Il teol. Salvatore Cossu (1799-1868) di Caterina Satta
Nascita e studi
Nel libro dei battesimi della parrocchia di San Matteo in Chiaramonti, allora popolato da 1500 abitanti, in data 24 gennaio 1799 sta scritto:
“Ego infrascriptus Proparochus huius ecclesiae Sancti Matthei baptizavi infantem natum heri ex ligitimis coniugibus Hioanne Maria Cossu et Philippa Caria cui imposui nomen Salvator Iohannes. Patrini adsisterunt Franciscus Migaleddu Pinna et Sebastiana Cossu filia Iacobis et Iohanne Muredda huius oppidi[1]”.
Il sacerdote battezzante risulta il viceparroco Satta Quadu. Si tratta dell’atto integrale di nascita di Salvatore Cossu destinato a diventare sacerdote teologo e per 41 anni parroco (rettore) della Insigne Parrocchia di San Pietro Apostolo di Ploaghe, antica sede vescovile.
Alla sua nascita infuriava in Europa la rivoluzione francese mentre i Savoia, dopo l’occupazione del Piemonte, si erano rifugiati in Sardegna dove i francesi erano stati respinti tanto a nord come al sud[2]: anche Chiaramonti e Ploaghe erano riusciti a dare il loro contributo di uomini e di idee[3].
Il bambino nasceva da una famiglia modesta e laboriosa[4]. All’età dovuta, si pensa a 5 o a 6 anni, ricevette come d’uso i primi rudimenti dal parroco.
Successivamente, si presume a 11 anni, su consiglio dello stesso parroco, fu mandato a Sassari dove poté frequentare le sette classi preuniversitarie boginiane, si presume presso il collegio scolopico; sappiamo però che dopo aver superato le prime cinque classi (dalla settima alla terza) fu accolto come precettore presso la nobile famiglia dei Pilo[5]. Continuò gli studi medi superiori e poi entrò in seminario e contemporaneamente si iscrisse alla Facoltà di Teologia dell’Università degli Studi di Sassari conseguendo il magisteriato il 6 dicembre del 1819, il bacellierato il 29 novembre del 1820, la licenza pubblica il 24 marzo 1823, la laurea pubblica il 3 febbraio 1825[6]. La laurea in tale disciplina all’epoca era la più frequentata e la più prestigiosa poiché assicurava una decorosa carriera ecclesiastica[7].
Ordinato sacerdote, svolse il suo primo ministero come collaboratore del parroco Filippo Arrica[8] presso la chiesa di sant’Apollinare di Sassari. A quanto sembra si segnalò nella confessione e nella predicazione[9]: a questo proposito si ha notizia dello svolgimento di una missione popolare con lo stesso Arrica nella Nurra, un fertile territorio appartenente al comune di Sassari e colonizzato stabilmente da famiglie di pastori nel 1761 per rimediare ad una secolare situazione di brigantaggio[10].
Dopo i due anni d’iniziazione a Sassari, resasi disponibile la sede rettorale di Ploaghe, prese parte al concorso insieme con altri bravi teologi e lo vinse distinguendosi per la sua lodevole preparazione[11]. Il beneficio gli fu conferito dall’Arcivescovo Carlo Tommaso Arnosio con bolla del 14 febbraio del 1827[12].
Il suo curriculum studi si svolse in piena restaurazione e per la Sardegna in un clima di rinascita spirituale, culturale e ritrovata identità che porterà il nostro rettore a condividere la passione per la ricerca storica e la lingua sarda con Emanuele Marongiu Nurra[13], futuro vescovo di Cagliari e il canonico ploaghese Giovanni Spano[14], e col tempo corrispondente di Pietro Martini[15], Giuseppe Manno[16], Pasquale Tola[17], Melchiorre Dore[18].
Si tratta di un periodo di caute riforme da parte dei sovrani sabaudi, ma particolarmente di Carlo Felice che nel 1820 emanò la legge sulle chiudende e nel 1823 promulgò l’editto per l’istituzione della scuola normale: provvedimenti che incisero sul futuro dell’Isola.
Per favorire l’agricoltura, e il maggiore sviluppo, fu sancita la proprietà perfetta, del resto in parte preesistente[19], in sostituzione di quella collettiva che aveva contrassegnato l’economia isolana fino ad allora con scarsi risultati, se non quelli di sussistenza per la popolazione. Con l’istituzione della scuola normale si cercò di dare alle nuove generazioni sarde le competenze del leggere, dello scrivere, del far di conto, del catechismo della dottrina cristiana e del catechismo agrario[20]con lo scopo, da parte della chiesa e del trono, di sottrarre le popolazioni alle lusinghe rivoluzionarie e garantire quindi l’ordine civile e politico, di fronte al libertarismo che anche in Sardegna andava diffondendosi tra la classe dirigente non solo laica[21].
Intanto il lento e progressivo ammodernamento delle istituzioni isolane continua con la promulgazione nel 1827 del codice civile e criminale di Carlo Felice e si chiudeva per la Sardegna l’era della Carta De Logu di Eleonora d’Arborea. Contemporaneamente si rafforzava nei documenti pubblici l’uso della lingua italiana al posto del castigliano[22]. La lingua sarda scritta continuerà invece ad essere utilizzata in ambito ecclesiastico per la stesura dei testi religiosi per la predicazione alla popolazione sardofona e analfabeta[23], che aveva nel clero in cura animarum un sicuro punto di riferimento[24].
[1] Archivio Storico Diocesano di Sassari (da qui in avanti ASDSS), Quinque libri, Chiaramonti, Liber Baptizzatorum 1790-1800, c.102r.
2 C. Sole, La Sardegna sabauda nel Settecento, Chiarella, Sassari 1984, pp. 185-211.
3 C. Patatu, Chiaramonti. Le cronache di Giorgio Falchi, Studium adp, Sassari 2004, p. 88; G. Spano, Canzoni Popolari di Sardegna, a cura di S. Tola, Illisso, Nuoro 1999, I, pp. 124-127: «L’inno esalta l’azione dei ploaghesi e chiaramontesi che affrontarono le milizie francesi, opponendosi al loro sbarco in Sardegna. L’autrice figura certa Maria Baule di Ploaghe, improvvisatrice satirica».
[4] G. Spano, Operette spirituali composte in lingua sarda logudorese dal sac. Teol. Salvatore Cossu rettore parrocchiale di Ploaghe. Opera postuma, Alagna, Cagliari 1872, p. 7.
[5] Ivi, p. 8
[6] S. L. Posadinu, I laureati all’Università di Sassari dal 1766 al 1825, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Sassari, Facoltà di Magistero, Corso di Laurea in Materie Letterarie, a.a. 1993-94 p. 210, scheda 1256.
[7] G. Spano, Iniziazione ai miei studi, a cura di S. Tola, AM&D edizioni, Cagliari 1997, p. 69.
8 Filippo Arrica nacque a Ploaghe il 21 agosto 1784. Si laureò in Teologia presso l’Università degli Studi di Sassari il 9 agosto 1809. Fu vicepreside del Seminario Tridentino di Sassari, rettore per 15 anni della parrocchia di Sant’Apollinare, suddelegato apostolico nel Logudoro per gli ordini regolari, vescovo di Alghero dal maggio del 1832 fino alla morte avvenuta il 29 gennaio 1839. Così nella Lapide commemorativa presso la Chiesa parrocchiale di Ploaghe di San Pietro apostolo del 1884. Cfr. F. Obinu, I laureati dell’Università di Sassari 1766-1945, Carocci, Roma 2002, p. 248.
[9] A. Virdis, Catechesi in Sardegna. Il rettore Cossu parroco di Ploaghe in «Libertà» 39 (1974).
[10] F. C. Casula, Dizionario storico sardo, Carlo Delfino editore, Sassari 2001, p. 1080.
[11] Ivi, pp. 8-9.
[12] ASDSS: Fondo Arcivescovile, Clero Diocesano, Relazioni dei parroci sullo stato delle parrocchie 1839, I 3b, II. risp. 12.
[13] Emanuele Marongiu Nurra (Bessude 1794-Cagliari 1876). Già bibliotecario all’Accademia di Superga di Torino, fu canonico e preside del Seminario di Sassari, vicario capitolare ed in seguito vicario generale degli A
rcivescovi Turritani Giannotti e Varesini. Fu Arcivescovo di Cagliari dal 1842 al 1866. Amante della storia, delle lettere e dell’archeologia, nel 1839 fondò a Sassari un’Accademia filologica; fu esiliato dal governo unitario per quindici anni e ritornò a Cagliari poco prima della morte. F. C. Casula, Dizionario, cit., pp. 932-933; P. P. Flores Marongiu, Memorie di Mons. D. Emanuele Marongiu Nurra, Arcivescovo di Cagliari, Tip. Ubaldo Satta, Sassari 1911.
Giovanni Spano (Ploaghe 1803-Cagliari 1878) Sacerdote, canonico prebendato del duomo di Cagliari, senatore del regno, fu uno dei maggiori intellettuali della Sardegna dell’Ottocento e principale punto di riferimento per personalità e studiosi isolani ed europei con i quali fu in continuo e proficuo rapporto epistolare. E’ considerato il padre della linguistica e dell’archeologia sarda, ma i suoi interessi, tradotti in altrettante pubblicazioni, spaziarono dall’epigrafia alla numismatica, dalla critica biblica alla poesia popolare, dall’arte alla filologia e ai fatti storici e di costume. Visse e operò a Cagliari dove si trasferì nel 1834, per insegnare Sacra Scrittura e Lingue Orientali presso l’Università dove fu, in seguito, dapprima direttore bibliotecario e poi rettore. Fondò il museo archeologico, che arricchì man mano con le sue scoperte e l’orto botanico. Fu membro di svariate accademie e società culturali italiane ed estere. Ebbe diverse onorificenze fra le quali la croce al merito civile e da parte del re Vittorio Emanuele II, la medaglia d’oro per l’accrescimento del museo di Cagliari. Fra le tante pubblicazioni riportiamo: Ortografia Sarda Nazionale (1840), il Vocabolario Sardo Italiano e Italiano Sardo (1851-1852), dieci volumi del “Bollettino Archeologico Sardo” (1855-1864), sei raccolte di Canzoni Popolari (1863-1872). Purtroppo anche lui subì il fascino delle false Carte d’Arborea ***spiegare di che cosa si tratta ***che utilizzò soprattutto per la pubblicazione Abbecedario storico degli uomini illustri sardi (1869). Per un approfondimento rinviamo a: S. Tola (a cura di), G. Spano, Iniziazione ai miei studi, cit.; AA. VV. Contributi su Giovanni Spano, Chiarella, Sassari 1979; S. Tola – A. Pulina, IL tesoro del Canonico. Vita opere e virtù di Giovani Spano, Carlo Delfino editore, Sassari 2005.
Pietro Martini (Cagliari 1800-Cagliari 1876) Presidente della Biblioteca della Reale Università di Cagliari dal 1844 al 1866. Fu una delle vittime illustri delle false Carte d’Arborea che pubblicò e commentò in due volumi intitolati: Pergamene, Codici e Fogli Cartacei di Arborea (1862) e Appendice alla raccolta delle Pergamene Codici e Fogli Cartacei di Arborea (1865). L’ opera più importante è La Storia Ecclesiastica di Sardegna, pubblicata a Cagliari in tre volumi tra il 1839 e il 1841; cfr., F. C. Casula, Dizionario, cit., p. 937.
Giuseppe Manno (Alghero 1786-Torino 1868). Ricoprì prestigiose cariche in diverse istituzioni del Regno: fu giudice della Reale Udienza, consigliere del Supremo Consiglio di Sardegna, reggente del Ministero degli Interni e dal 1849 al 1864, presidente del Senato. Tra il lungo elenco dei suoi scritti risaltano, per importanza, i 4 volumi della Storia della Sardegna, del 1825-1827 e Storia moderna della Sardegna dall’anno 1773 al 1779; F. C. Casula, Dizionario, cit., p. 914.
Pasquale Tola (Sassari 1800-Genova 1874). Alto magistrato e parlamentare. Tra il 1837 e il 1838 pubblicò il Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna. Scrisse il Codice della Repubblica di Sassari, edito e illustrato da lui stesso, a cui fecero seguito le Notizie Storiche dell’Università di Sassari e due volumi del Codex Diplomaticus Sardiniae pubblicati tra il 1861 e il 1868; F. C. Casula, Dizionario, cit., pp. 1780-1781.
Melchiorre Dore (Gorofai 1787?-Nuoro 1851). Rettore di Posada e poi canonico a Nuoro. Compose diverse canzoni di carattere sacro e amoroso. Deve la sua fama al poema Sa Jerusalem Victoriosa trasposizione in versi logudoresi dell’Antico e Nuovo Testamento, pubblicato a Cagliari, a sua insaputa, dal Canonico Spano nel 1882. S. Tola (a cura di), G. Spano, Iniziazione ai miei studi, cit., p. 178; cfr. S. Tola (a cura di) G. Spano, Canzoni Popolari di Sardegna, I, cit., pp. 307- 309; II pp. 35-36.
G. Doneddu, Ceti privilegiati e proprietà fondiaria nella Sardegna del secolo diciottesimo, Giuffrè, Milano 1990.
M. Serra, Istruzioni date al Maestro della Scuola Normale del Villaggio di Bonnanaro in Sardegna in seguito al Regio Editto del 24 giugno 1823 dal Rettore Teologo Maurizio Serra e pubblicata per ordine del Governo, Stamperia Reale, Torino 1824.
G. Chiosso, Educare e istruire il popolo a Torino nel primo Ottocento, in L. Pazzaglia, Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione, La scuola, Brescia 1994, pp. 203-210.