“Donna Lucia Tedde: gli spirituali parenti di comparatico di Chiaramonti e dintorni” di Angelino Tedde, Andreina Cascioni, Giovanni Soro.
Scrivere una monografia sul Settecento anglonese e, quindi, su Donna Lucia Tedde Delitala, richiede un certo tempo, tuttavia, data la curiosità degli anglonesi per conoscere questo periodo, abbiamo ritenuto opportuno pubblicare quest’essenziale contributo. Seguiranno altre puntate, mentre raccomandiamo i saggi di Maria Lepori che i cultori di storia possono acquistare in cartaceo e in ebook.
Questo contributo di équipe ha come fine di verificare il ruolo di madrina svolto da Donna Lucia Tedde Delitala (1695/96-1755) a Chiaramonti, rilevando quei dati che sono necessari per conoscere i tempi della sua residenza, le sue alleanze intercetuali: nobili, clero e ceto subalterno durante i suoi quasi quarant’anni (1717-1755) di egemonia sul paese.
Il concilio di Trento, e in seguito numerosi sinodi diocesani sardi, decretarono che in ogni parrocchia fossero istituiti e conservati con la massima cura i quinque libri: il libro dei battesimi, il libro delle cresime, il libro dei matrimoni, il libro delle sepolture, il libro delle stato delle anime.
Queste decisioni non vennero applicate in modo uniforme nei vari paesi della Sardegna in ottemperanza ai singoli sinodi: la maggior parte sono stati costituiti nei primi decenni del Seicento (Anatra B. Puggioni G.1983); (Zichi,1994).
Dei quinque libri della Parrocchia di San Matteo di Chiaramonti sono giunti fino a noi: un libro polivalente cartaceo della diocesi di Ampurias, che va dal primo quarantennio alla metà del Seicento (ADDTA) e giace in cartaceo nell’Archivio Diocesano digitale fondato e diretto da don Pietro Francesco Tamponi. Numerosi altri libri che vanno dal primo decennio del Settecento ai nostri giorni, con varie lacune, giacciono in cartaceo, ma anche digitalizzati, presso l’Archivio Storico Diocesano di Sassari, analizzati attentamente repertoriati in vari volumi curati dal fondatore e direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Sassari Mons. Giancarlo Zichi.
L’équipe, tuttavia, ha preso in esame soltanto i libri dei Battesimi e delle Cresime della prima metà del Settecento, esattamente quelli che vanno dal 1713 al 1755, anni in cui s’inserisce il ciclo della vita della nobildonna Lucia Tedde Delitala (1695/96-1755).
Nel primo cinquantennio del Settecento, Chiaramonti era una villa di 1.238 anime (cens. 1728), che subiranno un lieve decremento alla fine di questo periodo, 1.167 anime (cens. 1751) (Pardi, 1925). L’agglomerato urbano si concentrava nelle strade dell’antico borgo tardo-medioevale dal nome genovese di Carruzu Longu, forse un tempo anche Carruzu ‘e ballas e delle catalano-aragonesi Carrela Longa, la trasversale Carrela de su Putu, dove gli archeologi suppongono che ci fossero le mura del borgo dalla fondazione. Si aggiunga pure Muru Pianedda, Piatta, tutte vie in marcia verso la roccaforte (Marras G.L., 2010), (Campus G. F. R. 2007)
Queste vie s’inerpicavano, e s’inerpicano tuttora, verso la chiesa parrocchiale di San Matteo al Monte, detto Monte de Cheja, edificata nell’area di sedime di una preesistente cappella dei castellani fratelli Doria, signori dell’Anglona (Casula C.F.). Dopo la distruzione delle mura del borgo il discorso è impervio e si può solo affermare che nei primi decenni del secolo XVI la parrocchia con un vicario perpetuo e con vari curati svolgesse la sua funzione, fermo restando che il libro polivalente contiene, secondo Alessandro Scano, il libro dei Battesimi dal 6.6.1642 al 19.5.1651, dei Matrimoni dall’11.8.1638 al 23.10.1650, dei Defunti dal 30.7.1638 al 2.8.1643 (Scano A., 2004/2020), tuttavia, vi è da sottolineare, che siamo ben lontani dall’ordinamento completo delle carte d’archivio della diocesi di Ampurias, giacenti in apposite e numerose scatole dell’Archivio Diocesano Digitale di Tempio Ampurias (Tamponi F. 2019).
Con il materiale della demolizione delle mura della roccaforte e del borgo, i chiaramontesi rafforzarono le loro casette medievali sopraelevandole, mentre i nobili Pes e Delitala, costruirono i loro “palatos” con magazzini, scuderie, abbeveratoi per i cavalli e altro bestiame (Mele G. 1994), lungo il pendio del Monte Codinarasa le cui appendici degradano a sud est del Monte de Cheja. Nel Settecento il borgo era abitato dai ceti popolari suddivisi in pastori, contadini e artigiani, con ai margini qualche abitazione distinta, a piano terra, dell’emergente ceto borghese, destinato ad avere il predominio economico e sociale sul borgo, dopo il declino dei nobili e del clero secolare e regolare con la fine dell’Ancien Régime.
La ventenne nobildonna era nata a Nulvi nel 1695/96 da don Andrea Tedde e da donna Marietta Delitala.
Donna Lucia compare a Chiaramonti il 19 0ttobre del 1715 per il primo battesimo. Questo comparatico viene contratto con la famiglia Piris-Budrone, officiante il vicario Nicolau Mossa. Il curato-viceparroco Thomas Pirinu come padrino e come madrina “Doña Loguia Tedde de sa villa de Nulvi”(Bapt. 1). La stessa contrae nuovamente comparatico, in Chiaramonti, nel gennaio del 1716, con la famiglia Cossu-Melas, con accanto come padrino del figlioccio il curato-viceparroco Thomas Pirinu e viene ancora registrata Doña Loguia Tedde de sa villa de Nulvi (Bapt. 2). Si presume quindi che fosse ancora residente a Nulvi e sicuramente venuta in paese per questo secondo comparatico.
Nel 1717 contrae altro atto di comparatico, il terzo, con la famiglia dal nome materno Saba, [non riscontriamo il cognome paterno]. Funge da padrino il nobile Franciscu Pilu e da madrina Doña Luguia Tedde de dita villa. (Bapt. 3). Questa volta, la prima, viene registrata come residente a Chiaramonti e non più da quel momento de sa villa de Nulvi. La nostra giovane nobildonna, ormai dodicenne, sicuramente già brava amazzone, secondo la consuetudine dell’epoca che imponeva tanto ai maschi quanto alle femmine l’equitazione a partire dai cinque anni e l’istruzione in famiglia. (Quondam, 2003), (Lepori, 2010). L’antico ordine sociale considerava fin da piccoli il re, re; il nobile, nobile; il contadino, contadino (Ariés, 1968). Il bimbo e la bimba, vestiti già da uomo, e da donna adulti, venivano educati/e secondo il ruolo del ceto sociale di appartenenza (Bianchini, 1974), (Uliveri, 1999).
Ma seguiamo Doña Luguia per mettere in chiaro che da questo momento nei successivi atti di Battesimo e di Cresima, in occasione di relazioni di comparatico, figura de dita villa, de custa dita villa, de sa presente villa, inequivocabile segno che la nobildonna dal 1717 prende definitiva residenza a Chiaramonti, entrando in possesso dei beni mobili e immobili e dei censi ereditati dalla sorella donna Gerolama Tedde in Delitala, scomparsa nel dicembre del 1716 .
Abbiamo esaminato e trascritto i fogli del liber Baptizatorum e Confirmatorum di Chiaramonti del ciclo della vita di Donna Lucia, più spesso Tedde Delitala e meno spesso Delitala Tedde. I due cognomi vengono registrati in modo liquido, nel periodo in cui questa nobildonna prese possesso del suo palazzo, forse con cappella privata e con un cappellano gesuita, secondo l’uso nobiliare dell’epoca (Zucca U., 2012).
All’epoca dell’arrivo della nobildonna a Chiaramonti, la Sardegna era governata dai viceré José Antonio Rubì y Boxadors, marchese di Rubì (1717) e, successivamente, da Gonzalo Chacòn (1718-1720). Dal 1717 al 1718 ritornarono gli spagnoli che, tuttavia, si ritirarono subito, per consegnare il potere sull’Isola agli Asburgo che, a loro volta, la cedettero ai Savoia nella persona del viceré Filippo-Guglielmo Pallavicini, barone di St. Rémy, che governò da Cagliari, per la prima volta dal 1720 al 1724 e per la seconda volta dal 1726 al 1727, mentre nell’intervallo gli subentrò Alessandro Doria del Maro, abate, (1724-1726). Tutti constatarono la disastrosa situazione dell’ordine pubblico sia nell’oristanese sia nel nord Sardegna e tentarono, spesso invano, di porvi rimedio (Guidetti, 1989).
Dal 1727 al 1731 governò l’Isola Tomaso Ercole Roero di Cortanze. Successivamente sarà nominato viceré, dal 1731 al 1735, Girolamo Falletti, marchese di Castagnole e di Barolo, grazie al quale l’irrequieta nobildonna ormai a capo di una fazione chiaramontese, venne precettata a Cagliari. Le fece compagnia il cognato señor Juan Satta, marito della sorella Mariangela. L’operazione dell’arresto fu opera del magistrato Oggiano, inviato dallo stesso viceré a sedare le lotte tra le fazioni anglonesi. Condannata a cinque anni di presidio e a mille ducati di multa dal tribunale costituito da sette cavalieri, per un barbaro delitto compiuto a Chiaramonti, sotto la sua regia, dalla sua fazione chiaramontese e da quella alleata di don Antonio Delitala di Nulvi. Dopo la condannariuscì a farsi trasformare la detenzione in arresti domiciliari, probabilmente in casa di parenti Delitala, residenti da tempo a Cagliari o forse prendendo in affitto qualche palazzotto. Del resto, facoltosa com’era non le mancavano i ducati per pagare. Trascorsi due anni, con una strategia degna di un esperto legale, pagando 500 ducati e promettendo di non capeggiare nessuna fazione e di non offrire supporto ai banditi, fu liberata e tornò a Chiaramonti, dove nell’ottobre dell’anno successivo riprese a svolgere il ruolo di madrina, come da Bapt. 19. Sicuramente mantenendo una condotta corretta.
Occorre rimarcare che a Cagliari, appena arrivata, si era saputa muovere con destrezza tra i nobili che rimasero forse affascinati dalla sua personalità di amazzone e di capo di fazione. C’è pure da rimarcare che approfittò del momento di debolezza delle istituzioni. Moriva all’improvviso, infatti, il vicerè Castagnole Barolo, che l’aveva precettata e fatta condannare e gli succedeva ad interim in attesa del viceré, il fratello arcivescovo di Cagliari (Lepori,2010). Certo non le mancò il supporto dei nobili. Smaniosa di andar via libera, seppe agire con astuzia, in modo spiccio, come pare sapesse muoversi nelle zuffe alla campagna contro le fazioni nemiche anglonesi.
Nel 1735 e fino al 1739 venne nominato viceré Carlo-Amadeo San-Martino, marchese di Rivarolo, uomo di rara durezza, da rasentare l’illegalità e la ferocia non solo verso il ceto nobiliare, volendolo ridurre alla legalità sabauda. Questo viceré si dovette accontentare di fare una descrizione stupita e sarcastica della nobildonna, attribuendole i baffi, che egli non aveva mai visti. Il Rivarolo non poté di certo, a pena scontata, né precettarla, né catturarla, (Manno G. 1847). Donna Lucia era ormai tranquilla badando ai suoi possedimenti e dimorando nel suo palazzotto di Chiaramonti, centro del suo potere, quasi certamente divenuto ormai carismatico.
Il braccio destro del viceré, magistrato della Reale Udienza, Francesco Cadello, di gran lunga più severo dell’Oggiano che lo aveva preceduto, servendosi di un drappello di dragoni con forca appresso, con un magistrato che non ammetteva lunghe difese di garanzia di nessuno genere ai colpevoli, condannava sommariamente, piazzava la forca nei paesi delle fazioni, faceva impiccare i condannati e squartarli in quattro parti piazzando la testa su un palo al centro del paese e i resti lungo le vie principali. I Delitala di Nulvi, alleati a suo tempo nel delitto imputato a donna Lucia, dovettero scappare, vedersi confiscati i beni e due furono portati a Cagliari e condannati a morte, per dare una lezione alla nobiltà, anche se poi questa condanna fu trasformata in prigione nella fortezza di Ceva e successivamente d’Ivrea in Piemonte, dove uno dei due morì senza ottenere la liberazione, nonostante una penosa petizione di un loro prestigioso congiunto canonico “agli regi piedi”. (Lepori, 2010, p.186 nota 46).
L’Anglona con altre regioni storiche del Capo di Sopra era sotto i feudatari spagnoli Borja [italianizzato Borgia] che si estinsero nel 1740. Spesso, questi “regidores” oltre a tutelare gl’interessi dei principi degli stati d’Oliva, si barcamenarono ambiguamente tra il potere viceregio e i nobili arroganti e malavitosi.
1 – continua