Testimonianza in memoria di Padre Giovanni Serafino Taddei o.p. di Antonio Arrigo
Accompagnato dal sottofondo della musica struggente e coinvolgente del concerto per violino in RE maggiore opera 35 di Tchaikovsky, con la debolezza causata da una recente operazione chirurgica e con la consapevolezza della veridicità delle parole di San Paolo, il quale afferma:<<Quando sono debole, è allora che sono forte.>>Felice di rendermi utile, (in qualche maniera), dopo mesi di inattività, mi accingo a scrivere questa breve e, spero, significativa testimonianza in memoria di Padre Serafino Giovanni Taddei, in occasione del centenario della sua nascita e nel venticinquesimo anno della sua morte. Io e mia moglie abbiamo avuto il privilegio di condividere la sua amicizia e di averlo avuto come guida spirituale sin dall’epoca del nostro fidanzamento. Infatti, è stato Padre Taddei che ha celebrato il nostro Matrimonio ed il Battesimo di nostra figlia Paola nella Chiesa di Sant’Agostino a Sassari.
Ecco la testimonianza: venerdì 18 settembre 2015 è stato un giorno mesto. Ero presente al funerale del mio collega Tore Auzzas, prematuramente scomparso, (ha lasciato la moglie e due figli in giovane età), svoltosi nella Chiesa di Santa Maria Bambina del quartiere Latte Dolce. Ero seduto in un banco tra una mia collega ed una signora della quale non sono in grado di indicarne l’identità (era la prima volta che la vedevo). Ad un certo punto della celebrazione chiesi alla mia collega:“Chi è il prete?”Mi rispose:“Non lo so.”Allora mi rivolsi alla signora che sedeva alla mia sinistra, ponendo il medesimo quesito, ella non esitò a rispondere:“Padre Taddei.”Sorpreso e spiazzato dissi: “Padre Taddei è morto! Padre Taddei era a Sant’Agostino.”Dopo qualche attimo, chiedemmo a delle altre persone che sedevano nel banco davanti, i quali risposero che il sacerdote era don Gavino Sini. La signora con molta tranquillità e disinvoltura si scusò, dicendomi che lo aveva scambiato per Padre Taddei perchè il consacrato indossava gli occhiali come il Parroco di Sant’Agostino. In quel momento, con grande soddisfazione e compiacimento, pensai:“Che pazzia la vita! Com’è possibile che a distanza di 24 anni le persone si ricordano di Padre Taddei come se fosse ancora oggi vivo?”Se la signora (da adesso la chiameremo “fata nostalgia”) avesse considerato l’età anagrafica del domenicano toscano, avrebbe facilmente concluso che il giorno in cui è avvenuta questa conversazione egli avrebbe avuto quasi 99 anni e difficilmente sarebbe stato capace di celebrare una funzione religiosa. Se è vero che la “fata nostalgia” se lo ricordava ancora vivo, significava che il tempo per lei non era trascorso o per lo meno si potrebbe affermare che gli affetti autentici resistono alla scansione del tempo, inteso come il passare dei minuti, delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni. Però al cuore non si comanda e i sentimenti rendono vivo ciò che materialmente più non esiste, ma che nel ricordo sopravvive perchè c’è stato ed è esistito.
Per me, l’incontro con l’educatore Giovanni Serafino Taddei è stato di fondamentale importanza sia per la mia crescita personale sia nel rapporto di coppia sia in seno alla mia famiglia, (famiglia intesa in senso stretto e nel più ampio senso possibile dell’accezione del termine). Padre Taddei è stata la persona che con generosità mi ha accolto, amato, rispettato, con l’abilità di chi sa rivoltarsi in mano l’ultima foglia sbattuta dal vento e dalla pioggia, (che qualche volta viene calpestata dalla società), guardandola con ammirazione.
Grazie all’amico Padre Taddei, sono contento di parlare adesso ancora un poco del mio sfortunato collega, Tore Auzzas, il quale è mancato all’affetto dei suoi cari all’età di 55 anni. Intanto, la musica di Tchaikovsky prosegue e l’orchestra con gli assoli del violinista continua a regalarmi forti emozioni. Dicevo … Tore ha lottato stoicamente contro il cancro per sette anni. Da giovane è stato calciatore. Ha giocato nella Torres. Non ho mai saputo se fosse uno stopper o un mediano, certo è che era dotato fisicamente, sembrava un colosso, un vero e proprio gigante. Ha affrontato la malattia con coraggio, con determinazione, da vero campione, soffrendo in silenzio, lottando fin quando le sue forze gliel’hanno consentito. In questi ultimi sette anni, quando ci vedevamo, mai abbiamo parlato del suo male, tra noi invece si scherzava, si parlava dei nostri rispettivi figli impegnati nello studio e nel “Progetto Erasmus” in Spagna. Lui stesso aveva visitato la figlia Roberta in Spagna in auto, accompagnato da un suo amico. Io, invece, ero andato a trovare mio figlio Marco a Valencia due volte. Come me, era rimasto entusiasta della Spagna e degli spagnoli.
A questo punto del componimento, il dialogo musicale tra l’orchestra ed il violista s’interrompe e si conclude il concerto di Tchaikovsky con tanti meritati calorosi applausi. Anch’io faccio lo stesso col mio scritto, preoccupato delle sfide che mi attendono per fronteggiare il decorso post-operatorio. Spero e prego intensamente che le prove che mi aspettano non siano superiori alla mia capacità di resistenza. Mi consola il pensiero che sia Padre Taddei che Tore così come tanti altri che ho conosciuto, afflitti e provati dalla malattia, l’hanno combattuta tenacemente perchè innamorati della vita. La testimonianza termina adesso. Il sipario si chiude, senza applausi. Gli spettatori, avviandosi muti verso l’uscita del teatro s’interrogano mentalmente:“Che senso ha, nascere, vivere, lavorare, innamorarsi, per poi ammalarsi, soffrire ed, infine, morire?”Antonio Arrigo
P.S.: Ai lettori. Se questo scritto vi ha dato l’impressione di uno che rappresenta e descrive la vita in maniera pessimistica, vi chiedo scusa. Se, invece, prendendo spunto da un evento luttuoso, vi sembra che lo scrivente abbia parlato di due amici, che hanno, prima di lui, sperimentato la croce, insegnando a chi scrive come farsene carico, allora i fatti descritti in questa testimonianza hanno il solo scopo (didattico) di guidare ad apprezzare e gustare i tanti momenti di gioia e di benessere che l’esistenza gli ha riservato. Cominciando dal pezzo musicale cui si accennava sopra, il quale è più eloquente delle parole.Antonio Arrigo