“La figura e le azioni di Giovanni Fais e della moglie Baingia Unali” di Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro
La figura e le azioni di Giovanni Fais bandito fazionario e della moglie Baingia Unale.
Abbiamo già detto del primo delitto di cui si è macchiato il bandito cioè l’uccisione, in concorso col fratello Antonio, che ci rimise la vita, di don Giommaria Tedde che pare avesse molestato, non sappiamo esattamente in che modo, la giovane diciottenne nobildonna Lucia Tedde Delitala e la faida che ne venne fuori da parte dei Delitala contro i Tedde [1].
Questo delitto lo fece indubbiamente colludere con la fazione dei Delitala e in particolare con Donna Lucia.
Lo stesso reato gli procurò la condanna a morte da parte dei giudici del Tribunale di Sassari che lo avviò decisamente alla vita di fuorilegge [2].
Vittorio Angius nella nota n.1 nella voce Chiaramonti presenta del bandito un quadro contraddittorio nell’indole e nelle azioni.
Secondo il suo informatore, a parte l’avvenenza che lo rendeva anche autorevole, lo descrive uomo di parola, urbano e generoso portando alcuni esempi sul suo comportamento quando si trovava con qualcuno che non conoscendolo sparlava di lui. L’informatore parla anche della stima verso di lui da parte degli strati di ogni ceto sociale come si è dimostrato chiaramente negli atti di comparatico coi nobili,col clero e con i notabili. La sua tendenza a proteggere gli strati popolari, lo spinge ad esortare i chiaramontesi a non pagare i diritti feudali[3]. Questo fatto turba molto gli ambienti viceregi.
Presentati questi pregi l’Angius, sostiene che avrebbe rubato 800 capi bovini ai ploaghesi che nella voce Ploaghe sostiene che ne avessero 1300 [4].
Lo definisce giustamente ladro, rapinatore anche dei valori pubblici in transito, assassino, e prepotente esattore di diritti come nel caso di Bonorva dove pretende dal sindaco gli stessi pedaggi che venivano dati ai dragoni di Sua Maestà[5].
Inoltre sostiene che nobili,clero e borghesi gli offrissero ogni anno dei donativi, quasi fosse un feudatario. Era il costo della sua protezione da parte di questi ceti. Lo stesso informatore o più informatori sostengono che avesse accumulato un’ingente ricchezza per nascondere la quale intestava il bestiame al figlio sacerdote Leonardo, intoccabile civilmente , perché appartenente alla giurisdizione ecclesiastica[6].
Nulla dice di immobili e di denaro conservato in Chiaramonti o altrove.
La moglie, infatti, nel 1777, tre anni dopo la morte del bandito, in un atto pubblico affida a Pietro Unali ben 137 vacche e 40 vitelli, mentre il figlio sacerdote Leonardo affida allo stesso vaccaro 65 vacche [7]. Non si è rintracciato il testamento per meglio conoscere la sua consistenza patrimoniale alla sua morte avvenuta nel 1789.
In una relazione rintracciata presso l’Archivio di Stato di Torino, si afferma che Giovanni Fais, dopo essere stato decollato in Sassari insieme al genero Usai e altri compagni della sua banda dai due sassaresi traditori, il suo cadavere,appeso al patibolo, poi squartato e le singole parti furono esposte nei centri di Sassari, Ozieri, Chiaramonti e Nulvi [8].
La condanna esemplare diventava sempre “uno spettacolo raccapricciante, cadenzato nella lunghezza dei rituali e nella crudeltà del castigo che infieriva sul corpo del colpevole anche oltre la sua morte fisica [9]”.
Donna Lucia Tedde, una volta ottenuta la libertà dagli arresti domiciliari, promette “de ne pas se meler à l’avenir des factions, ni proteger les bandits” “di non immischiarsi per il futuro tra le fazioni e di non proteggere i banditi”; da questa promessa si deduce che la nobildonna negli anni che vanno dal 1723 al 1733, anno della sua precettazione a Cagliari, condanna e inizio dei due anni di arresti domiciliari, avesse partecipato agli scontri del Fais con i dragoni e con i nazionali reclutati nei vari centri anglonesi e galluresi, né poteva di certo essere vicina al bandito successivamente al 1735, ritorno a Chiaramonti, ma anche inizio del viceregno del Rivarolo e del feroce giudice commissario alternos Francesco Cadello. Periodo in cui il Fais visse in Corsica [10].
E’ difficile accogliere l’informazione dell’Angius circa la sua presenza allo scontro di Chirralza del 1748.Anche qui dobbiamo osservare che conoscendo e visitando le località di Chirralza è piuttosto difficile immaginare una battaglia con tanti partecipanti a cavallo di cui duemila raccogliticci dei vari centri dell’Anglona e della Gallura in questo colle a schiena d’asino con all’estremità un antico nuraghe e lo strapiombo sul fiume Filighesos dove si va a formare una cascata nel territorio appartenente a Donna Lucia Tedde.
Come non è facilmente credibile l’assedio con 2000 villici e 400 dragoni a cavallo in una zona così impervia come le appendici e la base di Monti Cuccaru secondo gli ordini del viceré Valguarnera che istituendo il catalogo dei banditi inserisce anche Giovanni Fais.
In questi eventi è inopinabile che la nobildonna, ormai ritiratasi dalle fazioni e dalla protezione dei banditi, andasse a immischiarsi nello scontro.Ugualmente è difficile immaginare che seguisse Il bandito e la sua banda sul “Monti Cuccaru”, vicino all’allora stazzo di Trinità d’Agultu e da là scappasse seguendo sempre Giovanni Fais.
Ci risulta invece che al ritorno da Cagliari la nobildonna diede mandato al suo legale di acquistare due palazzine prospicienti l’odierna Piazza Azuni in Sassari i cui frutti alla sua morte sarebbero andati al nipote nulvese Andrea Satta [Tedde] curatore testamentario e successivamente alla morte del nipote andassero a beneficio dei Carmelitani di Sassari per le Messe di suffragio per la sua anima [ 12].
Giovanni Fais con la sua banda, più ridotta dopo il repulisti del Cadello e le battaglie di Chirralza e del Monte Cuccaru, continuò senza più la protezione di Donna Lucia la sua vita di fuorilegge rapinatore soprattutto nel Meilogu alleandosi coi banditi di quella regione in particolare col bandito Leonardo Marceddu di Pozzomaggiore. Penetrava in incognito, vestito da frate cappuccino a Sassari, e qui come abbiamo già detto, ci rimise la vita, per il tradimento dei suoi seguaci sassaresi ai quali, data la sua bonomia, aveva dato credito, nonostante che gli avessero fatto sapere che questi si erano venduti al governatore Marchese Alli Maccarani, a mezzo di don Pedro Corda e i suoi fratelli [13].
Sulla moglie Gavina Unali dall’Angius e da altre fonti si apprende che fosse molto equilibrata e capace di dominare la veemenza da cui talvolta era preso il marito. Risulta a nostro avviso inattendibile l’aneddoto sul tentativo di Giovanni di uccidere la figlioletta Mattea che all’epoca non era un’infante ma aveva nove anni, mentre il figlio Antonio ne aveva due, infine è ugualmente inattendibile che nella presunta feroce battaglia di Chirralza egli abbia portato con se tutta o parte della figliolanza.
Su Fais e la sua storia è bene leggere i saggi sull’Anglona e la Gallura di Maria Lepori dalla quale in parte abbiamo attinto le notizie.
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[1] Angius V. voce Chiaramonti
In “Dizionario…” p. 656.
Lepori M. Faide. Nobili e banditi
nella Sardegna sabauda del Settecento, Viella, Roma 2010
- 54
[2]IDEM p. 655
EADEM pp. 54-55
[3]IDEM p.656
[4] In Angius voce Ploaghe p. 469 nota 4 in edizione “La Nuova Sardegna”.Sassari 1997.
[5] Angius V. voce Chiaramonti
“Dizionario..” Nota 1 p.656.
[6]
Angius p. 656
[7] Archivio di Stato di Sassari.
Castelsardo: vol IV 1776-1777.
Liber Defunctorum 1780-1790
6zeri97
Dia primero febrero de 1789 Claramonti Gavina Unaly natural desta villa de edad 75 años
salvo error muriò in comunione Sactae Matris Ecclesiae con todos los sacrementos administrados el dia 17 de penitentia del cura de Bellu
de extrema unction el dia 20
del cura Valentino de quibus.
Fue comunigada el dia 17 del passado henero testò en poder del notajo Antonio Sanctoni desta villa ; cuio cuerpo fue supultado en la iglesia de la gloriosa Viergen del Carmen de lo que hayo fé. Don Pedro Valentino, cura.
[8] Lepori M. “Relazione dell’attacco e uccisione del famoso bandito di Chiaramonti
Giovanni Fays, e di altri socy di sua quadriglia e degli atti di giustizia eseguiti sopra i cadaveri di alcuni di loro, sottoscritta essa relazione dal governatore di Sassari Marchese Alli di Maccarani, 30.10.1774” p.55 Nota 35.
EADEM p.60 Nota 49.
[9] EADEM p.60 Nota 40
[10] Lepori M. Faide nobili e banditi nella Sardegna Sabauda del Settecento, Viella, Roma 2010 p. 158 Nota 126.
[11] EADEM p.56 Nota 38
[12] Archivio Biblioteca Beni Culturali Sassari “Atto di censo di Donna Lucia 1736 del notaio Gavino Manca.”
[13] Angius V. voce Chiaramonti
nota 1 cit.
Lepori M. Bande, fazioni, trame.
La nobiltà rurale tra violenza e giustizia nella Sardegna del Settecento,Viella, Roma 2019
p.79-80 Nota 87.