Millesimo contributo su Accademia Sarda:”Ambiente” di Paolo Amat di San Filippo
Dàlli all’untore! Da un po’ di tempo non si sente altro, alla televisione, sui giornali, nei convegni di indirizzo ecologico a proposito dello stato dei terreni, nell’isola, dove hanno operato industrie chimiche di vario tipo.
In questi ultimi giorni è assurto , agli onori della cronaca”nera”, l’insediamento petrolchimico di Portotorres, prima SIRdi Rovelli e poi ENICHEM del Parastato. Si sono viste le manifestazioni di aderenti a un partito indipendentista locale, e di bande di ecologisti dell’ultim’ora, anche col supporto di alcuni politicanti decaduti, che miravano soprattutto alla riconquista della fama e del potere politico perso.
Se la memoria non mi tradisce le industrie petrolchimiche sono state, a suo tempo, fortemente rivendicate da molti, politici e sindacati, in considerazione del fallimento dei precedenti vari piani di rinascita regionali indirizzati al rilancio dell’attività agro-pastorale.
Sorsero così gli insediamenti: petrolchimici della SIR a Portotorres, della Rumianca ad Assemini, della ENICHEM a Sarroch; Tessili della SNIA VISCOSA a Villacidro, dell’ENICHEM a Ottana e della SIR a Truncu Reale; Petroliferi della SARAS a Sarroch, Chimici inorganici della SARDAMAG, e della EUROALLUMINA a Portovesme e Portoscuso, Produzione di accumulatori della SCAINI a San Gavino, Prodotti Alimentari con lo zuccherificio di Villasor (prima installato ad Oristano) e di conserve della CASAR a Villasor; Metallurgici della ALSAR a Portovesme e della BRIDGESTONE ad Assemini.
Prima si è suonata la grancassa e si lodarono le capacità programmatiche della Regione Sarda e dei suoi governanti, con il plauso soddisfatto dei partiti e dei sindacati.
Poi il vento cambiò; per beghe politiche Rovelli scomparve dallo scenario industriale, ed iniziò conseguentemente la crisi degli insediamenti di Portotorres e di Assemini, crisi parzialmente rappezzata con l’intervento dell’ENICHEM.
Seguì la chiusura della SNIA a Villacidro e della SIR a Truncu Reale; quella della SARDAMAG, dell’EUROALLUMINA e conseguentemente quella di tutto il polo produttivo dell’Alluminio.
Venne radicalmente ridimensionata l’attività della ENICHEM di Sarroch, per non parlare poi del caso dell’ITALPROTEINE mai nata.
Persino la quasi centenaria Salina CONTIVECCHI, gioiello attivo della produzione di Salmarino a Macchiareddu è ormai passata sotto l’egida della ENICHEM.e utilizzata quasi esclusivamente a produrre cloruro sodico per gli impianti Cloro/Soda della ex RUMIANCA.
L’industria minero-metallurgica è ormai solo un ricordo, copresa la breve e fallimentare parentesi della Sardinian Gold Mining.
Anche la miniera di fluorite di Silius, ultima attività mineraria sarda, cerca di riguadagnare il mercato della FLUORSID, insidiato dalla più economica importazione di Fluorite dalla Cina
Per cercare di rimediare a questo grande sfascio, e forse trovare un rimedio palliativo alla disoccupazione di migliaia di lavoratori si è inventata la ”Bonifica dei siti inquinati”, parola d’ordine di molte congreghe politiche e sindacali.
Tutte le attività dell’uomo portano alla produzione di scorie o comunque sottoprodotti; è un fattore entropico inelauidibile.
Persino l’uomo produce, nel suo metabolismo, scorie liquide e solide. Si calcola che mediamente un uomo produca giornalmente 0,5 kg. . di feci a secco e circa 1500-2000 ml. di scorie liquide.
Anche le industrie agricole e gli allevamenti danno luogo a scarichi potenzialmente inquinanti, basti pensare alle acque di vegetazione dell’industria olearia ed agli scarichi delle porcilaie.
Per circa 2 secoli l’industria mineraria ha abbancato sterili d’estrazione e del relativo trattamento minero-metallurgico del “tout venent” in molti siti dell’Isola. Quanto più si affinavano le tecniche produttive, tanto più erano inquinanti gli scarichi connessi.
Per tornare ai nostri giorni, l’industria petrolchimica di Portotorres produceva Benzene, toluene e gli Xileni isomeri(Orto,Meta,Para) per deidrogenazione aromatizzante delle paraffine a 6-8 atomi di carbonio ottenute dalla “Virgin Naphta” proveniente dalla distillazione primaria del petrolio greggio. Di questa materia prima, parte veniva crackizzata per ottenere olefine (Etilene, Propilene, Butileni, etc.), Il benzene alchilato con Etilene dava l’Etilbenzene che deidrogenato dava lo Stirene, monomero per la preparazione di importanti polimeri (Polistirene), e copolimeri (Acrilonitrile Butadiene e Stirene, “Resine ABS”). Alchilato con Propilene il benzene dava il Cumene o Isopropilbenzene, il quale opportunamente perossidato (se non opportunamente esplodeva), formava Acetone e Fenolo.
Tacendo i molti usi dell’acetone e soffermandoci sugli utilizzi del fenolo (con una iniezione di fenolo in vena i tedeschi uccisero in un loro lager Padre Kolbe, che poi assurse agli altari), a parte l’uso criminale, il fenolo serve per fare la Backelite, materiale termoindurente dai più svariati usi. Non è da dimenticare che il suo derivato trinitrato (Acido Picrico) fu l’esplosivo ufficiale per l’artiglieria francese nella Prima Guerra Mondiale. Un suo uso pacifico, è come componente di pomate (Foille) e soluzioni acquose utili per lenire il dolore e le vesciche conseguenti a ustioni di primo grado
Nella Chimica Organica, a differenza di quella Inorganica le reazioni non sono mai complete, nel senso che in questa non si forma solo il composto desiderato, ma si formano vari altri composti, anche in funzione delle condizioni di reazione: isomeri, derivati polisostituiti, prodotti di demolizione, di decomposizione. o di policondensazione.
Nella sintesi dello stirene si possono formare anche il diisopropilbenzene para e il meta, dall’isomero para, se non si vuole utilizzare il para Dimetildipropilen benzene per rendere termoindurente lo stirene termoplastico (Stiropor e Stirodur), per ossidazione si può ottenere l’Acido Tereftalico, comero principale del Polietilentereftalato (PET, Terilene).
Alla SIR, per clorurazione del benzene si otteneva il Monocloro-, Dicloro- (orto, meta, para), e il Tricloro-benzene (nei suoi isomeri: simmetrico, vicinale, e asimmetrico). Il para Diclorobenzene veniva ampiamente impiegato come tarmicida in sostituzione della Naftalina della quale aveva odore simile.
Alcuni Triclorobenzeni erano il prodotto di partenza per la preparazione dell’Acido Diclorobenzenacetico, composto ad azione defoliante e diserbante. Un rialzo incontrollato della temperatura di reazione portò nell’ICMESA di Seveso, alcuni anni fa, alla formazione indesiderata di un sottoprodotto: la Tetraclorodibenzodiossina, (la tanto temuta e criminalizzata Diossina).
Ammonossidando il propilene, alla Rumianca di Assemini si otteneva l’Acrilonitrile, monomero per le resine e le fibre tessili acrilonitriliche. Uno dei sottoprodotti di questa reazione era l’Acido Cianidrico (il famoso Ziclon B delle camere a gas).
Clorurando l’Etilene e deidroclorurando il Monocloroetano ottenuto, sia alla SIR che alla RUMIANCA, si otteneva il Cloruro di Vinile, monomero per la produzione del Cloruro di Polivinile, materia plastica dai molti usi.
Tra i sottoprodotti i più utili erano il Tricloroetilene asimmetrico (la comune Trielina un tempo usata per il lavaggio a secco) e il Cloruro di Vinilidene, impiegato per la preparazione di copolimeri speciali (Fibre tessili, Gomme).
Da quando l’uso della Trielina nel lavaggio a secco è stato vietato a salvaguardia della salute degli operatori del ramo, questo solvente è stato sostituito dal Tetracloroetilene, meno tossico.
Nel corso dell’attività dell’industria petrolchimica e di altre industrie operanti nell’Isola, ingenti quantità di sottoprodotti per i quali, non era stato possibile trovare un riutilizzo, né un metodo alternativo di eliminazione, economicamente sostenibili, vennero abbancate in siti all’uopo destinati con il tacito assenso dei sindacati.
Ora che l’industria è morta, le voci dei prima silenti si sono elevate a grida; sono stati svelati e ritrovati i siti di abbancamento e si è gridato: “Chi inquina paghi!”.
Ammesso e non concesso che la politica di “Disinquinamento” non porti alla creazione di entità esclusivamente assistenziali e parassite, una volta che il materiale inquinante verrà tolto dagli attuali siti, dove verrà stoccato? Quali sono i metodi specifici di riutilizzo o di smaltimento “reali” e non fittizi, dimostrati efficaci ed a quale prezzo?
Non è che tolto dal sito A, il materiale venga abbancato in un altro sito B, in attesa di ulteriori sviluppi
Cosa si intende fare per eliminare i tanto strombazzati “Veleni di Furtei” o i policondensati clorurati della RUMIANCA di Assemini, o gli olii di trafilatura e i fanghi della ottonatura elettrolitica dei cavetti della BRIDGESTONE di Assemini, o gli sfridi della ROCKWOOL di Iglesias, o gli sfridi piombiferi della SCAINI, o i sottoprodotti vari della SIR, o gli scarti dell’ALSAR, o ancora gli scarti della produzione dell’eternit di Oristano, questi già parzialmente dissotterrati da incoscienti ambientalisti, o gli isolamenti a base di amianto (un tempo obbligatori per legge) delle carrozze ferroviarie depositate a Chilivani?
Cosa rispondono gli ambientalisti?