“Il mio Natale al Rifugio” di Eleonora Ortu da “Le Ragazze del Rifugio Gesù Bambino si raccontano”
Per noi ragazze il Natale al Rifugio è sempre stata la festa più importante perché intorno ad essa erano collegati eventi che ci rendevano particolarmente felici.
Si iniziava con le vacanze scolastiche e suor Rosalia ci permetteva di stare a letto un’ora in più e il tempo che non occupavamo a scuola veniva sostituito dai i giochi. I preparativi coinvolgevano tutte, ognuna di noi cercava di aiutare sia nella raccolta del muschio per il presepe sia nelle decorazioni dell’albero.
Ogni sezione tirava a lucido i propri locali e noi di quella di suor Rosalia superavamo tutti perché facevamo la saponata, nel salone, con quel pavimento in linoleum e nel corridoio adiacente. Quante risate con le compagne mentre con la scopa fregavamo in terra, facendo a gare a chi scivolava meglio sul sapone e cantando, a squarciagola, la canzone che ci aveva insegnato suor Rosalia, “ buon anno buona fortuna”. Ma ciò che mi faceva sentire maggiormente il Natale era la Novena. Alla Novena, (a differenza del rosario), ci andavamo molto volentieri e la partecipazione era massiccia. I canti echeggiavano fino alla strada e i passanti spesso si fermavano cercando di sbirciare dalla parte esterna delle finestre.
Ricordo perfettamente tutti i canti, “Ad una voce limpida l’oscura notte s’anima/ lontano i sogni fuggano vediam Gesù risplendere/…” e alla fine si cantava “Bambinello bello bello”…. Questi canti una volta uscita dal collegio, pur non andando più alla Novena, nel periodo natalizio, li cantavo mentre rientravo a casa dopo il turno di veglia fatto al lavoro.
L’odore dell’incenso mi piaceva tantissimo tant’è che lo respiravo a pieni polmoni. Poi arrivava la messa di mezzanotte e lì la festa raggiungeva il massimo della solennità, il “Venite Fedeli” che cantavamo noi ragazze non l’ho più sentito cantare da nessuno, comprese tutte le altre canzoni.
In occasione della messa di mezzanotte le suore permettevano anche agli “esterni” di partecipare. Tutte noi eravamo ben vestite e composte, ognuna nel suo posto in quei banchi di legno color nocciola. La messa era celebrata dal missionario di turno che la maggior parte di noi ricorda benissimo, padre Antolini, Zoppi, Bruno, Piccoli.
Finita la messa noi bambine andavamo in refettorio dove c’era in bella vista il regalo, che consisteva in un gioco o vestiario, una bella tazza fumante di cioccolata, in una tazzina a fiori, che conservo tutt’ora come una sacra reliquia, e una bella fetta di panettone.
Un anno suor Mameli a ogni sezione regalò le biciclette. Quanto ci siamo divertite!
Il giorno di Natale per pranzo c’era l’agnello, gli gnocchetti, i piselli, il panettone, la frutta secca, e suor Rosalia ci dava (alle più grandette) un goccio di moscato che teneva conservato in un armadio e che glielo portava la cognata da Sorso.
La sera nel grande salone veniva proiettato il film, ricordo le grandi pellicole che le suore prendevano in affitto dalle suore Paoline, all’epoca andava di moda Ioselito, Ciccio e Franco, film storici e religiosi.
Le mie festività avevano una nota dolente, quella della presenza di mia madre, che pur abitando al mercato, a 10 minuti di strada dal Rifugio, si ricordava di me solo due volte l’anno, Natale e Pasqua e veniva a prendermi per portarmi a casa sua.
Io non ci volevo andare e in più di un’occasione riuscivo a spuntarla e a rimanere al Rifugio, ma a volte mi minacciava che se non fossi andata a casa sua mi avrebbe ritirava dall’istituto per cui a malincuore ero costretta a seguirla, ma la mia mente rimaneva li…presso quella grande famiglia che festeggiava senza di me.
Da adulta ho cercato di ritrovare l’atmosfera di quel Natale soprattutto nella novena, ma la magia del mio Natale al Rifugio era ormai svanita.