“Luigina, la sposa casta!” di Mario Nieddu, gloria nulvese e catalana!
Alla fine dell’anno accademico, ero rimasto come sempre senza un soldo. Un amico mi propose di andare ad Anzio per verniciare le ringhiere di un asilo gestito da suore. Ne avrei ricavato duemila lire.
Arrivato ad Anzio di buon mattino, venne a prendermi al pullman una suorona francese, poco femminile, ma affabile nei modi, con una R4 distrutta ma funzionante. I suoi piedi enormi, nudi all’ interno di sandali logori, distruggevano i pedali.
Durante il tragitto mi informò che l’asilo fungeva anche da orfanotrofio, gestito da due suore che non potevano mai concedersi un giorno di riposo. Arrivati a destinazione, in piena campagna, mi presentò all’altra suora. Rotondetta, molto più giovane e carina della collega, mi offrì gentilmente un’ ottima colazione.
Il cortile era appena rischiarato da un lampione sul portone. La notte era ormai inoltrata e avevo deciso di andare a dormire, l’indomani mi attendeva il compito della verniciatura, quando sentimmo un pianto provenire dalla zona del cancello. La suora più giovane intuì subito -Quella è Luigina!– corse al cancello e ritornò con una giovane donna, magra e triste dall’abbigliamento dimesso.
-Ma perché fai così, dai, non piangere!- la rassicurava
-Io non posso stare con lui, lo sai quello che vuole…- Rispose quella fra i singhiozzi.
–Ma, benedetta figlia, è tuo marito e ti vuole bene.
– La picchia? –Chiedo, con un sussurro, alla suora. La suora mi rassicurò… i problemi erano altri.
Dopo averle offerto un’aranciata e un po’ di serenità, la suora si rivolse a lei. -Dai, ti accompagniamo a casa, ma tu stai calma e lascia parlare noi…-
La suora mi fece cenno di andare con loro. Il buio era totale, camminammo per alcuni minuti finché non vedemmo la luce gialla di una casa perduta nella campagna. Bussammo e ci venne risposto di entrare. La porta era aperta. Seduto dietro un tavolo apparecchiato un uomo bruno poco più che trentenne, a mezzo busto nudo, massiccio come un toro.
-Ecco come fa lei, si rifugia dalle suore! Glielo dica lei, sorella, che siamo marito e moglie e che… certe cose le possiamo fare…-
-Ma lui…- Cercò di interrompere Luigina.
Il marito si alzò di scatto, non era molto alto, ma incuteva paura con quel fisico d’acciaio e il collo più robusto della mia anca. Però i suoi occhi azzurri erano limpidi. La suora gli fece cenno di calmarsi ed egli si sedette grugnendo. -Siamo sposati da tre mesi, ma lo capisce, lo capisce cosa sto sopportando?! Glielo dica che non le faccio del male, altrimenti a quest’ora…-
Mi offrì da un fiasco un bicchiere di vino rosso e lui ne tracannò uno tutto d’un fiato. -Glielo dica che siamo sposati, sposati in chiesa, sposati in chiesaa!-
-Voglio andare da mia madre- diceva quella.
-Ma domani ti accompagno, stai tranquilla!-
-Ma io voglio andarci per sempre!-
-Ah, ah, ci risiamo! La tua casa è questa, tu sei sposata con me, non con tua madre!-
L ’uomo sbuffava e grugniva mentre parlava, anche se cercava di contenersi, e la sua voce rimbalzava sulle pareti.
Un brav’uomo che lavorava sodo tutto il giorno e la sera voleva sentire il calore della sua compagna.
Dopo tanto li lasciammo sereni e andammo via. Io ero turbato, la suora ci aveva fatto l’abitudine.
–Dopodomani Luigina sarà nuovamente da noi- disse, con un semplice tono di constatazione.
Mario Nieddu