“Fliberto Farci e le polemiche sul socialsardismo” di Tonino Loddo
Ringraziamo Tonino Loddo per la preziosa collaborazione che da e darà ad accademiasarda.it. Vogliano iniziare con questo eccellente contributo in cui Filiberto Farci, autentico e verace sardista, rifiuta la confluenza col PSI e preferisce dopo aver detto le sue ragioni farsi da parte silenziosamente.
Esempio ammirabile d’un uomo tutto d’un pezzo che dell’autonomia dell’isola aveva fatto una scelta senza tentennamenti. (Angelino Tedde)
TONINO LODDO (Lanusei 1950), laurea in filosofia a Cagliari, Dirigente ispettivo in quiescenza pres-so l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna, giornalista pubblicista, è stato sindaco della sua Cit- tà natale, Consigliere e Assessore Regionale, Deputato al Parlamento. Insieme ad Alessandra Carta ha curato la pubblicazione di una serie di racconti inediti di Filiberto Farci (F. FARCI, Gioele Flores e al- tri racconti, Cagliari-Selargius 2010) corredandola con un’ampia introduzione (Filiberto Farci. Note per un profilo, in ib., pagg. 13-53), in cui si fa anche cenno alle vicende narrate in questo saggio (pagg. 46-48). È autore di diversi volumi, tra i quali Il Movimento Cattolico in Ogliastra (1872-1969), Cagliari 1993; Bibliografia ogliastrina, Sassari 1997; Agostina Demuro, Sassari 1997; Chiese ed arte sacra in Sardegna. Diocesi di Lanusei, Cagliari-Sestu 1999; Franco Ferrai, Cagliari-Sestu 2007; Gio- vanni Usai. Un poeta neoclassico nel Novecento, Dolianova 2008; Ilbono. Oltre la memoria, Cagliari 2009. Ha curato anche la pubblicazione dei volumi Ludovic Legré. Ogliastra 1879. Memorie d’uncacciatore marsigliese, Cagliari-Sestu 2002; Lanusei, Cagliari-Sestu 2006; Flavio Cocco, Cagliari- Sestu 2007; Arbatax. La cultura, la storia, Sassari 2009; Felix Dèspine, Ricordi di Sardegna, Cagliari- Selargius 2011. Suoi scritti sono presenti in numerose opere collettive ed in diverse riviste isolane.
È il 2 agosto 1949, quando Filiberto Farci1 dopo aver letto e riletto un trafiletto anonimo su «L’Unione Sarda»2 arma la sua fedele Underwood Typewriter, e comincia a scrivere.
Di getto. «Leggo in questo momento su L’Unione Sarda l’annunzio di una prossima confluenza del nostro partito nel P.S.I […]. Dovrebbe essere, pertanto, vera la notizia che in questi giorni circolava qui insistentemente e alla quale io mi rifiutavo in modo assoluto di prestare fede, tanto mi sembrava enorme e anzi inverosimile: che, cioè, la fusione del nostro partito [il PSd’A, ndr.] con il P.S.I. era già stabilita, concertata e decretata, dietro le quinte, con disprezzo della decisione degli iscritti, che non sono stati formalmente consultati e quindi senza il loro consenso democraticamente espresso […]. Spero smentirai – e farai smentire pubblicamente –tale notizia, che ha destato la più penosa impressione nel partito e fuori. Sarebbe,altrimenti, l’offesa più sanguinosa che si potrebbe recare alla dignità degli iscritti,che sarebbero considerati peggio di un vile e servile gregge di pecore, privi di una qualsiasi coscienza politica, incapaci di esprimere consapevolmente e liberamente una propria volontà: sarebbe una vera e propria dimostrazione di insensibilità politi- ca; peggio, un vero e proprio suicidio politico. E non mancherebbero, naturalmente, le più aspre ed accese reazioni. È bene, comunque, precisare che nella recente riunione del Consiglio del nostro partito, si è decisa, in termini generici, la fusione col partito socialista: ma non si è affatto stabilito come e quando tale fusione dovrebbe avvenire, né – tanto meno – con quale delle varie tendenze e correnti socialiste»3.
A chi mai si rivolgeva il solitamente pacato Filiberto Farci, accusandolo di quello che in Sardegna era (ed è ancora) considerato il più infamante dei misfatti: tradire gli amici? E non solo tradirli, ma perfino umiliarli, disprezzandoli ed offendendone la dignità personale? La lettera, una paginetta nitidissima, con due sole correzioni a penna, era indirizzata al «Carissimo Emilio», Emilio Lussu, il grande, il mitico Emilio Lussu4, colui del quale in più d’una occasione proprio lui, Filiberto Farci,pubblicamente aveva elogiato le capacità e l’intuito politico; la cui parola, come aveva detto solo qualche anno prima presentandolo ai cagliaritani dopo il suo rientro in Sardegna dall’esilio cui l’aveva costretto il fascismo, «illumina i nostri spiriti»5. Possibile che quella «figura romantica di moschettiere […], tutto nervi e tutto scatti, tutto impeti generosi […], combattente fra i primissimi, eroe di purissima tempra […], che aveva scagliato al di là della trincea la generosa anima […], verso uno sconfinato orizzonte ideale di libertà e di umanità, assetato com’era – nel suo gene- roso cuore e nella sua mente aperta – di uguaglianza e giustizia sociale» (come proprio lui, Filiberto Farci, l’aveva definito in un intenso articolo apparso su «Il Sol- co»6); possibile, dunque, che quell’eroe intrepido ed intemerato si fosse trasformatoin un fellone scellerato nel breve volgere di pochissimi anni?
La nota d’agenzia, datata Bologna 1 agosto, e pubblicata su «L’Unione Sarda» il giorno successivo in terza pagina, nonostante il richiamo del titolo («Prossima confluenza nel P.S.I. dei socialsardisti di Lussu»), in effetti non diceva molto, ma bastava per allarmare quanti insieme a Lussu avevano visto nascere, rafforzarsi e crescere gli ideali del sardismo e non si rassegnavano a vederli scomparire nel grande e tempestoso mare del socialismo italiano ed internazionale. «Nella seduta odierna del Comitato Centrale del P.S.I. – si legge nel trafiletto del quotidiano cagliaritano –la discussione si è aperta sulle relazioni; sono intervenuti tra gli altri Potenza sui problemi dei lavoratori della terra […], e Dino Fiori sulla situazione in Sardegna e sulla prossima confluenza nel P.S.I. del Partito Sardo d’Azione Socialista che fa capo all’on. Lussu». Tutto qui. Ma Filiberto Farci capiva che la fine del sardismo, di quel partito che ne interpretava i valori e di quell’idea che tanto aveva amato e ap- passionatamente coltivato, rischiava di farsi sempre più drammaticamente vicina.
E dire che lo sapeva!; in qualche modo, quell’epilogo se lo sarebbe dovuto anche aspettare! Lui Lussu lo conosceva davvero. D’altronde, proprio lui, Filiberto Farci,parlando il 25 marzo 1945 nel Cineteatro Olympia di Cagliari, nella sua qualità diPresidente della sezione cittadina del PSd’A, e consapevole di quale nuova maturazione stava assumendo il pensiero politico lussiano, l’aveva scongiurato con accorate parole a non lasciare il PSd’A, perché – così disse – «la secessione di Emilio Lussu rappresenterebbe una sciagura irreparabile non soltanto per il Partito ma per la Sardegna tutta […]. Ma io dico – aggiunse in un impeto di fraterna amicizia Filiberto Farci –: Emilio Lussu, tu che non hai mai defezionato anche davanti al nemico, non devi defezionare neppure oggi nella lotta che noi abbiamo ingaggiato per la Sardegna. Io ti dico: Emilio Lussu, tu devi rimanere al nostro fianco oggi più che mai!»7.
E quale era stata, proprio in quella giornata così ricca di emozioni, la risposta lussiana a quell’appello che veniva dalle viscere del sardissimo Farci? Chiara, senza 46 nessun cedimento all’ambiguità: «Come si fa – disse – a guardare con diffidenza il partito socialista che si batte per le nostre stesse ragioni […]? Il PSd’A non ha che degli amici leali nel partito socialista. Ripeto, dobbiamo guardare al Partito Socialista con assoluta fiducia […]»8.
E, d’altronde, ancora lui, Filiberto Farci, seduto al tavolo della Presidenza di quel mitico IX Congresso nazionale (quello della Manifattura dei Tabacchi di Cagliari, per intenderci), in qualità di componente l’ufficio di segreteria9, quella domenica 3 luglio di appena un anno prima, l’aveva ben sentito Giovanni Battista Melis tuonare con il consueto impeto contro Lussu, che accusava (tra qualche voce di dissenso) di essere tornato in Sardegna dopo la guerra non per riprendere le redini del PSd’A,ma «per promuovere l’organizzazione di un altro partito, il Partito Italiano d’Azione»10; e dopo aver ricordato il patto di collegamento con il Partito Italiano d’Azione votato, su richiesta degli amici di Lussu (Oggiano, Mastino, Titino Melis, Anselmo Contu e Puggioni), al Congresso di Macomer (29-30 luglio 1944)11 «dopo infiniti sforzi e amare rinunce […] ed in un’atmosfera drammatica […]»12, era stato ancora Giovanni Battista Melis ad affermare che la confluenza del Partito d’Azione Italiano nel Partito Socialista di Nenni era stato solo il prodromo dell’imminente tentativo di farvi anche confluire il PSd’A, ribadendo che quest’ultimo non poteva andare verso un partito (il PSI, appunto) «che ha sempre respinto – sono parole di Melis – l’istanza autonomistica: un partito che non condivide sostanzialmente il nostro problema non può essere nostro alleato!»13.
E l’aveva letto anche lui, Filiberto Farci, quel titolone a tutta pagina su «L’UnioneSarda» che, riassumendo i lavori congressuali del giorno prima, strillava: «Al nono Congresso Sardista s’è gridato: Fuori Lussu!»14. Ed aveva ben sentito Antonio Francesco Branca, sempre a quel Congresso15, che invitava l’Assemblea a considerare l’importante decisione del necessario collegamento con i socialisti quale unica garanzia di continuità che il PSd’A potesse ancora spendere rispetto alla propria storia e alla coerente collocazione programmatica a sinistra. Ed aveva sentito, infine, Lussu concludere il suo contestatissimo discorso con quel drammatico ma nitido epiteto: «Compagni!», sì, compagni li aveva chiamati; e non osiamo pensare al brivido sottile che aveva percorso la schiena degli esponenti di punta di quello che non pochi definivano beffardamente «il partito degli avvocati»16, con riferimento ai vari Contu, Melis, Pinna, Puggioni, Mastino, Oggianu … «Compagni – aveva detto Lussu – ! La decisione è questa. I firmatari e gli aderenti della mozione socialista autonomista abbandonano il Congresso e tutti i compagni aderenti e firmatari della nostra mozione sono convocati immediatamente nella nostra Sezione di Cagliari dove noi prenderemo decisioni che insieme riterremo opportune. Viva l’autonomia! Viva il socialismo! Viva la Sardegna!». Aveva dimenticato, proprio lui, Lussu (ma chissà se si trattava di una dimenticanza!?), di dire: viva il sardismo, e soprattutto – e imperdonabile – di concludere con il consueto Forza Paris
E lui stesso, Filiberto Farci, infine, non era forse uscito dall’Aula in cui si svolgeva il Congresso, avviandosi insieme a Lussu e agli altri firmatari della mozione, dietro le bandiere dei quattro mori ornate da una bordura a lista rossa17, verso la sede di Corso Vittorio Emanuele, attraverso il Quartiere Marina, dove il cavaliere dei rossomori – secondo la felice sintesi letteraria di Peppino Fiori18 – «aveva pubblicamente annunciato l’intenzione di costituire il Partito Sardo d’Azione Socialista»19? Il nuovo Partito era ormai nato e Filiberto Farci aveva finito per esserne (suo mal- grado!) uno dei più solerti e solleciti promotori. Proprio a lui (tra gli altri), infatti, Lussu rivolge un affettuoso saluto al termine del lunghissimo discorso costitutivo20 del nuovo soggetto politico tenuto al solito cineteatro Olympia l’11 luglio 1948: «E quando noi saremo scomparsi, cari Asquer, Filiberto Farci, Pirisi ed altri vecchi compagni del 1919, tutti della vecchia guardia, i nostri figli e gli altri ancora che verranno, continueranno a battersi per questi nostri ideali, che sono ideali universali ed eterni!»21. Quel discorso di Lussu all’Olympia segnava l’inizio della nuova formazione politica, che si faceva subito attivissima con i suoi quadri nel mondo della cooperazione, nei sindacati (CGIL) e nelle battaglie per la terra, a fianco (e, talvolta, anche in competizione) con i quadri della sinistra, soprattutto comunista. Le polemiche con i fratelli del PSd’A divennero, pian piano sempre più rancorose e perfino violente:per iniziare, fu contestato il risultato del voto congressuale e fu definita «falsa maggioranza» quella uscita dal voto dei delegati al IX Congresso22; neppure mancaronole occupazioni delle sedi del Partito con l’ovvio contorno di ricorsi alla Magistratura che finì sempre per dare ragione alla dirigenza del PSd’A23. In alcuni casi si giunse perfino allo scontro fisico, come accadde a Bacu Abis il 14 luglio 1948, dove solo l’intervento dei carabinieri riuscì a sedare una violenta rissa scoppiata all’interno della locale sezione sardista24.
Intanto, già nel settembre successivo, la direzione del PSd’AS aveva aperto trattative neppure tanto discrete con la direzione nazionale del PSI, anche in vista di un accordo per le imminenti elezioni del primo Consiglio Regionale25. La proposta, caldeggiata dal PCI, di formare un fronte regionale a carattere autonomistico saltò per l’opposizione del PSI che non accettò neanche di fare liste comuni con il PSd’AS, insistendo fino all’ultimo perché la confluenza avesse luogo prima delle elezioni26. Il mancato accordo, a cui non furono estranei Filiberto Farci e la dirigenza locale e per il quale – invece – insisteva Lussu che partecipava regolarmente alle riunioni degli organismi nazionali del PSI, fu determinato prevalentemente da una differente valutazione del rispettivo peso elettorale e, conseguentemente, su chi avrebbe dovuto assumere la direzione in Sardegna del nuovo Partito che sarebbe scaturito dalla fusione.
D’altro canto, rispetto alle gloriose e poco realistiche previsioni di Lussu (che nel suo discorso all’Olympia del luglio del 1948 aveva parlato di una forza elettorale pari a duecentomila voti27, previsioni appena mitigate in seguito quando parlò di centocinquantamila voti28) i risultati elettorali furono largamente insoddisfacenti per Lussu e la sua formazione politica. Come aveva pronosticato Velio Spanu («non prenderanno più di trentamila voti», aveva detto il leader comunista, che di voti se ne intendeva davvero)29, il PSd’AS prese in Sardegna 38.081 voti in grandissimaparte raccolti in provincia di Cagliari (31.733), contro i 60.125 del PSd’A. Solo la DC sfiorò il 200.000 voti (196.918). Il PSd’AS mandò in Consiglio appena 3 consiglieri regionali: Giuseppe Asquer, Carlo Sanna e lo stesso Emilio Lussu che, dopo aver tirato la volata al suo partito, rinunciò al seggio per incompatibilità col suo incarico parlamentare, lasciandolo ad Armando Zucca. L’unico aspetto positivo di quella competizione fu dato dal fatto che il PSd’AS sopravanzò il PSI di circa quattromila voti, anche se mandò in Consiglio lo stesso numero di consiglieri.
Quando si aprirono le trattative tra i partiti per la formazione della maggioranza che avrebbe dovuto guidare il Governo Regionale, apparve finalmente chiaro perché il glorioso Partito Sardo d’Azione si fosse spaccato un anno prima: mentre il PSd’AS dichiarava subito che non avrebbe mai accettato soluzioni che avessero potuto distaccarlo dai partiti della sinistra, il PSd’A stilava rapidamente un accordo30 con la DC per il primo bicolore organico della storia isolana che vedeva Anselmo Contu alla presidenza del Consiglio e Luigi Crespellani alla presidenza della Giunta che ricevette la fiducia il 31 maggio 1949.
Qualcuno potrebbe finalmente pensare che ci siamo ormai avvicinati alla data fatidica della nota d’Agenzia pubblicata su «L’Unione Sarda» e della lettera di Filiberto Farci ad Emilio Lussu; ma non è così, perché per capire fino in fondo il senso della lettera da cui siamo partiti e del carteggio successivo di cui parleremo, occorre ancora dare conto di un’altra novità. Nei numeri 34 e 35, rispettivamente del 23 e 30 luglio 1949, di «Mondo Operaio» apparve, in due puntate, un ampio articolo di Emilio Lussu dal titolo significativo: Socialismo e socialisti in Sardegna, in cuil’autore parla «del fatto nuovo che si va preparando in Sardegna: la fusione del PSd’AS con il PSI»31, così, alla lettera, in apertura di articolo, tanto per chiarire fin da subito. Dopo aver ripercorso la storia del PSd’A, Lussu concludeva la prima parte del proprio articolo proprio con uno sferzante giudizio sul IX Congresso: «Dalla liberazione di Roma – scrive – fino all’anno scorso, la storia del PSd’A altro non è che la lotta interna della corrente socialista autonomista contro la corrente borghese separatista o nazionalista che si organizzava in clientele per impadronirsi del partito. Non sopportando oltre la convivenza, nel luglio del 1948, la sinistra si staccò dalla destra e si è chiamata PSd’AS, ponendo fin dal Congresso della scissione la necessità della fusione con il PSI […]»32.
Lussu, quindi, passa ad esaminare le ragioni dell’opportunità della confluenza del PSd’AS nel PSI, per concludere: «Una profonda e generale coscienza socialista si va formando in Sardegna: si tratta di darle consistenza ed organizzazione […]. Il PSd’AS ha interesse a fondersi con il PSI, per rompere il suo isolamento e ricongiungersi all’organizzazione nazionale ed internazionale del socialismo; il PSI ha interesse ad aumentare la propria famiglia […]. E alla base, reciprocamente, esiste un trasporto che direi sentimentale. Adoperando un’espressione notarile, si può dire che questo è un matrimonio d’amore e d’interesse insieme».
Letto, dunque, questo testo lussiano possiamo essere sufficientemente certi di almeno tre cose:
a) che «L’Unione Sarda» non aveva dato per vere notizie false; b) cheEmilio Lussu, pur con la riserva inserita nell’articolo quasi en passant («Il PSd’AS non può arrivare alla fusione col PSI senza un congresso»)33 aveva in verità già deciso tutto, e che comunque aveva deciso almeno la propria strada; c) che Farci non aveva capito male. Filiberto Farci, infatti, con ogni probabilità non aveva letto i due articoli apparsi su «Mondo Operaio»; ma quand’anche li avesse letti – a parte quell’inciso di una riga su quattrocento che, peraltro, sembra scritta più per non preoccupare qualcuno che per convinzione – non avrebbe potuto trarne conclusioni diverse: «che, cioè, la fusione del nostro partito col PSI (come aveva scritto nella sua lettera) era già stabilita, concertata e decretata, dietro le quinte, con disprezzo delle decisioni degli iscritti, che non sono stati formalmente consultati, e quindi senza il loro consenso democraticamente espresso»34. Ed infatti, che altra conseguenza avrebbe egli potuto trarre oltre che dall’ossessivo ripetere di affermazioni tipo «il PSd’AS, in due congressi ha riaffermato la sua decisione di fusione con il PSI, unico partito fedele alle aspirazioni internazionali del socialismo»35, da altre affermazioni del tipo «fusione che è già in atto»36 o «matrimonio d’amore»37, luiche appena sapeva che c’era stato un fidanzamento …
La risposta di Lussu giunse da Roma su carta intestata del Senato della Repubblica, appena tre giorni dopo (il 5 agosto 1949)38, cosa che oltre a ben deporre sull’allora ottimo livello di funzionamento delle Poste, dice anche in quale considerazione egli tenesse il parere di Filiberto Farci.
«Caro Filiberto – esordisce Lussu –, ma che succede? Ma naturale che la fusione fra PSd’AS e PSI avverrà». Così, senza lasciare all’interlocutore neppure lo spazio di un respiro. E poi l’incalzo: «c’è un voto unanime del Congresso39; c’è una conferma all’unanimità, meno due astenuti, del Consiglio del Partito40; c’è infine tutta la logica della nostra azione politica che tende precisamente a questo […]. Naturalmente, deve solo decidere il Congresso, ma io ho ragione di sperare che al Congresso si vada tutti d’accordo […]», della serie blandire, blandire, blandire: siamo troppo intelligenti per capire che tutto quello che abbiamo fatto era funzionale a questo passo; o che solo tu non l’avevi capito, il mio caro Filiberto!? Tu, poi, proprio tu … «Eppure io – continua, infatti, Lussu – t’avevo informato di tutto e t’avevo persino detto tutte le garanzie che ci sono offerte. Le divergenze sono solo sul tempo; c’era chi voleva la fusione subito e chi con calma:ha prevalso questa seconda tesi». D’accordo, sembra voler dire il cavaliere dei rossomori, aspettiamo; ma non pensiamo di aspettare in eterno visto che la decisione è già stata comunque presa: «in autunno – è la perentoria conclusione del senatore –bisogna che ci decidiamo».
È facile immaginare la faccia di Filiberto Farci quando legge la lettera così perentoria, così inflessibile e tassativa del capitano Lussu: Congresso che ha deciso? Ma quale Congresso!? Garanzie? Ma quali garanzie!? Autunno? Ma quale autunno!? Eppure, Lussu è così convinto della giustezza e convenienza delle proprie tesi che il giorno dopo, il 6 agosto 1949, di buon mattino, riprende carta intestata del Senato, occhialini e penna stilografica e nuovamente attacca41: «Caro Filiberto […], ho ripensato lungamente alla lettera che mi hai scritto, scritta da te è grave. Evidentemente nel partito, in seguito a quelle benedette elezioni, ci sono delle cose che non vanno […]. Come fai tu, che hai sempre il senso del giusto e dell’onesto, ad affermare che la fusione non è la conclusione logica di tutta la nostra azione politica? E vorresti anche che dessi una smentita ufficiale […]! E come fai a dire che la risolu- zione del Comitato Centrale è stata solo generica? Hai dimenticato che fui io a fare la relazione e che parlai delle altre correnti come di cose miserabili? Tu sai certo che una larga corrente voleva la fusione prima delle elezioni regionali per poter fare lista unica col PSI e che la Direzione lo impedì solo (e la parola è sottolineata nervosamente per ben tre volte!, ndr) perché poteva apparire un cartello elettorale? Da marzo ad oggi son passati 5 mesi!». E poi la frase che si può considerare la chiave interpretativa di tutta la vicenda: «In capo a un anno non ci sarà più né PSd’AS né PSI. Non vedi i sacrifici enormi che facciamo […]», per concludere con un «Insomma, caro Filiberto, mi hai amareggiato l’animo».
La risposta di Filiberto Farci, complici le Poste che funziona(va)no in modo eccellente, non si fa attendere, ed il 7 agosto già riarma la sua Underwood Typewriter e, dopo un breve preambolo sul «carattere antidemocratico del procedimento seguito dalla direzione del nostro partito nei suoi contatti fusionisti col PSI», attacca sul merito: «è vero o non è vero che la fusione dei due partiti – come si è desunto da alcuni giornali – è già un fatto compiuto, stabilito e sancito negli accordi delle due direzioni? Occorreva una conferma o una smentita. Non è venuta né l’una né l’altra.Dovrei desumerne che i comunicati della stampa non sono lontani dal vero: e questa ipotesi mi turba e amareggia profondamente, perché urta contro la concezione che io ho della democrazia: concezione aspramente intransigente, integrale, assoluta. Qualunque attentato ad essa mi trova avversario irreducibile fino all’esasperazione». Quindi, Filiberto Farci entra (lui sì) nel merito della questione. Il problema, scrive, non è quello di fare o non fare la fusione, ma quello relativo alle modalità della sua realizzazione, in quanto gli pare di capire che Lussu abbia (sono parole sue) «buccinato, in un primo momento, che il Congresso non si sarebbe fatto: poi che si sarebbe fatto, ma per formalità, senza mozioni […]».
Ma guai a pensare che i rilievi di Filiberto Farci fossero solo di carattere formale, ché in tal caso rimanderebbero ad un bizantinismo poco consono alla sua indole; infatti, la ragione vera per cui egli chiedeva un Congresso non consisteva nello scopo finale, l’annessione, appunto, sulla quale non sembrava interessato ad aprire una discussione; ma consisteva piuttosto in quello che egli definiva «un altro argomento capitale: con quale corrente socialista, tra le tante che si contendono il primato» dovesse concludersi l’operazione di fusione.
E poi l’affondo. Dopo aver ricordato di non considerare anacronistico parlare di sardismo, così proseguiva: «oggi come ieri e più ancora, il sardismo deve essere presente nel nostro spirito e nella nostra azione […]. Non possiamo ammainare la bandiera per la quale ci siamo battuti, tu ardente e sfolgorante vessillifero, per trenta anni. Oggi come ieri e più ancora, dobbiamo duramente batterci per il compimento dell’autonomia vera, come l’abbiamo fin dall’inizio concepita e perseguita. La fu- sione con il partito socialista non deve menomamente intaccare questa aspirazione. Tradiremmo altrimenti la fede che è stata sempre la nostra passione e la nostra gloria, che abbiamo alimentato – fiamma purissima, senza ambizioni né interessi personali – nei nostri spiriti: e tradiremmo quanti – migliaia di sardi veri – hanno creduto in noi e ci hanno fervidamente seguito […]. Tutto questo oggi facilmente si dimentica: peggio, si vorrebbe far dimenticare […]. Parlare di sardismo comincia a diventare ereticale […]. A questo mi ribello energicamente […]».
Stava già per andare ad imbucare la risposta («stavo per impostare, quando mi è pervenuta la successiva tua lettera del 6 corrente»), quando gli giunse fra le mani la seconda lettera di Emilio Lussu e così riprende. «Dovrei rispondere a lungo, ma non mi è possibile perché sono su le mosse per partire per Seui». Questa seconda parte della lettera si presenta, quindi, come una precisa e metodica risposta alle questioni sollevate da Lussu; ed è qui che comprendiamo le vere ragioni dell’ostilità farciana rispetto alla confluenza nel PSI.
Ma occorre che facciamo ancora un piccolo passo indietro. Nel XXVIII Congresso del PSI, che aveva avuto luogo a Firenze nel maggio del 194942, si era assistito adun ennesimo rovesciamento di alleanze all’interno di quel partito, e la linea dell’unità d’azione con i comunisti aveva ripreso il sopravvento con la vittoria con- gressuale di Nenni e Morandi. Ciononostante, e nonostante le perplessità di una lar- ga base del partito social sardista (che auspicava una vittoria dei centristi di Saragat in seno al PSI43), Emilio Lussu aveva intavolato le trattative con la nuova dirigenza socialista. Fu così che nel breve volgere di pochi mesi si assistette ad un radicale mutamento di opinione da parte di Lussu: da severo critico, quale era stato, dellapolitica di unità nazionale con il PCI (che, tra l’altro, era stata la principale causa della sconfitta socialista all’interno del Fronte Popolare)44, egli si era avvicinato sempre di più alle tesi unioniste nenniane. In particolare, però, ciò che lasciava inor- ridito Filiberto Farci non era tanto, o non solo, il fatto che Nenni si stesse progressi- vamente spostando verso una sinistra antiatlantica ed intransigente, quanto il fatto che la sua corrente politica si fosse concretamente espressa in senso antiautonomi- stico45. Così, le posizioni socialiste di intransigente ostilità ad ogni autonomia legi- slativa ed economica, comprese quella sarda e siciliana, ribadite ripetutamente in sede di discorsi parlamentari e, quindi, documentabili attraverso atti ufficiali, e mai sconfessate46, gettavano nell’angoscia quanti – come Filiberto Farci –, inquell’autonomia sempre avevano creduto. Ecco perché Filiberto Farci trova strada facile nel rispondere a Lussu che quando si era pensata la fusione «con l’indirizzodi centro allora dominante nel PSI, essa aveva una sua logica. Altra cosa oggi, conlo sbandamento del PSI all’atteggiamento fusionista nenniano, che io detesto. Tu stesso – gli ricorda Filiberto Farci –, quando fosti a conoscenza del prevalere della mozione nenniana non celasti il tuo disappunto […]. Successivamente tessestil’elogio di Nenni: e ciò ti fa torto. Per me Nenni resta sempre Nenni, per me valequanto Saragat. Per me è l’idea che vale, che resta immutabile e formidabile a con- fondere i profittatori della politica, ruffiani o ciarlatani». E fin qui siamo alla prima importante ragione del dissenso politico ed ideologico nei confronti di Lussu e della sua politica fusionistica.
Ovviamente, stando così le cose, Farci non comprendeva il perché di quella scaden- za ravvicinata proposta (e forse imposta) da Lussu per effettuare la fusione:l’ottobre successivo. «Non posso non riconoscere – scrive – che tanta furia non tro- va giustificazione plausibile […]. Per me – e non sono il solo a pensarla così – la fu- sione, in questo momento o a breve scadenza, è un errore gravissimo, il più colossa- le e sciagurato errore tra i tanti che si sono già commessi. Bisogna attendere che leacque, attualmente tutt’altro che limpide, del PSI si chiariscano. Non possiamo an- dare a braccetto con gli attuali dominatori criptocomunisti, irreducibili banditori del fusionismo e del confusionismo».
Ma vi era un’altra ragione di delusione in Farci rispetto alle decisioni assunto a suotempo di lasciare il PSd’A per confluire nella nuova formazione socialsardista. Lussu, nel più volte citato discorso al cineteatro Olympia del 15 marzo 1945, aveva tracciato una strada che poteva anche essere temeraria ma che aveva affascinato molti. In quella occasione così si era espresso: «La Sardegna è la sola regioned’Italia in cui si affermano piano piano due partiti, due grandi partiti, come in Inghilterra […]. Qui in Sardegna avremo da una parte il PSd’A verso cui lentamente per sviluppo naturale della situazione converranno tutti gli altri partiti di sinistra o gli iscritti ai partiti di sinistra. Da una parte il nostro partito, ripeto, e dall’altra un partito conservatore che può essere anche il partito liberale o la DC. E oggi noi poniamo il problema della ricostruzione della democrazia, il problema stesso autono- mistico, inquadrato nel grande problema generale delle forze del lavoro contro le forze delle plutocrazie bancarie ed industriali da cui è nato il fascismo»47. L’idea era grande e la prospettiva affascinante: unificare le forze politiche autonomistiche e riformiste dentro un grande nuovo contenitore politico! Su quest’idea (paradossal- mente!) era nata la dolorosa scissione del IX Congresso, su quest’idea si voleva la- vorare; ma ad una condizione: che non fossero i sardisti a sciogliersi per entrare in un altro soggetto politico ma ci fosse la volontà biunivoca di tutti i partiti politici interessati. Con la fusione lussiana, invece, tutto quel sogno si frantumava e si trasformava in un baratro, facendo scomparire nel silenzio una tradizione politica nata dalla chiara coscienza delle umilianti condizioni in cui giaceva la Sardegna, così come Filiberto Farci ed altri l’avevano pensata, tra l’altro, in quel glorioso settima- nale che aveva visto la luce sul finire della prima guerra mondiale, il «Popolo Sardo»: voce appassionata di sardità in cui egli aveva speso energie e tempo, «foglio di battaglia insonne e fiammeggiante […], una trincea per la libertà e la giustizia»48. No, Filiberto Farci proprio non poteva gettare al vento quel patrimonio ideale, quel desiderio indefettibile di rendere consapevoli anche le classi subalterne delle giuste rivendicazioni che la Sardegna poteva pretendere. Prima di tutto la Sardegna, pensava; e se dentro a quel quadro di lotta politica ci stavano anche i partiti di sinistra, fossero pure i benvenuti; ma senza disperdere nulla!
Ma in realtà, poi e fino in fondo, ciò di cui dolorosamente Farci dovette prendere atto fu l’accorgersi che gli anni trascorsi fuori dalla Sardegna avevano cambiato il Lussu che egli aveva conosciuto prima dell’esilio. Lussu, infatti, non solo aveva smesso in esilio di privilegiare la Sardegna come luogo esclusivo della sua milizia e del suo orizzonte politico, giacché l’esilio aveva cambiato radicalmente anche la sua prospettiva, facendo di lui un intellettuale ed un democratico europeo che avvertiva fino in fondo la necessità di collegare la lotta del proletariato sardo alla solidarietà della lotta delle altre classi oppresse italiane ed europee. E questo sarebbe potuto essere anche un merito, se chi lo circondava non avesse in qualche modo avvertito che egli stava rischiando di piegare la sua grande aspirazione ideale originaria alla prospettiva di una carriera parlamentare sia pure prestigiosa.
C’è tutta la consapevolezza interiore di un tradimento personale e politico, in questo carteggio. Da un lato Lussu che ha già chiara la sua strada e le sue aspirazioni; da un altro Filiberto Farci che rimane ferocemente attaccato alle proprie convinzioni che manifesta in forma anche rude ma sempre efficace ed onesta. E Lussu gliene dà atto. Due giorni dopo che l’operazione di confluenza viene definita (il 20 novembre 1949) Lussu riprende la penna in mano e sulla carta del Senato scrive: «Caro Filiberto […], (ho capito che) la tua posizione non è determinata da un motivo di procedura o di forma: è sostanza. E me ne duole perché è una posizione inattesa, non spiegata dai precedenti della tua azione, con la quale la mia si è sempre confusa. Ti saluto con affetto immutato»49. Era troppo tardi.
Al nipote Raimondo Cocco che dirigeva la sezione PSd’AS di Seui, così scrive (15novembre 1949) raccontando sé stesso e gli eventi turbinosi di quegli ultimi mesi: «Come certamente avrai appreso dai giornali, il Consiglio Direttivo del nostro partito ha deciso la nostra confluenza nel PSI. Io ho vivamente avversato tale decisione, perché la ritengo un gravissimo errore politico per due fondamentali ragioni: non condivido l’attuale indirizzo nenniano del PSI, non ritengo esaurito il compito del sardismo. Per ora il nostro Partito deve conservare la sua fisionomia nettamente di- stinta. Finché non avremo raggiunto le finalità sardiste – prima di tutto la vera autonomia legislativa e finanziaria, che sta alla base del nostro programma –, noi dobbiamo essere prima sardisti e poi socialisti. E quando, in un più propizio momento, decideremo la confluenza, la attueremo con un socialismo vero, né saragattiano, né nenniano, basato su principi inviolabili di schietta democrazia. Questo è il mio pensiero. Quindi, per ora, io non posso confluire nel PSI. Ne informo te e gli altri com-pagni del PSd’AS in Seui, perché lo ritengo doveroso. Ma siete liberi di decidervi come credete meglio»50.
A Filiberto Farci, deluso dal partito degli avvocati che avevano totalmente dimenticato la questione sociale e che parlavano un linguaggio astrattamente separatista, che si svegliavano durante le elezioni per poi richiudersi nei loro studi ad alimentare le clientele locali; deluso da Lussu che considerava centrale la lotta per la legalità, il lavoro e la libertà ma aveva dimenticato l’autonomia …, non restava che il silenzio. Prima Orano, ora Lussu: due delusioni cocenti erano davvero troppo51! A lui che nella vita politica aveva creduto e per la sua Sardegna aveva vissuto e combattuto, non restavano più che la fantasia e la penna. E il silenzio.
NOTE
1 I primi studi d’insieme sull’opera di Filiberto Farci sono quelli di T. LODDO, Filiberto Farci. Note per un profilo, in F. FARCI, Gioele Flores e altri racconti, Cagliari-Selargius 2010, pagg. 13-53 e A. CARTA, Filiberto Farci. La lingua e lo stile, in ib., pagg. 54-69; a questi lavori si rimanda per appro- fondimenti e bibliografia. Tra le altre opere vedere G. CONTU, Filiberto Farci, politico e scrittore, in «Quaderni Bolotanesi», 27 (2001), pagg. 81-94; A. CARTA, Filiberto Farci: letteratura e questione sarda, in «Nae», 2 (2003), pagg. 16-32; ID., Introduzione in F. FARCI, Racconti di Sardegna, Sassari sd (ma 2003), pagg. 21-50; G. DEPLANO, Vita e opere di Filiberto Farci, in «Bullettino Bibliografico del- la Sardegna», 4 (1987), pagg. 83- 89.
2 Prossima confluenza nel PSI dei socialisti di Lussu, in «L’Unione Sarda», 2 agosto 1949, pag. 3.
3 Questa nota, come tutte le note del Farci che seguono, sono tratte dall’archivio privato del medesimo(d’ora innanzi per indicare l’Archivio Farci sarà utilizzato l’acronimo AF), custodite in Cagliari dal figlio ing. arch. Jolao Farci, che si ringrazia per averle messe a disposizione dello scrivente.
4 Su di lui si veda l’opera monumentale di G. FIORI, Il cavaliere dei rossomori. Vita di Emilio Lussu, Torino 1985.
5 F. FARCI, L’antesignano dell’autonomia, in «Il Solco», 3 (1945), oggi in M. R. CARDIA (a cura di), Il Solco, vol. I, Sassari 1975, pag. 144.
6 Ib.
7 L’intero testo di questo intervento e del successivo, ampio discorso di Lussu si trova in un ampio re- soconto dattiloscritto (vedilo in AF).
8 Ib.
9 Vedine l’accurata ricostruzione in S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio nel Partito Sardo d’Azione tra cro- naca e storia, vol. I, Sassari 1993, pagg. 311ss.
10 Il testo della relazione di G.B. Melis è in ib., pagg. 313-325.
11 Vedine la ricostruzione in ib., pagg. 63-71.
12 Ib., pag. 315.
13 Ib., pag. 322.
14 «L’Unione Sarda», 4 luglio 1948, pag. 1.
15 Vedine l’intervento in S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio …, op. cit., pagg. 351-379.
16 Ib., vol. II, pag. 16. Lussu definirà più tardi il PSd’A «un partito di clientele attorno ad avvocati one- sti e celebri […] che potrebbe comodamente tenere le sue riunioni in una sala del palazzo di Giustizia» (ib., pag. 449). Manlio Brigaglia ricorda come «Mastino ed altri capi sardisti inorridirono, sentendosi chiamare compagni» (M. BRIGAGLIA, Una vita a fianco delle avanguardie progressive, in «Sassari Sera», 1-15 marzo 1977), mentre lo stesso Gonario Pinna, che si rivolge all’Assemblea con l’incipit«Amici e compagni sardisti!», riconosce un secondo dopo di aver pronunciato «un’ingenua parola» (Il pensiero di Gonario Pinna, in «Il Solco», 8 (1948), oggi in M. R. CARDIA (a cura di), Il Solco, op. cit.,vol. II, pag. 688). Tagliente fu anche il giudizio di Velio Spanu, leader comunista, incaricato all’epocadi curare i rapporti tra la Direzione Nazionale del suo partito (il PCI) e la Sardegna, per il quale il sar-dismo sarebbe stato null’altro che «le clientele di alcuni grandi avvocati» (V. SPANU, L’unità del popo- lo sardo nella lotta per la sua redenzione, in «Rinascita», 2 (1944), citato da M. A. DENTONI, Il movi- mento contadino in Sardegna: alleanze e solitudini, in AA. VV., Democrazia e contadini in Italia nel XX secolo, Roma 2006, pag. 316n).
17 S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio…, op. cit., vol. II, pag. 419.
18 G. FIORI, Il cavaliere.., op. cit.
19 S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio …, op. cit., vol. II, pag. 419.
20 Vedilo in ib., pagg. 422-450.
21 Ib., pag. 450
22 Così si espresse nel primo comunicato ufficiale il nuovo segretario del PSd’AS, Francesco Branca(cfr. ib., pag. 25)
23 Vedere, tra gli altri, «L’Unione Sarda» del 27 luglio 1948. Il tono delle polemiche fu, invece, politi-camente corretto anche se fermo nelle pagine de «Il Solco». Vedere, ad esempio, l’articolo di PietroMastino comparso il 19 agosto 1848 o il pezzo anonimo comparso il 15 novembre dello stesso anno
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T. LODDO, Filiberto Farci e il socialsardismo
(P. MASTINO, Sardismo e socialismo, «Il Solco», 9 (1948), oggi in M. R. CARDIA (a cura di), Il Solco, op. cit., vol. II, pagg. 701-704, e Sperduti i social sardisti nel caos ideologico del PSI, in ib., 14 (1948), anch’esso in ib., pagg. 706-708).
24 S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio…, op. cit., vol. II, pagg. 25-26.
25 Vedi G. F. CONTU, Origine e crisi del social sardismo. A quarant’anni dalla nascita del PSAS, in «Quaderni Bolotanesi», 15 (1989), pag. 84.
26 Cfr. ib., che riporta anche interessanti documenti in merito, soprattutto la lettera di Emilio Lussu ad Alberto Jacometti (segretario nazionale del PSI) del 15 febbraio 1949 e la risposta del medesimo a Lussu, che riassumono tutti i passi fatti a tal proposito da Lussu e dalla Direzione del PSI (ib., pagg. 97-101).
27 S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio…, op. cit., vol. II, pag. 48.
28 Così testimonia Velio Spanu (V. SPANU, Per l’unità del popolo sardo, Cagliari 1978, cit. in ib., pag. 136).
29 S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio…, op. cit., vol. II, pag. 48.
30 Vedine l’intero testo in ib., pagg. 54-55.
31 E. LUSSU, Socialismo e socialisti in Sardegna, in «Mondo operaio», 34 (1949), pag. 3.
32 Ib.
33 E. LUSSU, Socialismo e socialisti in Sardegna, in «Mondo operaio», 35 (1949), pag. 3, con questa significativa aggiunta: «La fusione sarebbe avvenuta prima delle elezioni regionali se non fosse pre- valsa la convinzione che un avvenimento simile potesse essere interpretato come pastetta elettorale».
34 Cfr. precedente nota 3.
35 E. LUSSU, Socialismo e socialisti …, op. cit., 35 (1949), pag. 3.
36 «Politicamente, la situazione nuova che si crea in Sardegna con questa fusione che è già in atto èquesta: per la prima volta nell’Isola l’avanguardia operaia è strettamente congiunta, sia pure a mezzodi due partiti autonomi (PCI e PSI, ndr), alla massa rurale. Questo fatto influenzerà di sé tutta la vitadell’Isola» (ib.).
37 «Adoperando un’espressione notarile, si può dire che questo è un matrimonio d’amore e di interesseinsieme» (ib.).
38 Vedila in AF.
39 Lussu fa riferimento al primo Congresso del PSd’AS tenutosi il 12 marzo 1949 a Cagliari nella saladella Manifattura Tabacchi, nel corso del quale sia il segretario A. Francesco Branca sia lo stesso Lus- su «ribadirono i capisaldi del programma social sardista, compresa l’aspirazione futura all’uni- ficazione con i socialisti», ma senza decidere alcunché nel merito (vedi G. F. CONTU, Origine e crisi…, op. cit., pagg. 84-85).
40 In realtà, il Consiglio del PSd’AS non aveva mai affrontato la questione in maniera esplicita e for-male, tant’è vero che il segretario Branca solo in data 23 settembre 1949 lo convocherà per il 1 ottobresuccessivo con il seguente odg: «Fusione del Partito con il PSI» (vedi copia della lettera di convoca- zione in ib., pag. 106).
41 La lettera è in AF.
42 P. C. MASINI – S. MERLI (a cura di), Il socialismo al bivio, Milano 1980, pag. 405n.
43 Vedi G. F. CONTU, Origine e crisi…, op. cit., pag. 84.
44 Così Lussu si era espresso nel celebre discorso costitutivo dell’11 luglio 1948 dell’Olympia: «Credoche mi si vorrà concedere con garbo che, se fossi comunista, avrei il coraggio di dichiararlo e di pro- clamarlo, come fanno tutti i comunisti» (vedi l’intero discorso in S. CUBEDDU, Sardisti. Viaggio…, op. cit., vol. I, pag. 422-450).
45 Così scrive Lussu nella citata lettera ad Alberto Jacometti (G. F. CONTU, Origine e crisi…, op. cit.,pag. 98): «D’altronde, mentre il nostro pensiero socialista è rigorosamente controllabile, non lo è al- trettanto il vostro pensiero autonomistico per la Sardegna, che ci pare abbia bisogno di maggiori chia- rimenti e precisi impegni politici, specie dopo affermazioni di carattere anti-autonomistico fatte dai rappresentanti della corrente che detiene attualmente la rappresentanza della federazione provinciale di Cagliari. Per noi, socialismo e autonomia sono termini inscindibili; altrettanto non è per voi […]».
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T. LODDO, Filiberto Farci e il socialsardismo
46 Sul merito, si veda quanto scrive M. R. CARDIA, La nascita della Regione autonoma della Sardegna, Milano 1992, pagg. 228ss., che riporta, tra l’altro, un eloquente passaggio di un discorso pronunciato proprio a Cagliari da uno dei massimi dirigenti nazionali del PSI, Angelo Corsi, che così si esprime: «Il Partito Socialista sostiene la necessità delle autonomie regionali, ma limitate alla soluzione dei problemi locali, contro ogni protesta di autonomie legislative ed economiche» (pag. 231). Vedere M. PIRA, Come in Lussu convissero sardismo e socialsardismo, in «Paese Sera», 12 gennaio 1980.
47 Vedi il testo dattiloscritto del discorso in AF.
48 F. FARCI, Un costruttore dell’autonomia sarda. Egidio Pilia, in «Il Shardana», 7-8 (1947), pag. 4.
49 La nota è in AF. Da altra nota manoscritta datata 23 ottobre 1952, conservata in ib. e firmata da Mi- chele Saba, sappiamo che Lussu conserverà sempre immutata la sua stima nei confronti di Farci. «A Roma – scrive Saba – ho incontrato casualmente anche Lussu che con me è stato – meraviglia! – cor- diale. Abbiamo parlato di te e mi ha detto sorridente che lo hai chiamato Saturno (hai fatto bene!), e ha aggiunto (sic!): Forse non ha tutti i torti, lui che ho sempre considerato una granitica avanguardia del sardismo storico. Era commosso […]».
50 Ib.
51 Ci riferiamo alla proposizione e difesa ad oltranza – contro tutti e tutto – della candidatura di Paolo Orano alle elezioni politiche del 1919. Vedere T. LODDO, Filiberto Farci. Note per un profilo, op. cit., pagg. 25-28.
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