“Dalla disperazione delle fiamme alla speranza: ovvero l’anima profonda dei Sardi del Montiferru” di Ange de Clermont
Chi non ha versato una lacrima sul ciglio e ancor di più sul cuore quando ha visto l’infernale operare delle fiamme che hanno divorato bestie, pascoli e piante. Ci vorrebbe un botanico del posto per elencare quei profumi che per anni ho respirato nei brevi o lunghi soggiorni della Madonnina dove ero solito condurre la famiglia e pagare il soggiorno a rate con assegni postdatati su cui il caro don Budroni si faceva sonore risate ricordandomi che quella pratica la usava anche lui con i fornitori e con le banche che non facevano che chiamarlo a Sassari per accrescergli il fido e per ammonirlo. Gli avevano suggerito di cedere a qualche società turistica la parte alta dove crescevano le felci, ma lui, manco a parlarne.
Non parliamo di quando qualcuno gli suggeriva di chiedere oboli regionali. Nulla voleva concedere ai politici se non formazione seria e corretta. Accettava tutti questo prete intellettuale, cieco ad un occhio, anche se nessuno se ne accorgeva. Purché si andasse alla Madonnina con un programma formativo sia sindacale sia politico sia religioso sia culturale a lui andava bene. Professionalità educazione e correttezza. Voleva essere libero l’uomo e non condizionato nemmeno dai prelati sardi oltre naturalmente dai politici. Non so se prima o poi qualcuno scriverà la storia di questa fucina di pensiero, sentimenti umani e religiosi, opere umane e religiose. Ricordo soltanto alcune iniziative.
La scuola del prof. Bruno Anatra dell’Università di Cagliari prese alla Madonnina le mosse per la valorizzazione dei quinque libri parrocchiali. L’iniziativa di avere un’immagine chiara dell’organizzazione della Chiesa in Sardegna fu opera della Madonnina. Il noto studioso sacerdote Don Piero Marras di Tempio ci passò tante notti a registrarle e registrare sacerdoti, vescovi, chiese, numeri telefonici, associazioni e tutto ciò che poteva interessare la chiesa sarda nella sua interezza e nelle sue branche operative. Non parliamo di uomini illustri sardi e continentali che alla Madonnina hanno tenuto banco: da numerosi luminari di tutte le scienze umanistiche e letterarie, dello spettacolo e del teatro delle università italiane. Io di fronte a questa immane giostra di uomini e di donne e di varie discipline scherzavo con Don Giuseppe e lui rideva date le mie battute non sempre meditate: arrivarono i ciellini, da me definiti tupamaros, con l’invasato Don Giussani preso dagli “accadimenti”, don Laméra circondato da numerose famiglie che imbastivano canti incredibili, gli spagnoleggianti e allora sconosciuti Cursillos de Cristiandad che cantavano a squarcia gola “De colores”.
Arrivavano anche seri seri quelli definibili sindacalisti e comunisti “frattocchiani” di cui l’uomo restava edificato per l’impegno e la serietà da seminaristi, mentre cacciò via in malo modo un’accolta di giovani democristiani che si erano permessi di dare qualche manata alle brave ragazze che servivano a tavola sotto il generalato di signorina Luigina, altro motore della fucina di Santulussurgiu. Non mancavano personaggi noti come Francesco Manconi che si godeva il sole sotto i cedri del giardino leggendo gli ultimi scrittori del socialismo internazionale e sognando anche la liberalizzazione della droghe leggere [Che te possano…]. Nella giostra anche le generose aiutanti sul campo come la prof.ssa Paola Manconi e altre giovani di Semestene e di Santu Lussurgiu.
Io stesso per vari periodi condussi dei ragazzi e ragazze per dei corsi culturali previe scalate mattutine alle cime del Montiferru cercando di sfruttare per le conferenze illustri ospiti presenti come il noto giornalista Aldo Cesaraccio che fece capire ai ragazzi come i giornali da palestre culturali si erano trasformate in supermarket della pubblicità. Che dire dei corsi di aggiornamento per le maestre d’asilo sarde tanto laiche ch suore. Elencare tutto mi sarebbe inpossibile nell’economia di questo breve articolo. Alla base di tutto però c’era il Montiferru coi suoi boschi, i suoi silenzi, la sua fauna e la sua flora e c’era un uomo che era in armonia col paesaggio ascensionale del corpo e dello spirito.Un ultimo ricordo per Francesco il cantautore breviano che compose un canto di montagna nostalgico sulla Madonnina che lungo il sentiero per Cuglieri da una super facilmente accessibile controllava il paesaggio e inondava di grazie gli ospiti.
Ora è noto che col rito de sa paradura le greggi verranno ricostituite e con la solidarietà del fieno verranno nutrite in attesa che matrigna regione si muova se le gambe storte dei burocrati non rallenteranno i cosiddetti ristori.