“Enzo Espa: un maestro” di Mario Marras
Fin dagli anni del Liceo conoscevo la fama di Enzo Espa. Non lo avevo mai incontrato di persona, ma alcune sue alunne dell’Istituto Magistrale di Sassari me ne parlavano in termini molto positivi, in quanto avevano trovato in lui un vero maestro, soprattutto per quanto riguardava la scrittura, la quale veniva posta al primo gradino di importanza. Ogni fatto forniva lo spunto per spronare le alunne a comporre un testo in italiano, e ovviamente in buon italiano, altro aspetto su cui Espa calcava molto. Addirittura le alunne vennero invitate ad iscriversi alla “Dante Alighieri”, cosa che molte fecero.
Il mio primo contatto diretto con lui avvenne nei primi anni ’70 alla Facoltà di Magistero di Sassari, quando mi accingevo a sostenere l’esame di Tradizioni popolari con il prof. Francesco Alziator. Enzo Espa collaborava con lui e ci chiese di fare un piccolo lavoro di ricerca, anche tramite interviste dirette con persone di una certa età, sulla tradizione sassarese (m anche sarda) della cena dei morti, cioè dell’usanza di lasciare il tavolo apparecchiato con cibo e posate la sera di Tutti i Santi, vigilia appunto della commemorazione dei fedeli defunti.
Ricordo che mi detti da fare alla ricerca di notizie e resoconti di alcune vecchiette che conoscevo, ottenendo infine un risultato che Espa mostrò di apprezzare (se non ricordo male, ottenni un Trenta..).
Successivamente, e siamo nel primo decennio del Duemila, ci fu il secondo incontro diretto. Insegnavo all’Istituto Magistrale e, in vista di un progetto ministeriale sulla letteratura sarda, con i miei colleghi avemmo la collaborazione di Neria De Giovanni , esperta conoscitrice di Grazia Deledda, e di Enzo Espa, da noi invitato proprio perché ne conoscevamo la preparazione e la passione con cui si occupava della Sardegna. Addirittura una sera ci invitò a casa sua, dove avemmo l’opportunità di renderci conto di persona di quale fosse la quantità di materiali cartacei e non di cui disponeva. Parlando con lui, capii immediatamente quale grande passione lo animasse, in particolare proprio per la Sardegna in senso lato: la storia, la lingua, la letteratura, le tradizioni, le usanze, le feste, insomma, un interesse vivissimo per tutto ciò che poteva riguardare l’Isola. Fu in quei giorni che mi disse, con molto fervore: “Caro collega, viviamo in un’isola che possiede una tale mole di ricchezze, che dovremmo, anzi, essendo io vecchiotto, dovreste decuplicare gli sforzi sia per farle conoscere, sia per non farcele portare via!”. Evidentemente capiva che i sardi spesso erano molto superficiali nei confronti dei loro beni culturali e magari temeva che col passare degli anni le cose sarebbero pure peggiorate! E oggi, in tutta onestà, credo di poter dire che aveva visto giusto, era stato lungimirante, grazie certamente alla sua chiara visione delle cose, che gli derivava proprio dalla vastissima cultura. Il mio auspicio è che Enzo Espa non finisca troppo presto nel cassetto delle cose vecchie, delle quali ci si dimentica irresponsabilmente, così come accaduto per altri grandi della nostra Sardegna.
Mario Marras