Anonimo, Un vero Angelo di Carità (Suor Giuseppina Nicoli), in “La Carità” 7, (1929) pp. 10-13
Maria Paola Giuseppa Anastasia, nota Giuseppina Nicòli (1863, Casatisma (PV) – 1924, Cagliari)
Nata a Casatisma (Pavia) 18 novembre 1863, a Pavia consegue la patente superiore della scuola normale il 31 ottobre del 1882 , inizia il postulato di figlia della carità a Torino presso San Salvario il 24 settembre 1883; veste l’abito di Figlia della carità a Parigi a Rue du Bac il 9 agosto 1884, insegnante a Cagliari al Conservatorio della Provvidenza (1884-1899), superiora a Sassari dell’Orfanotofio delle Figlie di Maria (1899-1910), economa e poi direttrice delle novizie a Torino San Salvario (1910-1913), superiora dell’Orfanotrofio di Sassari (1913-1914), superiora all’Asilo della Marina in Cagliari (1914-1924) dove muore il 31 dicembre in concetto di santità.
– Infanzia e giovinezza fino al diploma magistrale (1863-1883)
“Giuseppina Nicoli nacque a Casatisma, piccolo paese nelle vicinanze di Voghera, il 18 Novembre 1863. Fu battezzata il giorno 22 dello stesso mese e le furono imposti i nomi di Maria Paola Giuseppina Anastasia. I genitori e i familiari la chiamarono Giuseppina a ricordo della nonna paterna scomparsa da pochi anni e che aveva fama di donna religiosa e pia. Era la quinta dei dieci figli che nacquero dal matrimonio dell’Avv. Carlo e della Sig.ra Delfina Pincetti: Niccolò, Giovanni (morto ad undici mesi), Itala, Giovanni, Giuseppina, Faustina, Francesco, Luigina, Paolina, Maria. Carlo Nicoli, nato a Voghera nel 1820, si era laureato in legge nel 1841 ed aveva intrapreso la carriera della Magistratura: la sua malferma salute non gli consentì, nonostante i meriti, di avanzare nei gradi, non potendo accettare residenze lontane da Voghera, dove lo trattenevano tra l’altro le esigenze dell’amministrazione degli interessi di famiglia. Nel periodo della nascita di Giuseppina (1863) era appunto pretore del mandamento di Casatisma. Non venne mai meno a quella alla sua fede religiosa. In politica fu liberale, ma nel senso migliore che si possa attribuire a questa parola. Egli, che era stato ottimo figlio a suo tempo, e ottimo tutore dei fratelli e delle sorelle, fu educatore severo, ma amorevolissimo dei suoi figli, ai quali con la parola e con l’esempio trasmise l’amore per il lavoro e i più sani valori civili, morali e religiosi. Verso il1860 cominciò ad essere tormentato ad intervalli da fortissimi dolori nevralgici, cui non valse alcuna cura medica, che egli sopportò fino al termine della sua vita con esemplare spirito cristiano.
Dopo il 1880 chiese e ottenne il collocamento a riposo, dedicandosi esclusivamente agli interessi di famiglia (del patrimonio avito gli erano rimaste solo poche terre vicine al fiume Po nel Comune di Corana). Carlo Nicoli frequentava sovente i Sacramenti e usava confessarsi presso i Padri Minori Francescani, anche se, quando si approssimò la fine, fu chiamato per assisterlo Don Giacomo Prinetti, il quale, parlando successivamente col figlio Nicolò, disse che non lo avrebbe mai creduto tanto bravo. Morì a 78 anni, compianto da tutti il 28 aprile 1898.
A 35 anni, per iniziativa di un ottimo Sacerdote, Don Gaudenzio Giani, si era unito in matrimonio con Delfina Pincetti, nata a Tortona nel 1833. Istruita dalle Figlie della Carità, da cui imparò anche la lingua francese, fu poi, come esigevano le consuetudini di famiglia, applicata ai lavori domestici. A 23 anni, per aderire al desiderio dei genitori, andò dunque sposa all’avv. Carlo Nicoli, il quale, più che dalla bellezza fisica e dall’agiatezza economica, fu attratto dal candore dell’anima e dalla forte intelligenza della giovane. Abbracciò lo stato coniugale con piena dedizione: accettò come benedizione del Signore i numerosi figli ai quali offrì un esempio costante di fede, di forza, di sacrificio, oltre che di una esemplare educazione religiosa. Per la sua bontà e generosità si fece molto amare da tutti quanti la conobbero: non aspirò mai a svaghi mondani o divertimenti; la lettura e la preghiera furono sempre le sue occupazioni preferite.
Rimasta vedova nel 1898, visse a Voghera con la figlia Faustina, ma sempre in ottimi rapporti con gli altri figli e generi. Conservò sempre uno straordinario equilibrio e una grande fede, nonostante molti grandi dolori avessero attraversato la sua vita. Frequentò con grande pietà i Sacramenti anche nella sua più tarda età e, messasi a letto per le conseguenze di una caduta, circondata dall’affetto e dalle cure dei suoi figli, passò serenamente a miglior vita il 21 maggio 1922, a 89 anni.
Suor Giuseppina Nicoli nacque e provenne da un simile contesto familiare. E’ interessante ricordare che il fratello Francesco, di lei minore di 5 anni e morto prematuramente nel 1888 a 20 anni, iniziò a scrivere i suoi ricordi a 16 anni, prima ancora quindi che il successivo estendersi della fama di santità della sorella potesse condizionarlo.
Giuseppina visse in famiglia fino all’età di quindici anni, prima a Casatisma e poi a Voghera, dove i Nicoli si erano trasferiti nel 1871. Frequentò la scuola elementare prima a Casatisma e poi nelle scuole delle Suore Agostiniane di Voghera, risultando sempre fra le migliori ed anzi spesso citata a modello, sia cogli insegnanti che con le compagne. Presso le stesse Suore, quando era in 4a elementare, il 4 Aprile 1873, dopo essere stata esaminata dal Sacerdote vogherese Don Pietro Silva e dall’Arciprete del Duomo, ricevette la Prima Comunione. Ultimate le scuole elementari e complementari, il padre le fece dare per due anni lezioni private di francese e di italiano. In famiglia era abituale la preghiera comune, alla quale ella prendeva parte con grande fervore. Così pure prese l’abitudine di frequentare assiduamente i Sacramenti. A Voghera conobbe Don Giacomo Prinetti, che divenne poi suo confessore e direttore spirituale. A 13 anni si fece volontaria infermiera del fratello Giovanni, che cadde ammalato nel Maggio 1877 e morì nell’Agosto dello stesso anno. Non solo faceva compagnia ed assisteva il caro infermo, ma ogni mattina gli leggeva le preghiere e le invocazioni a Dio, alla Madonna e all’Angelo Custode. Spinta poi dal desiderio di istruirsi ulteriormente, ma solo per potere fare del bene, passò a Pavia per frequentare i corsi magistrali.
Per un anno fu presso la zia materna Luigina Pincetti vedova Aldini, che teneramente la amava. In questo primo anno si ammalò di una specie di febbre tifoide non grave, dalla quale guarì rapidamente.
Essendosi poi trasferita a Tortona, Giuseppina entrò nel convitto diretto dalla Sig.ra Bassi. Di animo sensibilissimo soffriva molto la lontananza della famiglia e confessava che quando andava in Collegio piangeva per tre giorni. Però il sentimento del dovere era in lei sovrano ed era felice di potere studiare per essere un giorno utile alla società. Continuava ad essere tutta raccolta nei suoi doveri di studio e di religione. Nello studio fu tra le prime per merito; nella religione edificò le compagne, professori e superiori, in tutti risvegliando il sentimento religioso, che era in quell’ambiente assai rilassato, e suscitando l’ammirazione delle persone indifferenti o contrarie.
Giuseppina conseguì la Patente di maestra elementare di grado superiore con lusinghiera votazione il 31 Ottobre 1882. Era appena diplomata quando a Voghera si tenne una conferenza magistrale presieduta dal prof. Pasotti, Direttore della Scuola Magistrale di Pavia. Giuseppina venne incaricata di tenere una lezione pratica sul baco da seta: assolse così bene il suo compito che tutti ne furono ammirati ed ebbe consensi ed applausi unanimi. La Direttrice dell’Istituto Bassi, quando Giuseppina ebbe ultimato gli studi, scrisse al padre che era spiacente di perdere quell’alunna modello e che quanto più ritardava ad andarla a prendere, tanto più le faceva piacere. Giuseppina non volle continuare più oltre i suoi studi e di ottenere il titolo di professoressa seguendo i corsi complementari di Firenze o di Roma. Preferì dare dunque lezioni private, preferibilmente ai poveri e rifiutando da questi ogni compenso, con l’intento di istruirli ma soprattutto educarli e formarli cristianamente. Per circa tre mesi fu poi insegnante supplente in un istituto di Pavia, dove pure l’opera sua fu molto apprezzata e dove edificò tutti per il suo contegno .
– La Vocazione: Postulato, Noviziato, Presa d’abito (1883-1884)
Per quanto non ne avesse mai parlato esplicitamente, né la famiglia avesse mai favorito tale scelta tutti erano consapevoli che la strada della consacrazione alla vita religiosa era una possibilità tutt’altro che remota per la giovane Giuseppina.
Ella comunicò alla famiglia la sua decisione solo quando ne fu ben certa e quando Don Prinetti aveva già scritto alla Superiora delle Figlie della Carità di Torino per ottenere che ella fosse accolta in seminario, ricevendone risposta affermativa.
Esiste agli atti la lettera del 10 Luglio 1883 con la quale Giuseppina ringrazia la visitatrice delle Figlie della Carità di Torino, Sr. Lequette Felicité, per la sua ammissione, ed esprime la sua vivissima gioia di entrare tra le Figlie della Carità, nonché la sua fiducia nell’aiuto di Dio e delle “nuove sorelle” per vivere santamente la vocazione che sente da lungo tempo. Accenna inoltre a persone che la presentarono a Sr. Lequette: la Serva di Dio fa riferimento probabilmente a Madame Martinetti e al confessore Don Giacomo Prinetti. A detta dello stesso Prinetti, l’ostacolo principale alla vocazione della Serva di Dio fu proprio l’atteggiamento del padre. Fu questa un’ulteriore prova della solidità della sua vocazione, che Giuseppina, pur nel massimo rispetto e con estremo equilibrio, superò con grande determinazione. Quanto poi alla scelta dell’ordine religioso, ebbe certo un ruolo molto importante lo stesso confessore Don Prinetti, che la indirizzò verso le Figlie della Carità come fin dal primo momento sicura e quasi senza possibili alternative.
Giuseppina entrò nella Casa di San Salvario in Torino, Casa Centrale della Provincia di Torino delle Figlie della Carità, il 24 Settembre del 1883. La accompagnarono la madre ed il fratello Niccolò: l’ultimo mese in famiglia era stato particolarmente doloroso per il padre, al pensiero di doversi separare da lei, e non si era ancora ristabilito.
Da San Salvario, per i tre mesi di Probandato (o postulato), venne destinata alla casa dell’Istituto Alfieri-Carrù di Torino: è da qui che scrisse la prima lettera ai genitori il 27 Settembre 1883, nella quale, pur accennando ad inevitabili iniziali difficoltà di ambientamento, era molto contenta. Infatti finito il Postulato, tornò a San Salvario per i sette mesi di Noviziato (o seminario), che ebbe inizio, dopo tre giorni di ritiro (19-21 Dicembre) il 22 Dicembre 1883, essendo Direttrice Sr. Luisa Gozo.
Nella sua lettera del 23 Dicembre, Giuseppina comunica la bella notizia di aver incominciato una nuova vita. Ed in altre lettere successive traccia quasi alcune linee di teologia ascetica-positiva della vita consacrata evidenziando che il distacco dai famigliari è lontananza vissuta nella gioia per amor di Dio; che negarsi talvolta la soddisfazione di scrivere alla famiglia giova alla maturazione e alla libertà di chi intende dire sempre sì al Signore e che il tempo di formazione nel Seminario è da lei vissuto come proficua preparazione alla missione di Figlia della Carità.
Giuseppina visse a San Salvario, almeno per qualche tempo, con altre 81 novizie: poi il Consiglio Provinciale ne scelse sei, tra le quali la Serva di Dio, per migliorare la loro formazione presso la Casa Madre delle Figlie della Carità a 1410 rue du Bac, Parigi. Sarà dunque a Parigi, il 9 Agosto 1884, che Giuseppina finalmente vestirà l’abito. La Serva di Dio, in una lettera ai genitori del successivo 20 Agosto, canta tutta la gioia della Vestizione e la preghiera alla Vergine per divenire una vera Figlia della Carità.
– Al conservatorio della Provvidenza, a Cagliari (1885-1899)
Dopo una breve permanenza ad Alessandria, Sr. Giuseppina Nicoli venne mandata al Conservatorio delle Figlie della Provvidenza di Cagliari, dove giunse nei primi giorni del 1885.
Dalla relazione della Visitatrice Sr. Barbe Augustine sulla visita regolare effettuata al Conservatorio nel 1885, apprendiamo che Superiora della Casa, (fondata nel 1877), era Sr. Gesuina Rigutini. In una sua lettera al fratello Don Giacomo (già ricordato confessore di Giuseppina Nicoli), il Servo di Dio Padre Felice Prinetti, segretario di Mons. Vincenzo Berchialla, Arcivescovo di Cagliari, manifesta la sua stima verso la famiglia Nicoli, la Superiora Sr. Rigutini e la comunità locale di Sr. Giuseppina.
E una lettera della Serva di Dio alla sorella Italina, datata 3 Febbraio 1885, conferma che il Conservatorio è un ambiente vivo, guidata da un’ottima Superiora, con ragazze vivacissime ma di belle qualità (circa 200 allieve, di cui 60 interne), e che la Serva di Dio insegna in prima e in quarta elementare.
Da altra lettera del 28 Giugno 1888 apprendiamo che Sr. Giuseppina vive e lavora con persone che si adoperano per il miglioramento culturale, pedagogico e didattico all’interno dell’Istituto e che ora insegna nella Scuola Complementare.
In questo incarico mostrò molta dottrina, infondendo tra l’altro un grande rispetto per la Religione ed una particolare devozione per il Santissimo Sacramento.
Dolce e ferma con le ragazze, adempiva l’ufficio con uno zelo ed una abnegazione che non si smentirono mai. Come sarà sempre, si guadagnò la stima e l’ammirazione dei Superiori.
Al Conservatorio ebbe per un certo periodo anche l’ufficio di Sacrestana, che svolse in modo da manifestare il suo grande fervore e la sua grande Umiltà.
Ella inoltre insegnava con grande slancio e zelo il Catechismo ai giovani studenti e operai della Società Pia Unione dei Figli di Maria (detti Luigini, perché posti sotto la protezione di S. Luigi), da lei fondata e diretta: li preparava alla Prima Comunione e in quell’occasione distribuiva oggetti di vestiario ai più poveri.
In una sua lettera alla famiglia narrava ad esempio con particolare soddisfazione che i Luigini avevano preparato con grande impegno, contribuendo ciascuno con 10 centesimi alla settimana, la festa del loro celeste Patrono, del quale si erano provveduta la statua: in quella occasione tennero pure un’accademia cui intervenne lo stesso Arcivescovo ed un ragazzo di famiglia operaia lesse un suo componimento che trattava del riposo festivo e della santificazione della festa.
Il Sac. Francesco Congiu, che fece parte dell’Associazione, conserva un ricordo particolarissimo dei catechismi domenicali, pure curati dalla Serva di Dio: fin da ragazzo desiderava farsi Sacerdote, ma le difficoltà economiche della famiglia lo avevano frenato. A 19 anni, per interessamento di Sr. Nicoli, potè finalmente entrare nel Collegio Salesiano di Lanusei e seguire la vocazione.
Istruiva inoltre con lezioni particolari le persone di servizio e alcuni giovani operai, e si adoperò per la propagazione dell’Opera della Santa Infanzia, anche quando a Cagliari non c’era ancora la diffusione delle Opere Missionarie. Possiamo cogliere questo senso di assoluta dedizione, altruismo e responsabilità anche nel racconto che il Sac. Giuseppe Siccardi fa del salvataggio di una delle ragazze che la Serva di Dio accompagnava a passeggio lungo la calata nova del porto di Cagliari.
Secondo le Regole delle Figlie della Carità i voti semplici si emettono cinque anni dall’ingresso in Seminario: Giuseppina li pronunziò dunque a Cagliari nella notte del Santo Natale del 1888.
In questa occasione le fu donato il crocefisso cavo all’interno del quale, all’atto della sua morte, fu rinvenuta la preghiera autografata nella quale la Serva di Dio prometteva al Signore: “di volervi sempre fedelmente servire, praticando la povertà, la castità, l’obbedienza e servendo per amor vostro i poveri”.
La Serva di Dio rimase a Cagliari quindici anni.
Nel Giugno 1899 infatti passò, in qualità di Suor Servente (cioè Superiora), all’Orfanotrofio delle figlie di Maria di Sassari, fondato nel 1832 da Vittorio Boyl marchese di Putifigari, ubicato nei locali dell’ex convento domenicano, nella periferia alta del centro storico, accanto alla chiesa del Rosario, istituto amministrato da notabili laici sassaresi non sempre in armonia con le figlie della carità educatrici.
– Superiora all’orfanotrofio di Sassari (1899-1910)
La nomina era stata deliberata nel Consiglio Provinciale di Torino del 14 Giugno 1899. Pochi giorni prima dell’arrivo a Sassari di Sr. Nicoli, la Visitatrice Sr. Anastasie Lequette scriveva al Presidente dell’Orfanotrofio di Sassari, deplorando l’atteggiamento di penosa diffidenza da parte dell’Amministrazione nei confronti della ex Superiora (Sr. Cassini), descritta come fortemente provata da questo atteggiamento, e invocando benevolenza verso Sr. Nicoli.
Sr. Nicoli, sempre umile e con un vivissimo senso del dovere, nella prima lettera ai famigliari da Sassari esprime come appunto senta il peso del nuovo ufficio in un istituto grande e con varie opere, ma confida nel Signore, nell’aiuto dei Superiori e nella preghiera dei famigliari.
Sull’operato di Sr. Nicoli in questo nuovo incarico, è illuminante la relazione sulla visita regolare (23 Ottobre 1900) della stessa Visitatrice Sr. Lequette.
Dopo aver ricordato la critica situazione venutasi a creare tanto da determinare il cambio della Superiora, Sr. Lequette segnala ancora una volta le qualità della nuova Superiora, Sr. Nicoli, che pure è costretta ad operare tra molte difficoltà. Sia per i rapporti ancora tesi con l’Amministrazione, sia per il malessere che regna tra le Suore di Sant’Apollinare, una comunità dipendente dall’Orfanotrofio, ma che appare insofferente di tale dipendenza. La Visitatrice è comunque fiduciosa nell’azione di Sr. Nicoli.
Conferma delle difficoltà con l’Amministrazione è peraltro la lettera della Serva di Dio alla Visitatrice del 10 Agosto 1899, nella quale, a soli due mesi dalla sua nomina a Superiora, ella è costretta a segnalare il malcontento della città contro la stessa Amministrazione laica (dovuto probabilmente all’aumento della quote di frequenza per le allieve esterne): d’altra parte lo stesso Presidente dell’Istituto la prega di intercedere presso le socie sostenitrici dell’Orfanotrofio e di procurare nuove benefattrici e altre alunne!
Quanto poi alle polemiche con le consorelle della Comunità dell’asilo di Sant’Apollinare, la Serva di Dio dà un fulgido esempio di disponibilità e Carità nella sua lettera alla Visitatrice del 17 Settembre 1899, nella quale esprime il suo desiderio di collaborare con tutte le consorelle (anche con Sr. Giuseppina Preve, dinamica e capace responsabile della succursale di Sant’Apollinare, ma un pò troppo portata all’autonomia): ella non accentua mai il negativo delle situazioni, ma insiste sulla speranza, sul miglioramento delle persone, sul bene che si può compiere. Atteggiamento pienamente confermato nella lettera del 14 Ottobre 1899, con la quale ribadisce la sua intenzione di collaborare con Sr. Preve, che pure è stata ripresa dai Superiori, e manifesta la propria fede nella preghiera per la soluzione dei problemi relativi alla scuola, alle rette e alla frequenza. Sempre sorretta da questa Fede e da una grande Carità, anche a Sassari Sr. Nicoli favorì le scuole di catechismo per tutte le categorie, comprese le domestiche, ed in genere l’istruzione religiosa dei fanciulli e degli ignoranti.
La domenica, come ricorda una consorella, si arrivò ad avere anche 800 bambini al Catechismo, e nelle varie attività di insegnamento appariva l’anima di tutto. Contribuì inoltre alla istituzione di una scuola superiore di religione per le signorine studentesse e di classi signorili, coadiuvandone poi lo sviluppo, in tempi in cui l’insegnamento religioso non esisteva affatto nelle scuole. Anche a causa di questo fervente apostolato, non mancarono certo momenti critici per l’Orfanotrofio. Nella sua lettera alla Visitatrice del 2 Marzo 1903, la Serva di Dio accenna ad un vento massonico che soffia contro l’Istituto, provocando anche esitazioni operative nel Consiglio di Amministrazione. Ma Sr. Nicoli non si perse mai d’animo: confidò come sempre nell’aiuto di Dio e proseguì nella sua opera.
Analoga predilezione ebbe del resto per l’Associazione delle Figlie di Maria (segno della sua devozione per la Vergine), che ebbe in lei una Direttrice e una zelatrice attivissima. E’ inoltre da ricordare che escogitava numerose iniziative per attirare la gioventù e tenerla lontana da divertimenti profani sia con recite che con giochi e sani divertimenti adatti all’età giovanile. Particolarmente interessante, per questo periodo della vita e dell’apostolato di Sr. Nicoli, è la testimonianza del Sac. Frazioli. In seguito collaborò con Suor Nicoli nella Scuola di Religione ed ebbe modo di frequentarla, in particolare nel 1910, in quanto Direttore del Circolo “Silvio Pellico” ed in quanto tale Direttore anche di una sezione femminile delle Scuole di Religione nell’Orfanotrofio.
Ed a Sassari Suor Nicoli ebbe modo di manifestare, insieme con il suo grande zelo per l’istruzione religiosa, ma anche l’amore per i poveri, che qui si espresse soprattutto verso le orfane. E sua cura particolare fu anche l’assistenza dei malati bisognosi: Sr. Nicoli favorì e diede grande incremento all’Opera delle Dame di Carità, che nella città di Sassari fu dunque molto operosa e benefica, e si adoperò per introdurre le Suore per l’assistenza alle carcerate. Anzi soleva parlarne come di un grande avvenimento.
Intendiamo mettere in rilievo come già a Sassari si delineano con chiarezza elementi rimasti poi tipici nell’opera di Sr. Nicoli: le testimonianze su questo periodo, pur mettendo in luce la vita spirituale della Serva di Dio, la sua preghiera e l’apostolato tra le alunne, non fanno mai emergere una spiritualità sdolcinata e zuccherosa. Al contrario lasciano intendere che era evidente un buon equilibrio tra preghiera e azione e che quest’ultima era sempre motivata e generata dalla prima.
– A Torino, prima Economa provinciale poi Direttrice del Seminario (1910-1913)
Nella seduta del 18 Maggio 1910 il Consiglio Provinciale di Torino delle Figlie della Carità deliberò la nomina di Sr. Giuseppina Nicoli ad Economa provinciale. Tale nomina, precisava il Consiglio, avrebbe comportato un sacrificio.
Il trasferimento a Torino di Sr. Nicoli fu comunicato al Presidente dell’Orfanotrofio (dal 1904 al 1930) Avv. Prof. Giovanni Dettori (che aveva molto stimato la Serva di Dio per il suo impegno decennale nell’opera turritana) dalla stessa Visitatrice del tempo, Sr. Marie Maurice, con una lettera.
E’ indubitabile che la Serva di Dio visse questo trasferimento come un grande, penoso sacrificio: sia per l’ufficio di economa, così diverso da quello tenuto fino ad allora, sia per l’impossibilità di attendere all’apostolato diretto della gioventù e dei poveri per il quale aveva spiccate attitudini. La sua disponibilità e l’accettazione di quello che era stato disposto dai Superiori fu anche un fulgido esempio del suo straordinario esercizio di virtù come l’Umiltà e l’Obbedienza. E come in ogni caso ella vivesse questo incarico direttivo in uno spirito di assoluta dedizione e di servizio e come sempre non si risparmiò neanche sul piano fisico.
Evidentemente per le doti già ampiamente da lei dimostrate, Sr. Nicoli, ancora Economa, venne chiamata talvolta a fare le istruzioni alle seminariste in sostituzione della Direttrice Sr. Ritter, che era ammalata. Successivamente, non riprendendosi Sr. Ritter, per regolarizzare la situazione, il Consiglio provinciale decise di proporre la stessa Sr. Nicoli come nuova Direttrice del Seminario.
Dal 17 Febbraio 1912 Sr. Nicoli non è dunque più Economa, ma dovrà occuparsi della Seminariste (Novizie).
Nel comunicarlo alla madre, ella si dice contenta, sia perché presenta il nuovo ufficio di Direttrice del Seminario come inferiore a quello di Economa Provinciale (non fa più parte del Consiglio Provinciale, o Cordon bleu, secondo l’espressione importata dalle Figlie della Carità francesi), sia perché le si confà maggiormente stare con le giovani come guida ed educatrice. Sempre però umile e quasi portata ad evidenziare e accentuare presunti limiti ed incapacità, Suor Nicoli si considerò indegna ed incapace di sostenere questo compito, nonostante le Novizie stesse affermassero che faceva molto bene.
Sr. Leonia Claverie, ricordando che in questo periodo quasi temette di aver perso la fiducia dei Superiori, ribadisce che la sua era una convinzione errata.
Nell’adempimento delle sue funzioni la Serva di Dio, già cagionevole di salute, accompagnò a Parigi nel 1912 le seminariste che dovevano prendere l’abito: anche a causa del viaggio il suo stato si aggravò e si rese necessario consultare i medici. Sr. Marie Rossignol, nominata Visitatrice il 26 Giugno 1912, in un suo appunto datato 22 Dicembre 1912 annota il giudizio ed il suggerimento del medico Prof. Pescarolo riguardanti la salute e l’ufficio della Serva di Dio.
Nella riunione del 9 Gennaio 1913 il Consiglio Provinciale, pur giudicando positiva ed esemplare l’esperienza di Direzione della Serva di Dio, prese pertanto la decisione, abbisognando la sua salute del più favorevole clima della Sardegna, di inviarla come Superiora di nuovo a Sassari.
– Di nuovo a Sassari, Superiora all’Orfanotrofio (1913-14)
Il Presidente dell’Orfanotrofio fu informato con lettera della Visitatrice datata 18 Gennaio 1913, nella quale si accenna ai motivi di salute alla base della decisione, alla precedente positiva esperienza della Serva di Dio a Sassari e alla sicura continuità rispetto alla linea della Superiora uscente Sr. Zari. Quando però vi ritornò, vi trovò un clima completamente cambiato, sia nella Comunità che nell’Amministrazione Civile dell’Orfanotrofio. Anche il citato Sac. Nicolò Fazioli, ne restò stupito.
Significativa a questo proposito è la testimonianza della Sig.na Ignazia Dettori, figlia di Giovanni, che era Presidente dell’Amministrazione Civile in quel periodo.
La stessa teste, in una deposizione scarna ma utilissima, accenna al fatto che la Comunità, a un certo momento, quasi si divise in due gruppi: uno con la Superiora, l’altro con l’Amministrazione. La teste non dice il motivo dei dissapori: fa però riferimento ad una Suora, Sr. Provano, che aveva preso a sostituirsi alla Superiora, trascinando con sè qualche altra consorella. Sr. Maddalena Oddini, acuta osservatrice della Serva di Dio, ebbe Sr. Nicoli come Superiora a Sassari, e fornisce qualche spiegazione attendibile sui momenti difficili che Ella visse e sulla confusione e incomprensione da cui fu circondata.
E ulteriormente chiarificatrice è la dichiarazione di Sr. Cecilia Provana.
Sta di fatto che l’Amministrazione dell’Orfanotrofio espresse giudizi negativi su Sr. Nicoli. Ma non va taciuto che (come avverrà in seguito a Cagliari) le stesse persone che la osteggiarono non negarono mai (al di là delle divergenze) la stima personale per Sr. Nicoli. Ma è indubitabile che lo stesso Presidente Dettori ne aveva la massima considerazione. Assai rilevante, per comprendere come la vicenda non vide alcuna responsabilità o colpa nella Serva di Dio, è la decisa interpretazione di più di un teste. Ed è ancora più significativa la posizione assunta dai Superiori. E’ vero che le richieste del Presidente dell’Orfanotrofio di trasferire Sr. Nicoli furono accolte, ma la Visitatrice Sr. Rossignol ebbe modo di esprimere esplicitamente al Presidente il rincrescimento della Comunità.
Il Sac. Giovanni Battista Manzella attribuisce la rimozione da Superiora a cause imprecisate. E’ intuibile che, nel breve tempo che rimase a Sassari e con le difficoltà che le furono poste, Sr. Nicoli non ebbe modo di realizzare certo grandi opere. Lo nota con ponderatezza Sr. Maria Ritter, che ebbe la Serva di Dio cole Superiora proprio a Sassari in questo secondo periodo.
Anche se, leggendo la relazione della Visitatrice sulla visita regolare (18-19 Giugno 1913) all’Orfanotrofio di Sassari, non si ha certo l’impressione di un rallentamento nelle varie attività durante il secondo mandato di Sr. Nicoli come Superiora! Ciò si manifestò anche subito dopo il trasferimento da Sassari, quando per qualche giorno Sr. Nicoli fu spostata a Bonorva, in attesa di disposizioni. Lo nota con precisione il Sac. Giuseppe Siccardi, che fu Direttore spirituale della Serva di Dio per 12 anni. E all’asilo di Bonorva, con la serenità, nonostante le innegabili sofferenze, edificò le consorelle e quanti la avvicinarono. Sr. Anna Fornelli, la descrive in quel periodo addolorata per i contrasti avuti con l’Amministrazione di Sassari, ma tranquilla e, come sempre, fiduciosa nell’aiuto di Dio.
– Superiora all’asilo della Marina, a Cagliari, fino alla morte (1914-1924)
Nella sua riunione 25 Gennaio 1914, il Consiglio Provinciale, per quanto a malincuore e confermando la stima per Sr. Nicoli, aveva già preso atto della necessità di predisporre il suo trasferimento da Sassari. Tale decisione sarà poi presa nella riunione del successivo 25 Giugno.
E’ da notare che a Sassari sarà invece inviata Sr. Giulia Ottaggio, Superiora uscente dell’Asilo della Marina e che appare appunto molto energica e intelligente. Ma molto significativo è il fatto che Sr. Ottaggio già nel Gennaio 1915 risulta aver scritto lettere su lettere per essere trasferita da Sassari, sia per motivi di salute sia anche per difficoltà incontrate nell’Istituto! E parimenti significativo è che la nomina della successiva Superiora, Sr. Antonietta Fazzi, verrà deliberata dal Consiglio nonostante il Presidente dell’Orfanotrofio avesse proposto un’altra suora. Tutti inequivocabili segni di una situazione di confusione e di malintesi di cui a Sassari Sr. Nicoli fu senz’altro vittima e non causa!
Sr. Nicoli fu dunque nominata Superiora dell’Asilo della Marina a Cagliari con patente di nomina dell’8 Luglio 1914 del Superiore Generale della Congregazione della Missione e della Compagnia delle Figlie della Carità, Antoine Fiat.
Il 7 Agosto 1914 la Serva di Dio giungeva alla sua nuova sede. Il suo primo atto fu l’assistenza, prestata anche personalmente, ad una suora moribonda, che spirò poi il 15 Agosto. Anche questo episodio contribuì a creare un clima di piccole lotte e subdole ribellioni, che amareggiò molto Sr. Nicoli, ma che ella sopportò col sorriso e quasi con riconoscenza. In effetti a molte delle Suore dispiaceva separarsi dalla Superiora precedente, Suor Ottaggio, ma la Serva di Dio non se ne lamentò mai, riconoscendo anzi che la Superiora precedente era migliore di lei e che accettava l’ufficio solo per ubbidienza.
Già dal successivo Ottobre si adoperò per aprire la Scuola di Religione che in quei tempi in cui la Religione non solo era insegnata nelle scuole pubbliche, ma era insidiata o apertamente combattuta, rappresentò un provvidenziale mezzo di formazione religiosa della gioventù studiosa. Prima ne entusiasmò le Suore, poi ne interessò i Missionari, infine si rivolse all’Arcivescovo, che la incoraggiò e l’appoggiò. Gli inizi non furono facili: tanto che, fatti gli inviti, le alunne non si presentavano.
La scuola fu poi molto fiorente e frequentata dalla gioventù femminile.
In modo particolare diede buon frutto il corso di formazione per le insegnanti che il primo anno venne frequentato da oltre cento maestre che conseguirono il diploma di abilitazione all’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche. Anche negli anni successivi un gran numero di alunne conseguì il diploma, e anzi lo sviluppo fu tale che, non bastando più i locali, si aprirono altre due scuole, sempre dirette dalle Figlie della Carità: una all’Asilo Carlo Felice e l’altra al Conservatorio della Provvidenza. Anche a Cagliari dunque la Serva di Dio si distinse nel promuovere e ravvivare varie istituzioni, trovando naturalmente ulteriori stimoli e riferimenti nella tradizione vincenziana. Già a Sassari aveva favorito ed incrementato l’opera delle Dame della Carità.
Le iscritte, accompagnate dalla stessa Sr. Nicoli o da altra suora, portavano soccorsi in natura a domicilio ai poveri e ai malati, sovvenendo ai loro bisogni, materiali e spirituali, sull’esempio della conferenza di S. Vincenzo.
Ancora per iniziativa di Suor Nicoli venne impiantato nell’Istituto un laboratorio, dove una volta alla settimana si radunavano le Damine per riparare o cucire abiti ed indumenti da distribuire ai poveri. Le Damine furono inoltre le prime ad essere mandate da Suor Nicoli a collaborare con le Suore alla Colonia Marina del Poetto a Cagliari, affidata alla Serva di Dio dalla Congregazione di Carità di Cagliari, per assistere i ragazzi scrofolosi, ridare e fortificare loro la salute ed istruirli nel catechismo per ricevere i sacramenti. La Serva di Dio volle che uno dei carrozzoni, di cui era composta la Colonia, fosse destinato a Cappella in cui si potesse celebrare la santa Messa e conservare il Santissimo Sacramento. Nelle ore più calde, sotto i capannoni, si faceva il catechismo e non mancavano le Messe festive, le Comunioni generali, talvolta anche con l’intervento dello stesso Arcivescovo di Cagliari. E, va notato che per attuare questa sua iniziativa dovette lottare con l’Amministrazione della Colonia, e si deve alla sua fermezza se essa poté realizzarsi. Fu proprio alla Colonia del Poetto che si verificò uno degli episodi più tristi della vita di Sr. Nicoli. Il 30 Agosto 1918 due signorine, nel prendere, nonostante sconsigliate, il bagno, annegarono.
Anche questa fu comunque un’istituzione per la quale Suor Nicoli si prodigò con la consueta assoluta dedizione. Non mancarono le difficoltà e le opposizioni: i bambini ospitati erano gracili, con piaghe ributtanti e molti se ne lagnavano come se questo suo modo di operare fosse un pericolo per l’igiene. Tuttavia la Serva di Dio finì col trascinare gli altri a seguire il suo esempio. Attendeva personalmente a fatiche per lei gravosissime, come trasportare i bambini che non potevano camminare sull’ampia distesa di sabbia che circondava la colonia: prediligeva poi quelli che erano in condizioni più pietose, che spesso erano ospitati nella sua stanza, trasformata così in dormitorio e infermeria. Gli straordinari risultati conseguiti sono tra l’altro testimoniati da espliciti riconoscimenti.
Gli anni della fondazione e dello sviluppo della Colonia del Poetto coincisero con gli anni della Grande Guerra, i cui drammatici risvolti non mancarono di incidere sulla vita della Sardegna e di Cagliari.
Sempre a Cagliari, presso l’Asilo della Marina, la Serva di Dio istituì inoltre l’associazione delle Dorotee, che aveva più particolarmente lo scopo di portare le anime a Dio. Questa istituzione, favorita ed incoraggiata dallo stesso Arcivescovo di Cagliari Mons. Rossi, era formata da anime più fervorose, reclutate da tutti i ceti sociali, le quali si proponevano di avvisare caritatevolmente le persone che avvicinavano ed adoperarsi con tutta la Prudenza per portarle all’osservanza perfetta di tutti i doveri cristiani.
Ancora per istruire gli ignoranti nella Fede, e nello stesso tempo per assisterli e preservarli dal male, Suor Nicoli, anche in questo riprendendo un’analoga attività già svolta a Sassari, fondò l’associazione delle Zitine, radunando la domenica le persone di servizio, per insegnare il catechismo e farle partecipare alle sacre funzioni, oltre, talvolta, ad insegnare a leggere e scrivere.
Nè si può dimenticare quanto la Serva di Dio fece a Cagliari, anche qui come già a Sassari, per introdurre le Suore per l’assistenza e per l’istruzione religiosa delle carcerate.
Suor Nicoli fu inoltre, a Cagliari, Direttrice delle Figlie di Maria, che guidò con grande zelo e sollecitudine, inculcando nelle iscritte non solo la pratica di ogni loro dovere, ma la vera imitazione delle virtù della loro Madre celeste. Non a caso tra le Figlie di Maria da lei dirette si notò una vera fioritura di vocazioni religiose.
Il Sac. Carlo Porta, che nel periodo in cui fu a Cagliari e conobbe Sr. Nicoli era anche Direttore Diocesano delle Opere Missionarie, ricorda inoltre che l’Asilo della Marina si dimostrava attivissimo, per lo zelo della Serva di Dio, nel promuovere le opere della Propagazione della Fede e della Sant’Infanzia.
E va ricordato che il circolo di S. Teresa, fondato da Sr. Nicoli, fu il primo circolo di Gioventù Cattolica femminile di Cagliari e primo nucleo della futura Azione Cattolica femminile. La Serva di Dio continuò senza soste a prodigarsi per l’istruzione religiosa e catechista, fondando in particolare l’Associazione dei Giuseppini. Chiamati così perché posti sotto la protezione di San Giuseppe, a differenza dei Luigini provenivano da famiglia di ambiente sociale ed economico più elevato.
Suor Nicoli aveva infatti notato che queste famiglie, per pregiudizio sociale, proibivano ai figli di frequentare il catechismo con ragazzi poveri, e ne finivano per compromettere l’educazione religiosa: anche questo piccolo granello di senape pose le sue radici, germogliò ed estese i suoi rami sempre nuovi e vigorosi.
Attendeva inoltre personalmente a fare il catechismo alle fanciulle e guidava e sorvegliava le Suore e le Dorotee che facevano il catechismo nelle parrocchie ed anche i rioni lontani dalla città. Sr. Nicoli in particolare stabilì stretti rapporti con la parrocchia di S. Eulalia dove le Suore dell’Asilo tenevano corsi domenicali di catechismo e volle portare la Parola di Dio tra i poverissimi della fascia periferica (S. Bartolomeo, Montixeddu, Is Mirrionis), precedendo con ciò il “lavoro in borgata”, di moda negli anni della contestazione giovanile. Anche in questo fu in piena sintonia con l’Autorità Ecclesiastica.
A Montixeddu, dove si faceva catechismo all’aperto, intervenivano anche gli adulti di entrambi i sessi: Sr. Nicoli si adoperò molto, in questa frazione, anche per la regolarizzazione dei matrimoni e il popolo incominciò a frequentare la Chiesa, che successivamente venne eretta in Parrocchia.
Si comprende dunque bene come nella relazione della Visitatrice Sr. Rossignol sull’unica visita regolare (25-26 Settembre 1919) all’Asilo della Marina durante il mandato di Sr. Nicoli, emerga che l’Istituto è diventato centro di Carità, di catechesi e di apostolato per la città.
Ma, fra tanto zelo apostolico ed assistenziale e nella molteplicità spesso originale delle iniziative della Serva di Dio, c’è un’istituzione, fondata a Cagliari, che è rimasta particolarmente legata al nome di Suor Nicoli, forse perché lo era in primo luogo al suo cuore. Ci riferiamo ai cosiddetti Marianelli, o Monelli di Maria. Quest’opera aveva il compito di radunare dall’ozio e dal vagabondaggio della strada i ragazzi di Cagliari che erano rimasti orfani e senza assistenza, o che avevano abbandonato la famiglia o ne erano stati scacciati. Essi vivevano tra il porto ed il mercato, dormendo per la strada o sotto i portici e passando la giornata rubacchiando e disponendosi alla delinquenza. Guadagnavano inoltre qualcosa trasportando bagagli o pacchi, che caricavano in cesti che si ponevano sulla testa: erano perciò detti in dialetto is picciòcus de crobi, i piccoli monelli della cesta. Suor Nicoli, fin dal luglio 1915, pensò dunque a raccoglierli, sentendo la necessità che qualcuno si occupasse di loro, e non esitò a dedicarsi a quest’opera difficilissima con slancio, anzi con vero eroico ardore. Li faceva assistere alla Santa Messa, alla sera attendeva alla loro istruzione religiosa ed insegnava loro a leggere e scrivere, si interessava per far loro apprendere un mestiere o per collocarli come garzoni presso qualche buon padrone. Li faceva partecipare alle feste ed era particolarmente lieta quando poteva procurare loro speciali divertimenti o speciali refezioni: curava che fossero celebrate solennemente le Prime Comunioni, che ricevessero la Cresima. Ed ogni anno dava una specie di resoconto con un pò di saggio, nel quale i Marianelli stessi per mezzo di componimenti da essi stessi fatti attestavano la loro riconoscenza. A questi saggi di solito interveniva l’Arcivescovo di Cagliari. In generale i Marianelli corrispondevano positivamente alla Carità ricevuta, ma l’opera, specie agli inizi, costò a Suor Nicoli molti sacrifici e mortificazioni. Sono facilmente immaginabili le difficoltà, le incomprensioni, gli equivoci ma Suor Nicoli non si scoraggiò, nemmeno di fronte a queste resistenze che, talvolta, erano presenti all’interno stesso della Comunità.
E’ peraltro assai significativo che le stesse persone che avevano messo in guardia la Serva di Dio rimasero poi ammirate e convinte della utilità dell’opera.
Gli ultimissimi anni della vita della Serva di Dio le riservavano ennesime prove. Nel Maggio 1922 ebbe il dolore di perdere la madre.
Nell’ultimo anno della sua vita, il 1924, la Serva di Dio infatti dovette affrontare un’ulteriore prova, in cui tenne un comportamento così edificante da potere, a nostro avviso, essere preso ad esempio. Si tratta di quella che viene comunemente indicata come “la controversia della Marina”.
Interessanti per comprendere i rapporti che si stabilirono con le Figlie della Carità appaiono gli Estratti dalla Relazione della Visitatrice Sr. M. Maurice sulla visita regolare (4-5 Giugno 1910) all’Asilo della Marina, prima che Sr. Nicoli ne fosse nominata superiora (7 Agosto 1914). Abbiamo già visto come, col passare degli anni, l’Asilo, di cui Sr. Nicoli era Direttrice, non fu solo scuola d’infanzia ed elementare ma divenne, anche per la determinante opera della Serva di Dio, centro di Carità e formazione alla Carità, sede principale della Scuola di Religione, luogo di incontro di vari movimenti e associazioni.
Agli inizi di quel 1924, in particolare con l’elezione del nuovo Presidente dell’Amministrazione civile dell’Asilo, l’Ing. Vittorio Tronci, la Comunità religiosa di cui Sr. Nicoli era Superiora ebbe a subire quella che alcuni testimoni non esitano a definire una vera e propria persecuzione da parte degli Amministratori. L’episodio scatenante è riferito, tra gli altri, dall’avv. Enrico Sanjust, esponente del Consiglio di Amministrazione dell’Asilo della Marina, che fu poi consigliere legale della Serva di Dio nella vertenza e la cui deposizione è dunque, per l’argomento, assai interessante.
Ma è evidente che si trattava di una questione più ampia, riguardante competenze, diritti e proprietà, con riflessi anche sulla stampa cittadina, in particolare il quotidiano “L’Unione Sarda” e il giornale cattolico “Il Corriere di Sardegna”.
Con la sua lettera del 20 Febbraio 1924 l’Ing. Tronci, pur riconoscendo che le precedenti Amministrazioni avevano tollerato e consentito che le Suore gestissero come proprie le scuole da loro dirette, afferma che il Consiglio d’Amministrazione avrebbe gestito dal 1° Aprile direttamente l’attività scolastica e stimava come proprietà dell’Asilo tutti gli arredamenti. Sr. Nicoli, con la sua lettera del 22 Febbraio 1924, illumina la Superiora Provinciale su alcuni punti inesatti della succitata lettera dell’In. Tronci, la informa dei suggerimenti avuti dall’Arcivescovo di Cagliari, Mons. Ernesto Maria Piovella, e dall’avv. Enrico Sanjust, chiedendo alla stessa Visitatrice una direttiva. Inoltre, con lettera del 7 Febbraio 1924, risponde direttamente al Presidente e precisa e corregge, con puntualità, franchezza e rispetto, i punti da lui toccati nella lettera del 20 Febbraio. Con delibera del 2 Aprile 1924, essendo risultati vani i tentativi di sospensione dei provvedimenti votati dal Consiglio d’Amministrazione e l’incontro fra la Visitatrice Sr. Rossignol con l’Ing. Tronci, il Consiglio Provinciale delle Figlie della Carità delibera il ritiro delle Suore alla fine dell’anno scolastico, augurandosi di trovare altri locali dove le stesse Suore possano continuare la loro opera. Infine, con sua lettera del 25 Giugno 1924, l’Ing. Tronci annuncia alla Visitatrice Sr. Rossignol che la vertenza sorta tra l’Amministrazione e le Figlie della Carità può considerarsi risolta con la deliberazione del Consiglio l’Amministrazione del 23 Giugno 1924.
Intendiamo ribadire ancora una volta come le virtù e le qualità della Serva di Dio che rifulsero in queste circostanze furono veramente eroiche e significative, tanto più che non appartengono a questo singolo episodio o periodo della vita, ma l’hanno caratterizzato piuttosto fin dalla fanciullezza. Questo periodo coincise comunque con giorni in cui Sr. Nicoli quasi presentì la sua fine: nel maggio 1924 aveva fatto una confessione generale per prepararsi al gran passo, ed ogni mattina , alla Santa Messa, rinnovava il suo sacrificio. In Ottobre fu piuttosto sofferente, poi durante il mese di Dicembre dovette mettersi a letto, vinta dal male. Fu diagnosticata una broncopolmonite, da cui era già stata colpita altre volte in quello stesso anno e che fece in poco tempo il suo decorso fatale. Chiese, appena aggravatosi il suo stato, l’Estrema Unzione, la quale, su parere del medico, non le venne amministrata fino al 27 Dicembre alle ore 17.
Per le notizie sui funerali ci rifacciamo in particolare alla testimonianza del Sac. Giuseppe Pedroni Lay, Parroco di S. Eulalia e Canonico della Cattedrale di Cagliari.
I parenti avrebbero desiderato portare la salma di Suor Giuseppina presso il padre e la madre, ma a Cagliari si opposero . Le manifestazioni commoventi di devozione e di affetto di un’intera città all’umile Figlia della Carità sono riportate da vari resoconti giornalistici dei funerali, dalle necrologie e dai discorsi commemorativi, tutti imperniati sulla esaltazione della sua vita.”
A cinque anni dalla sua morte apparve sul bollettino “La Carità” diretto da G. B. Manzella questa commemorazione che in un certo qual modo rispecchia nella sostanza l’agiografia documentata sopra riportata.
“Figlia fortunata di ottimi genitori cristiani, rivela nella prima età molto equilibrio alleato a notevole delicatezza di sentimenti che vibra nella vita religiosa, s’effonde nella prima comunione trova nell’affetto tenerissimo della madre le gioie del completo abbandono e nell’assistenza di un fratellino malato tutta la dedizione un infermiera modello. Quando il fratellino muore , si rivela nel supremo distacco da lui, tuta la forza di un’anima già temprata ai dolori della Croce.
Alla carità per i parenti s’accoppia la carità per i poveri e la bambina nasconde a tavola il companatico perché vada a rallegrare chi spesso manca anche del pane, mentre il pane raffermo viene collocato da lei, a tavola, al suo posto, quando le tocca d’apparecchiare. Ella misura severamente la propria sensibilità e quando, un giorno riga di lacrime una pagina patetica che sta leggendo, d’un tratto s’alza, chiude il libro con energia ed esclama:” Non voglio piangere voglio serbare le lacrime per i miei peccati “
Allorché terminato il corso complementare, la Nicoli si decide a frequentare il corso normale, insieme alla vocazione all’insegnamento che sogna completamente gratuito, già si delinea la vocazione a Figlia della Carità. Posta in collegio vi studia indefessamente e a 18 anni, nel 1872, ottiene la patente magistrale di grado superiore alla quale accennava solo coi genitori perché sapeva di fare loro cosa gradita. Quanto agli altri cercava di rimpicciolirsi in tutto , più che poteva e non solo nella cultura che l’ abito dell’ intelligenza, ma perfino negli abiti preparati dalla sarta. Un giorno che le sorelle la complimentavano per una toilette più delle altre aggraziata e ne attribuivano il merito alle cosiddette stecche di balena che conferivano al corpo una bella linea, ruppe allegramente tutte le stecche.
Inesorabile con se stessa in tutto ciò che poteva arieggiare la vanità, era indulgente con gli altri, perché non si offendesse in alcun modo la legge di Dio. In questi casi l’energia della volontà si esplicava con serena fermezza. La volontà che doveva portarla; ad una vita che si può chiamare eroica palesò al padre quanto questi accennò alla possibilità di un ricco matrimonio. Rispose che voleva essere esigentissima: avrebbe sposato solamente un re. Il padre chinò i capo, pensoso.
La sua scelta era fatta. Ne parlò anzitutto col confessore, un santo uomo che sapeva frenarla nel fervore inconsiderato e formarla insieme, mirabilmente, all’obbedienza a e all’umiltà; ne parlò on seguito ai genitori. L’ottenerne il consenso non fu cosa facilissima. La mamma si limitò ad avanzare qualche timida obiezione, ma il padre, uomo di fede ma non scevro di pregiudizi verso gli ordini religiosi oppose dapprima ostacoli non lievi. Ella vinse con la dolcezza e la costanza. ed ebbe la consolazione un giorno di vedere lieto anche il padre, anzi orgoglioso di averle dato il consenso. Dal seminario scriveva ai suoi” è d’uopo ch’io neghi qualche soddisfazione al mio cuore che mi pare sia sempre più sensibile all’affetto della famiglia, affine di fortificarlo e di fargli acquistare quella libertà che una figlia della carità deve possedere per essere pronta a fare quei sacrifici che Dio richiede da lei. Ed era non pronta, ma prontissima, quando, in altra lettera da Parigi, dove trovatasi a compiere il noviziato, alludendo ad un’epidemia colerica, scriveva: “Come sai, di timore le figli della Carità non ne dobbiamo mai avere”.
Dopo pochi mesi d’insegnamento da Alessandria, viene mandata al Conservatorio di Cagliari, nell’isola che, per antonomasia detta vincenziana per l’ attività che vi profondono i Figli e le Figlie di San Vincenzo de’ Paoli. Basta il dire che nella sola Cagliari si aprono ad ogni forma di vita caritativa ben dodici case tenute dalle Figlie della carità.
Suor Nicoli vi passò dieci anni servendo il signore in perfetta letizia ed alimentando la sua gioia del bene con la serena accettazione di sacrifici e collo stringere in un unico amore la vita attiva e la contemplativa. Non si ripeterà ami abbastanza che la vita delle cornette, d’ogni ora, nel pacato eroismo della pazienza, nell’umiltà che si sprofonda negli abissi, per trovarvi i divini fastigi non sarebbe possibile se alimento perenne non fosse la vita eucaristica la preghiera nelle ore al sonno contese, l’amore di Dio per Dio.
Dopo Cristo di cui era vestita Suor Nicoli educatrice aveva la tenerezza che si prodiga senza limite e che non si scompagna dalla doverosa serenità. Voleva punite le mancanze e quando le alunne si ribellavano alle riparazioni, la maestra si inginocchiava a chieder perdono dio per la scolara ostinata. l’orgoglio finita per piegarsi, i frutti si facevano degni dell’amorosa morosa , intelligentissima, santamente abile coltivatrice; la quale teneva in particolare considerazione le pianti celle moralmente e fisicamente più deboli. Quand’era un’allieva che tute cercavano di schivare per l’alito insopportabile, le assegnò un posto vicino al suo, come alla più gradita delle scolare. Nelle ore libere dall’insegnamento ufficiale, organizzò l’istruzione religiosa a povere ragazze a cui nessuno pensava, a ragazzi o ragazzacci di strada attratti dalla sua bontà, raccolti in una compagnia di Luigini, dei quali molti serbarono nell’età’ età virile viva riconoscenza alla loro maestra, una riconoscenza che maturava nella vita rifatta e mantenuta cristiana.. Nel 1899, suor Nicoli è nominata superiora all’Orfanotrofio di Sassari, dal quale dipendeva un asilo d’infanzia con quattrocento bambini ed una scuola esterna con sette classi. Ella aggiunse la scuola domenicale maschile e femminile, La misericordia, e tutte le altre opere vincenziana per cui l’orfanotrofio diventa un centro di quasi tute le opere benefiche della città.
Semplice, umile, prudente, attivissima, infiammata d’amor di Dio, e perciò d’amor del prossimo, era la molla prima d’ogni iniziativa, parlava come se i meriti fossero di tutti, fatta eccezione di suor Nicoli. A nessuno sapeva dire di no e da tutti otteneva quanto voleva per i suoi poveri, che trattava con una deferenza confinante con la venerazione. Fu accusata di compromettessi con gente indegna e di cattiva vita. Avrebbe potuto scusarsi dicendo che lo stesso rimprovero era stato mosso a San Vincenzo, e prima ancora, a Gesù.
Le Dame della Carità trovarono in lei un magnifico elemento di propulsione, l’ Associazione delle Figlie di Maria, poté dire altrettanto e le alunne della scuola festiva di religione raggiunsero, per opera sua, il numero di settecento.
Fervente zelatrice degli esercizi all’ aperto o delle cure marine, accompagna le educande in lunghe passeggiate ed ai bagni di mare davanti alle voci, agli spettacoli della natura dei quali nessuno è minimo perché tutti parlano di Dio, taceva, ascoltava, pregava in estasi francescana.
Ad uno spirito rettissimo, in flessibile nel dovere, assolutamente incapace di mezzucci e di compromessi né grandi né piccoli non poterono mancare dispiacerai, opposizioni e perfino persecuzioni dai cattivi ed anche dai buoni, per cui dovettero lasciare l’ Orfanotrofio dilettissimo e trasferirsi a Cagliari all’ asilo della Marina, che divenne anch’esso, per opera sua, il massimo centro benefico cittadino. Ella vi apre una scuola di religione frequentata da più di duecento alunne, guida amorosamente, con nutrita corrispondenza epistolare le suore chiamata a servizi di guerra ad accudire ad un ospedale aperto ne suo asilo.. Tutto questo non bastava al suo zelo. L’istituzione della Damine della Carità fu da suor Nicoli vagheggiato come una benedizione celeste. Vi si preparò con preghiere, con opera sapiente di persuasione ed il 15 gennaio 1915 il primo nucleo di Damine poté ufficialmente funzionare. Raccolse inoltre, sotto il patronato di santa Zita, le Zittite, persone di servizio, che nei pomeriggi domenicali lasciavano i pericoli della strada per l’istruzione religiosa e civile appositamente loro impartita in ambienti adatti per loro; istituti di Circolo “Santa Teresa di Gesù” quale seminario dell’ azione cattolica femminile; fondò le Dorotee che con sante industri si proponevano di allargare il regno di Dio nelle anime diffonditrici della buona semente. E la buona semente suor Nicoli trovò modo di coltivarla anche negli spiriti più refrattari, più difficili ad essere lavorati perché lontani dalla vita regolare. Si commosse di quelli che i cagliaritani chiamano “is piccioccus de crobi”, i monelli della cesta, vagabondi, orfani, abbandonati dai genitori, o fuggiti di casa, facchini improvvisati alla stazione e per le strade, cenciosi, rissosi, impertinenti, birichini oggi, delinquenti domani. Li riuniva per l’istruzione catechistica nel teatrino della parrocchia, li attirò con piccoli doni, li fece avvicinare da chissà quante suore finché trovò quella propria adatta per loro, li preparò alla prima comunione, li chiamò Marianelli, i monelli di Maria, e riuscì ad istruirli, a ridurre del cinquanta per cento i casi di delinquenza di quei piccoli selvaggi.
“Li ho veduti, scrive suor Nicoli, baciare commossi il quaderno sul quale avevano scritto il nome di mamma”. Mentre raccoglie i rifiuti sociali, provvede anche ai figli delle classi elevate, che spesso trascurano l’istruzione religiosa perché temono di confondersi col popolo, ed organizza, perciò i Giuseppini come aveva organizzato i Marianelli. Richiesta di alcune suore per l’impianto di una colonia Marina si butta nella nuova iniziativa con tutto il suo entusiasmo, l’organizza con saggezza cristiana, allarga a tutti i richiedenti il cuore, la borsa, le braccia fa partecipare all’opera le Damine della Carità, ultima sempre nel posto che occupa, prima nelle sante industrie prima nelle fatiche. Non dimentica neppure nell’opera moralizzatrice certi immersi dintorni di Cagliari dove la campagna ha perduto la beata sua semplicità ed il vizio è ancora cittadino. Apre scuole; di musica e di pittura per accrescere attraverso la cultura artistica, la cultura religiosa e trova tempo d’occuparsi delle Missioni per le quali suscita simpatie, offerte, preghiere. Il segreto di tanto bene genialmente intuito, organicamente attuato, costantemente perseguito nel completo sacrificio di sé, lo troviamo nell’aspirazione’ aspirazione alla santità che pervase la vita di suor nucoli fino dai primi anni. “La santità, scriveva la degna figli di san Vincenzo, non è pittura che aggiunge e scultura che toglie. Gesù è sommo scultore. Noi siamo blocchi di marmo; affidiamoci a lui più saranno forti re ripetuti i colpi sotto cui fremerà la nostra povera natura, più sarà alto il grado di santità a cui saremo elevati”. Questi colpi ella desiderò ed accolse con entusiasmo, con eroismo paziente, minuziosamente fedele.
Volle la perfezione perché attuò sempre il volere di Dio, raggiunse la santità e quindi le vette della Carità per l’ unica via possibile che è quella dell’umiltà, la quale non è altro che la verità. L’ubbidienza fu per lei suprema regola di vita spirituale perché l’ubbidienza e la stessa regola tradotta in praticava. Quanto e come pregasse un’anima così alta si deduce da una sua riga “La vita interiore consiste nel trattenersi sempre con Dio”” Quanto amasse si comprende usando si pensi che ella attuò in modo perfettissimo le parole di san Vincenzo:” La compagnia dlle figlie della carità è stabilita per amare Dio ed il prossimo per amore di lui”. Ella compendiò la sia vita in queste sue parole : “Praticherò 1° la carità, 2° la carità 3° la carità” Allorché le suore la sorprendevano a regalare tutto quanto possedeva, perfino il materasso e le coperte, e brontolavano preoccupate della salite sua delimitassimo: “Qualche volta si spoglierà anche della pelle” rispondeva con tutta la voce del cuore: ” Oh potessi Dar via anche la pelle” Così esclamava in uno slancio insopprimibile colei che mai seppe pronunciare una parola in propria lode.
Si spense serena il 31 dicembre 1924 irradiata nel viso di una calma suprema, di un sorriso angelico nel quale, attraverso le impronte dei patimenti terreni, pareva sbocciare la giovinezza del’ aldilà.
E’ convinzione di quanti la conobbero, suffragata da molteplici manifestazioni straordinarie che suor Nicoli deve dir santa nel pieno senso della parola. Si curverà un giorno l’aureola sopra il capo splendente di tanta spirituale bellezza.
(…) Quando poi m’imbatto in una creatura d’eccezione come suor Giuseppina Nicoli, morta nel 1924 diffonde il profumo di santità pianamente, naturalmente, come il profumo naturalmente emana dal cuore di una rosa, io vedo lo spirito vincenziana perpetuarsi così che nessun distacco si avverte tra il padre e la figlia, uniti dall’umiltà, dalla semplicità, dalla carità serena, gioiosa ubbidienza alla voce di Dio e della sua Chiesa “.
Il18 Ottobre 1932 venne fatta l’esumazione della salma, che fu trasportata nella Cappella dell’Asilo della Marina.”
[1] ANONIMO, Un vero Angelo di Carità (Suor Giuseppina Nicoli), in “La Carità” 7, (1929) pp. 10-13