“Battesimi e cresime: non è mai troppo tardi per Suor Brambilla” di Oreste Carboni noto Gavino
Angelino,ritrovato compagno dopo piu’ di 40 anni.
Tu sai che, nonostante io non abbia voluto studiare,(a Palermo fui preso dalla nostalgia della Casa della Divina Provvidenza) ho una memoria di ferro.
Qui a OK ormai e’ tardi (ore 22) ma voglio raccontare la mia esperienza piu’ bella alla Casa di Via S.Agostino.
Di lì a qualche mese,dovevo partire militare.
E ti pareva che Mamma Luisa da Bergamo ,non mi chiedesse se fossi cresimato.
Alla mia risposta negativa disse:-Non puoi partire se non ti cresimi.-
E qui ebbi la piu’ bella esperienza nella Casa.
A quel tempo (1965) si presento’ un Franco Sotgiu ,ex allievo dalla Casa, con tanto di moglie francese e due teneri figlioli.
E che ti combina Mamma Luisa?
La francese, non essendo battezzata, combina la grande festa.
Al mattino,fa battezzare la francese,subito dopo fa battezzare i due bimbi.
Naturalmente la Prima comunione in Cappella.
Poi, si va insieme a me in Arcivescovado, dove l’Arcivescovo di allora Mons. Paolo Carta, cresima me con padrino il segretario della Prefettura Sig. Giovanni Sanna e la francesina.
Ritorno alla Casa ed in Cappella si celebra il matrimonio.
Il pranzo di nozze?
Tutte le ragazze rimaste, con Suor Gabriella, che supero’ se stessa come cuoca.
Un abbraccio a tutti i facenti parte di queste strutture, anche se,alcuni rifiutano il loro passato o pretendevano piu’ di cio’ che gli si poteva dare.
Emozione ancora piu’ bella fu quando a Pasqua di tantissimi anni fa, a pranzo non trovammo il classico uovo di cioccolata.
Eccone il motivo.La Santa Donna Laura Segni,volle consegnarci personalmente la campana di cioccolato con sorpresa, accompagnata da Celestino e Mariotto vestiti con pantaloni semilunghi a quadretti (allora erano di moda)
Lo fece con tutti gli ospiti: vecchie, vecchi, femminucce e maschietti, non lesinando una carezza affettuosa per ognuno.
Come dimenticare questi gesti!
E che dire del gelato estivo, quando la Santa Luisa da Bergamo, si vergogno’ di mangiarlo perche’ i ragazzi la guardavano (lo diede a me non perché fossi il suo cocco, ma perché non la guardavo).
All’epoca le suore non potevano assumere cibo in pubblico.