“Sa Tuva, Abbasanta, Ghilarza e Norbello” di Franco Piras
Ghilarza, Abbasanta e Norbello in festa. I giovanissimi della leva di Ghilarza, Abbasanta e Norbello non vedevano l’ora che arrivasse il giorno in cui insieme a familiari a parenti ed amici, sarebbero dovuti andare a sradicare (Sa Tuva) l’albero da sacrificare a Sant’Antonio.
Per loro è un battesimo di fuoco, è una Prova dopo la quale, se riescono a superarla (e ci riescono), verranno considerati uomini. Caricare “Sa Tuva” sul carro richiede abilità, intelligenza pratica, ecco perché sono graditissimi padri, zii, fratelli maggiori e amici, i quali con una punta di orgoglio tengono simpaticamente a far capire che per loro è una strada che hanno già fatto. (Giovanna Elies)
“Sa Tuva”, legata al carro da funi che per un abile gioco di nodi si stringono tra loro sempre più.
Rievocato il sacro rito di sant’Antonio per FRANCO PIRAS, diventare carro e tuva un unico pezzo. Mani esperte e callose accarezzano i buoi un secondo prima di sistemare nel collare degli insensibili animali il giogo che li terrà uniti, e poter scaricare insieme quella forza costante e determinante per il viaggio in paese.
Solo il padrone o chi per lui ha il compito di urlare l’ordine ai buoi di tirare: i giganti abbassano Ia testa, le narici fumanti toccano terra gli occhi si incattiviscono i muscoli si contraggono fino allo spasimo e il carro col suo prezioso carico finalmente si muove.
E da quel teatro improvvisato si leva un urlo unisono, Poderoso e disumano, che si perde poi tra gli alberi del bosco. Il più è fatto non c’è che da rientrare in Paese, il festoso corteo passa tra due ali di folla che urla e applaude: le mamme commosse per quei figli diventati uomini pregano: “Sant’ Antoni Bos cunzedad su chi disizais” (Sant’Antonio vi conceda ciò che desiderate) .
Da quel momento i giovani della leva arrivano in trepida attesa, il sedici gennaio è per loro la data più importante di quest’anno. Non vedono l’ora di dar fuoco a quel mastodontico albero cavo collocato al centro della piazza, con la speranza che così come le fiamme distruggono “Sa Tuva”, il Santo al quale viene sacrificata, distrugga i mali che affliggono l’umanità.
I giovani protagonisti fanno a sfida a chi riesce ad invitare più gente possibile: una fetta di “Panischedda” (Pane di Sant’Antonio) ed un bicchiere di vino: “salude Vida e Paghe a tottus”.