Il culto della Madonna in Sardegna a cura di Giovanna Elies
Riceviamo dalla prof.ssa Giovanna Elies questi appunti da lei stilati ascoltando una relazione del compianto prof. Tetti. La pubblichiamo volentieri. Chi vorrò intervenire sul tema potrà farlo.
Immacolata Concezione
Gli apostoli e i discepoli di Gesù non potevano non conservare e diffondere il culto della Vergine. Era un atto dovuto e forse necessario in un momento di grande difficoltà, nel quale gli apostoli e i seguaci del Cristo erano soggetti alle intemperanze romane, greche, farisaiche e degli stessi giudei.
Prepararsi a conquistare le genti in nome di Cristo crocifisso non doveva essere un’opera facile né scontata. Gesù stesso, sulla croce, l’aveva indicata come loro Madre e quindi del mondo cristiano. Il culto, e più tardi la memoria, di Maria potevano rappresentare per loro, senza ricchezza e potenza e malvisti da romani, greci e giudei, una sorta di consolazione.
Il culto di Maria ha avuto uno sviluppo molto articolato. Tra i vangeli apocrifi, il protovangelo di Giacomo sembra voler supplire con la fantasia popolare al silenzio dei Vangeli, che ricordano Maria nelle sue significanti parole del Magnificat; a proposito delle Nozze di Cana; ai piedi della croce e in preghiera con la prima comunità cristiana. Nei Vangeli di Marco e Luca la figura della Vergine si innalza con la sua specifica personalità e con i suoi tratti caratteristici: la scelta da parte di Dio; il concepimento verginale; l’atteggiamento di fede e la sua risposta umile e obbediente; l’ascolto della Parola di Dio e l’accettazione del Suo piano anche nel dolore, sono elementi che porteranno il popolo cristiano alla grande devozione per la Madre di Dio, Donna umile e obbediente.
- Ignazio di Antiochia, morto martire sotto Traiano nel 107 d.C., convertito al cristianesimo da Giovanni evangelista, la ricorda nella Lettera ai cristiani di Talle: «Non ascoltate quando qualcuno vi parla al di fuori di Gesù Cristo che proviene dalla stirpe di Davide, da Maria, che realmente fu generato, mangiò e bevve, realmente fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, realmente fu crocifisso e morì sotto lo sguardo del cielo, della terra e degli inferi, che realmente risuscitò dai morti …»1.
Prima Apologia, indirizzata anche agli imperatori Antonino Pio e Lucio Vero – nella sua opera “Dialogo con Trifone” all’interno della quale scrive: “Si definiva figlio dell’uomo certamente per il fatto di essere nato dalla vergine – la quale, come ho detto, era della stirpe di Davide, Giacobbe, Isacco e Abramo – o anche per il fatto che Abramo stesso era padre di quelli qui elencati, la cui stirpe continua in Maria – sappiamo infatti che i genitori di figlie femmine sono padri anche dei figli da esse generati –2; e ancora: “Eva, infatti, che era una vergine esente da corruzione, accogliendo la parola del serpente, generò disubbidienza e morte; la Vergine Maria, invece, concepì fede e gioia quando l’angelo Gabriele le portò il lieto annuncio che lo Spirito del Signore sarebbe sceso su di lei e la potenza dell’Altissimo su di lei avrebbe steso la sua ombra, per cui il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio; e rispose: “avvenga in me secondo la tua parola”3.
Nel “Dialogo”, Giustino, ormai convertito, mette a confronto la filosofia con il giudaismo e spiega al rabbino Trifone la sofferenza spirituale che lo ha portato alla conversione; ma non si limita a parlare di sé, afferma che il λόγος è divenuto carne ed è Maria che dà al Logos una generazione temporale, ossia un rivestimento carnale.
Secondo il Catalogo Liberiano4, nel 37 dopo Cristo l’apostolo Giacomo sbarcò a Cagliari e nell’occasione celebrò la Santa Messa sotto il colle di Bonaria, presso la grotta della dea Ferocia. L’apostolo Pietro, che sarebbe giunto in città nel 53 d.C., annunciò ai pagani devoti della dea che in Oriente viveva una Vergine, Madre del Creatore.
Il Padre francescano Salvatore Vidal, nei suoi Annales Sardiniae5, racconta che i sardi, colpiti dalla parole di Pietro, recatisi a Gerusalemme, rimasero affascinati dalla visione di Maria e al ritorno sostituirono il tempio pagano di Feronia con la chiesa che diventò più tardi la prima cattedrale di Cagliari e della Sardegna: Santa Maria del Porto.
In realtà, è pensabile che tra gli ebrei deportati in Sardegna dagli imperatori Tiberio, Claudio, Massimino il Trace e Commodo, vi fossero molti cristiani – tra i quali il futuro papa Callisto, che ottenne la liberazione grazie all’intercessione di Marcia Aurelia Ceionia Demetria, concubina di Commodo – i quali diedero un notevole impulso alla divulgazione del cristianesimo; per quanto non si abbiano notizie certe sul culto mariano.
Il culto della Madonna si conservò anche nel periodo più critico della dominazione vandalina – 456-534 d.C. –. Il re Vandalo Trasamondo esiliò in Sardegna tutti i pricipali rappresentanti dell’ortodossia cattolica, tra i quali Feliciano, vescovo di Cartagine, Gianuario, vescovo di Ippona, e Fulgenzio di Ruspe6. Costoro poterono svolgere una intensa attività religiosa, sviluppata soprattutto a Cagliari.
La dominazione Vandalica della Sardegna durò circa 60 anni, ma nonostante la ferocia dei Vandali la Chiesa sarda conservò sostanzialmente la sua libertà di culto.
Dopo la morte dell’imperatore Teodosio II – 28 luglio 450 d.C. – e la caduta dell’Impero Romano d’Occidente – 476 d. C. –7 la Sardegna mantenne una continuità sostanziale con la fase romana. L’invasione dei Longobardi – 568 d.C. –, che mutò il volto dell’Italia, lambì la Sardegna: vi sono nell’isola tracce della loro presenza, confermate dal ritrovamento di vari oggetti. Con la Battaglia di Cartagine8 – 698 d.C. – ebbe inizio un periodo oscuro per l’Isola in quanto la stessa Calari dovette ritirarsi verso Santa Gilla. Furono abbandonati i più importanti presìdi dell’isola: Tharros, Turris Libisonis, Ulbiae e molti altri piccoli centri scomparvero per paura delle continue incursioni da parte dei saraceni i quali, dopo lo sbarco, pare che attaccassero i centri dell’Isola cavalcando “cavalli verdi” – cavalli bardati con il drappo verde della Mecca –9.
Sconfitti i Vandali di Gelimero – battaglia di Tricamarum del 15 dicembre 533 – da parte del generale Belisario, la Sardegna transitò sotto la dominazione bizantina e governata da un Judex residente a Karalis e da un comandante militare, Dux, di stanza “…iuxta montes Barbaricini videntur sedere”10; località individuata dagli storici in Forum Traiani, odierna Fordongianus. I Bizantini influirono non poco sulla religiosità dell’isola, ancora per molti versi pagana. Gradualmente, nelle liturgie inserirono il greco al posto del latino e, per quanto riguarda la Madonna, portarono in Sardegna il rito della “dormizione” ossia la “Koimésis”.
L’impero bizantino ha lasciato in Sardegna due importantissime chiese dedicate alla Madonna: a Cagliari quella intitolata alla Vergine d’Itria – tradotto letteralmente: colei che guida nel cammino –; chiamata anche Madonna di Costantinopoli. A Quartu S. Elena, la chiesetta intitolata dai padri agostiniani nel 1585 alla Madonna di Buon Cammino sostituì l’antica intitolazione bizantina alla Vergine d’ Itria. A Siligo la chiesa intitolata a Nostra Segnora de Mesumundu. A Guasila, Orani, Paulilatino le chiese intitolate alla Vergine d’Itria. Ma le chiese bizantine in Sardegna sono moltissime e per la maggior parte intitolate alla Vergine. Tra queste spicca la Chiesa intitolata a Santa Maria di Bonarcado – in sardo Bonacatu – vale a dire del buon ritrovamento. La forma Bonarkanto è riconsegnato dal Condaghe di santa Maria di Bonarcado direttamente dal greco-bizantino panachrantos – non macchiata e quindi tutta pura –. Giulio Paulis e Massimo Pittau riconducono invece il termine a monachrantos, unica pura.
Il giudice Costantino I d’Arborea, nell’atto di donazione dell’abbazia ai camaldolesi del 1110, scrisse “et istud cenobium ad honorem individue Trinitatis et intemerate virginis Dei genitricis Marie et omni ambiguitate remo-ta [con]stituo”. L’aggettivo “intemeratae” è traducibile in pura, immacolata, anche se ovviamente ancora il culto per l’Immacolata non era molto diffuso. Per poter parlare del culto dell’Immacolata in Sardegna occorre attendere l’arrivo dei francescani. Per quanto alcuni di loro fossero molto tiepidi, l’inizio del culto si deve a Giovanni Duns Scoto11, il quale per liquidare l’argomento disse: “potuit, decuit, ergo fecit” – Dio poté, lo ritenne doveroso, dunque lo fece –. A Cagliari furono fondate ben tre confraternite, una delle quali sopravvive ancora “l’Arciconfraternita intitolata alla Vergine d’Itria”, che ebbe la sede presso il convento dei Padri Agostiniani, nel quartiere Marina, dal 1607 al 1881, quando venne trasferita presso la chiesa di Sant’Antonio Abate.
Il periodo bizantino non fu indenne da frange di eresia, tuttavia i sardi continuarono a venerare Maria come “Genitrice di Dio e Signore nostro” come afferma papa Gregorio Magno nella lettera a Origene. Secondo Nestorio arcivescovo di Costantinopoli – Germania 381 ca. Kharga 451 ca, ma di nazionalità siriana –, la Vergine non era Θεοτόκος (madre di Dio), ma Cristotokos (madre di Cristo).
Riguardo il culto per la Vergine d’Itria a Osilo, è bene ricordare che il suo simulacro, con ai lati Santa Rosa da Lima e sant’Antonio, almeno fino al 1755 era collocato nell’altare maggiore della Parrocchiale12: “Itria” è una corruzione del greco bizantino Oδηγήτρια, colei che conduce mostrando la direzione, composto di ὁδός «via» e ἄγω, ἡγέομαι «condurre, guidare», intitolazione frequente nelle aree bizantine. La presenza del simulacro della Vergine d’Itria anche nella Parrocchiale di Osilo, e il chiaro influsso bizantino, portano a supporre che la costruzione del monumento possa essere antecedente alla data dichiarata.
Il culto dell’Immacolata fu istituito ufficialmente in Sardegna il 7 marzo 1632, giorno in cui gli Stamenti e le Corti generali di Sardegna, riuniti e presieduti dall’Arcivescovo Ambrogio Machin, stabilirono di “professare, insegnare e difendere a costo della vita l’immacolata Concezione”. Il 27 settembre del 1656 il Parlamento di Sassari mise il Regno sardo sotto la protezione dell’Immacolata. Con la proclamazione di Maria immune da peccato originale. Con la Bolla Ineffabilis Deus – emanata a Roma da Papa Pio IX il 18 dicembre 1854 – si ottiene in sostanza l’imprimatur per una ricorrenza già ampiamente diffusa in tutta l’Isola. Il dogma dell’Immacolata Concezione non si riferisce al concepimento verginale di Gesù, ma alla stessa madre del Cristo preservata dal peccato originale in vista della venuta salvifica del Messia. Maria diviene così “dimora senza peccato”.
Nota: In questo testo sono inserite alcune parti estrapolate da un elaborato inconcluso ed inedito del prof. Virgilio Tetti, dal titolo “ Il culto della Madonna in Sardegna”.
Parrocchia di Osilo -Immacolata Concezione –
Cenni storici
Il Canonico Liperi Tolu, nel volume “Osilo”, non cita la data di costruzione, riporta solo la data nella quale è stato eretto il campanile, 1704, data ritrovata negli appunti dell’Arciprete canonico Sanna Tolu, che fra l’altro riporta anche il nome dell’amministratore della chiesa: tale Salvatore de su Frassu.
Risalire alla data di costruzione, o almeno al primo impianto della chiesa, non è semplice. La sua costruzione potrebbe essere avvenuta in un arco cronologico compreso tra il 1400-1450 ed il 1500; vale a dire, in un arco di tempo antecedente l’erezione a Pievania, avvenuta nell’anno 1550. Avendo certezza che nell’altare centrale dominasse il simulacro della Vergine d’Itria, è presumibile – essendo il culto tipico della cristianità bizantina – che la chiesa possa essere stata edificata in un tempo antecedente rispetto alle date canoniche.
Per Pievania si intende un territorio, o circoscrizione, sotto la guida di un Pievano il quale, a sua volta, è un sacerdote titolare di una Pieve – dal latino plebs, plebis: plebe, volgo – , centro di una circoscrizione religiosa.
Nella Parrocchia di Osilo, eretta a Pievania, i sacerdoti accreditati come pievani furono: Baingiu Marcello, Mighel Angelo Oggianu, Tore Manunta e Melchiorre Pinna. Nel periodo, e fino al 1800, l’altare maggiore era in legno ed era dedicato alla Vergine d’Itria – come già detto, Vergine odigitria, Colei che mostra il cammino –. Ai fianchi dell’altare maggiore erano posizionate: da una parte la statua di Santa Rosa da Lima, forse a destra; dall’altra la statua di sant’Antonio, ma non sappiamo se si trattasse di sant’Antonio abate o di S. Antonio da Padova, anche se probabilmente si trattava del primo.
Nel 1727, dopo fasi alterne, la Parrocchia di Osilo, allora governata dal pievano Antonio Francesco Serra di Ittiri, ottenne l’imprimatur da papa Benedetto XIII per l’istituzione a Parrocchia Collegiata, assurgendo agli stessi onori di alcune altre parrocchie sarde, quali la chiesa di sant’Anna di Cagliari; la parrocchia di Ozieri; la parrocchia di Tempio.
Per 150 anni la Parrocchia ha ospitato e nutrito un gran numero di sacerdoti; circa cento, tra Arcipreti, Patronati e Beneficiati. Per Parrocchia Collegiata si intende un collegio o capitolo di chierici, chiamati Canonici. Le Collegiate furono istituite con lo scopo di rendere solenne il culto a Dio. Del periodo della Collegiata restano il preziosissimo coro ligneo e il fonte battesimale, unico, insieme a quello della parrocchiale di Orosei e di Gavoi. Mentre non si ha alcuna traccia di riferimento dell’altare maggiore ligneo, sostituito nel 1835 con l’attuale in marmo, progettato da Giuseppe Monteverde.
Giovanna Elies
- 1. Ignatii Episcopi Antiocheni, Epistola ad Thallianos, Caput VII, IX, in Patrologiae Cursus Completus Series Graeca, Accurante J.P. Migne,Tomus V, Parisiis 1891, coll. 681, 682. Cfr. dello stesso autore, anche le Lettere ai cristiani di Efeso e Smirne.
- 2. Justini Philosophi et Martyris, Dialogus cum Thryphone Yudaeo, 100, 3, in Patrologiae Cursus Completus Series Graeca, Accurante J.P. Migne,Tomus VI, Parisiis 1857, coll. 709, 710.
- 3. Ibidem. 100, 5, coll. 709, 710.
- 4. Papa Liberio fu il trentaseiesimo papa della Chiesa cattolica. Regnò dal 17 maggio del 352 sino al 24 settembre del 366, data della sua morte.
- 5. Salvatoris Vitalis, marensis, regularis observantiae franciscani, Annales Sardiniae, A saluberrimi Virginis partus exin ad usque prouectum annum 300, T. 2, Typis L. Petri Cardi, Milano 1645.
- 6. “506 – Transamundus Vandalorum rex catholicas ecclesias clausit et ccxx episcopos esilio Sardiniam misit.”. Charles W. JONES, Beda Venerabilis, De temporum ratione liber, in Corpus Christianorum Series Latina CXXIII B, Typographi Brepols editores pontificii, Turnholti 1977, 520.
- 7. Anno in cui il visigoto Odoacre depose l’ultimo imperatore romano d’Occidente, Romolo Augustolo.
- 8. Combattuta tra un corpo di spedizione bizantino e l’esercito del Califfo Omayyade. Persa Cartagine ad opera dei musulmani, l’Imperatore Leonzio inviò la flotta sotto il comando di Giovanni Patrizio e del Δρουγγάριος Tiberius Apsimarus, che grazie ad un attacco a sorpresa ripresero la città, obbligando le armate arabe ad ritirarsi presso Qayrawan.
- 9. Il Canonico Liperi-Tolu, nel volume conferma la notizia riguardo ai cavalli verdi, conosciuta e tramandata oralmente anche a Osilo. Francesco Liperi Tolu, Il sogno, la realtà, Alfa Editrice, Quartu S. Elena 1990.
- Codex Iustinianus, I, 27, 2, §3. “In Sardinia- Iubemus ducem ordinari et eum iuxta montes, ubi Barbaricini videntur, sedere habentem milites pro custodia locorum”.
- 11. conosciuto anche come Doctor Subtilis – Duns, 1265–1266 – Colonia, 8 novembre 1308 –. Filosofo e teologo scozzese, è stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 20 marzo 1993.
- 12. Francesco Liperi Tolu, Osilo, p.291.