Categoria : cristianesimo

“Gratitudine” di Maria Cristina Manca scrittrice

Siccome in un mio precedente intervento sono stata molto severa con noi cattolici talvolta tiepidi spiritualmente, adesso posso permettermi la bella libertà di scrivere (senza che alcuno in risposta mi sfagioli le solite colpe cattoliche) quanto l’umanità intera debba ai cattolici, o meglio quanto debba a Dio per i Suoi figli cattolici (oltre a ciò che deve a Dio per ogni altra benedizione).

Vogliamo numeri? Impossibile averli. Impossibile riuscire a contare le incalcolabili opere di carità sociale ed individuale realizzate dai cristiani nel corso di oltre duemila anni di cristianesimo; compiute dai discepoli di Gesù dal giorno in cui il Maestro risorto «fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio», dall’ora in cui i discepoli di Cristo «partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano». (Mc 16, 19-20); dal momento in cui ogni discepolo di Cristo sperimenta la realtà amorosa della Parola di Dio: «Credetemi, io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse; in verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi» (Gv 14, 11-12); poiché, afferma il Vangelo: «vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere». (Gv 21,25).

E queste “molte altre cose”, Gesù continua a compierle oggi, e sempre le compirà, sino alla fine dei tempi, direttamente o attraverso i suoi discepoli.

Quanti cristiani hanno attraversato la tormentata storia umana e l’hanno cambiata, con l’aiuto di Dio, in storia di salvezza!

Quante opere straordinarie sono state realizzate dai cristiani di ogni epoca, dal giorno in cui il tempo è stato suddiviso in Prima di Cristo e Dopo Cristo!

Un esempio preso tra incalcolabili altri?

Mi viene in mente il Medioevo, che erroneamente viene considerato un tempo buio, e che lo sarebbe certamente stato senza Cristo, così come qualunque altra epoca.

Lì, in quei secoli lontani, dei monaci eruditi e laboriosi, bonificarono le paludi europee rendendole terre fertili; si chinarono al contempo da geniali amanuensi sui loro scriptorium lasciandoci opere di inestimabile valore; scrissero, dipinsero, crearono, musicarono, restaurarono, edificarono; edificarono cattedrali dall’architettura talmente pregna di sapienza che mai finirà di stupire chiunque le visiti; altri cristiani crearono scuole, università; soprattutto ospedali ed infermerie ovunque, in secoli e situazioni sociali in cui niente di tutto ciò esisteva.

E nei secoli successivi, ed ancora oggi ovunque nel mondo, dei cristiani si ingegnano per trovare soluzioni ingegnose utili al bene comune, spinti dalla carità di Cristo.

Quella carità che fa essere questi uomini e queste donne sale della terra, luce del mondo.

Vi sembra poco?

Guardatevi attorno e scoprirete un bravo cristiano o un santo cristiano a cui voi personalmente dovete qualcosa.

Per quanto riguarda la mia piccola vita (piccola agli occhi del mondo ma immensa agli occhi di Dio, come qualunque altra vita) posso dire che quella luce e quel sale io li ho sperimentati sin da bambina attraverso i miei genitori e tante altre persone che, come loro, si nutrivano e si nutrono quotidianamente di Dio (nei suoi Sacramenti, nella sua Parola, nella sua presenza d’amore per poi riversarla sugli altri).

Sì, devo dire di aver conosciuto dei cristiani eccellenti, dei cattolici straordinari, di averne conosciuti molti; e di aver avuto, anche grazie ad essi, oltre che ovviamente grazie a Dio,  esperienze religiose di grande forza esistenziale, sapienziale.

Ciò non significa che nella comunità dei credenti, abbia conosciuto persone perfette (dato che le persone perfette non esistono, essendo perfetto solo Dio).

Né significa che, all’interno della Chiesa, io abbia assaporato soltanto gioia, allegria, amore, amicizia, fraternità, sapienza, ampiezza, fecondità, libertà, senso esistenziale, pienezza di vita.

No, come scritto in un precedente intervento (e qui lo ripeto con fatica perché già lì mi dava fastidio dirlo pur sembrandomi al contempo necessario per la consolazione di alcuni) ho avuto anch’io, nella comunità ecclesiale, dei momenti di dolore, delusione, frustrazione; ma momenti, appunto; circoscritti, spesso senza radice e quindi fuggevoli. Più che altro dipesi da mie ipersensibilità. E comunque in ultima analisi funzionali alla mia ed altrui crescita nella fede, nella speranza, nella carità, poiché «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». (Rm 8,28). Del resto, guardiamo Gesù durante il travaglio, prima della Risurrezione (quella Risurrezione nella quale pure noi già da adesso siamo avvolti ma che dopo la morte temporale ci accoglierà in pienezza di gioia).

Lo Spirito Santo ci sostenga nell’amore. Ci ripeta spesso con dolce fermezza: «Finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondendo benedicendo, poiché a questo siamo stati chiamati per avere in eredità la benedizione». (Pt 3,8ss).

Difficile? Certo, molto difficile. Direi impossibile, senza l’aiuto onnipotente dell’Amore Trinitario di Dio operante nella sua Chiesa e da qui riversato ovunque nel mondo.

In conclusione: senza la Chiesa, io non sarei. Il che equivale a dire: senza l’Amore tangibile di Cristo Risorto, io non sarei.

Per tale ragione, persino nei momenti di tribolazione, ciò che mi accompagna è un profondo senso di riconoscenza.

Chiudo con le parole di un Servo di Dio, il dottor Enzo Piccinini, che sento fratello vicino: «È una gratitudine che caratterizza la mia vita, perciò non ho paura di darla tutta».

 

Cordiali saluti.

Maria Cristina Manca

 

 

 

 

 

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