“Vittorio Angius” autore delle voci dei centri sardi nel dizionario dell’Abate Goffredo Casalis
L’autore delle voci sarde del dizionario dell’abate Casalis. criticato e preso in giro in parlamento per la vetustà del linguaggio, considerato storico modesto, spretato come tanti altri allora, forse distratto nell’amministrare i suoi introiti, si sa che la letteratura non da da vivere, carmina non dant panem, morì povero e solo: un ottimo lasciapassare per il Paradiso dei credenti. Sto pensando che forse la voce Chiaramonti, compilata con gli appunti raccolti in paese nel 1834, sotto il vicario Polo, della collegiata di Osilo e dai curati viceparroci, andrebbe tradotta int buon italiano. Al di là delle osservazioni poco lusinghiere per lui bisogna rimarcare che se tutti i centri sardi possono contare su una piccola monografia con i difetti dell’epoca lo debbono a lui in mancanza di altri studi.
Pubblicando questa voce della Treccani vogliamo ricordarlo con affetto. Di lui non si ha nemmeno una foto. Iniziava in quegli anni a Cagliari, per proseguire poi a Parigi, la storia della fotografia, portata avanti dai due fratelli Lumiéres.
ANGIUS, Vittorio. – Nacque a Cagliari il 18 giugno 1797. A quindici anni vestì l’abito degli scolopi. I suoi interessi si volsero assai presto verso l’erudizione storica, l’epigrafia, la numismatica. Tra il 1826 e il ’28 entrò in rapporto epistolare con i più noti cultori di storia sarda, quali Lodovico Baille e Alberto Larnarmora. Nel 1827 tenne all’università di Sassari un elogio in latino di Domenico Alberto Azuni.
Nel 1829 l’A. fu nominato prefetto delle Scuole pie e professore di retorica all’università di Sassari. Cinque anni dopo passò a dirigere le Scuole pie del collegio S. Giuseppe di Cagliari, ma ne fu allontanato nel ’37, pare a causa d’una campagna da lui condotta contro le punizioni corporali degli studenti indisciplinati, che gli suscitò l’ostilità dei superiori. Dal ’37 fu vicebibliotecario della R. Biblioteca di Cagliari, alle dipendenze del Baille, poi (dal 1839) di G. Spano. Fra l’ottobre del ’38 e il settembre del ’39 compilò un giornale scientifico-letterario, la Biblioteca sarda.Nel 1842 si dimise dal suo posto di bibliotecario, si secolarizzò e passò a vivere a Torino. Nella capitale subalpina alternò all’attività di studioso quella di giomalistà, e fra il 1842 e il ’44 diresse Il Dagherrotipo, quindi Il Liceo,che ebbero però vita assai breve. Nel corso del 1843 ebbe violenti e pubblici contrasti con Giovanni Prati (che lo gratificò di poco delicati epiteti) e forse contribuì a farlo espellere dal regno sardo.
Nel 1848 l’A. fu eletto deputato nel collegio di Lanusei. Non rieletto nelle due legislature successive, poté, tuttavia, rientrare alla Camera nel corso della IV Legislatura (1849-53) grazie ai voti del 2° Collegio di Cagliari. Alla Camera propugnò l’abolizione delle decime in Sardegna e altri provvedimenti in favore dell’economia della propria regione; si oppose nel ’52 al disegno di legge sull’istituzione del matrimonio civile, e l’anno dopo difese l’esenzione dei chierici dal servizio di leva e l’attribuzione ai soli vescovi dell’insegnamento teologico. La sua oratoria pedantesca gli procurò la pesante ironia di parlamentari e pubblicisti e nel ’53 il buon abate preferì abbandonare la vita politica e tornare agli studi predilett. Morì, povero e dimenticato, a Torino, il 19 marzo 1862.
Nel 1832 l’A. era stato incaricato dall’abate Goffredo Casalis della compilazione della parte dedicata alla Sardegna del grande Dizionario geografico, storico, statistico,commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna (Torino 1833 e ss.). L’A. assolse il compito affidatogli con grande impegno: per nove anni percorse tutta l’isola per compiere le sue ricerche, e altri sette ne impiegò per la stesura. I suoi numerosi e vasti contributi all’opera, sia pure poveri di critica e mancanti di un vero e proprio carattere scientifico, riuscirono tuttavia preziosi per la mole, in essi raccolta, di dati e notizie sui costumi e le tradizioni, la lingua, il diritto, l’archeologia e la storia, la geografia e l’economia della Sardegna.
Altra importante opera dell’A. fu quella Sulle famiglie nobili della Monarchia di Savoia: narrazioni fregiate dei rispettivi stemmi incisi da Giovanni Monneret ed accompagnate dalle vedute dei castelli feudali disegnati dal vero da Enrico Gonin, Torino 1841-57.
Ricercatore paziente e minuzioso, più che ingegno vivace e penetrante, l’A. rimase un erudito e un professore di retorica anche nei tributi che, non di rado, amò pagare alla poesia e alla letteratura: Inno a Sardo Padre, fondatore del nome Sardo,Torino 1831; De laudibus Leonorae Arborensium reginae oratio, Carali 1839;Eleonora d’Arborea, o scene sarde degli ultimi lustri del secolo XVI, Torino 1847.Lasciò numerosi altri scritti storici e filologici, drammi (inediti) e orazioni di vario genere, né disdegnò di scrivere di aerostatica (L’automa aerio o sviluppo della soluzione del problema della direz. degli aerostati, Torino 1855).
Bibl.: Profili parlamentari estratti dall’Espero, Prima serie, Torino 24 giugno 1853, pp. 84-88; G. Siotto-Pintor, Storia letteraria di Sardegna, Cagliari 1843-44, passim; V. Finzi, Domenico Alberto Azuni elogiato da V. A., in Arch. stor. sardo, II(1906), pp. 184-209; V. Cian, Giovanni Prati propagandista d’italianità a Torino (1843-44) secondo nuovi documenti, in Nuova Antologia, LVIII (1923) pp. 102 ss.; F. Loddo Canepa, V. A., Cagliari 1926; F. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 51; E. Vitale, Il tentativo di introdurre il matrimonio civile in Piemonte (1850-1852), Roma 1951, pp. 80 86, 100, 138; Diz. del Risorgimento naz., II, p. 77.