” Gli sposi ” di Alfredo Crispo
Il sudore del giorno del matrimonio, non è un sudore come gli altri; Roberto che era stato un atleta, che era un amante del mare e delle spiagge, ne conosceva di varie tipologie; a scuola non sudava perché l’Istituto nel quale insegnava era antico, di quelli costruiti negli anni ’30 del secolo scorso… ecco si, in stile piacentiniano, non mi veniva in mente il cognome dell’Architetto, quello prima tanto criticato nel post ’68 e poi tanto lodato dal ventunesimo secolo in poi, quando finalmente gli addetti ai lavori si erano accorti che era l’ultimo vero stile architettonico del ‘900.
Il sudore del giorno del matrimonio, sin dai tempi delle nozze di Cana intermedia inesorabilmente con gli aromi delle varie portate e bevande, con i profumi e le essenze rapiti agli abbracci ed alle ascelle di parenti ed amici e con il caramello della torta nuziale, li fa suoi e li riconsegna geneticamente modificati col DNA di colui che lo ha secreto: alla camicia candida col colletto abbronzato, al completo Loro Piana con la macchietta di sugo ed anche addirittura al risultato più pregiato dell’incontro di Teano, la seta comasca della cravatta napoletana Marinella.
Roberto dopo essersi spogliato continuava a sudare e sentiva freddo, la componente emotiva stava elargendo le sue ultime conseguenze.
Luisa aveva appena eliminato il tutto con una severa doccia tonificante ed in quel momento era ad asciugarsi nell’antibagno della suite del Resort pronta per invertire le parti, lui in bagno e lei in camera da letto.
Il cellulare della quotidianità della sposa non squillava mai, lei era un chirurgo ed era impossibile raggiungerla durante il giorno, la sera era dedicata al riposo e lo spegneva a meno che non fosse di reperibilità; ad ogni modo lo sapevano le amiche: i colloqui siano brevi ed essenziali!
Ma quella era una sera diversa, il cellulare squillava di continuo e Luisa raggiante rispondeva ad ogni chiamata; Roberto prima dalla camera da letto e poi dall’antibagno sentiva quello squittio, quelle risatine, da allusioni e battute riusciva a capire chi fosse l’interlocutrice telefonica.
Tardava a spostarsi nella doccia, perché era gratificante sentire la mogliettina felice, liberata dalla morsa rigorosa del lavoro, ed innamorata; l’ultimo squillo voglio sentire, ancora un altro, Chiara la ferrista della camera operatoria non ha ancora chiamato, indovino e vado in doccia pensava lo sposo, quando ad un certo punto squilla di nuovo il cellulare: un colpo di tosse e Pro…n…to!
Roberto sussultò, quel timbro vocale era diverso, aveva il suono metallico, bronzeo di una campana che suona a morto… si, grazie, si, certo ma… proprio stasera dovevi? proseguì Luisa; era Alberto, il suo ultimo compagno.
Roberto era riuscito da tempo a liberarsi di quel fantasma, di quell’uomo che aveva per anni allietato e dannato la vita di sua moglie, l’uomo che usava i vessilli del pagoda Mercedes e del Rolex diamantato per portare a letto il femminino intero, la seduzione mediterranea esaltata all’ennesima potenza che tuttavia non sapeva né poteva dare garanzie di continuità ad alcuna storia; Alberto era fedele solamente a sua madre, la sua perfida creatrice.
Quello scomodo ex in verità, fino ad allora non aveva mai interferito; solo tre anni prima, agli inizi della storia a Luisa ogni tanto sfuggiva Alberto anziché Roberto, ma il Prof. comprendeva il lapsus, in fondo pesavano gli 8 anni del play boy contro le 8 settimane del professorino ed aggiungiamo l’assonanza fra i due nomi.
Secondi di silenzio, accenni di risposta e poi la bomba; Luisa aveva solo detto: che sia chiaro! Non chiamare più!
Fra i sintomi della gelosia in Roberto, quelli che non si manifestavano più da anni, il primo era un offuscamento uditivo accompagnato da acufene, e quel ronzìo gli fece cogliere, ma non era sicuro di ciò, caro anziché chiaro ed amare anziché chiamare.
Sintomi successivi, una leggera fitta all’altezza dello sterno ed il battito cardiaco che non accelerava né rallentava, ma si metteva a marciare marziale, come i Dìmonios della “Sassari” il 2 Giugno ai Fori Imperiali.
Dopo i tre sintomi il copione squallido da ripetere era sempre quello, ma gli andava in automatico, non c’era niente da fare, gli era successo varie volte in 45 anni di storie alle quali lui credeva, non ricambiato: in discoteca o alle feste private, non appena la fidanzatina gradiva le attenzioni del primo incursore di turno, Roberto non faceva scenate, non affrontava il corteggiatore importuno, non rinfacciava alcunché alla sua amata, abbandonava prima di essere abbandonato, e questo Luisa lo sapeva, come sapeva che d’altronde suo marito non aveva mai osato assimilarla alle sue seduttive predecessore.
Roberto era così, ed era quello il prezzo che pagava per la sua dignità onesta e per i suoi vissuti insicuri e sfortunati; decise di rivestirsi, ma accidenti alla doccia, entrò in camera da letto senza guardare sua moglie negli occhi, notò solamente che era seduta sul letto nuda col solo perizoma e questo gli creò ancor più scorno, pensò: è nuda al cospetto del suo ex, aprì il trolley e cavò fuori la prima t-shirt a sua portata ed i bermuda bianchi, scarpette veloci senza laccio, sussurrò una frase elegante e velenosa: perdonate l’intrusione… e via.
In quel momento Luisa fu colta dai sensi di colpa più assurdi, più atroci, più ingiusti, quelli di chi non ha commesso reato alcuno; all’altro capo del cellulare Alberto aveva percepito qualcosa, le sussurrò: Problemi Minoù?
Fu in quel momento che la Donna dal proverbiale autocontrollo, il medico che aveva vissuto situazioni di responsabilità ben più importanti di quella squallida situazione, e ci mancava anche il nomignolo affettuoso di un passato da dimenticare, esplose di un’ira incontrollabile: Tu sei un farabutto, sei il peggio che l’umanità possa proporre! Sei uno stalker schifoso!
E gridava, e piangeva a dirotto, e proseguì: hai provato a rovinare la mia esistenza e non ci sei riuscito, come non riuscirai a rovinare l’eternità con il mio Amore vero!
Alberto impossibilitato a replicare, anche perché la verità non consente repliche, nel momento in cui cadde la linea, per la prima volta nella sua vita ebbe la rivelazione, si rese conto di quello che effettivamente era, una scoria umana ed ebbe finalmente uno scatto di crescita e maturità, a quarantotto anni provò la sensazione della vergogna.
A quel punto Luisa ritrovò in sé il chirurgo di sempre, asciugò le lacrime e pensò al da farsi; si rasserenò quando vide le chiavi della vecchia Land Rover di Roberto sul comodino e decise: solo Lei mi può aiutare… Giulia, il mio Primario!
Roberto specialmente nei momenti drammatici, riesumava l’autoironia; non appena fuori dal Resort guardò in cielo, il firmamento era quello puntuale di Luglio e pensò sorridendo: ecco… le stelle luminosissime del Triangolo estivo stanno scansando le mie corna! Sapeva benissimo che Altair, Deneb e Vega nei milioni di anni precedenti avevano assistito ad eventi ben più importanti e drammatici del suo, ma la citazione astronomica era stata sufficiente a rasserenarlo ed a restituirgli sicurezza, gli Uomini colti si accontentano di poco.
Nel frattempo il sudore di Roberto finalmente aveva trovato il suo nemico pugliese di sempre, la brezza di terra!
A quell’ora della sera, mentre la terra infuocata delle alture di Valle d’Itria si andava rapidamente raffreddando, il mare Adriatico quel calore se lo teneva stretto e si creava un gradiente di temperatura con un conseguente risucchio, un vento locale che concedeva tregua e ristoro.
Si avviò verso il lungomare evitando la strada carraia e preferendo il campo da golf al buio e rinfrescato dagli irrigatori.
Giulia in quel momento si trovava svariati chilometri più a Nord a Polignano, nella piazzetta dietro l’arco seduta a sorseggiare il famoso caffè speciale con la sua giovane compagna Anna; divertite stavano tracciando i ricordi del ricevimento di nozze; Anna sembrava un personaggio dei fumetti di Guido Crepax e le sue lunghe, abbronzate e lucide gambe esaltate da un abito ridottissimo in maglina avevano turbato l’immaginario di quasi tutti gli uomini presenti al ricevimento; ma Giulia non era gelosa come il suo compagno di Liceo anzi, di Anna era a buon motivo orgogliosa e sicura.
Tornando a Luisa e Roberto, il primario aveva creato questa storia, era entusiasta del felice esito e quando la sua assistente la chiamò agitatissima e le raccontò in sommi capi cosa era successo sorrise e rispose: tranquilla fra poco arriviamo, assicurati che non prenda l’automobile, lo conosco bene, è capace di farlo, e risolviamo tutto… ma stasera io ed Anna dormiamo al Resort a vostre spese; prenota una matrimoniale!
Roberto si incamminò per il lungomare di Savelletri, il primo pensiero fu per Luisa naturalmente e con un unico quesito: ma perché gli ha risposto?
Lui naturalmente non era una Donna, non comprendeva che quella telefonata inopportuna nel momento meno opportuno, per il genere femminile può trasformarsi nell’occasione unica per spiattellare al proprio ex la felicità finalmente raggiunta e per distruggerlo.
Ma Roberto ci stava arrivando, l’esperienza umana finalmente gli iniziava a spiegare che il due più due dell’esistenza non è come quello della matematica… a volte vale tre, a volte vale cinque.
Si stava calmando, voleva tornare indietro, era il giorno delle nozze, ma così come sua moglie in quel momento, non riusciva a trovare parole, anzi era preoccupato che una frase, uno sguardo, un atteggiamento, un gesto potesse far precipitare la situazione verso il disastro, la separazione; ecco, paradossalmente questa era una prova del loro amore, in quel momento Luisa e Roberto stavano pensando le stesse cose, con la stessa preoccupazione… ma non potevano saperlo.
Sul lungomare c’erano vari capanni e bar all’aperto, il Professore a trecento metri dal Resort era già esausto e la stanchezza nervosa aumentava insieme al mal di testa, si sedette presso il chiosco di Vituccio il re dei ricci, osservò clienti famelici e decise di imitarli; ordinò un piattino di cozze pelose, una rosetta di pane ed una birra media alla spina; durante il ricevimento aveva carpito non più di una forchettata da ogni portata, non aveva bevuto ed in quel momento decise di rifarsi la bocca.
Giulia ed Anna arrivarono al Resort e trovarono Luisa con la tutina bianca e le scarpette Le Coq Sportif seduta nella hall.
Luisa stai tranquilla, esordì Giulia; Anna tu rimani qui, anzi accertati che questa avaraccia abbia prenotato la matrimoniale; il volto di Luisa andava sempre più perdendo i raggrinzimenti di una giornata incredibile, e lei non sapeva ancora se era da ricordare o da dimenticare.
Giulia salì sulla biposto MG e si mise alla ricerca del compagno di banco; provò prima verso Sud, niente ma era sicura che lo avrebbe trovato.
Conosceva Roberto, sapeva che da qualche parte si sarebbe seduto, ed infatti quando invertì il senso di marcia, dopo pochi vani tentativi finalmente, locale dopo locale lo intravide nel capanno di Vituccio, seduto di spalle che osservava il mare.
Gli si avvicinò da dietro, e quando lui fu a portata di udito, imitando la canzone di Claudia Mori che tanto li aveva fatti sorridere nei Karaoke adolescenziali, e che quel giorno era perfettamente in tema iniziò a cantare: Ciaooo so-no iooooo…. Amo-re mioooo…
Roberto appoggiò il boccale da birra sul tavolo, si lasciò finalmente andare e senza voltarsi sussurrò…. Buonasera Dottore; i muscoli addominali immediatamente si rilassarono e sentì quella maledetta tensione scendere lungo gli arti inferiori fino ai piedi e la immaginò scivolare lungo il pavimento adiacente agli scogli e disperdersi nel mare.
Il primario abbracciò il suo compagno di banco ed aggiunse riesumando il nomignolo del Liceo: questa volta ti salvo ma sempre “Roberto il Citrullo” della quinta B rimani, dignitoso e con le palle ma Citrullo!
Mentre parcheggiava la macchina e si intravedevano Luisa ed Anna in avvicinamento, Giulia sussurrò a Roberto: adesso hai un debito con me, si estinguerà quando io sarò la madrina di battesimo del tuo primo figlio, e sappi che io sceglierò il suo nome! Roberto incuriosito dalla seconda imposizione chiese: e come lo chiamerai?
Naturalmente Alberto o Albertina!
Entrambi scoppiarono a ridere per quella che non solo fu una battuta, ma una vaccinazione contro la malattia più stupida e nello stesso tempo più pericolosa che un innamorato possa avere: la gelosia.
Alfredo Crispo