“L’eredità problematica del vice vicario Baingio Cabresu del 30 dicembre 1833 in Chiaramonti” di Angelino Tedde
Il vicario Giovanni Satta detta il testamento nel settembre del 1832, trovandosi infermo, dopo circa 38 anni di cura d’anime in Chiaramonti, del vice vicario non conosciamo l’inizio del ministero, ma conosciamo la data del testamento e quella di morte, dal momento che l’inventario dei suoi beni viene effettuato nel giugno del 1834, quindi dopo la sua morte.
Egli detta il testamento al notaio, ugualmente di notte, alla luce di tre candele, come il vicario, ma con testimoni diversi da quelli del del vicario. In ordine alfabetico si tratta di Casula Francesco, sacerdote, Cossiga Baingio, chirurgo, Migaleddu Baldassarre, Talu Antonio, Tedde Vincenzo, medico.
Come si vede i medici abbondano, ma è presente anche il chirurgo, probabilmente per fargli calare la pressione alta applicandogli le sanguisughe. Il medico, nell’allora curriculum universitario, doveva seguire un corso di 6 anni e doveva curare i malati ricorrendo alla farmacopea, mentre il chirurgo seguiva un corso di cinque anni e doveva sempre intervenire con varie operazioni sul corpo del malato. L’uno non poteva invadere il campo dell’altro. Soltanto nel 1857 furono unificati del tutto i due corsi ed ecco perché, quasi un relitto storico, ogni medico anche oggi viene detto medico chirurgo benché non sia deputato a fare operazioni a meno che non sia specializzato in chirurgia.
La formula seguita dal notaio, salvo qualche svarione, segue quella del vicario e sarebbe superfluo soffermarci ancora su di essa. Il vice vicario vuole essere seppellito anch’egli nella parrocchiale di San Matteo al Monte. I curatori dei funerali oltre che la sorella Francesca sarà anche il nipote Giorgio Falchi. D’altra parte la donna, presumibilmente illetterata, ma non analfabeta come vedremo nella stesura dell’inventario, aveva pur bisogno dell’aiuto del cugino, visto che don Baingio ha una situazione immobiliare problematica, proprio per non dire “incasinata” come volgarmente si dice oggi.
Il nostro dà inizio al testamento disponendo che la nobildonna Anniga Solinas della quale è stato procuratore per tanti anni, saldi i cento scudi dovutigli ai suoi eredi, si suppone intentandogli causa, visto che la donna non glieli ha ancora resi; altra grana è la casa abitata da una sua nipote per la quale questa deve pagare l’affitto. E siccome, si dice non c’è due senza tre, la terza grana deriva da una casa lasciatagli dalla defunta Giovanna Satta, in stato precario e da lui restaurata con 33 scudi, e per il valore della quale doveva celebrare delle messe, egli dispone che una volta tolti dall’affitto quanto vi ha investito, esso debba essere versato alla Causa Pia, mentre lui si è rifatto trattenendo un terreno che trovasi in località Orria Pizzinna, del valore di 9 scudi come da estimo eseguito dai periti Vincenzo Unali e Vincenzo Fiori.
Fa carico agli eredi l’onere di far celebrare una messa annuale per lui, per i genitori, per le sorelle e i fratelli defunti.
Altro legato l’uomo lascia a Quirico Domianu, (un terreno mezzo chiuso e mezzo aperto a Su Crastu Ruju), ma anche questo oggetto di controversia tra il sacerdote Salvatore Masala, dal quale il vice vicario ha fatto l’acquisto e Antonio Cubeddu di Ozieri.
La sorella Francesca potrà vendere in caso di necessità, ma dopo la sua morte il tutto dovrà andare alle nipoti più propinque, poi ci ripensa, cancella nipoti, e parla di eredi più propinqui.
Per farla corta l’eredità c’è, ma sarà dura per gli eredi riscuoterla, perché è evidente che l’uomo ha dei beni, ma sicuramente messi male. E anche il testamento, corretto all’ultimo momento, potrà dare adito a contese. Interessante e strano sarà poi l’inventariazione dei suoi beni che lasciamo ad un’altra puntata. Di certo è che dal testamento l’uomo appare almeno disordinato, o perché litigioso e incapace di mediazioni oppure poco accorto nell’accettare i lasciti e negli acquisti. Lo abbiamo già detto per gli eredi sarà problematica la fruizione dell’eredità.
Altra curiosità è l’emergere di due periti, forse “omines de mesu”, nelle persone di Vincenzo Unali e di Vincenzo Fiori.
Infine da rimarcare come il viceparroco abbia stilato in modo corretto il testamento sacramentale di Anna Dellabella, più di quanto sappia fare il notaio, che spesso è scorretto nell’ortografia, contorto e distratto nel maneggiare le stesse formule di rito, e si rivela pasticcione nei crediti. Pignolo ed esoso o confusionario? In parte potremo decifrarlo leggendo l’inventario. Le scorrettezze ortografiche sono dovute forse al fatto che l’uomo si è formato usando il castigliano e poi in forza di legge è stato costretto come gli altri notai ad usare l’italiano oppure ha mal frequentato le scuole normali e poi quelle boginiane, ancor peggio il magisteriato delle arti e i due anni del baccellierato che si richiedeva per fare i notai? Fino alla legislazione gentiliana, basteranno i primi due anni di leggi per esercitare la professione di notaio e quindi non dobbiamo pensare ai difficili esami dei nostri giorni che, nonostante tutto, ci fanno constatare ancora oggi, a laurea piena, dei notai pasticcioni che dimenticano il richiamo ai testi o alla loro rinuncia rendendo nulli gli atti. I cattivi scolari con un intero corso di studi del resto abbondano anche oggi.
Ora leggiamoci in pace il testamento.
Testamento nuncupativo del Signor sacerdote Baingio Cabresu (Falchi) del presente villaggio di Chiaramonti del 30 dicembre 1833.
ASS Atti notarili di Chiaramonti, Busta 1, Vol. 3 , f. 30
L’anno del Signore Milleottocento Trentatré ed Alli trenta dicembre in Chiaramonti
Sia nel nome del Signore Gesù Cristo, e della Sua Santissima Madre, Maria Vergine, Avvocata dei peccatori, in cui ogni anima di fedele Cristiano confida e così sia.
Essendo la morte certa a ognuno che vive, incerto però il suo momento, conviene a me, sacerdote Baingio Cabresu (Falchi) del presente villaggio di Chiaramonti, trovandomi prostrato in letto nella mia propria abitazione d’infermità corporale, sano e libero di tutti i miei sensi, con perfetta memoria, di sana loquela, di vista acuta e chiara favella, voglio disporre dell’anima mia, beni miei, nella maniera e forma seguente presso l’infrascritto Notaio da me per tale oggetto chiamato e pregato e parimenti di libero udito come si certifica dagl’infrascritti notaio e testi.
Raccomando in primo luogo l’anima mia a Dio acciocché come si degnò redimerla col suo Preziosissimo Sangue, così si compiaccia collocarla nella Patria Celeste, non per i miei meriti, ma bensì per sua infinita Misericordia.
Eleggo, al mio cadavere, ecclesiastica sepoltura nella Parrocchia chiesa (o chiusa?) di San Matteo, mio titolare, lasciando le spese funerarie in libera volontà dei miei curatori, che per tale oggetto nomino ed eleggo la mia attuale sorella Francesca Cabresu ed il mio cugino Giorgio Falchi, i quali agiranno in accordo entrambi, estraendo quella somma necessaria dai miei beni vista la mia condizione e circostanza della mia casa per le dette funerarie spese.
Dichiaro e confesso, che avendo servito da procuratore generale alla Nobile vedova Anniga Solinas, per lo spazio di tanti anni, ed avendo liquidato i conti della medesima, mi spetterebbe maggior somma di scudi sardi cento, ma siccome avanzai parola con la stessa di contentarmi con scudi sardi cento, perciò confermo la stessa parola, per poter esigere il detto mio erede la detta somma di scudi cento dalla detta Nobile Solinas.
Lascio pure legati alla mia nipote Domenica Anniga, la casa che la stessa sta abitando durante la vita naturale della medesima, pagando il censo a cui trovasi sottoposta e mantenendola nello stato che oggi si trova purché non venga in rovina di non poterla abitare, e ciò per essere mia volontà.
Faccio menzione della casa, che trovasi di sotto all’oratorio di Santa Croce, la quale mi fu lasciata da una tale Giovanna Satta, che morì ora un anno, per celebrare in messe, il suo valore, ed essendo stata la stessa in rovina mi sono fatto premura di riattarla ed accomodarla in buono stato con avervi speso scudi sardi trentatré, la quale potrà il mio erede consegnarla alla Causa Pia, deducendone prima le spese da me fattevi, non avendo detto mio erede piacere di tenerla, per mancanza di forze, dichiarando parimenti che ho fatto e pagato funerali della detta defunta Satta a mie spese, con aver mantenuto il piccolo tratto di terra che la stessa avea in Orria Pizzinna, territorio di questo villaggio, che si rileverà dalle ricevute sul valore di scudi nove, estimo eseguito da Vincenzo Unali e Vincenzo Fiori.
Istituisco in questa parrocchia da celebrarvisi annualmente e perpetuamente un anniversario semplice come quello del fu Canonico don Francesco Pes, pagando l’importo dai miei beni il mio erede universale per l’anima mia, di mio padre, madre e miei fratelli e sorelle.
Interrogato, anzi esortato, detto testatore, se lasciava alcuna cosa allo Spedale viciniore, Monte Numario, e specialmente in danaro ed al Conservatorio delle Figlie della Provvidenza, risponde di non lasciare cosa alcuna a nessuno di essi del che se ne fa piena fede.
Lascio pure legati a Quirico Dobianu il terreno ossia chiuso e anche in aperto, messo in Crastu Ruju, territorio di questo villaggio che ho comprato dal sacerdote Salvatore Masala, il quale trovasi in lite con Antonio Cubeddu di Ozieri, ne sia lo stesso padrone assoluto dopo il mio decesso.
In tutti i miei beni rimanenti presenti e futuri, ed azioni a me in qualunque tempo spettanti, istituisco per mio erede particolare ed universale la mia attuale sorella Francesca Cabresu usufruttuaria dei miei beni liberi, ed avendo bisogno, le conferisco la facoltà di vendere, e dopo la morte di essa, venga la mia eredità alle nipoti più propinque o siano eredi più di linea retta per essere questa la mia liberà volontà; che ho fatto alla presenza di Giommaria Canu, Andrea Cabresu e dell’infrascritto Notaio, i conti con Vincenzo Unali, secondo nota che esiste e mi resterebbe (da dare) al medesimo scudi sardi undici, salvo errore.
Questo è il mio testamento ed ultima mia disposizione testamentaria, la quale voglio che valga tale oppure valga, e se tale valer non possa valga per codicillo, donazione causa mortis, o per qualunque testamento da me precedente al presente avessi fatto e solo questo voglio che abbia il suo vigore e solo questo voglio per essermi stato letto e volgarizzato in alta intellegibile voce, dall’infrascritto notaio dalla su prima all’ultima linea, per tale oggetto, prego il sottoscritto notaio e i testi di sottoscriverlo per averlo approvato in tutte le sue parti e perciò mi sottoscrivo di mio pugno. di che
Sacerdote Baingio Cabresu
Si certifica dai sottoscritti che il presente testamento è stato letto e solennizzato alla luce di tre candele accese, per essere di notte tempo, di che cateveru dichiarato, che dopo la morte di detto mio erede universale, la mia eredità vada agli eredi miei più propinqui venendo cancellate e di nessun effetto la parola detta Nipoti.
Sacerdote Baingio Cabresu
Dr. Medico Antonio Talu teste
Dr. Medico Vincenzo Tedde
Sacerdote Francesco Casula
Chirurgo Baingio Cossiga, teste
Baldassarre Migaleddu, teste
Giovanni Maria Satta Pubblico Notaio
Sono lire sarde tre dovute all’infrascritto notaio per salario del presente testamento, reali sei per diritto regio, e soldi quindici per insinuazione tabellione e Monte di Riscatto, diche
Satta Pubblico Notaio