Il CISUI e il Comune di Asiago di Gian Paolo Brizzi
Il Cisui, un centro di ricerca sulla storia delle università, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Città di Asiago, ha voluto inserire nei propri programmi un convegno che intende approfondire i molteplici aspetti in cui le vicende belliche di un secolo fa si intrecciarono con il mondo accademico, con studenti e professori. Circa 80 appuntamenti fra aprile e settembre nell’alto vicentino fra conferenze, convegni, rievocazioni storiche, eventi teatrali, espositivi e musicali dedicati al tema della grande guerra. Dal 2014 la comunicazione pubblica, non solo quella italiana, pare aver scoperto la Grande guerra, suscitando un interesse inatteso. Per comprendere tale fenomeno vanno considerati due fattori. Il primo rinvia alla rilevanza politica e militare di quell’evento, al ruolo che la I guerra mondiale ebbe nel processo di riassestamento degli equilibri di potere in Europa e nel Mondo che tutte le parti in causa battezzarono subito come Grande Guerra, Great War, Grossen Krieg, Grande Guerre. Il secondo fattore riguarda la partecipazione diffusa a quegli eventi che hanno dato luogo ad una folta produzione storiografica che si intreccia e interagisce con la disseminazione di una miriade di frammenti di memoria che ogni famiglia conserva, frutto della pietà domestica suscitata dagli oltre 16 milioni di morti e 20 milioni di feriti o mutilati. Minerva armata è il titolo scelto per questo convegno, giacché la figura mitologica di Minerva presiedeva sia le attività intellettuali sia, all’occorrenza, le guerre per giusta causa. Questa duplicità ben si presta a rappresentare il tema proposto, l’intreccio fra le università e la Grande guerra, una relazione che va inquadrata nella crescente politicizzazione del mondo universitario, assai vivace agli inizi del XX secolo.
Dalla fine dell’Ottocento la presenza nelle università del Regno di numerosi studenti, provenienti dal Trentino, dalla Venezia Giulia, dall’Istria, aveva influenzato le comunità universitarie rafforzando l’opinione che fosse necessaria una quarta guerra di indipendenza per assicurare all’Italia i propri confini naturali; anche gli studenti cattolici aderenti alla Fuci, scontrandosi spesso con le gerarchie ecclesiastiche, non furono estranei all’opzione patriottica che appariva come la sola capace di far uscire il mondo cattolico dall’isolamento nel quale si era rinserrato da decenni. Con l’avvio delle ostilità nell’estate del 1914, le posizioni studentesche si radicalizzarono: manifestazioni di piazza, creazione di movimenti para-militari, come il Sursum Corda, formazione di battaglioni universitari per addestrare quanti si dichiaravano pronti a partire come volontari per il fronte. L’aggressione della Germania al Belgio, Paese neutrale, e l’incendio della Biblioteca dell’Università cattolica di Lovanio, con la distruzione di oltre 300.000 volumi e di una collezione di preziosissimi manoscritti medievali, suscitò una vasta eco nel mondo accademico ed influenzò le opinioni di quanti erano ancora rimasti in una posizione di incertezza. Gli studenti abbandonarono le aule universitarie infoltendo i ranghi degli ufficiali inferiori destinati al fronte e già nei primi mesi di guerra oltre un quarto degli studenti si era arruolato. Quanto ai professori, la convinzione che la scienza non avesse patria, che fosse indipendente dalla politica, dovette arrendersi all’evidenza che ogni scienziato, scoppiato il conflitto, militava per la propria patria. La grande industria, in particolare quella siderurgica e metalmeccanica, già impegnata a sostenere la campagna interventista si avvalse delle competenze tecniche e scientifiche dei professori, dando vita ad un efficiente triangolo scienza-industria- forze armate. La congiuntura bellica mostrò la duplicità delle potenziali applicazioni della ricerca nell’ambito della chimica (i gas asfissianti videro impegnati due
Pagina 2 di 2premi Nobel, il tedesco Fritz Haber e il francese Victor Grignard), dell’ingegneria impegnata nell’industria navale e aeronautica, delle scienze matematiche che fecero progredire l’aerodinamica, la fotogrammetria e soprattutto la balistica, fondamentale per rendere più efficiente l’impiego delle artiglierie. Scienze che si votarono alla morte ma anche scienze per la vita se consideriamo il forte impegno medicina che portarono ad un’alta specializzazione della chirurgia ortopedica o di quella maxillo-facciale, resa necessaria per affrontare le devastanti lesioni al viso prodotte dall’esplosione delle granate. Questi temi ed altri ancora, come le molteplici forme della gestione del lutto messe in atto negli atenei (lauree ad honorem agli studenti caduti, epigrafi, monumenti, pubblicazioni celebrative), costituiranno alcuni dei filoni tematici che le relazioni di studiosi italiani e stranieri, nei giorni 29-30 luglio, terranno al Teatro Millepini di Asiago con un’appendice, domenica 31, alle ore 10,30, a Monte Zebio, per partecipare ad una commemorazione in memoria dei caduti della Brigata Sassari in occasione della Strafexpedition che saranno oggetto di due specifiche relazioni. Gian Paolo Brizzi (Università di Bologna)