Parte II/ II Quattro figli e 400 poponi e la gelosia di Battista dal passo felpato!
Nei primi anni settanta all’Isola Rossa mancava tutto quando il sole andava a gettarsi, grattandosi la pancia, dietro l’Isolotto, da noi spudoratamente violato di notte. Eravamo ingenui ragazzotti, sposatisi prematuramente che, calate le tenebre, in quel buio pesto, non potevamo andarcene a letto dopo esserci rimpinzati di poponi comprati a prezzo stracciato: un carro da buoi, non qualche chiletto, ma quintali di poponi. Unica lampada pubblica, ancora impressa nella mente, era l’insegna dell’Ichnusa sul bar-birreria- tabacchi e accidenti vari piazzata dal caro indimenticabile zio Martino.
Ogni santa sera, messi a nanna i piccoli, finalmente stanchi dai cento bagnetti e tuffi in mare, occorreva escogitare qualche passatempo e recitare a soggetto prescelto o improvvisato.
Alle nostre amicizie si era aggregata anche Giulietta, con due figli (un bimbo e una bimba) e il consorte Battista, funzionario delle poste che, a causa della giovane moglie con sex appeal e della sua irrefrenabile gelosia si faceva 140 chilometri al giorno partendo la mattina e tornando la sera. Tutti c’eravamo accorti della prima latente e poi conclamata gelosia. E, grazie al Cielo, avevamo trovato di che vivere.
Il progetto della commedia nacque nella nostra spiaggia, circa un chilometro di lunghezza e a tratti di 200, a tratti di 300 o 400 metri di larghezza, con appena una quarantina di ombrelloni, tanti quante erano le famiglie, lasciati lì chiusi anche la notte. Non c’era ressa sulla spiaggia, a parte qualche vacca digiunante di zio Pidreddu a cui davamo qualcosa da mangiare, per cui a forza di prendere confidenza finivano, talvolta, per lasciarsi andare vicino a qualche bagnante steso al sole. Però tutti sapevamo che le buse non hanno mai ucciso nessuno: si correva in acqua e ci si lavava e disinfettava al tempo stesso.
D’altra parte era l’unica acqua disponibile almeno per noi, non per le vacche che zio Pidreddu faceva abbeverare da un pozzo scavato nei suoi vasti possedimenti che, partendo dalla spiaggia finivano per chiudere con creste e boschi l’orizzonte di chi se ne stava a prendere il sole, dando la testa alla spiaggia e al mare smeraldino.
Con Giulietta, mia moglie e le altre ragazze della compagnia facemmo congrega sotto il nostro ombrellone, per progettare l’intrattenimento della serata, quando tutta la prole sarebbe stata intenta a sognare gli angeli.
Tutte le donne, che chiamiamo, le ragazze, di vent’anni e passa anche se sposate e con prole, avevano notato che Battista, il burbero funzionario delle poste, ogni sera, arrivava e posteggiava l’auto a motore spento, vicino alla casa dove sostava la consorte e con passo felpato, per non farsi sentire, irrompeva guardingo e sospettoso nella domus, visitando furtivamente la chambre à coucher onde sorprendere in adulterio flagrante Giulietta che, faceva tanto schampoo con noi ragazzi, ma era di condotta irreprensibile e lo specchio della ragazza fedele. Dopo ampia discussione tra risa e lazzi si deliberò all’unanimità che la sera avremmo fatto andare fuori dei gangheri Battista dal passo felpato, insinuando con qualche parolina detta e non detta, qualche sorrisino, con tanti punti di sospensione che Giuletta in spiaggia si era comportata lascivamente, allontanandosi dalla greffa e sedendosi accanto ad un bell’Adone che prendeva il sole, avrebbe scambiato qualche parola e poi tutti e due si erano gettati in acqua ed erano scomparsi per “due minuti” in apnea, giusto il tempo di “limonare” un tantinello.
Buttammo giù il canovaccio teatrale e ansiosi aspettammo che giungesse la sera, quando Battista sarebbe rientrato, avrebbe cenato e si fosse con noi impoponito. Ad un segno sarebbe scoccata la scintilla. E la scintilla scoccò quando io cominciai a richiamare l’attenzione di Battista dicendo:
-Oggi le ragazze in spiaggia, caro Battista, si sono comportate in modo disinvolto, a me non interessa però…Giulietta…oh, si trattava di un Adone…-
Continuò mia moglie:
-Batti’, peccato che c’era Ange, altrimenti, un peccattuccio…- Battista dal passo felpato inarcò le sopracciglia e chiese con voce sorda:
– E Giulietta come si è comportata?-
Ed io:
– Batti’ a me fare la spia non piace…però, sai, si è avvicinata all’Adone, hanno parlato…Batti’ e poi…-
Battista fa:
-E poi… dimmelo, dimmelo…-
Ed io
:- Batti’ si sono buttati in acqua e sono riemersi…dopo due minuti di apnea!-
Battista si alza e urla a Giulietta:
– Andiamo a casa a chiarire la questione!.
E Giulietta:
– Non ho fatto nulla… nulla di nulla…-
-No, non ci credo!-
Grida Battista dal passo felpato.
Giulietta, si alza facendo la furibonda, e grida:
– Sei insopportabile, sei geloso, non ho fatto niente. Non ce la faccio più, io mi ammazzo.-_
Ciò detto, secondo il canovaccio concordato, scappa verso la scogliera, in direzione Spiaggia Lunga.
Ci alziamo tutti come un solo uomo, ragazze e ragazzi, ed io dico:
-Battìì quella si ammazza davvero, tu la conosci che quando si arrabbia ha il fumo negli occhi! Corriamo a bloccarla prima che si butti in acqua!-
Tutti ci alziamo, io prendo l’ombrellone che tenevamo in casa, lo apro, e mettendolo in alto sulla testa di Battista, facciamo un corteo, e tutti, ad uno ad uno lo rimproveriamo;
-Sei eccessivo, lo sai che Giulietta è una ragazza seria… non si butta sul primo arrivato!-
E cose del genere un pò tutti.
In corteo, tenendo su Battista l’ombrellone aperto procediamo alla luce di una grossa pila, verso la scogliera. Arrivati li, ci mettiamo a urlare uno dopo l’altro:
– Giulietta, non fare pazzie, Battista ti ama troppo, non ucciderti, lo sai che l’acqua del mare è salata!-
Giunti sulla scogliera ci disperdiamo, mentre mia moglie e l’altra sua amica, dicono a Battista:
– L’hai umiliata troppo, alla fine non ha fatto un bel niente!-
Nella scogliera troviamo Giulietta che rideva a crepapelle, l’agguantiamo e, appena arriva Battista sulla spiaggia, con l’ombrello sul capo, la spingiamo letteralmente sulle sue braccia in modo maldestro. I due cadono l’uno sull’altro, noi come usa fare a rugby ci gettiamo su di loro, per poco non li ammazziamo col nostro peso, ci alziamo subito, facciamo in modo che si prendano a braccetto e con l’ombrello aperto, li accompagniamo nella loro casetta accanto alla nostra, rivelando a Battista, finalmente, la commedia e dicendogli che non c’era nessun Adone e nessun bagno in apnea. Battista si mette l’animo in pace e bacia Giulietta!
Si era fatta mezzanotte, smettiamo di ridere, ormai sazi della commedia, ci diamo la buonaotte e la compagnia si scioglie per quella serata interessante e suggestiva.
La commedia era andata meglio del copione.
(Parte II/II continua)
II/III Un corteo funebre sotto la finestra della signora marescialla sardo bergamasca..