Categoria : letteratura sarda

Cristina di Svezia, Clementina Sobieski Matilde di Canossa, Carlotta di Cipro

04 gennaio 2025

«La presenza di queste sepolture di illustri donne a san Pietro – luogo in cui si trovano le tombe dei pontefici, dei cardinali, degli arcipreti – segnala non solo un privilegio ma il riconoscimento del loro attaccamento alla fede cattolica,  alla loro opera  di difesa della religione».  Pietro Zander è il responsabile della Necropoli e dei Beni artistici della Fabbrica di san Pietro e spiega il senso storico e religioso di quattro straordinarie sepolture femminili nella basilica vaticana, tra la cripta e la basilica vera e propria: Maria Clementina Sobieski, moglie del re nominale d’Inghilterra Giacomo iii  Stuart, la regina Cristina di Svezia, Carlotta regina di Cipro,  Matilde di Canossa, contessa ma potente come una regina.

Zander avverte però che i sepolcri femminili erano  normali nella antica basilica costantiniana di san Pietro e anche nell’attuale basilica: «Sotto il pavimento riposano uomini, donne e bambini del quartiere, come si legge anche dai registri parrocchiali, delle sepolture della basilica costantiniana restano anche alcune belle iscrizioni».

Ma ciò che colpisce il visitatore di oggi sono queste quattro presenze monumentali femminili molto visibili, e in tre casi di  notevolissima qualità artistica. Famoso e spettacolare è  il monumento funebre a Cristina di Svezia. La sua storia appartiene ai capitoli più importanti e anche straordinari del cattolicesimo del 1600. Nata a Stoccolma nel 1626, salita al trono ad appena sei anni dopo la morte di suo padre Gustavo II  Adolfo, uno dei massimi difensori del protestantesimo nella Guerra dei Trent’anni, abdica al trono nel 1654 al culmine di una profondissima crisi religiosa lasciando il trono a suo cugino che diventa Carlo X  e si trasferisce a Roma accolta trionfalmente da Alessandro VII  Chigi . Muore, dopo una vista complessa e anche travagliata, caratterizzata da frequenti ritorni in Svezia e da una presenza costante e significativa nella vita culturale della Roma papale, nel 1689. È papa Innocenzo XII  Pignatelli (come si legge nell’iscrizione dedicatoria)  a volere un monumento  funebre adeguato al rango di una sovrana che aveva abbandonato il protestantesimo.  Nelle grotte vaticane, non lontano dalla tomba di san Paolo VI , c’è il suo sarcofago in marmo apuano bianco  con una lapide in bronzo sormontata da una corona regale con lo scettro in cui si legge, in latino,  che lì riposano i resti di Cristina Alessandra regina dei Goti, degli Svevi e dei Vandali. Dunque, una sepoltura sobria.

Invece il monumento nella basilica è un autentico trionfo barocco. La mano di Carlo Fontana realizza, tra due colonne di marmo rosa, una macchina spettacolare dominata da un’urna di marmo giallo antico su cui siedono due angeli in marmo bianco, scolpiti da Lorenzo Ottoni, che sorreggono uno scettro e una spada accanto a una corona regia: scettro, spada e corona sono in bronzo e vengono fuse da Giovanni Giardini. Ed è sempre Giardini a fondere il grande medaglione che ritrae Cristina di profilo. Il cartiglio in marmo nero ricorda che la regina aveva abdicato abbandonando l’eresia e che si era trasferita a Roma. Infine, i nomi di Innocenzo xii  e di Clemente XI , rispettivamente  l’ideatore e il realizzatore finale del monumento. Sull’urna il bassorilievo  candido di Jean Baptiste Théodon ricostruisce la solenne abiura al protestantesimo.

Scenografico anche il monumento a Clementina Sobieski, moglie di Giacomo iii  Stuart,  ovvero Giacomo Stuart il Vecchio Pretendente, figlio di Giacomo ii  deposto dalla Gloriosa Rivoluzione del 1688 . Giacomo III  fu dunque un sovrano nominale riconosciuto da chi, tra i sovrani cattolici europei, sosteneva i diritti degli Stuart come faceva il papato che aveva accolto e dato una residenza romana agli Stuart dopo l’esilio. Caterina Sobieski (principessa polacca perché nipote del re di Polonia e granduca di Lituania Giovanni III  Sobieski che liberò Vienna dall’assedio dei turchi musulmani, e  dunque a sua volta regina solo nominale d’Inghilterra) muore ad appena 33 anni nel 1735 dopo un tempestoso matrimonio interrotto per le infedeltà del marito: si spegne dopo essersi rifugiata dalle suore di Santa Cecilia a Roma dedicandosi alla preghiera. Di qui, cioè per il suo esempio di fede,  la decisione di traslare il suo corpo, inizialmente sepolto nelle grotte vaticane, e di collocarlo in san Pietro per «straordinaria concessione» di papa Benedetto XIV . Il  monumento  si trova accanto alla porta di accesso e alla scala (e all’ascensore) che portano alla Cupola. Dunque un luogo molto frequentato e visto dai visitatori. La traslazione avviene nel 1745. Il monumento realizzato su progetto di Filippo Barigioni  (allievo di Carlo Fontana e collaboratore di Alessandro Specchi) in parziale collaborazione con Pietro Bracci è di grande e rara bellezza, eloquente nei suoi rinvii significativi. Due angeli in marmo bianco impugnano lo scettro e la corona in bronco dorato, con le spalle sostengono il sarcofago in marmo grigio che riporta in latino il nome e il rango della defunta. Grandemente suggestivo è il panneggio morbido e lussuoso, con le sue frange dorate, in alabastro rosso. Sul sarcofago è seduta la statua della Carità che, aiutata da un angelo, sostiene il bel ritratto della giovane donna realizzato in mosaico con vivaci ed eleganti colori da Fabio Cristofari che di fatto copiò il ritratto su tela  di Ignazio Stern.  La Carità con la mano destra regge il ritratto e con la sinistra innalza un cuore ardente. Sullo sfondo un  obelisco rosso, simbolo di potere,  su un cielo azzurro, quello dell’eternità.

E poi c’è il capolavoro di Gian Lorenzo Bernini  per Matilde di Canossa, che ha una storia molto particolare. Matilde di Canossa, contessa di Mantova, Margravio di Toscana, morì a Bordero di Roncore nel 1115 e fu sepolta, perché così lei aveva chiesto, nell’Abbazia di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po, vicino a Mantova; ma la sua tomba venne profanata più volte nei secoli.

Nel 1632, per volere del papa Urbano VIII , la sua salma viene traslata a Roma in Castel Sant’Angelo. Nel 1634 trova una  definitiva e monumentale collocazione nella basilica di San Pietro. La nicchia in marmo bianco, con una solenne e suggestiva falsa prospettiva scolpita, si deve a Gian Lorenzo Bernini (qui lavorò con la sua bottega) che ha una commissione diretta da Urbano viii . In alto due angeli sostengono lo stemma della contessa con il motto Tuetur et unit, ovvero protegge e unisce. In basso appare il sarcofago sul quale troneggia il bassorilievo che racconta la celeberrima sottomissione dell’imperatore Enrico iv  di Germania al Castello di Canossa il 25 gennaio 1077 per la revoca della scomunica che aveva deciso per lui Gregorio VII . E poi c’è la grande statua della contessa, raffigurata con la sua corona e mentre sorregge la Tiara papale e le chiavi pontificie con il braccio sinistro mentre la mano destra regge uno scettro, anzi più precisamente il bastone del comando che lei  esercitò nel nome della Santa Sede. Una vera e propria  protettrice della fede e del papato: l’arco intorno riporta un trofeo d’armi. Ai suoi piedi, due angeli sorreggono il cartiglio dedicatorio di Urbano viii  che le attribuisce la forza di un animo virile descrivendo il famoso episodio di Canossa.  Matilde fu una potente feudataria e per questo è considerata a tutti gli effetti una sovrana. Si impegnò con un fervore molto noto ai suoi tempi a favore del papato durante la lotta per le investiture. Emerse come figura di primaria importanza politica, estendendo il suo dominio su tutti i territori italiani situati a nord dello Stato Pontificio: fu sotto la sua guida che il dominio dei Canossa raggiunse il proprio apice in termini di estensione territoriale. Nel 1076 acquisì il controllo di un’ampia regione che includeva la Lombardia, l’Emilia, la Romagna e, come duchessa e marchesa, anche la Toscana. Il fulcro di questo vasto territorio era appunto Canossa nell’appennino reggiano. Una sovrana che ebbe una importanza politica e anche spirituale di primo piano per il papato nel cuore di uno scontro tra il pontefice e l’imperatore.

Infine, proprio di fronte al sarcofago di Cristina di Svezia, nelle grotte in cui sono sepolti i pontefici, c’è il sobrio sarcofago che racchiude i resti di Carlotta, ultima regina sovrana di Cipro. È in marmo bianco apuano e la scritta è semplicissima: Carola Cypri Regina, con la data del 1487. Sul coperchio il monogramma di Cristo. La sua sepoltura originaria, come si capisce bene dalla data della sua morte, si registra nella basilica costantiniana. Poi viene collocata nella nuova basilica barocca. Con la nuova sistemazione delle grotte nella metà del ‘900, sotto Pio XII , ora la tomba ha la definitiva collocazione di fronte al sarcofago di Cristina di Svezia. Carlotta, figlia di Giovanni III , fu l’ultima discendente della dinastia dei Lusignano e quindi fu regina di Cipro, Gerusalemme e Armenia. Regnò, come riportano le cronache del tempo, con saggezza ed equilibrio, meritandosi la stima dei regnanti europei, comprese la corte imperiale germanica e quella bizantina. Aveva un alto senso della carica, che riteneva aver ricevuto come missione divina direttamente da Dio. Seppe mantenere una costante autonomia del regno, grazie anche a un’abilità innata nel tessere alleanze all’insegna della distensione. Una curiosità storica: attuò una riforma fiscale che riuscì a individuare, per ogni zona dell’isola, gli indici di ricchezza su cui calcolare l’imponibile d’imposta. Un sistema, all’epoca molto innovativo, che poi conobbe nei secoli molta fortuna. Venne deposta dal fratellastro che si proclamò re come Giacomo ii  ma lei non smise mai di reclamare il trono. Priva di eredi diretti, lasciò i suoi diritti di discendenza al nipote Carlo I  di Savoia. Ed è la ragione storica per cui da allora i Savoia si definirono re di Cipro e di Gerusalemme.

Quattro presenze femminili a san Pietro, tutte all’insegna della fede, della storia e anche della grande arte. Formidabili  figure di donne molto forti, decise e soprattutto autonome e che quindi parlano anche alla nostra contemporaneità.

di Paolo Conti
Editorialista «Corriere della Sera»


Cristina di Svezia
È stata regina  dal 1632 fino all’abdicazione nel 1654, quando si convertì al cattolicesimo. Temendo le reazioni e le vendette dei protestanti, lasciò la Svezia per trascorrere il resto della sua vita in vari Paesi, stabilendosi poi  a Roma, dove si occupò di carità, di arte, musica e teatro in un movimento culturale che portò alla fondazione dell’Accademia dell’Arcadia nel 1690.

Matilde di Canossa
Contessa di Mantova, duchessa di Spoleto, margravia di Toscana, duchessa consorte della Bassa Lorena, contessa consorte di Verdun e duchessa consorte di Baviera, nota anche con lo pseudonimo di Magna Comitissa. Regnò per 40 anni. Passata alla storia anche per «L’umiliazione di Canossa»: l’imperatore Enrico IV, per avere la revoca della scomunica dal papa, fu costretto ad attendere davanti al suo castello per tre giorni e tre notti inginocchiato con il capo cosparso di cenere.

Maria Clementina Sobieski
Una delle ereditiere più ricche d’Europa ma dalla vita coniugale infelice,  Regina consorte titolare d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, morì a Roma il 18 gennaio 1735, a soli 33 anni. Ebbe i funerali nella basilica dei SS. Apostoli, dove nella seconda cappella della navata destra, sul secondo pilastro, si trova una lapide in marmo realizzata nel 1737 dallo scultore Filippo Della Valle, raffigurante serafini e angeli con un’urna. All’interno fu riposto il cuore di Maria Clementina, mentre il resto del corpo fu deposto nella Basilica di San Pietro.

Nel monumento in Vaticano è rappresentata la figura dell’Assunzione che tiene in mano il cuore ardente.  Il medaglione in mosaico è un ritratto di Maria Clementina, realizzato da Paolo Cristofari.

Carlotta di Cipro
Due matrimoni, un figlio  deceduto in culla poco dopo il parto, morì  a Roma a 43 anni. Elogiata da saggisti e poeti, anche per la sua moderazione nel campo della giustizia, ove profuse energie per un codice penale che garantisse pene sicure ma umane, finalizzate al recupero della persona, e la pena di morte solo per i traditori dello Stato.

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