I cattolici cagliaritani e sassaresi tra Otto e Novecento, contributo al convegno sul centenario del settimanale cattolico “Libertà” di Angelino Tedde
La Sardegna, salvo i brevi e scomposti sussulti della sarda rivoluzione, aveva conservato il vecchio ordine sociale nonostante le riforme sabaude del primo ottocento quali l’editto delle chiudende nel 1820, l’istituzione della scuola normale o popolare in tutti i villaggi nel 1823, la promulgazione del codice civile e criminale nel 1827, l’abolizione del feudi nel 1839-40, e, infine, la fusione con gli altri Stati sabaudi di Terrafema nel 1848.
Particolarmente agitato da atteggiamenti irriverenti contro il clero e contro i possidenti quest’ultimo evento. I Gesuiti che avevano garantito una rete d’istruzione che interessava i vari centri vennero cacciati via in malo modo, i parroci e i viceparroci che avevano presidiato l’istruzione elementare vennero presi di mira e fatti oggetto di dileggio. A tutto ciò si aggiunse da parte del parlamento subalpino l’abolizione delle decime, del foro ecclesiastico e tutta una serie di soprusi e di continue villanie verso coloro che avevano fatto parte delle classi privilegiate.
In quell’anno e negli anni che vanno dal 1848 all’Unità d’Italia 1861 la Chiesa sarda dovette prendere atto che l’antico ordine sociale era finito. Dopo l’Unità d’Italia continuarono le spoliazioni fino a culminare con l’evento traumatico dell’occupazione di Roma e con la quasi riduzione agli arresti domiciliari del Papa. La borghesia, nei suoi vari orientamenti ideologici, liberali, repubblicani, radicali, quasi tutti intinti di massoneria, tentò, riuscendovi, di accaparrarsi tutto il potere possibile.
Cattolici transigenti e intransigenti
In Italia la lacerazione all’interno del mondo cattolico si manifestò soprattutto di fronte al problema dell’accettazione o meno della conquista militare di Roma che aveva concluso il processo di unificazione nazionale sopprimendo il potere temporale del Papa. I cattolici italiani si divisero così in transigenti, quelli che accettarono il fatto compiuto e operarono, pur con diverse sfumature ideologiche, per una conciliazione fra il nuovo Stato e la Chiesa, e intransigenti, quelli invece che, partendo dalla parrocchia come unità di base territoriale, organizzarono il paese reale contro il paese legale, dominato dalla classe dirigente liberale che si accaparrò il potere militare, quello giudiziario, quello legislativo e soprattutto quello elettorale (il 2% della popolazione) ed esecutivo. I cattolici intransigenti, almeno fino alla fine del secolo XIX, rappresentano il movimento cattolico ufficiale, cioè quello riconosciuto dalla gerarchia ecclesiastica e sostanzialmente orientato dal Papa, dai vescovi e dal clero in generale.
Nel 1874 i cattolici intransigenti diedero vita all’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici, il primo organismo unitario nazionale che raggruppò i cattolici italiani solidali con il Papa “prigioniero in Vaticano”. L’Opera dei Congressi caratterizzò la stagione politica dell’opposizione cattolica allo Stato liberale, contrassegnata dal non expedit, ossia dal divieto rivolto dalla gerarchia ecclesiastica e quindi ai fedeli italiani di non partecipare alle elezioni politiche per non avallare i “fatti compiuti”.
Guidata dai “veneti”, il giornalista Giuseppe Sacchetti (1845-1906), il conte avvocato Giovanni Battista Paganuzzi (1841-1923), dai sacerdoti e fratelli Scotton, Jacopo (1834-1909), Andrea (1838-1915), Gottardo (1845-1916), l’Opera dei Congressi manterrà il suo carattere intransigente fino all’ultimo decennio del secolo XIX, quando, con la presidenza affidata al conte Giovanni Grosòli (1859-1937), l’organismo sembrerà spingersi a favorire la linea democratica sostenuta da alcuni giovani diretti da don Romolo Murri (1870-1944), un sacerdote sospetto di modernismo. Lo scontro all’interno dell’organismo più rappresentativo del movimento cattolico italiano culminò con la soppressione dell’Opera dei Congressi, voluta da Papa san Pio X (1903-1914) nel 1904, e con il rilancio del movimento cattolico attraverso la pubblicazione dell’enciclica Il fermo proposito nell’anno successivo. Le aperture di Leone XIII, che con l’enciclica Rerum Novarum,(maggio 1991) aveva messo le basi della dottrina sociale cattolica trovava difficoltà nell’attuazione pratica.
San Pio X, tuttavia, pur cogliendo il pericolo modernista nella Chiesa, era favorevole a un intervento sociale dei cattolici, anche in forma elettorale, per fermare l’avanzata del movimento socialista, costituitosi in partito nel 1892, marcatamente anticlericale e sovversivo.
Durante il pontificato di Papa san Pio X si effettuarono i cosiddetti accordi clerico-moderati fra cattolici intransigenti e conservatori e liberali moderati, accordi favoriti anche dalle divisioni che si avevano nel movimento cattolico e nel movimento liberale in seguito agli scioperi e agli scontri del 1898 dovuti al rincaro del pane, fatti che dimostrarono alla classe liberale al potere la mancanza del consenso necessario a continuare la politica repressiva contemporaneamente nei confronti dei cattolici e dei socialisti.
Il principale fra questi accordi è senz’altro quello che va sotto il nome di Patto Gentiloni, dal cognome del Presidente dell’Unione Elettorale Cattolica Italiana, il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni (1865-1916), che trattò a nome del mondo cattolico con l’allora presidente del Consiglio Giovanni Giolitti (1842-1928), in occasione delle prime elezioni politiche a suffragio universale maschile, svoltesi nel 1913. I risultati che ne seguirono diedero ampio spazio ai partiti di massa e in particolare modo ai socialisti che si rivelarono, nelle zone industrializzate, ancor più minacciosi e anticlericali degli stessi raggruppamenti dei partiti tradizionali presenti in Parlamento dall’Unità d’Italia in poi. La Grande Guerra prima e il biennio rosso che ne seguì imposero ai cattolici uno sbocco provvidenziale della partecipazione alla vita politica nel Partito Popolare Italiano fondato nel 1919 dal sacerdote don Luigi Sturzo impegnato da anni sul fronte politico amministrativo che lo aveva spinto all’elaborazione geniale di un partito aconfessionale, non strettamente legato alla gerarchia ecclesiastica in cui i cattolici di fatto potessero fare le loro scelte politiche sia pure ispirandosi alla dottrina sociale della Chiesa.
I cattolici cagliaritani o della divisione centro meridionale della Sardegna
I cattolici cagliaritani appartennero al gruppo dei cattolici intransigenti cercando man mano di adeguarsi a quanto richiesto da quell’organismo di coordinamento che fu l’Opera dei Congressi, furono attenti alle direttive della gerarchia ecclesiastica e si batterono con decisione per affermare i valori cristiani: ne sono chiara testimonianza i protagonisti del Circolo San Saturnino e della Società degl’interessi cattolici e dei Comitati parrocchiali. Fra i numerosi battaglieri periodici del movimento spicca il quotidiano la Sardegna cattolica che nei momenti più critici seppe coraggiosamente polemizzare con la variegata schiera dei periodici filogovernativi o antigovernativi, ma soprattutto dal 1889 con il quotidiano di Cocco-Ortu, l’Unione Sarda (1889).
Inoltre, essendo Cagliari un baluardo liberale, dominato dalla forte personalità politica di Francesco Cocco Ortu, prima amministratore e sindaco del comune di Cagliari, poi deputato e più volte ministro, i cattolici non si fecero intimidire sia nella partecipazione alla vita amministrativa del comune sia restando intransigenti.
Per il resto svilupparono a tutto campo, in ambito sociale la loro azione, grazie alla presenza dell’attiva Famiglia vincenziana: Dame della Carità e Figlie della Carità fin dalla metà degli anni Cinquanta, Preti della Missione dal 1878. Orfanotrofi per orfani d’entrambi i sessi, educandati per le giovinette, asili infantili per i fanciulli, scuole domenicali della dottrina cristiana, recupero dei piccioccheddus de crobi grazie all’opera della Beata Giuseppina Nicoli che visse qui, dopo l’esperienza di Sassari, il resto della sua vita. Furono compresi tra gl’impegni dei cattolici cagliaritani, laici e clero, associazioni di soccorso per gli operai e i pescatori. I vari arcivescovi che si avvicendarono nella guida dell’arcidiocesi, pur nella diversità delle loro personalità, furono dei pastori esemplari che seppero essere guide illuminate sia nell’orientamento politico che in quello dell’attività sociale, considerati tutti, a giusto titolo, protagonisti del movimento cattolico dall’Unità alla fondazione del Partito Popolare Italiano, termine ad quem scelto per questo breve conversazione.
I cattolici sassaresi
Bisogna premettere che per cattolici sassaresi dobbiamo intendere quelli dell’intera divisione di Sassari della quale faceva parte il circondario di Nuoro.
Gli arcivescovi turritani, se si eccettua il tempo in cui la sede fu forzatamente vacante, furono sicuro punto di riferimento e guida del movimento cattolico. In primo luogo dobbiamo rimarcare l’impegno di Alessandro Domenico Varesini (1838-1864) costretto dal governo per un mese agli arresti domiciliari. Fu un presule apertissimo e attivo sia per le opere sociali sia per la chiamata nella sua diocesi della famiglia vincenziana ed estimatore del più attivo, coraggioso e longevo esponente del movimento cattolico sassarese Carlo Rugiu (1827-1912) nell’istituzione delle interparrocchiali conferenze maschili dei Signori della Carità fondate dal Beato Ozanam che il nostro aveva conosciuto a Livorno nel 1855. Al Varesini successe, dopo sette anni, Diego Marongiu Del Rio (1871-1905), che governò la diocesi per ben 34 anni. Già ottimo sacerdote, impegnato col Rugiu in opere sociali quali la fondazione dell’ospizio dell’Immacolata Concezione e di San Vincenzo de Paoli, a favore di cui fece generose donazioni. Tra i tanti esponenti del movimento cattolico oltre al Rugiu il presule turritano fu vicino a Salvatore Daddi, fondatore e direttore del quotidiano cattolico L’armonia sarda. Grazie all’apertura di Daddi e dell’arcivescovo, si favorì dalle colonne del quotidiano la partecipazioni dei cattolici sassaresi, alle elezioni politiche del 1904, votando a favore del candidato liberale Michele Abozzi, filogovernativo e avversario di Filippo Garavetti, sostenuto dagli antigovernativi progressisti della Nuova Sardegna. Da tener presente, che anche il docente universitario Giovanni Zirolia, a lungo nel Consiglio della Provincia, fondatore della Società Operaia del Sacro Cuore, come il Rugiu fu collaboratore del quotidiano di Daddi, che, a lungo consigliere civico e sindaco di Gavoi, veniva sbeffeggiato dal quotidiano dei massoni, attraverso il corrispondente di Gavoi, legato all’egemone gruppo della Nuova Sardegna. Tre campioni del movimento cattolico sassarese, tutti e tre impegnati politicamente nelle amministrazioni comunali o provinciali, quindi preparati alla battaglia politica, ma allo stesso tempo impegnati in ambito sociale ed esperti sia delle problematiche del movimento cattolico italiano ed europeo sia dei gravi problemi, che affliggevano i ceti diseredati, dibattuti nei periodici cagliaritani e sassaresi (pastori, contadini, pescatori, operai delle zone minerarie e industriali) sia delle problematiche educative, formative e socio-assistenziali in cui operavano. Al Marongiu Delrio succedette Emilio Parodi (1905-1916) assai vicino anche lui ai cattolici impegnati e promotore con Salvatore Rugiu, Giovanni Zirolia, lo storico Damiano Filia, e soprattutto il vincenziano confratello Giovanni Battista Manzella, del settimanale La libertà, poi Libertà.
Ma tornando ai nostri cattolici sassaresi dobbiamo dire che essi non si conformarono per tanti versi allo schema nazionale come gl’intransigenti cattolici cagliaritani, specie nell’ambito dei comitati parrocchiali, anche se diedero vita a società operaie e a circoli giovanili cattolici come l’interclassista Robur et Virus promosso nel 1905 dal conventuale padre Deligia e nel 1908, lo studentesco circolo Silvio Pellico fondato dal vincenziano padre Genta. I cattolici della divisione di Sassari promossero nel territorio della Divisione una rete di Opere Pie sulla linea della tradizione plurisecolare vincenziana, intendendosi per tali Ospizi per ragazzi di entrambi i sessi, per anziani e asili aportiani.
Dall’Ospizio di San Vincenzo di Sassari uscirono agricoltori e artigiani, ma anche parte dei tipografi della Tipografia Moderna dove si stamperà il settimanale Libertà. Il programma educativo e formativo del Rugiu era decisamente avveniristico non per nulla come consigliere civico si battè per l’istituzione dell’Istituto d’Arti e Mestieri, divenuto più tardi Istituto d’Arte. da cui uscirono molti nostri artisti e professori d’arte e disegno per le nostre scuole.
Tornando a Salvatore Daddi dobbiamo dire che, nei diciotto anni in cui fu amministratore comunale e sindaco, riuscì a far deliberare la salvaguardia del Centro storico di Gavoi, (sensibilità profetica), istituì un asilo aportiano d’infanzia, una biblioteca popolare e l’archivio storico comunale. Due giovani studiose, una di Sassari e l’altra di Nuoro, hanno pubblicato con la De Gasperi sia il profilo della vita di Daddi sia gli editoriali dell’Armonia sarda, da cui traspare la sua lucida conoscenza del mondo cattolico europeo, italiano e sardo e i problemi del mondo contadino e pastorale, artigiano e operaio e di tutte le opere infrastrutturali di cui la Sardegna aveva bisogno. Proveniva da una famiglia di piccoli industriali, proprietari di molini e gualchiere per la lavorazione dell’orbace, si era formato tra Nuoro e Cagliari dove si era laureato in leggi, era notaio a Gavoi. scomparve prematuramente a 51 anno nel 1913. Sarebbe interessante ricordarlo con un convegno a cento anni dalla morte nel 2013 e restaurare la sua modesta tomba nei pressi della Piramide del cimitero monumentale di Sassari.
Riprendendo il discorso su Giovanni Zirolia (1868-1935) occorre rimarcare che fu a lungo leader dei cattolici sassaresi, partecipando sia alle attività sociali sia a quelle culturali e pubblicistiche. Promosse e collaborò ai principali periodici cagliaritani e sassaresi. Fu favorevole alle intese elettorali fra cattolici e moderati. Favorì le iniziative per lo sviluppo dell’Azione Cattolica in Sardegna.