiltà che essa ospitava, ci si accorge facilmente che non c’è nessuna corrispondenza di nessun genere con la Sardegna come isola e con la civiltà nuragica che essa ospitava.
Inoltre è un fatto che Platone metteva l’Atlantide al di là delle Colonne d’Ercole, che al suo tempo erano indubitabilmente nell’attuale stretto di Gibilterra. Ed è pure un altro fatto che Platone metteva l’Atlantide nell’oceano Atlantico, che anche allora era indubitabilmente al di là delle Colonne d’Ercole. Ed un terzo fatto decisivo è che l’Atlantide è linguisticamente connessa con l’Atlantico, per cui è ancora puerile ipotizzare l’Atlandide in un mare differente. Ma allora la Sardegna non c’entra proprio nulla in questo discorso, perché essa non è un’isola dell’Atlantico o, viceversa, il mare in cui si trova la Sardegna non è stato mai chiamato Atlantico.
Per questa strettissima connessione linguistica fra l’Atlantico e l’Atlantide, è del tutto irrilevante sostenere che le Colonne d’Ercole potevano essere non nell’attuale stretto di Gibilterra, bensì altrove. Comunque c’è da rabbrividire di fronte all’affermazione che le Colonne d’Ercole fossero fra la Sicilia e l’Africa settentrionale, le quali in epoca geologiche lontanissime sembra che fossero molto più vicine di adesso. A distanza di centinaia e forse di migliaia di secoli, è assurdo ritenere che gli uomini – che forse neppure esistevano ancora nella faccia della terra – pensassero che le Colonne d’Ercole fossero tra la Sicilia e l’Africa e che la loro credenza potesse arrivare di millennio in millennio fino all’epoca di Platone.
Ma c’è un’ultima considerazione, la quale di certo non è la meno importante: Platone nel suo racconto dice che l’Atlantide era scomparsa inghiottita dall’Atlantico – sempre per evitare l’onere della prova ed anche eventuali controlli da parte di altri -, mentre non risulta affatto che la Sardegna abbia subìto la medesima sorte…*
*Estratto da M. Pittau, Lingua e civiltà di Sardegna, Cagliari 2004, Edizioni della Torre.
Massimo Pittau
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