“Primma chi sia bugghju” “Prima che sia buio” Premessa di Maria Teresa Inzaina al suo recente lavoro letterario.

Maria Teresa Inzaina

Con gran piacere pubblico la premessa dell’autrice al suo libro recente. Credo che  sia la prima cosa da fare prima di quanti vorranno scrivere su questo lavoro, me compreso.

Maria Teresa Inzaina Primma chi sia bugghju, Editrice Taphros,Olbia 2025

 

Una premessa

Già nel 2009 aveva visto la luce una mia prima silloge dal titolo Che- na fili, per le Ediz. Taphros, a cura dell’Associazione Amistade: venticinque poesie scelte, composte tutte nella mia amatissima lingua materna, il gallurese con trasposizione in italiano, curata da me. Fu il mio esordio ufficiale come poetessa.
Ora torno con la raccolta Primma chi sia bugghju · Prima che sia buio, ancora con Ed. Taphros:
una raccolta di poesie, parte in gallurese, alcune riprese da Chena fili, sempre con trasposizione in italiano curata da me; parte, la gran parte, in lingua italiana.

Chi mi conosce per le mie poesie in lingua gallurese non deve però meravigliarsi che io abbia scritto tanto anche in lingua italiana. Le due anime convivono in me in armonia, senza conflitti.
In questa raccolta camminano insieme, di proposito non ho voluto sezioni distinte.
Della prima mi sono nutrita con il latte materno, ne sono pervasa: è famiglia, affetti, infanzia, è radici, è paese, suono di voci, tratti di volti che non dimentico.
Ne è testimonianza Linga di Gaddhura, poesia cui sono particolarmente affezionata, perché ho cercato di riversarvi l’amore che le porto, il mondo che racchiude. L’unica poesia tra quelle in gallurese che di proposito non ho voluto rendere in italiano: non sarebbe possibile ri creare il senso profondo e la musicalità di ogni singola parola.
La seconda, come una madre adottiva, mi ha fatto crescere, studiare, maturare, entrare in contatto con realtà nuove e diverse, aperto orizzonti più vasti. Gli studi classici, dal Liceo all’Università, mi hanno portato ad amare la letteratura e appassionare alla poesia di ogni tempo: i miei primi tentativi di scrivere poesie risalgono proprio agli anni del liceo (chi da liceale non ha scritto qualche verso…). Il mio lavoro di insegnante di lettere è stata la naturale conseguenza di questo percorso. Così sono in uguale misura gallurese, calangianese in particolare, sarda, italiana.
Scrivere nell’una o nell’altra dipende dal momento, dal tema, da come mi nasce dentro l’impulso a dare voce ai pensieri quando bussano e chiedono parole. Dai destinatari.
Detto questo, confesso che a lungo sono stata indecisa se anche queste poesie, composte in un lungo arco di tempo, in questo momento della mia vita ch’è del rimanente, per citare Dante, meritassero una pubblicazione o no, se lasciarle nelle pagine di tante agende o nei file del mio pc e consegnarle per sempre all’oblio, o liberarle e dare loro la possibilità di farsi conoscere. Ho deciso alla fine che comunque vale sempre la pena e che tra le tante pubblicazioni di raccolte poetiche che vedono la luce, potesse avere un posto anche questa mia. Senza pretese o presunzione alcuna, credo che abbiano comunque qualcosa da dire. Danno non ne faranno.
Prendo in prestito le parole di Eugenio Montale (si parva licet… se posso citarlo): “Io sono qui perché ho scritto poesie. Un prodotto assolutamente inutile ma quasi mai nocivo. E questo è uno dei suoi titoli di nobiltà”. Sull’inutilità si può discutere, sono tante le cose apparentemente superflue e non essenziali che invece possono renderci migliore la vita, ma per il resto concordo.
La maggior parte dei componimenti qui raccolti in versi liberi e/o sciolti, inediti tutti quelli in lingua italiana, editi in buona parte, quelli in gallurese perché premiati in vari concorsi cui un tempo partecipavo (ma ho omesso di farne qui menzione), racconta soprattutto di me, di tutto quello che mi si muove dentro: affetti, emozioni, stupori, pensieri, timori, dubbi, nostalgie, rimpianti, tutti sentimenti propri di ogni essere umano. E come sottofondo la Vita che amo immensamente, sempre, an che quando può fare male.
Racconta anche del mondo intorno a me, da quello più vicino e familiare, la mia casa, il mio cortile, la mia terra, fino a quello più lontano, dello scorrere dei giorni, del mutare delle stagioni, della natura che sempre sa stupirmi, del mare che amo e che è fonte costante di ispirazione. Non una raccolta a tema ma con temi ricorrenti legati tra loro dai fili della poesia. Che bussa e chiede di essere ascoltata nelle più diverse occasioni, persino mentre si prepara il pranzo. Che costringe a farsi domande per le quali non sempre si trovano risposte.
E ci sono io dentro ogni poesia. Con sincerità ma anche con il pudore che per indole e formazione mi appartiene e mi induce a proteggere le pieghe più intime e fragili del mio essere.
Alcuni, pur se espressi in prima persona, sono nati da emozioni profonde suscitate in me, come in tanti, credo, da vicende tristi o drammatiche di cronaca, spesso di donne, in cui mi sono immedesimata a tal punto da essere io la voce di chi le ha vissute o tragicamente subite. Sono stata, solo per fare qualche esempio, sul marciapiede in: “Quanto”, e con la donna sul patibolo in Iran con: Abà ventu… Ho dato voce anche a storie maschili, esprimendo il dolore, che non ha genere, di un uomo sconosciuto, di cui ho letto la storia vera, per l’amore incontrato in età matura e presto perduto in: Turrà a lu meddhu branu.Sono stata nell’inquietudine di un adolescente nei suoi ultimi istanti di vita nel breve componimento: “Infine”. Posso sentire le sofferenze degli altri come mie e ho sempre in mente i versi di John Donne: “Nessun uomo è un’isola”. “Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io sono parte dell’umanità”.
Le poesie parleranno per me. E se sarò riuscita a trasmettere a qual- cuno anche solo una piccola emozione o un turbamento, a ridestare un ricordo, accendere un sorriso e, seppure per il tempo breve di una poesia, a essere di conforto o compagnia magari in un momento di so- litudine, questa sarà per me la ricompensa più preziosa.
Il titolo, che è lo stesso del breve componimento di apertura, dice molto anche del motivo che mi ha fatto decidere, in ultimo, a far stam- pare le mie fatiche poetiche: la consapevolezza, e lo accetto serenamen- te, che la maggior parte della vita è anche per me ormai trascorsa, che l’orizzonte del mio futuro si è alquanto ristretto. Sono fiduciosa ma non so come sarà e quanto durerà il domani. A nessuno è dato saperlo.
Perciò ho deciso di farmi questo regalo e condividerlo per lasciare qualcosa di me: un dono spero gradito che “alla vostra memoria mi riporti”.
Par un bólu ancora Per un volo ancora. Primma chi sia bugghju. Prima che sia buio.

Maria Teresa Inzaina

Come redattore osiamo aggiungere anche la prima poesia del libro.

Primma chi sia bugghju

 

Maria Teresa Inzaina

Ill’antenna
contraluci
umbra pàsita
di séra chi s’avanza
una culumba
tunchja.
Dulci dulci.
Chjama
cumpagnu
par un bólu ancóra.
Primma chi sia bugghju.

Trasposizione italiana

Prima che sia buio

Sull’antenna
controluce
una colomba
tuba.
Dolcemente.
Chiama
compagno
per un volo ancora.
Prima che sia buio.

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