“I Cesena di Varese Ligure e Modugno” di Alfredo Crispo
Alfredo Crispo sa trarre dalla sua genealogia personaggi interessanti e storie suggestive. Per me che vado raccogliendo, sempre per la passione della microstoria, qualche personaggio settecentesco di Chiaramonti come Donna Lucia Tedde, sono ricostruzioni storiche che mi affascinano in quest’ultimo scorcio di vita. Scoprire un nonno giramondo, un altro avventuroso pastore di capre e fantasioso, una nonna affabulattrice del vicinato, un’altra tessitrice che aspettava il marito giramondo per concepire coi suoi brevi ritorni in paese ben cinque figli . Quando poi si decide a metter su un’azienda se ne va all’altro mondo in breve tempo. Si vede che la vita sedentaria non faceva per lui. Infine, questa nobildonna amazzone, Donna Lucia Tedde, ricca, capace di usare lo schioppo stando eretta sul cavallo sardo-andaluso contro i componenti di altre fazioni nelle zuffe alla campagna, sono personaggi che mi fanno perdere la testa. Con l’amico Alfredo abbiamo tante cose in comune, ma specialmente la passione per la storia. Pubblico volentieri i suoi racconti che sono certo faranno piacere a molti nostri lettori di tutto il mondo che un centinaio al giorno fanno capolino nel nostro blog a dilettarsi anche di storia (AngelinoTedde).
Le arance della contrada Paradiso di Cesena nel mio immaginario della pubertà, erano le arance vive, si… il loro profumo, la loro fragranza (anche perché mangiate appena raccolte sotto l’albero) permettevano al mio giovane palato di distinguerle da quelle morte dei banchi di frutta; l’affittuario di mia Mamma mi concedeva con generosità di portarne a casa ed io lo immaginavo un generoso, a differenza di Mammà, che gli chiedeva con tanta emozione (percepivo anche timore) se era possibile portare la famigliola in campagna; ero troppo piccolo per conoscere la storia dei braccianti pugliesi, il loro protettore Peppino Di Vittorio era scomparso già da più di un decennio, e gli aveva giustamente lasciato dignità e potere, ed i vecchi proprietari già ringraziavano Iddio se erano ancora nel possesso delle loro terre; scoprirò anni dopo che un’affittuaria di altre nostre terre disse a Mammà: “Donna Lina, nan sit vnenn alla massarì… nan sit chiù l’proprietaar” (è inutile venire in campagna, non siete più proprietari). Fotografia di Alfredo Crispo
Il nostro affittuario d’altronde sapeva che l’oro degli agrumi non era la principale preziosità di Paradiso di Cesena, ma non poteva immaginare che di lì a qualche decennio avremmo ripreso la conduzione di quelle terre, sia perché gli agrotecnici potevano vantare diritti di riscatto, ma specialmente perché i suoi figli diversamente dal sottoscritto intendevano presentarsi alla società del ventunesimo secolo con altre professioni.
L’olio di oliva! Era questo il vero oro della contrada Paradiso di Cesena a Modugno; nelle case materna e paterna erano depositate le giare vuote, i miei nonni Alfredo Crispo e Carlo Longo, i giganti di famiglia ci avevano lasciati appena in tempo per non assistere allo scempio degli espropri della riforma fondiaria ed alle perdite di diritti della proprietà terriera; quelle giare vuote, che emanavano un odore di rancido che però tanto mi affascinava, erano nel mio immaginario come le tombe degli eroi della Magna Grecia saccheggiate dai tombaroli.
Tuttavia, se mi sono affezionato a quegli alberi secolari, è perché le vicende di coloro che li misero a dimora sono degne di un romanzo, e si intrecciano con tutta la storia d’Italia da Nord a Sud.
Fu “mbà Tmaas” l’affittuario, che iniziò a raccontarmi la storia di Chiara Cesena, la mia trisnonna che aveva portato in dote l’uliveto alle nozze con Nicola Longo protomedico della provincia di Bari; Chiara nata nel 1798, morì giovane nel 1840; suo marito era un ardente carbonaro e, se non veniva arrestato o perseguitato dalla polizia borbonica era per la sua rara professione; era così bravo, e ce ne racconta l’episodio il deputato socialista Raffaele De Cesare nel libro La fine di un Regno edito da Longanesi, che per alcuni giorni diventò medico curante di Ferdinando II di Borbone; Franceschiello nel 1859 si sposò a Bari con Maria Sofia d’Austria appena giunta da Trieste, ed il re bomba che con la Corte aveva raggiunto la Città di San Nicola in quei giorni non stava affatto bene, un ascesso alla zona femorale non gli dava tregua, e con i medici di Corte si decise di chiamare al capezzale del Re il Dottor Nicola Longo da Modugno; addirittura al primo consulto nel palazzo del governo i colleghi napoletani non gli fecero vedere l’infermo, ma nei giorni seguenti si instaurò fra medico e sovrano un rapporto di fiducia; fu concordato un intervento chirurgico, ma alla fine si decise di riportare il Re a Caserta, dove morì fra atroci sofferenze.
“Maestà la sventura Vostra è l’essere Re… se foste un poveretto gettato in un lazzaretto sareste già guarito…” queste furono le parole pronunciate da Nicola Longo.
Chiara era morta da tempo e non potette ammirare la splendida tabacchiera d’oro che l’ultimo Re Borbone Franceschiello inviò a suo marito; ultima discendente dei Cesena di Varese Ligure in Puglia, la sua famiglia si estinse; sarà l’era di Internet, attraverso le notizie del web ed i contatti col ramo ligure dei Cesena, a raccontarmi di una storia che ebbe inizio nel golfo del Tigullio nel quindicesimo secolo. Fotografia di Chiara Cesena 1798-1840, ultima discendente di Camillo Cesena governatore del feudo di Campagna (Salerno) per conto della famiglia Grimandi di Monaco.
Nella storia del Comune di Varese Ligure, Laura Bernabò ci narra le prime vicende della famiglia Cesena: Secondo quanto riferito alla fine del Settecento dal genealogista Angelo Della Cella, il capostipite fu un tale Antonio, un corsaro francese che nel 1437 fece naufragio al largo del Tigullio e venne trascinato sulla spiaggia di Lavagna. Solo, con trenta superstiti dell’equipaggio, fu accolto in Varese dai Fieschi che gli assegnarono un’abitazione. Fu poi capitano al soldo dell’Imperatore e, ferito gravemente alla testa, venne ricompensato dai Fieschi con l’assegnazione della villa di Cesena, intestata ad Antonio e a suo figlio Andrea.
I Cesena dunque ricevettero protezione dalla famiglia Fieschi, quei conti di Lavagna che ordirono nel ‘500 la famosa congiura contro il doge di Genova Andrea Doria; dopo la caduta in disgrazia dei Fieschi, i Cesena continuarono a mantenere posizioni di potere in Liguria; prosegue la narrazione della Bernabò: “Antonio Cesena, anch’egli giureconsulto, fu governatore di Monaco per conto di Federico Landi di Valditaro (reggente del Principato e tutore del piccolo nipote Onorato Grimaldi, figlio di sua sorella Maria Landi) e proprio attraverso Quirizio informava la Repubblica dei fatti di Monaco e di Compiano”. Ritratto del Protomedico Nicola Longo di Modugno, marito di Chiara Cesena e medico curante del Re Ferdinando II di Borbone
A questo punto bisogna precisare che la famiglia Grimaldi, proprio quella del Principato di Monaco, nel sedicesimo secolo si trovò nel possesso di vari feudi nel mezzogiorno d’Italia, ed Anna Gernone nella Storia di Modugno ci narra che, Camillo Cesena, dottore e governatore del feudo di Campagna (Sa) per il principe di Monaco, si stabilì nella terra di Bari tra il 1527 ed il 1554.
Anni fa, venni contattato dalla Pro Loco di Modugno, un signore di Genova voleva notizie sulla famiglia Cesena di Modugno… era il Dottor Angelo Pastorini, la cui nonna era una Cesena di Varese Ligure!
A dispetto di cinque secoli di lontananza mi ero ricongiunto con i parenti genovesi; sono emozioni forti, perché vanno a nutrire un’essenza incorporea che mi soddisfa fra quegli alberi di olivo più del tornaconto economico: l’identità.
Il parente ligure, mi raccontò che si tramandava in famiglia della storia dei Cesena trapiantati in Puglia, ed addirittura mi spiegò il perché, inviandomi questo documento:
Ti invio le notizie in mio possesso relative ai Cesena in Puglia.
” Da un documento rintracciato:
Epoca seconda metà del 1500 (dopo congiura dei Fieschi)
“Andato il Vincenzo, e Andrea fratelli all’Impero, il Vincenzo fu fatto consigliere Imperiale, l’Andrea fu Capitano di cavalli, Giuseppe fu Paggio della Duchessa di Baviera, e Camillo suo figlio fu fatto Governatore della Provincia di Campagna in Regno di Napoli, dove si maritò colla Sig.ra Donata Ventura nobile di Bari con dote di ducati 25 dalla quale ebbe Gio.Camillo, e poi il padre morì, et il detto Gio.Camillo dal Rev.do Pietro suo zio fu portato in Varese al possesso dei beni alodiali di sua casa. Fotografia dello stemma delle Famiglie Longo Cesena con il giglio che la famiglia Farnese attribuì ai Cesena.
La vedova Donata si rimaritò con un Sig. nobile di casa Caratona”.
Dal documento si evince, non solo la posizione di prestigio che la famiglia Cesena manteneva nel Nord dell’Italia, ed addirittura in Baviera, ma anche che il primo “pugliese d’adozione” Camillo, continuava a mantenere contatti con la Liguria; io sono sempre stato convinto, sicuramente per una mia incapacità di interpretare la Storia del passato, che nei secoli scorsi i contatti fra i vari stati del nostro Paese fossero rari, che attraversare l’Italia dalle Alpi alla Sicilia fosse un’impresa ardua e rischiosa; in realtà, a dispetto di un’orografia che effettivamente rendeva complicati i viaggi via terra, il mare permetteva collegamenti rapidi fra Nord e Sud.
Ed a tal proposito torniamo all’olio di oliva; i Cesena diventarono nel ‘700 i più importanti proprietari terrieri di Modugno, questo ci racconta il catasto onciario; quando mi ritrovo in campagna a raccogliere le olive, o in frantoio per la molitura, mi chiedo a chi venissero venduti, conferiti quei grossi quantitativi di olio nel ‘600, nel ‘700; in quei secoli il trasporto e commercio dell’olio via mare era un’attività molto diffusa e collegava la Puglia proprio alla Liguria ed al Sud della Francia; ho scoperto che non solo l’olio alimentare di prima qualità veniva esportato, c’era anche quello lampante, scadente che sfidava le onde dei nostri tre mari verso Marsiglia per la produzione del sapone, o di altri stati esteri per l’illuminazione o per la lavorazione della lana.
Le società di navigazione erano Veneziane, Napoletane, Maltesi, Genovesi, e come ci racconta Federico Natali, solo il 10 per cento dell’olio esportato dalla Puglia era a scopo alimentare e proveniente principalmente dalla Terra di Bari.
I Cesena quindi inviavano nella loro terra d’origine buona parte dell’olio prodotto nella contrada che porta il loro Cognome.
I Cesena di Varese Ligure, hanno lasciato molti segni del loro passaggio nella Storia di Modugno; su due palazzi c’è un giglio scolpito, un riconoscimento di nobiltà che ricevettero dalla famiglia Farnese, co-fondarono la prestigiosa Confraternita del Purgatorio, Carlo Cesena padre di Chiara fu Sindaco di Modugno, ma c’è una storia che mi fa tenerezza più di tutte, è quella delle giovanissime sorelle Camilla ed Isabella Cesena, nel 1752 suore di clausura nel convento Benedettino di Santa Croce; Raffaele Macina nel suo libro “Palazzo Santa Croce scrigno di una comunità” ci racconta che già dal Concilio di Trento i Vescovi cercarono di debellare la monacazione forzata; e commuove leggere la professione di fede di quelle bambine che abbracciarono la vita di clausura; mi consola tuttavia immaginare che periodicamente fra le scorte alimentari del convento arrivavano le giare piene dell’olio di Paradiso di Cesena.
Alfredo Crispo