P. II/III Quattro figli 400 poponi e un corteo funebre sotto la finestra della signora marescialla sardo bergamasca di Ange de Clermont
Quando si scendeva alla Spiaggia Longa non ci s’isolava, ma si girava per conoscere la fauna dei e delle bagnanti, passeggiando lungo la riva del mare da occidente a oriente. Si può ben affermare che conoscevamo, soma. viso e portamento di tutti gli ospiti al punto che una sera, riuniti nel solito gradone, prima di iniziare a mangiare poponi, con la mia Olivetti 32 che portavo sempre con me come faccio col Mac oggi, cominciammo a comporre non poesie, ma pensieri, consigli e apprezzamenti vari sulle singole signore a capo delle varie quaranta cupole degli ombrelloni.
Cominciammo a scrivere: “Signora, pensiamo che sarebbe ora di buttare giù qualche chiletto posseduto in più. Si tenga conto, saluti!” Si piegava in quattro il foglio e lo si metteva da parte.
Altro biglietto: “Signora ci siamo accorti delle sue poppe straripanti, ma sarebbe ora che comprasse nel locale negozio un nuovo reggiseno, questo che indossa andava bene l’anno scorso! Saluti e non se ne abbia a male.”
Altro ancora: ” Signora, quando parla il sardo-bergamasco, urla troppo, la preghiamo di non far concorrenza ai piccoli e si ricordi di trattare meglio suo marito che, poi, è un maresciallo di finanza e non un uomo qualunque. Veda di imitare le sue prosperose belle fgliole! Salute e vita!”
Altro ancora; ” Signora, non sorride mai, perche? Forse suo marito la manda giù di tono? Se sorriderà le regaliamo un dentifricio! Saluti e buona fortuna.”Capisco che vorreste conoscere tutti e 40 biglietti, quelli per le nostre ragazze-signore compresi, anzi, per loro per non destare sospetti li compilammo più agrodolci. Alla mia prolifica signora che oltre ai quattro figli, talvolta, in mancanza della madre accudiva anche al nipote scrivemmo: ” Signora, vediamo che non le bastano quattro figli, forse desidererebbe farsi la squadra di calcio anche se suo marito a parte il “morto” non sembra saper fare altro in acqua! Non se l’abbia a male!” A Giulietta scrivemmo: “Signora non si è accorta che tutte le volte che si mette di traverso suo marito la osserva con gli occhi strabici per guardare se, per caso, lei osserva qualche altro giovanotto? Si regoli in proposito!” Insomma, completati gli scritti, forniti di carta gommata, a notte fonda, andammo a piazzare i biglietti sugli ombrelloni per la sorpresa della mattina.
Il giorno dopo, ad uno ad uno, scendemmo ad aprire il nostro ombrellone, leggemmo i nostri biglietti che i vicini vollero leggere e naturalmente tutti a ridere, al punto che per tutta la spiaggia non si faceva che parlare della sorpresa. La maggior parte delle donne la prese bene (forse erano poco permalose e contente che qualcuno si fosse accorto di loro), ma non fu così per la moglie del maresciallo di finanza che, che a voce concitata cominciò a lagnarsi per questa “maleducazione” che oltrepassava il limite della decenza, che lei era rispettosa di tutti come del resto rispettava suo marito, e non era vero, tanto che si scagliò contro il poveretto, un omone tutto sardo, ma molto rispettoso ed educato dal momento che tra madre e tre figlie era come se fosse un galeotto alla Caienna, perché sia la madre sia le figlie gli davano ordini perentori chi a destra e chi a manca anche sulla spaggia tipo:
-Spostami l’ombrellone non vedi che il sole mi colpisce e io rossiccia come sono non posso prendere il sole.-
Le figlie:- Papà potresti andare a casa ché ho dimenticato la crema solare.-
E mentre l’omone si muoveva per fare una commissione all’una, l’altra aggiungeva:
– Papà, mi porteresti una bottiglia d’acqua con tre bicchieri di plastica?-
L’uomo si fermava e con le dita aperte contava quanto doveva portare. Ad un certo punto raggiungeva la casa non molto lontano dalla spiaggia con quattro dita aperte e il pollice chiuso, quasi gli fosse scesa una paresi alla mano destra.
A questo punto Giulietta aggiunse:
– Mi pare che la marescialla sia lei in famiglia. Bisogna farle qualche scherzo, pensiamoci!-
All’ora dell’impoponimento pensammo tutti con proposte sensate allo scherzo da combinarle.
Eravamo a conoscenza che le figlie sarebbero partite di lì a qualche giorno, che lei per respirare meglio dormiva al piano terra, in una sua personale camera da letto e il marito, che forse non voleva ricevere ordini da lei anche la notte, dormiva al piano sopraelevato.
L’attendemmo al varco e intanto studiammo la sceneggiata, di tempo ne avevamo a iosa una volta spediti a nanna i pupi.
Parlotta che ti parlotta ognuno faceva le sue proposte, ma o erano eccessive o poco realizzabili, finché io che essendo un ex- collegiale m’intendevo di accompagnamenti e cortei funebri, dal momento che le suore, ci conducevano al funerale di qualche dama o uomo più o meno illustre, ricevendone l’obolo di cinquemila lire, proposi che ognuno di noi, piegato il lenzuolo in due parti, e appoggiatolo con un nodo sul capo, tipo la gonna capitina, che usavano a Nulvi, con una stearica accesa in mano, dovevamo procedere verso l’abitazione della marescialla e una volta raggiunta la casa, anzi sotto la sua finestra, avremmo dovuto intonare delle litanie in italiano, adatte per la signora e in coro rispondere, ad ogni litania, ora pro ea, prega per lei!
Partite le prosperose figliole e rimasti i due coniugi soli, fatti i dovuti controlli notturni per verificare la situazione, decidemmo in una notte senza luna di formare il corteo funebre e giunti sul posto
recitare di volta in volta le litanie appositamente composte, per l’obito della signora marescialla. Certo eravamo impudenti e coraggiosi al tempo stesso.
La sera fatale ci vestimmo formato fantasmi, prendemmo le steariche, le accendemmo per poter procedere in processione, e giungemmo sotto la finestra della malcapitata e a turno cominciammo a recitare:
– In malattia della marescialla!- Il coro rispondeva:- Ora pro ea!-
– In agonia della marescialla!- Il coro ribatteva:- Ora pro ea!-
-In morte della marescialla!- Il coro salmodiava:- Ora pro ea!-
Ad un certo punto sentimmo la voce della donna, risvegliatasi dal torpore del sonno, muoversi nel letto e chiamare lamentosamente il maresciallo che stava di sopra, russando come un rinoceronte (miele per le nostre orecchie).
La donna chiamava: -Peppi’, Peppi’, ma cosa sta succedendo, mamma mia!-
Per nostra fortuna l’uomo continuava a russare e la donna alzava il volume della voce, parlando più alto:
-Peppi’ Peppi!’ Beppi! Beppi! Beppi! che cosa succede, mamma mia!-
Il solista e il coro a questo punto alzarono il tono e la donna si buttò dal letto, si accostò alla finestra e cominciò ad urlare come una gallina spennacchiata.
– Beppi, Beppi, dabasso ci sono i fantasmi! Beppi, Beppi, aiutooo! aiutoo!-
Lo scopo era raggiunto e prima che l’uomo si svegliasse ci togliemmo la gonna bianca capitina, e con passo più svelto, date le steariche accese, a gruppi separati, in tre direzioni diverse, raggiungemmo le nostre abitazioni a piano terra, tenendoci la pancia per le risate e mormorando -_Beppi! Beppi!-
L’indomani in spiaggia la donna impiegò il suo tempo a parlare con le vicine d’ombrellone della sua esperienza, secondo lei era una visione d’oltretomba, ma il marito, sempre calmo e assonnato, continuava:- Ma non vedi che dei burloni ti hanno fatto uno scherzo!-
_ Zitto, sta’ zitto Beppi’ io le ho viste, erano anime che forse in Purgatorio volevano preghiere, infatti, quando tu sei arrivato in camera mia, mi sono affacciata e non c’era anima viva!-
Noi, compiaciuti, per aver sbarcato il lunario di passatempo anche quella notte, dicevamo ai vicini che, secondo noi aveva ragione la donna, del resto il grosso marito, ormai attempato, era steso sulla spiaggia ad occhi chiusi alla disperata ricerca di sonno al suono della pronuncia sardo-bergamasca della marescialla sua consorte.
P. II/III Fine