“Le sepolture: dalle chiese ai cimiteri (XII-XIX Sec.)” di Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro
Prima di affrontare il discorso sulla sepoltura di Donna Lucia Tedde Delitala di Chiaramonti, (benché fosse nata a Nulvi di madre nulvese e padre di origine chiaramontese, visto che il nonno don Salvatore Delitala, arrendatore delle decime della diocesi di Ampurias, era chiaramontese) (Tamponi,2019), abbiamo voluto accennare alle sepolture dal tardomedioevo all’età contemporanea.
Era costume tra i cristiani, fin dal tardomedioevo, seppellire i defunti nelle chiese così che i parenti li ricordassero nelle preghiere e nei suffragi. A Bologna per i più illustri dottori dell’Alma Mater scholarium, tra il XIII e XV secolo, furono costruite nelle piazze circa 12 tombe aeree che sono giunte fino a noi (Brizzi, 2021).
In molte chiese esistevano anche dopo la morte delle distinzioni tra le sepolture.
In genere i sacerdoti venivano calati in una fossa o cripta scavata presso il presbiterio, davanti all’altare maggiore, sulla tomba veniva posta una lastra di marmo o la botola dotata di fori per sollevarla al momento opportuno. I vescovi talvolta godevano del privilegio di un sarcofago, una bara di marmo o di pietre .
In età moderna basti pensare alla Basilica della Santa Croce di Firenze dove sono sepolti 38 grandi italiani tra i quali Vittorio Alfieri , Cesare Alfieri di Sostegno, Carlotta Napoleone Bonaparte, Ida Botti Scifoni, Mchelangelo Buonarroti, Gino Capponi, Julie Clary, Ugo Foscolo , Galileo Galilei, Giovanni Gentile, Lorenzo Ghiberti, Luigi Antonio Lanzi, Niccolò Machiavelli, Isabella Roncioni, Gioachino Rossini, Vincenzo Viviani (De Marchi, Piraz, 2011).
Il defunto veniva calato con delle funi, avvolto in un sudario, e collocato accanto ad altri defunti. Spesso i nobili, con grossi lasciti alle chiese degli ordini religiosi, potevano costruire nelle pareti laterali o presso le colonne delle navate, delle cappelle funebri. Ogni sepoltura comportava il pagamento di un obolo portio canonica alla parrocchia corrispondente alla giurisdizione in cui si trovava l’ordine o la congregazione religiosa. Per il clero regolare e secolare queste sepolture nelle chiese era conveniente, se si tiene presente che nel passato i sacerdoti dovevano godere di un reddito decoroso diversamente non potevano essere ordinati (Curi, 2001).
I preti per essere ordinati dovevano presentare l’attestazione che sarebbero vissuti patrimonio suo. Molti, però, si costruivano un reddito ad arte cioè non veritiero servendosi della rete parentale, in realtà una volta ordinati dovevano fare affidamento sui frutti di stola e mirare ad altri oboli e prebende compreso l’obolo della sepoltura (Turtas, 1999).
Soffermandoci su alcune chiese della Sardegna settentrionale, possiamo ricordare la tomba monumentale edificata nel transetto sinistro, per chi entra nella cattedrale di Sassari, al fratello di Carlo Felice, Giuseppe Benedetto Maria Placido di Savoia, Conte di Moriana (Torino,1766-Sassari, 1802), governatore di Sassari, collocato su due casse diverse, in una i visceri e nell’altra il resto della salma al fine di una conservazione ottimale (Tognotti,2021).
Altri scavi, forse quelli più vistosi, sono stati eseguiti nella città catalana di Alghero dove in apposite cripte e sotto il pavimento furono rinvenuti scheletri d’intere famiglie sicuramente di persone falcidiate dalle pestilenze e dalla peste. Di originale tra queste sepolture sono le tombe a trincea per svariate famiglie. (Milanese, 2013).
In altri scavi, effettuati nel 1990, presso la chiesa parrocchiale della Madonna degli Angeli a Perfugas, sono state rintracciate delle tombe ipogee a volta ad arco a sesto acuto, mentre ad Arzachena nella chiesa di San Giovanni, ma anche nelle campagne di Perfugas venivano costruite delle tombe a pozzo dette in gallurese lu cjapitu, dove venivano calati i cadaveri della gente comune (Maxia, 2021) e (Cossu, 2021).
Ad Olbia, Marco Agostino Amucano, negli ultimi scavi effettuati nella primaziale chiesa di San Paolo ha scoperto delle sepolture, sottostanti le singole cappelle, a volta a botte e ad arco a tutto sesto e ugualmente lungo l’aula e anche sotto il presbiterio (Amucano, 2003).
Nella chiesa di Sant’Antonio Abate, duomo della diocesi di Ampurias (Castelsardo), oltre alle tombe a vasca sotto il pavimento, sono state rintracciate delle sepolture fuori della chiesa. All’esterno della cattedrale fu edificata una piccola cappella dedicata alle anime del Purgatorio con un ossario ipogeo detto in spagnolo carneros (Tamponi, 2019).
Non essendo sufficienti anche queste sepolture ne sono state ricavate nelle chiese campestri, almeno fino a quando il vescovo Diego Capece (15 aprile 1833 – 7 settembre 1855) nel 1835 non emanò una circolare con cui ordinava la costruzione dei cimiteri fuori dell’abitato (Tamponi, 2019).
Nella stessa Olbia il cimitero vecchio era costituito da una chiesa dentro cui erano costruiti degl’ipogei ad arco a tutto sesto e con volta a botte dove seppellire i defunti (Amucano, 2003).
A Nulvi, il Vescovo Galçerin, è sepolto sotto il pavimento presumibilmente in una tomba a vasca nella chiesa di Santa Tecla davanti alla cappella della Madonna del Rimedio, mentre le tombe di San Giovanni a 200 metri dalla cima del Monte San Lorenzo (580 mslm) erano tutte a vasca quando fu ristrutturato e acquisito dal Comune di Nulvi dalla famiglia Talu (Tedde, 2021).
E’ probabile che le tombe delle cappelle della chiesa di San Matteo di su Monte de Cheja in Chiaramonti abbiano le sepolture a vasca; dimensione 1,75 m. per 60 cm.per 40 cm. Almeno in linea teorica non potremmo escludere delle cripte dal momento che dopo lo strato miocenico il monte risulta tufaceo. Vicino alla chiesa, per i laici, vi è un piccolo cimitero circondato da muri dove il defunto veniva direttamente deposto coperto da un sudario e poi dalla nuda terra. Si tratta di un bene sacro, ma anche culturale interessantissimo per gli studi sulle cause di morte, sulle età, sul sesso, sul tipo di alimentazione e cento altre ricerche in ambito scientifico in quanto le ossa risultano una sorta di nastro registratore per ricavare tante notizie sul defunto. Le ossa dei nostri morti vanno rispettate e conservate per il loro valore intrinseco sui più svariati campi scientifici e umanistici oltre che religiosi.
Certamente l’Editto napoleonico di Saint Cloud, Décret Impérial sur les Sépultures, emanato il 12 giugno 1804, stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine e che fossero tutte uguali. Si volevano così evitare discriminazioni tra i morti. Per i defunti illustri, invece, c’era una commissione di magistrati a decidere se far scolpire sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni alla base: una igienico-sanitaria e l’altra ideologico-politica.
Fu esteso al Regno d’Italia dall’editto Della Polizia Medica, promulgato sempre da Saint-Cloud, il 5 settembre 1806, scatenando un intenso e «complesso dibattito pubblico che già a partire dal periodo stesso della Rivoluzione, ne condannava gli eccessi, soprattutto per quanto concerne le fosse comuni, auspicando un almeno parziale recupero della religion des tombeaux.» In Italia e in altri paesi europei dove non vigevano le leggi napoleoniche la scelta della chiesa della sepoltura si faceva all’atto del testamento che era più frequente data la morte apparecchiata. Questa cerimonia contemplava davanti al morente la presenza del notaio per il testamento e la nomina di un curatore testamentario nonché la scelta della chiesa della sepoltura e delle funebri pompe (Ariés,1998). Basti confrontare i due testamenti di donna Maria Gerolama Tedde in Delitala, Chiaramonti 1716 in lingua e Chiaramonti 1755 in castigliano il testamento di donna Lucia Tedde Delitala sorella della nobildonna già menzionata.
La conoscenza della chiesa per ciascun defunto è legata alla conservazione del libri defunctorum non sempre giunti completi fino a noi, da ciò la difficoltà per gli storici di conoscere la chiesa della sepoltura di uomini illustri e no. Nel caso di Donna Lucia Tedde Delitala su cui si favoleggiava e si continua a favoleggiare fino alla scoperta del documento delle Messe di suffragio da celebrarsi quotidianamente nell’altare di sant’Antonio da Padova dove risulterebbe sepolta. Sarebbe auspicabile effettuare uno scavo per ritrovare le sue ossa e la cripta dell’altare di Sant’Antonio di Padova sotto il pavimento della chiesa del Carmelo insieme alle ossa di altri suoi congiunti (Panzino, 2004).
Per Chiaramonti se si fossero conservati tutti i fogli dei libri defunctorum potremmo conoscere le chiese in cui sono stati sepolti tutti i defunti per cui ci dobbiamo accontentare delle conoscenze parziali dal momento che non sempre è dato rintracciare il testamento in cui veniva indicato il luogo della sepoltura.
Riportiamo qui sotto gli atti di morte apparecchiata rilevati nel 1798 in uno spagnolo scorretto con influssi italiani
Dia 3 agosto 1798 Claramonti Pedro Figaju de etad salvo error, 45 años. muriò in comunione sanctae matris ecclesiae munido de todos los sacramentos por mi infrascripto cujo cuerpo fue sepultado en esta parrocchiale iglesia de San Matteo de quibus Satta cura.
Dia 16 de agosto del 1798 Claramonti Juanna Luquina de la villa de Nulvi de edad 62 años salvo error muriò in comunione sanctae matris ecclesiae con todos los sacramentos administrados de paenitentia del vicario Satta, la comunión in extrema da lo reverendo Juan Augustin Quadu Satta cura cujo cuerpo fue sepelido en el Combiento de los RR. PP. Carmelitas de sta villa de quibus Amugà Satta cura.
II primo defunto viene seppellito nella chiesa di San Matteo al Monte, la seconda invece nella chiesa del convento dei Carmelitani al Monte detto Carmelo. La mancanza dei fogli dei libri defunctorum di molti anni ci impedisce di conoscere la destinazione della sepoltura di molti defunti, ma anche se gli furono impartiti i sacramenti della confessione, della comunione e dell’estrema unzione com’era d’uso ai tempi della cosiddetta morte apparecchiata. A volte queste lacune sono colmate dal testamento e dall’inventario negli atti notarili come nei casi che citeremo appresso.
Il vicario Giovanni Maria Satta, chiaramontese, parroco di Chiaramonti dal 1795-1832 nel suo testamento dispone:
“Eleggo ecclesiastica sepoltura al mio cadavere entro questa parrocchia, e nel luogo solito, lasciando libera volontà a mio fratello Bachisio Satta per tutte le funebri pompe che dallo stesso saranno destinate a seconda delle mie forze, motivo per cui in questo caso lo deputo mio esecutore.” (ASSS).
Nel 1832 la parrocchia era San Matteo al Monte.
Il vicevicario Cabresu segue l’esempio del vicario facendo scrivere nel testamento del 1833:
“Eleggo, al mio cadavere, ecclesiastica sepoltura nella Parrocchia della chiesa di San Matteo, mio titolare, lasciando le spese funerarie in libera volontà dei miei curatori, che per tale oggetto nomino ed eleggo la mia attuale sorella Francesca Cabresu ed il mio cugino Giorgio Falchi,[da non identificare con Giorgio Falchi che conosciamo dagli annali di C. Patatu] i quali agiranno in accordo entrambi, estraendo quella somma necessaria dai miei beni vista la mia condizione e circostanza della mia casa per le dette funerarie spese.”(ASSS).
Nel caso di Donna Lucia Tedde Delitala, avendo ancora rintracciato né il testamento completo né l’inventario dei beni, essendo stati asportati i fogli del libri defunctorum che, purtroppo, si sono conservati soltanto dal 1797 in poi, apprendiamo delle sue disposizioni in caso di morte da un brano testamentario tradotto dallo spagnolo in italiano dallo stesso notaio Giovanni Vaca Guisu, Mentre sia dai faldoni dello stesso notaio come anche dalle tappe d’insinuazione [il settecentesco Ufficio del Registro] sono scomparsi gli atti successivi al 1740.
La nobildonna dispone:
“Lascio pure legati all’oratorio di Santa Croce 20 scudi, compresa in essa somma i diritti di accompagnamento del mio cadavere.” (ASDSS).
Di solito la Confraternita della Santa Croce il cui oratorio si elevava dove oggi si eleva la chiesa parrocchiale di San Matteo, si preoccupava di comporre il cadavere e di accompagnarlo sopra un’apposita lettiga, alle prime ore antelucane, fino al luogo della sepoltura in una delle chiese di San Matteo al Monte, dell’ Oratorio della Santa Croce, dell’Oratorio del Rosario e della Chiesa del Carmelo. Quest’ultima chiesa fu costruita col convento dai frati carmelitani antico ordine sull’area di sedime del convento di san Sebastiano (Panzino, 2004).
Presumibilmente le sepolture dei pastori furono effettuate nelle chiese rurali. Le chiese campestri, ad esempio, vennero utilizzate a Castelsardo, quando quelle del borgo si rivelarono insufficienti a contenere i defunti e sicuramente anche nella chiesa di San Giovanni a Nulvi. La sepoltura avveniva direttamente per terra su cui, sopra la sabbia versata sul corpo del defunto, venivano usati blocchetti di calcare. Sui muri laterali dell’ingresso di Santa Giusta vi figurano quattro teschi sui quali non si sa bene se vi siano gli scheletri oppure no. Al di là delle leggende che circolano, i quattro teschi, i fedeli li osservano quando escono dalla chiesa. Si apprende dal liber defunctorum che ” Die 23 januarj 1800 Claramonte Antonius Camboni annorum circiter 40 mortus est in comunione Sanctae Matris Ecclesiae cuius corpus in ecclesia rurali Sanctae Justae huius oppidi sepultum est de quibus Vincentius Satta” [Il giorno 23 gennaio 1800 in Chiaramonti Antonio Camboni di circa 40 anni morì in comunione con Santa Madre Chiesa il cui corpo è stato sepolto nella chiesa rurale di Santa Giusta di questo paese. Attesta queste fatti [il parroco] Vincenzo Satta]. Si può, quindi, dedurre che anche a Santa Giusta si seppellissero i pastori defunti secondo il costume di Castelsardo dal momento che Chiaramonti fino al 1834 appartenne alla diocesi di Ampurias (Castelsardo). Il cognome ploaghese lascerebbe intendere che probabilmente si tratti di un pastore morto o a sa Punta de su Torrione (altitudine 597 metri), o a sa Punta de s’Istadu, (altitudine 641 metri) entrambe cime appartenenti al Monte Ledda che sovrasta Santa Giusta, il primo di pertinenza chiaramontese, il secondo di pertinenza ploaghese, il terzo di pertinenza osilese e il quarto di pertinenza nulvese (Vedi Altimetria Monte Ledda di Chiaramonti su Google).
Alcuni nobili si costruivano una chiesetta nei loro poderi e lì si facevano seppellire: è il caso della chiesa campestre di Sant’Antonio dei Satta Delitala, in agro di Nulvi (Tedde, 2017), (Tedde, 2017).
Nelle chiese, celebrate le esequie, si apriva la botola e si calava la lettiga o attraverso una scala in legno si raggiungeva la camera con volta a botte o ad arco a tutto sesto o a sesto acuto oppure in caso di tombe a pozzo il defunto avvolto nel sudario accanto metteva accanto ad altri defunti. Chiaramonti nel 1834 come abbiamo già detto, passò tuttavia alla diocesi Turritana e il cimitero storico, senza aver fatto alcuna ricerca su qualche altro cimitero preesistente, risulta inaugurato nel 1879 dove è probabile che siano state trasferite dalle chiese le ossa di morti precedentemente. Si è potuto verificare che alcune tombe monumentali contemporanee del Cimitero storico di Chiaramonti siano a camera ipogeica con volta a botte (Lezzeri) e altra a forno (Marcellino) (Satta, Gallu 2021).
Circa il cimitero suddetto si potrebbe presumere che lo stesso campo fosse utilizzato ancor prima di quella data, sebbene manchino le ricerche in proposito. A volte quando non c’era più posto nella chiesa i defunti venivano seppelliti nella nuda terra a qualche metro di profondità dietro l’abside esterna della chiesa come nel caso, acclarato da un tecnico, di Santa Maria Maddalena di Orria Pitzinna (Solinas, 2021).
Le tombe, poi, secondo la letteratura potevano essere a camera ipogeica con volta a botte e arco a tutto sesto o a sesto acuto, a cassone o a sarcofago, a forno o a vasca.
In merito all’argomento abbiamo intervistato il prof. emerito Gian Paolo Brizzi dell’Università di Bologna, il prof. Marco Milanese dell’Università di Sassari, il prof, Mauro Maxia, il direttore dell’archivio diocesano digitale della diocesi di Tempio Ampurias Don Francesco Tamponi, l’ing. Salvatore Solinas di Sassari, che ha restaurato varie chiese della diocesi di Ampurias, Il parroco emerito di Arzachena don Francesco Cossu, il corrispondente della Nuova Sardegna di Nulvi dr, Mauro Tedde, il rag. Marco Tedde che ha svolto un servizio fotografico nella chiesa di Sant’Antonio di Nulvi, i maestri muratori Gianni Satta e Gian Mario Gallu impresari gestori del Camposanto di Chiaramonti.
Amucano M. A, Viaggi per l’adilà: le cripte mortuarie della chiesa di San Paolo a Olbia, Olbia s. d.
Ariés Philippe, Storia della morte in Occidente: dal medioevo ai giorni nostri Bur, Milano 1998; in francese: Essais sur l’histoire de la mort en occident: du Moyen Age à nos jours) Paris, 1975,
Curi U. Il volto della Gorgone. La morte e i suoi significati, Bruno Mondadori, Milano 2001
De Marchi A, Piraz G. ( a cura di) Santa Croce. Oltre le apparenze,Pistoia 2011
Milanese M., Alghero Archeologia di una città medievale, Carlo Delfino Editore, Sassari 2013.
Panzino A, (a cura di ) in “Coracensis, Annuario dell’Associazione Culturale Paulis di Uri”, 6, 2003-2004.
Nel 1585 – 07-28 Ploaghe p.53 Angelo Pisque dona una vigna e un palazzo con tutti i beni mobili in esso contenuti al Convento di san Sebastiano di Chiaramonti nella persona del Vicario Jeronimo Dejana,
Nel 1586- 10- 22 p. 20 I principales e la maggior parte della popolazione di Chiaramonti si accordano con Fra Mansuetu Salvinu e fra Hieronumu Chinos carmelitani, per l’istituzione di un nuovo convento [del Carmelo] nei locali del convento abbandonato [di san Sebastiano] presumibilmente fondato dalla Congregazione dei Poveri Eremiti di San Girolamo detti anche Gerolimini o Gerolomini fondata dall’ex frate francescano fra Angelo di Corsica Vedi Girolimini wikipedia.
Romagnini G. P, La società di antico regime (XVI-XVIII). Temi e problemi storiografici, Roma Carocci, 2019
Silvestrini F. , Varanini G., M. Zangarini A,,(a cura di) La morte e i suoi riti in Italia tra Medioevo e prima età moderna, University press, Firenze 2007 (Collana di Studi e Ricerche ; 11).
Tamponi F. Il retablo perduto.Cronografia di un’ipotesi, Susil Edizioni, s.c., 2019 pp. 135-136 .
ID. pp. 152 nota 129 [il bacolo pastorale di Sant’Antonio abate dato in pegno a don Salvatore Delitala].
ID. p.80 nota 65 p.101.
Tognotti E., Casa Savoia a Sassari, la misteriosa morte del Conte di Moriana in “La Nuova Sardegna 5 marzo 2021”.
Turtas R., La storia della chiesa in Sardegna. Dalle origini al duemila, Città Nuova, Roma 1999.pp. 454 e ss.
Zichi G., (a cura di) I quinque libri. Inventario delle Parrocchie foranee della diocesi di Sassari, II, Edizioni Gallizzi, Sassari 1994,
Zucca U., Angelo Galçerin Vescovo di Ampurias agl’inizi del dominio sabaudo, in ” Historica e Filologica” a cura di Mauro G. Sanna, AM&D Edizioni Cagliari, 2012 pp. 436-471.
Archivi
Archivio Storico Diocesano di Sassari [Porzione testamentiaria di Donna Lucia Tedde] .
Archivio di Stato di Sassari Atti Notarili di Chiaramonti notaio Satta Giovanni Maria
Atti notarili di Chiaramonti 1826-1843 Busta 1 H 55 volumi 5.
Cossu F., Le sepolture della chiesa di San Giovanni di Arzachena 2021.
Maxia M,, Intervista sulle tombe ipogee della Chiesa Parrocchiale di Perfugas e di quelle campestri, 2021.
Satta G, e Gallu G, Tomba Lezzeri e Marcellino 2021,
Solinas S. Intervista sul restauro della Chiesa di Orria Pitzinna, 2021.