La vita tribolata di Giovanni Andrea Tedde – Cossiga (Chiaramonti, 1804-1855) di Ange de Clermont
Il trisavolo Giovanni Andrea Tedde-Cossiga
Dopo aver rilevato alcuni dati e connotati del quadfravolo Matteo Tedde-Pinna, passiamo al nostro beneamato trisavolo lasciando andare gli altri sette tra sorelle e fratelli per proprio conto e osserviamo attentamente il nostro, che come abbiamo già visto nacque 18 aprile del 1804, l’anno dell’incoronazione di Napoleone a Notre Dame de Paris. Il poveretto aveva solo 15 anni quando nel 1819 gli morì il padre Matteo. Sicuramente fu vezzeggiato a lungo dalla madre Domenica Cossiga, dalle tre sorelle e dagli altri quattro fratelli, essendo il minore della nidiata.
Costui, nel 1827, giusto l’anno dell’emanazione del Codice Civile e Criminale di Carlo Felice, che nel 1823 aveva istituito pure le scuole normali elementari, contrasse matrimonio a soli 23 con Chiara Giovanna Maria Cossu, figlia di Francesco e di Giovanna Maria Satta, di 22 anni, era nata, infatti nel 1805. Forse Francesco era imparentato con l’illustre chiaramontese che in quell’anno vinse il concorso come Rettore della Chiesa di San Pietro di Ploaghe.
Presumibilmente andarono all’altare illibati come due angeli, data la giovane età, infatti, il primo figlio nacque il 21 agosto del 1829, al quale senza esitazioni imposero il nome dell’avo paterno Matteo che per distinguerlo dal capostipite chiameremo come usava allora Matteo Tedde-Cossu. Dimenticavo di osservare che sia il nome Cossìga sia quello di Cossu vengono da Corsica e da Corso dal che si può dedurre che questi antenati Tedde erano portati a sposarsi con donne di vicina o lontana origine forestiera. Non c’è male: si dice che gl’incroci con forestieri facciano nascere dei figli più svegli. Tornando ai due trisavoli il 22 settembre del 1831, l’anno delle insurrezioni nacque Caterina Giorgia Tedde-Cossu.
Il terzo figlio, il nostro buon trisavolo, lo vide nascere l’8 settembre del 1834 al quale stranamente diede il secondo nome del fratello Lorenzo Alfonso, chiamandolo appunto Alfonso. Qui un’osservazione non deve mancare, infatti, già due figli nacquero settembrini, il che vuol dire che i colombi si diedero ai casti amori coniugali in gennaio, magari dopo i salti sui falò di Sant’Antonio.
L’anno dopo, in tempi cronometrati, nacque il 9 settembre Caterina, junior, che però campò soltanto 6 giorni, preferendo volarsene al Cielo. Capirono forse che gli amori di gennaio non davano frutti duraturi e allora spostarono i loro ardori a giugno, infatti, il 19 febbraio del 1837, giusto l’anno della morte di Leopardi, nacque Maria. Ho il dovere di osservare che con questa mia parente antenata abbiamo in comune le due ultime cifre: un secolo dopo di lei dovevo nascere io, non in febbraio però, ma in gennaio. Gli ancor giovani coniugi, lei di 32 anni e lui di 33, nel cocente ricordo della figlia Caterina junior, furono felici di poter contare sulla seconda figlia. Potevano fermarsi ormai a 4 figli viventi, due maschi e due femmine, ma non seppero o non vollero e quindi misero in cantiere il sesto figlio che fu fatale per la puerpera, infatti, il 7 gennaio del 1840 nacque Pietro Antonio e l’11 morì la madre, a soli 35 anni, che, poveretta, non ebbe il tempo di allattare il figlio appena nato. L’addolorato Giovanni Andrea rimase vedovo a 36 anni con 5 figli ancora in tenera età visto che Matteo aveva 11 anni, Caterina Giorgia 9, Alfonso 6, Maria 3. Che cosa poteva fare questo poveruomo per accudire al lavoro e campare i 5 figli?
Probabilmente consigliato dalla madre, se era ancora viva, dai fratelli e dalle sorelle, pensò di assicurare una balia al piccolo, che doveva diventare il nostro trisavolo, e siccome doveva trovare una madre per i piccoli, è probabile che sia andato a farsi consigliare dal parente della moglie defunta teologo Salvatore Cossu ormai consolidato rettore di Ploaghe. Il 22 novembre del 1840, non ancora passato l’anno di lutto, auspice il prelato chiaramontese, sposò in Ploaghe Gavina Lucia Rebbechesu, figlia di Francesco Antonio Rebbechesu e di Gavina Canu, ploaghesi entrambi.
Forse preoccupato dei numerosi figli, attesero un annetto prima di dar luogo alla nascita di un altro figlio o sicuramente tutto fu affidato al caso, che diede loro respiro di un annetto e passa. L’11 febbraio 1842 la nuova sposa gli diede una figlia alla quale imposero il nome di Giovanna Maria che sicuramente poté, dopo alcuni mesi, far compagnia al fratellino consanguineo Pietro Antonio di 2 anni. I coniugi però o la consorte ploaghese, paga di averle dato una figlia subito, attese ancora, e dieci anni più tardi, diede alla luce Antonia e in seguito Domenica e Lorenzo, probabilmente la penultimo nel 1854 e l’ultimo prima di chiudere gli occhi all’esistenza nel 1855 (l’estensore della genalogia si è stancato di mettere le date esatte della loro nascita.)
Concludendo sulla fecondità di questo nostro antenato dobbiamo osservare che ebbe 10 figli nell’arco di 28 anni, infatti si era sposato con la prima moglie nel 1827 e morì. questa volta lasciando vedova la seconda moglie, nel 1855, all’età di 51 anni. Invece di campare di più, viste le traversie dell’esistenza, logorò la sua vita nell’arco di mezzo secolo. La durata della vita, tuttavia, può essere determinata solo in parte dalla condotta degli uomini
Di questo antenato abbiamo rintracciato un atto di vendita di una tanca nei pressi del nuraghe Telti, probabilmente per saldare un debito o per far contanti.
Bisogna dire che anche lui lasciò i figli di secondo letto ancora piccoli e che la vedova dovette sobbarcarsi con la solidarietà degli altri figli del marito, ormai adulti, l’onere di allevare i figli piccoli. Da rilevare che Pietro Antonio, meglio noto come Antonio, ebbe ad accasarsi a 35 anni e di certo non restò in casa con le mani in mano, ma aiutò la madre adottiva che lo allevò sicuramente con l’amore di un figlio autentico e non di un figliastro.
I nomi imposti da questo antenato due volte sposato non si allontanano di molto dalla precedente onomastica essendo i nomi imposti ai figli Alfonso, Antonia, Caterina, Domenica, Giorgia, Giovanna, Lorenzo, Maria, Matteo, Pietro. Spunta qui Caterina d’Alessandria, dell’allora cadente chiesa di un villaggio medievale abbandonato, Giorgia, data la probabile diffusione della devozione all’antico titolare di una chiesa medievale intitolata a San Giorgio nel centro anglonese di Perfugas.
Quanti di questi nove figli rimasti morirono precocemente e quanti condussero una discreta speranza di vita? Ci mancano le date per poterlo dire, ma è certo però che nell’arco dei vent’anni trascorsi non mancarono carestie ed epidemie e quindi mettere al mondo un certo numero di figli significava garantire il futuro della famiglia.
Ultima osservazione: sia il quadravolo sia il trisavolo furono gli ultimi della nidiata, quindi non solo Giovanni Andrea, ma anche Pietro Antonio, nacque ultimo di primo letto e fu allevato dalla matrigna ploghese