Categoria : eventi luttuosi

“Visita al Camposanto di Chiaramonti” di Ange de Clermont

Dopo la Messa domenicale, oggi officiata da don Bigasbaby, ma anche di suffragio per i compagni di collegio senza famiglia, Oreste le cui ceneri navigano sul mare della Cina, Eugenio, sepolto a Sassari in un loculo sempre infiorato, ci siamo recati al nostro meraviglioso Camposanto, inaugurato nel 1879.  Abbiamo innaffiato i fiori collocati in abbondanza nella tomba di famiglia, non sia che mia suocera Tarsilla si faccia vedere nel sogno per rimproverarci di averne messo pochi, quindi abbiamo innaffiato in altra tomba incompleta i fiori abbondanti collocati per Franca, morta prematuramente a soli 56 anni e un pò d’acqua anche nei fiori di mio zio Giovannandrea (1906-1990) privi del tutto d’acqua e della seconda moglie Maria Antonia Gallu, nota Antonina (1911-1998).

Una carezza alla fotografia di Peppino, di Remigio, di Giovanni e Manuel, e poi diritti nel Cimitero storico monumentale per ammirare la tomba degli  Schintu-Marcellino, dove giacciono il noto medico, la moglie, il figlio e i loro antenati, senza che vi figuri altro nome se non quello del commerciante Salvatorangelo Schintu. La tomba fu realizzata dal grande scultore Arturo Dazzi, noto per il neoclassicismo di fine Ottocento e primi Novecento, procedendo abbiamo commiserato la bella foto in costume di una donna della famiglia Spano dove una mano pietosa ha collocato un mazzetto di fiori.
Salendo abbiamo sostato davanti alla tomba dei Pinna dove sono stati collocati  due bei vasi di fiori.
Proseguendo il percorso abbiano pregato davanti alla sobria tomba dei Mannu dove sono sepolti i nonni di mia moglie Domitilla Ruiu (1878-1927) e il marito Sebastiano Mannu (1870-1948). Abbiamo ammirato la monumentale tomba dei Ferralis-Madau, realizzata dallo scultore Giuseppe Sartorio e del suo allievo Antonio Usai. Passati più velocemente davanti alle modeste tombe dei Rottagni e dei Falchi, abbiamo ammirato il bassorilievo in trachite rossastra per i minatori e quindi la lapide della Medaglia  d’Argento Pietro Cossu, falciato dal fuoco nemico nel 1918 e del quale Carlo Patatu  ha scritto in questo blog. Eccoci davanti alla tomba d’elezione del viceparroco Giommaria Quadu, dove collochiamo sempre un nastrino. Abbiamo letto il nome dell’autore della lapide e del ritratto Antonio Fiori della bottega di Sartorio, pregando per questo pio viceparroco chiaramontese, morto nel 1888.
Seguono tre rombe dove nonostante lo sfacelo, l’iscrizione scolorita, la consorte dalla vista acuta è riuscita a leggere il nome di Fra Nicola Ruio , francescano minore,  nato a Bono e morto a Chiaramonti dove ha svolto per tanti anni il ruolo di viceparroco, segue la tomba abbandonata di una donna morta a 50 anni e quindi del frate carmelitano Antonio Satta Manconi, viceparroco anche lui. Tombe neglette e in abbandono la cui cura ogni anno dovrebbe spettare ai parroci del paese. Bene o male questi sacerdoti hanno svolto a fine ottocento il loro apostolato in paese.
Pregando  per i titolari delle tombe abbandonate abbiamo raggiunto una serie di tombe prive di segni cristiani che probabilmente non hanno voluto la croce negando in vita ogni credenza nell’aldilà.
Abbiamo ammirato e pregato accanto alla tomba dei Grixoni, il primo, medico Francesco e la moglie Vittoria Falchi,, suo figlio, su Duttoreddu, sepolto con la moglie ugualmente nobile  Sussarello e, infine, il canonico professore di Sacra Teologia presso il Seminario di Sassari e tornato appena pensionato a Chiaramonti per dare una mano al dr. teologo Pietro Dedola, vicario del paese. Una preghiera anche per Tia Marietta Succu e per zio Toeddu Tolis nostri dirimpettai nell’infanzia. Altra tomba artistica quella dei Lezzeri con la statua d Anna che però è sepolta nella tomba dei Busellu. Infine, dopo alcuni requiem per il vicesindaco tiu Nicolinu Accorrà, ecco la grandiosa tomba dei Madau, opera anch’essa di Giuseppe Sartorio.

L’eroe Giovanni Gavino Tolis

Il Michelangelo dei morti, scomparve nel 1922, nella traversata tra Olbia e Civitavecchia, la cui  morte presunta è avvolta nel mistero. Requiem eternam dona ei Domine et lux perpetua luceat ei.
L’antico orologio del campanile batte il tocco delle 13,30, e mia moglie, vinto il timore delle anime in movimento, compiuto il dovere dei fiori e delle preci, si è diretta verso il cancello. Dopo un’ora e mezza di opera pia, ché visitare i defunti è un opera di carità spirituale. è risalita in macchina e si è diretta verso casa.
I gatti, affamati, nove in tutto, ci stavano aspettando. Io come di consueto le ho sussurrato:
-Quando visito pregando questo nostro Camposanto, provo una pace davvero inconsueta, a quasi 350 metri d’altezza sul livello del mare, nel silenzio della nostra storia, del boschetto di pini sotto cui si legge la vita al morto di turno e al brusio del vento fresco che vi soffia senza mai disturbare.
Anche quest’anno, essendo la chiesa del Carmelo chiusa, la cappella di Sant’Antonio vicino all’altare dove è sepolta la nubile nobildonna Donna Lucia Tedde  e rimasta senza un vaso di fiori e senza una lapide, a 265 anni dalla sua sepoltura, avvenuta il 25 luglio 1755, ad opera della Confraternita della Santa Croce a cui lasciò per questo pio ufficio 10 ducati, nei calcoli 100 reali, se pensate che per una Santa Messa di suffragio si dava un obolo di 2 reali. Non fu di certo avara la nobildonna, nonostante le dicerie, sebbene la chiesa parrocchiale di San Matteo a valle sia stata costruita con gl’interessi dei capitali lasciati al collegio gesuitico di Ozieri. Così vanno gli eventi a Chiaramonti nell’anno del Signore 2020 a 670 anni della costruzione del Castello e del Borgo. L’mmagine riportata non è del castello, ma dei ruderidella Chiesa di San Matteo a Monte, secondo il Vico già officiata alla fine del secolo XVI.

 

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