“Domenico Bardari prefetto di Cagliari (1880-1883)” di Donato D’Urso
Domenico Bardari era nato in Calabria, a Pizzo, il 6 dicembre 1836, figlio di Giuseppe e Carlotta Salomone. Il genitore, di sentimenti liberali, fu destituito dalla magistratura napoletana per la condotta tenuta durante il moto rivoluzionario calabrese del 1848. Domenico studiò a Monteleone nel Collegio Vibonese, poi giurisprudenza a Napoli, dove ebbe modo di frequentare gli ambienti anti-borbonici, i quali si tenevano in contatto col marchese di Villamarina rappresentante diplomatico del regno di Sardegna.
Da giovane Domenico Bardari manifestò passione per la letteratura, tanto da scrivere il romanzo storico Anton Centeglia, ambientato nella Catanzaro del XV secolo. Fu profondo conoscitore delle lingue classiche ma anche moderne, in particolare il tedesco. Avviatosi alla professione legale, fece pratica nello studio dell’avvocato pugliese Liborio Romano, insieme col quale pubblicò memorie defensionali [1]. Nell’estate del 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Liborio Romano divenne ministro [2], Giuseppe Bardari – genitore del Nostro – prefetto di polizia e Domenico (che aveva solo 23 anni) sottintendente a Larino in Molise. Lì appoggiò le forze liberali, contrastando i “reazionari”.
Nell’amministrazione italiana prestò servizio a Palmi, Castroreale, Lagonegro, Siracusa, Udine. Ebbe caro amico il conterraneo Giorgio Curcio e pubblicò studi giuridici sotto forma di lettere indirizzate allo stesso Curcio [3]. Questi ne tracciò così l’elogio funebre:
Sprezzò i facili trionfi e la popolarità procurata con le arrendevolezze, le concessioni, le transazioni, le blandizie, sia verso i prepotenti, sia verso la plebe, sia verso i falsi tribuni. Sicché qualche volta fu ritenuto uomo troppo severo, mentre non era che giusto e scrupoloso nell’adempimento dei doveri [4].
Nel maggio 1876, a 40 anni e dopo solo sedici di servizio, fu nominato prefetto e destinato a Trapani. Vi rimase sino al maggio 1877 quando passò a Belluno. Dopo sei mesi fu mandato a Benevento, poi a Cosenza, infine a Cagliari nel luglio 1880.
Nelle varie sedi, i contemporanei, pur riconoscendone doti intellettuali e competenza amministrativa, ne criticarono il carattere spigoloso e la ritrosia a fare vita sociale, in un tempo nel quale i salotti prefettizi svolgevano un ruolo fondamentale, come luogo di ritrovo degli ottimati. Bardari tenne quel comportamento anche dopo il matrimonio con la partenopea Almerinda Di Napoli, di venti anni più giovane. Dopo la morte, un giornale sardo scrisse: «Il comm. Bardari aveva, qui a Cagliari, pochi amici. Ciò dipendeva in parte dal carattere suo burbero; in parte dalla maniera sua di vivere isolato» [5]. Si chiuse nella “rocca del palazzo” e non uscì che raramente mancando persino, e ciò fu commentato negativamente, di ricambiare le visite di cortesia.
Trascorse nell’isola un periodo travagliato e rimase coinvolto nella lotta tra i notabili Francesco Salaris e Francesco Cocco-Ortu. Il primo era stato assessore nella giunta guidata dall’avvocato Salvatore Marcello, fu a lungo presidente del consiglio provinciale e, alla Camera, conquistò il seggio di Nuraminis dal 1861 al 1882, poi quello di Cagliari [6]. Cocco-Ortu fu ininterrottamente deputato dal 1876 al 1924, sindaco di Cagliari nel 1883, più volte ministro [7].
Le recriminazioni e polemiche iniziarono il giorno stesso dell’arrivo del prefetto Bardari al porto di Cagliari. In quella circostanza, le persone presentatesi per ossequiarlo, rimasero sconcertate e irritate nell’apprendere che Salaris, anticipando tutti, aveva già accompagnato Bardari al domicilio. Da allora, la stampa che fiancheggiava Cocco-Ortu non mancò di attaccare il prefetto, accusandolo di partigianeria e decisioni non equanimi. Ci furono denunzie e petizioni indirizzate a Roma e, in una particolare circostanza, quando Bardari provò a parlare a una folla che dimostrava, fu accolto da fischi [8]. Nell’opinione pubblica c’era anche, però, chi elogiava il suo «buon odorato per scovare ladri e pubblici dilapidatori […] era stato capace di far nascere fermento e paura fra i membri della forte e ben costituita camorra cagliaritana» [9], con allusione alla gestione della congregazione di carità e ai rapporti tra l’amministrazione comunale e alcune banche.
Il periodo cagliaritano di Bardari fu turbato dai gravissimi fatti di Sanluri (7 agosto 1881). Durante tumulti causati dalla questione delle tasse, avvennero atti di violenza, in particolare l’uccisione a bastonate dell’ex-sindaco Antioco Murru. Le forze dell’ordine intervennero con durezza e il bilancio finale fu di sette morti, decine di ferite e molti arresti [10]. Il governo difese il principio di autorità e mantenne Bardari al suo posto (in simili circostanze, accadeva sovente che i prefetti diventassero comodi capri espiatori).
L’anno dopo, nel giugno 1882, la morte a Caprera di Giuseppe Garibaldi coinvolse a vario titolo tutte le autorità della Sardegna. In particolare, a Cagliari, il 24 giugno 1882, si tenne una solenne commemorazione al Teatro Cerruti. Parlarono, alla presenza del prefetto, l’onorevole Ghiani Mameli, l’avvocato Giuseppe Orrù, lo studente Carlo Cheirasso, il professore Felice Uda [11].
Sul tema della sicurezza pubblica e del banditismo, Bardari scrisse in questi termini a Roma:
Le bande raccogliticce che si raccozzano per le grassazioni e pei saccheggi notturni delle case dei più abbienti hanno i loro contingenti in questi pastori nomadi dalle lunghe chiome intrecciate, dalle barbe prolisse, col dorso coperto da luride pelli di montone e colle uose quasi incrostate nelle gambe. Essi sono accaparrati speciale nel circondario di Nuoro da certi singolari incettatori, che li danno in temporaneo collocamento per certe determinate imprese criminose, le quali consumate o fallite ritornano inosservati ai selvaggi ovili [12].
La “bardana” era una forma particolare di banditismo:
Consiste nell’invasione di un abitato da parte di decine e decine di armati, per lo più a cavallo, che si formano per un ben specifico obiettivo criminale: l’assalto a un ufficio postale, a una masseria, a una abitazione facoltosa. L’improvviso radunarsi di tanti uomini armati rende vana la resistenza delle poche forze dell’ordine. Quando queste intervengono con reparti sufficienti, la bardana è già compiuta, la muta dei malviventi si è dissolta [13].
Il prefetto più volte manifestò a Roma il desiderio di cambiare sede, evidentemente a causa delle difficoltà ambientali che incontrava. Nell’estate 1883, come faceva da qualche anno, si concesse un periodo di riposo nell’isola d’Ischia. Il 28 luglio, a 47 anni, rimase vittima, unitamente alla moglie, del terremoto che devastò Casamicciola con oltre 2300 morti [14]. L’anno successivo la salma di Bardari fu traslata a Napoli con nave militare e ricevette onori solenni.
Note
[1] Memorie politiche di Liborio Romano pubblicate per cura di Giuseppe Romano suo fratello con note e documenti, Napoli, Giuseppe Marghieri editore, 1873.
[2] N. Perrone, L’inventore del trasformismo. Liborio Romano, strumento di Cavour per la conquista di Napoli, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009.
[3] Sulle riforme amministrative in Italia: lettere scritte da Domenico Bardari all’avv. Giorgio Curcio, Siracusa, Tip. Norcia, 1868; Sul riordinamento finanziario dei Comuni in Italia: lettere scritte da Domenico Bardari all’avv. Giorgio Curcio, Siracusa, Tip. Norcia, 1869.
[4] Alla memoria di Domenico Bardari, Aquila, Tip. Grossi, 1885, p. 17.
[5] «L’Avvenire di Sardegna», 30 luglio 1883.
[6] Il re Carlo Alberto nel 1842 concesse al capofamiglia Sebastiano Salaris i titoli di cavalierato e di nobiltà. Francesco nel 1848 accorse in Lombardia per combattere contro gli Austriaci e, segnalatosi per valore, meritò il grado di ufficiale.Dopo avere lasciato l’esercito, tenne cattedra universitaria. Bibliografia: Discorso pronunciato il giorno 12 gennaio 1879 dal deputato Francesco Salaris agli elettori del collegio di Nuraminis, Roma, Tipografia Elzeviriana, 1879; Relazione del commissario comm. Francesco Salaris, deputato al Parlamento, sulla dodicesima circoscrizione (provincie di Cagliari e Sassari), in Atti della Giunta per la inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, Roma, Forzani e C., 1885; M. L. Di Felice, Francesco Salaris. Un profilo biografico, in Le inchieste parlamentari sulla Sardegna (1869-1972), a cura di A. Mattone-S. Mura, Milano, FrancoAngeli, 2021.
[7] Ricordo delle onoranze a Francesco Cocco-Ortu nel suo 80° compleanno, Cagliari, Società tipografica sarda, 1922; G. Sotgiu, Lotte sociali e politiche nella Sardegna contemporanea (1848-1922), Cagliari, Edes, 1974; Il movimento autonomistico in Sardegna (1917-1925), a cura di S. Sechi, Cagliari, Editrice sarda Fossataro, 1975; L. Pisano, Stampa e società in Sardegna: dall’unità all’età giolittiana, Parma, Guanda, 1977; G. Serri, Cocco-Ortu Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 26, Roma, Iei, 1982, pp. 542-546; M. Sagrestani, Francesco Cocco Ortu: un protagonista dell’Italia liberale, Firenze, Fondazione Spadolini Nuova Antologia, 2003.
[8] L. Del Piano, Domenico Bardari prefetto a Cagliari, in Politici, prefetti e giornalisti tra Ottocento e Novecento in Sardegna, Cagliari, Della Torre, 1975, pp. 53-104.
[9] «Bertoldo», 6 novembre 1887.
[10] L. Del Piano, I fatti di Sanluri, in Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era, Padova, Cedam, 1964, pp. 115-156.
[11] E. Corda, Garibaldi in Sardegna, Milano, Rusconi, 1991, pp. 173-180. Tra la vastissima letteratura: A. Frau-G. Racheli, Garibaldi a Caprera: bibliografia cronologica della vita privata di Garibaldi nell’isola, Calasetta, Vert Sardegna, 1982; A. Scirocco, Garibaldi: battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Bari, GLF editori Laterza, 2001; U. Carcassi, Giuseppe Garibaldi. Morte e sepoltura. La salma tra cremazione, imbalsamazione e conservazione, in «Bollettino bibliografico e rassegna archivistica e di studi storici della Sardegna», XIX, fasc. 28/II, 2006-2007, pp. 109-118; D. Mengozzi, Garibaldi taumaturgo: reliquie laiche e politica nell’Ottocento, Manduria, Lacaita, 2008; Giuseppe Garibaldi: il mito, l’unità d’Italia e la Sardegna, a cura di A. Nieddu-G. Zichi, Cagliari, AM&D, 2011.
[12] G. Carocci, Agostino Depretis e la politica interna italiana dal 1876 al 1887, Torino, Einaudi, 1956, p. 552.
[13] G. Maiocchi, Carabinieri. Due secoli di storia italiana, II, Milano, Cge, 1980, p. 434.
[14] «Il Corriere del Mattino», 30 luglio 1883; «L’Illustrazione Italiana», 16 settembre 1883, p. 182; G. De Rosa, Terra insanguinata: memoriale storico-geologico e scientifico-etnografico sull’isola d’Ischia, Napoli, Stabilimento tipografico dell’Iride, 1884, p. 104.