“L’agnelletto Nerino” per mia nipotina di 4 anni, tanti anni fa di Ange de Clermont
A mia nipotina Alice Maria
E’ tempo di volare amici miei/verso Treviglio umida e afosa/per fare il bambinaio con la sposa/e contar favolette alla piccina/che certo griderà dalla mattina/“Nonno dimmi la storia di Nerino/che corse il rischio della volpe rossa/se il cane Bigio non fosse arrivato”/- C’era una volta giù sotto la valle/ un’angelletto nero assai monell0/che solo volle andar sulla collina…/
Nell’isola delle pecore, in un paesetto di collina, giù in fondo alla valle, c’erano tante pecorelle: la maggior parte erano bianchissime, poche erano nere.
Quando nacquero gli agnellini, quasi tutti erano bianchi, uno soltanto era nero come la notte. La madre Memé lo chiamò Nerino.
Tutte le pecore andavano a pascolare accompagnate da due cani pastori di nome Bigio e Baio dal momento che il primo era quasi grigio come le rocce che erano intorno, Baio era rossastro come il muschio che le ricopriva.
Nerino combinava spesso delle marachelle allontanandosi dagli altri agnellini, ma i cani Bigio e Baio lo richiamavano all’ordine. Nerino brontolando, brontolando rientrava nel gregge.
Un giorno però, appena svegliato, si guardò intorno e in alto, in una collinetta, vide che c’era dell’erba verde e fresca. Piano piano, senza farsi notare, si allontanò dagli altri agnellini, prese un sentiero che saliva sulla collina, e sfuggendo alla custodia dei cani, giunse in alto dove c’era l’erbetta verde e fresca.
Ivi giunto cominciò a mangiare a crepapelle trastullandosi con i ciuffetti più folti e beandosi di tutto quel pascolo che nessun altro agnello gli contendeva. La madre Memè giù nella valle cercò invano con lo sguardo Nerino e non lo vide, guardò in alto e vide una macchia nera in movimento: lo riconobbe e chiamò subito i due cani pastori Bigio e Baio, pregandoli di correre lassù a recuperare il figlioletto disobbediente. I cani non si fecere pregare e corsero verso la collina con quanto più fiato poterono.
Nerino nel frattempo, dopo la scorpacciata di erba fresca, se ne stava sdraiato a guardare una macchia rossa e una nera in movimento: erano la volpe rossa Rorò e la volpe nera Nené che avendolo scorto si dirigevano veloci e contente a rapirlo per divorarselo tranquillamente nella loro tana.
I cani Bigio e Baio però videro anche loro le volpi e cominciarono a farsi sentire abbaiando e correndo verso il punto in cui se ne stava beato e inconsapevole del pericolo mortale Nerino. Si trattava di pochi metri di differenza, ma bisognava correre.
Urlando e correndo i due cani giunsero presso l’agnellino solo qualche secondo prima delle volpi che, visti i cani, scapparono e continuano a scappare inseguite da loro.
Nerino finalmente capì che aveva corso un pericolo mortale e caracollandosi con la pancina piena d’erba discese la collina dove la mamma disperata lo chiamava. Giunto presso la madre, questa con le zampine anteriori le diede due bei colpi sul sederino per non farle male e urlando lo rimproverò:
– Non farlo più, altrimenti finisci in bocca alle volpi, figlio mio.-Rispose Nerino: – Non lo faccio più mamma, adesso ho capito perché non devo allontanarmi mai dai fratellini.-
Più tardi giunsero anche Bigio e Baio che con un leggero morso sulle zampette lo rimproverarono dicendogli:
-Per per poco non finivi in pasto alle volpi, disobbediente, con tre secondi di ritardo, saresti già finito nelle loro pance.-