“Festa della Liberazione” dal nazifascismo ideologico e politico? di Angelino Tedde
Grande sventolio di bandiere e marce corali in molte regioni italiane, ma soprattutto in Emilia Romagna con capo regione Bologna. Emilia Romagna che ci ha dato Mussolini, Nenni e altri uomini politici illustri.
Ieri fascisti fino in fondo, poi sovietici fino in fondo, ma anche democratici fino in fondo.
Da un giorno all’altro fatte eccezioni i fascistissimi o i compagni in camicia nera hanno indossato la camicia rossa. Da fascisti a sovietici. I sovietici? Grande esempio di democrazia e di libertà specie con Stalin e successori. I partigiani più gloriosi. Ovviamente con dei distinguo: i partigiani veri e sinceri che hanno combattuto contro i nazifascisti, quelli falsi che hanno ucciso per vendetta privata, si legga Pansa, e quelli che speravano di farci piombare in una guerra civile dei soviet ad imitazione dei sovietici russi.
Grazie ai primi, riprovazione per i secondi, e discutibilissimi i terzi.
A Chiaramonti sono passati i tedeschi, suor Reverenda al secolo Giuseppina Marrucchi che conosceva il tedesco li ha riforniti di pane e acqua e forse di qualche salsiccia, nessuno ha mosso dito anche perché fino a qualche mese prima erano nostri alleati e al liceo scientifico si studiava tedesco. Nessuno ha sparato se no sarebbe stato un massacro che di certo i chiaramontesi non amavano. Mia suocera giovane fascista, molto avvenente, visto che quando la videro un gruppo di tedeschi parlottavano e qualcuno si dirigeva verso di lei, per correre più veloce si tolse le scarpe e scomparve tra i vicoli del paese. I tedeschi se ne andarono, raggiunsero Santa Teresa di Gallura e s’imbarcarono per la Corsica. Eccoti come Chiaramonti si liberò dei nazifascisti tedeschi, di certo non dei fascisti perché erano tutti tesserati ed erano fascisti da vent’anni anch’essi.
Come dimenticare d’un tratto i sabati fascisti, le 400 lire per ogni figlio nato, l’abbandono del costume, la camicetta bianca e la gonna blu che lasciava intravedere le gambe, spettacolo pruriginoso per i giovani fascisti e delizioso per le donne che lasciavano intravedere i seni turgidi e il collo sensuale?
Come dimenticare la bacchetta dei maestri, la prontezza del comando, le esercitazionei col moschetto.
La donazione alla Patria degli anelli nuziali (mia suocera preferì tenerselo) ma la maggioranza lo donò.
Dio, Patria Famiglia. La Camicia nera è una divisa di combattimento sta ancora scritto nel palazzetto di zio Angelo Truddaiu. Come dimenticare il lavatoio fascista che riparava dal freddo, gli abbeveratoi col fascio per gli animali da parte dei contadini e dei pastori? E le “belle canzoni fasciste” come “faccetta nera” e tutto i repertorio del calendario fascista a cominciare dalla Befana Fascista e la divisa di balilla?
No! Non si dimentica facilmente da parte di coloro che vissero a pieno e con un certo entusiasmo il periodo fascista! Da noi fecero più danno gli alleati distruggendo Cagliari, Olbia, La Maddalena e la rete ferroviaria e secondo signora Tina sia i bianchi sia gli afroamericani stupravano in treno le donne.
Non mi risulta per quanto abbia letto che in Sardegna fiorirono i partigiani.
La storia è vero è ricostruzione di fatti e tra questi non possiamo dimenticare che i Nazionalisti, il Movimento degli ex Combattenti, i latifondisti Agrari e gl’industriali diedero una mano anzi tutte e due le mani al fascismo di Mussolini e dei suoi gerarchi piccoli e grandi. Anzi anche una buona parte di sardisti passarono al fascismo senza resistenza. Potremmo pure indossare la camicia partigiana se vogliamo, ma zio Giovanni e zio Nino tornarono quatti quatti dalla Sicilia senza andare e rischiare la vita contro i fascisti. Per completare il discorso possiamo ben dire che al Fascismo ci portarono i liberalmassoni che fecero l’Italia che non seppero unirsi a dovere per amministrarla e i governi succedettero ai governi senza promuovere come avrebbero dovuto la crescita sociale ed economica dell’Italia. Il grande Cocco Ortu in primis, che tuttavia invitò il re a schierare contro la marcia su Roma l’esercito e bloccare gli squadristi provenienti in gran numero dall’Emilia Romagna- sottotraccio ancora sovietica-. Ma il re costituzionale fece quanto i maggiorenti dell’Italia in quel momento suggerirono, molti questo lo dimenticano.
Liberazione? la romantica Bella Ciao? Diciamo pure la fine di un regime autoritario e la nascita della Democrazia? Grosso modo si anche se sotto la camicia rossa molti conservarono e tuttora conservano la camicia nera simbolo di autoritarismo di podestarismo e tout tour di genuino fascismo.
Saremo liberi e democratici quando sapremo dare un futuro egualitario ai nostri figli, la dignità di un lavoro, di cure sollecite per la nostra salute, il rispetto della donna e delle idee. Opposizioni costruttive e alternanza di governo ovunque e non opposizione per l’opposizione, patacca di fascista o di comunista che non servono a niente. Omaggio autentico agli autentici partigiani e a chi nella guerra ci rimise la vita.
Oggi voglio ricordare un preside eccellente che si chiamava Antonio Giuseppe Dore, di Benetutti, che ricevette la medaglia d’Argento come partigiano in continente. Un uomo che per la scuola ci rimise pure la salute e andò in pensione con una pensionino da insegnante dal momento che sia i Presidi sia i Direttori didattici non erano pagati con lo stipendio decoroso di oggi.