“Il Convitto Canopoleno di Sassari” di Pietro Meloni, Vescovo Emerito di Nuoro
Già il compianto Raimondo Turtas nei suoi saggi sulla nascita e sviluppo dello Stadium Generale gesuitico, con documenti in catalano e castigliano, ha ampiamente illustrato gli accordi intercorsi tra i Gesuiti e il Canopolo, quando i primi cedettero il collegio vecchio situato nell’area del palazzo attuale dell’anagrafe del Comune di Sassari, ottenendo che gli stessi ne avessero la direzione, mentre il presule s’impegnava a costruire nel nuovo collegio, inaugurato nel 1627 nella Corte Bonetta, attuale sede dell’Università, sei aule da destinare alla Facoltà di Medicina.
La malaria, infatti, rendeva impossibile istituire un seminario ad Oristano per il reclutamento del clero locale e per la formazione di convittori che si sarebbero dati alle libere professioni.
Dirimpetto al vecchio collegio i gesuiti costruirono la loro casa professa per l’attività pastorale da essi svolta a vantaggio della città con l’adiacente chiesa di Gesù e Maria, iniziata romanicamente e ultimata in stile gotico aragonese per la mancanza di maestranze adeguate.
La piazza seicentesca come preziosa memoria del passato risulta tra i più coerenti siti architettonici della città di Sassari. La chiesa di Gesù e Maria divenne chiesa di Santa Caterina, dopo la demolizione della chiesa quattrocentesca dedicata alla Santa, chiesa oggi non molto utilizzata dopo la deportazione a Latte Dolce di molti abitanti del Centro Storico.
Mons. Meloni accenna al lavoro del Derudas, a noi sconosciuto, ma sappiamo bene quanto disordine ci fosse nell’archivio storico del Canopoleno, di fatto impraticabile, e vogliamo sperare che il lavoro al quale il presule accenna abbia rotto l’inaccessibilità dell’archivio per dar luogo a nuovi studi. La lunga storia del Convitto (1627-2018) non si esaurisce di certo in un lavoro per quanto encomiabile né la storia di un’istituzione che va avanti in varie modalità e articolazioni da quattro secoli richiede una serie di lavori che senza la sistemazione dell’archivio non può certo procedere speditamente. (A. T.) Cfr, Raimondo Turtas, La nascita dell’Università in Sardegna. La politica culturale dei sovrani spagnoli nella formazione degli Atenei di Sassari e di Cagliari (1543-1632), Dipartimento di Storia.Università degli Studi di Sassari 1979 pp. 192 e altri studi della collana CISUS
Marcello Derudas, Il Convitto Nazionale Canopoleno. Una finestra su quattrocento anni di storia, Delfino Carlo Editore, Sassari 2018
“Memoria est thesaurus”. La memoria è un tesoro – sentenziava Marco Tullio Cicerone – la memoria è uno scrigno che custodisce tutte le cose (De Oratore1,5,18). La sete di esplorare gli archivi della memoria ha spinto il giovane ricercatore Marcello Derudas a ricostruire il tessuto della storia culturale di Sassari e della Sardegna attraverso il ricordo della gloriosa istituzione del “Convitto Nazionale Canopoleno”. Questo celebre cenacolo educativo sassarese ha “sfidato i secoli, risorgendo dalle sue stesse ceneri più volte, e rialzandosi sempre più vigoroso, forgiando al proprio interno personalità intellettuali”, afferma l’autore nel presentare il frutto delle sue ricerche nel presente libro: “Il Canopoleno di Sassari, da Seminario Tridentino a Convitto Nazionale”.
I Sassaresi conoscono il personaggio che ha dato nome al “Canopoleno” perché ancora percorrono l’antica via a lui intestata nel centro storico, ma è bello rinfrescare la memoria dell’illustre cittadino di Sassari Antonio Canopolo, che fondò il primo “Seminario Tridentino” e insieme ad Alessio Fontana sostenne la fondazione della Scuola Superiore della città, divenuta poi l’Università. L’auspicio dell’illustre storico cagliaritano Pietro Martini e del famoso erudito sassarese Enrico Costa risuonava oltre un secolo fa come un invito a rinverdire la memoria degli uomini di cultura di Sassari e degli artefici della chiamata in Sardegna dei Maestri Gesuiti, che per primo l’arcivescovo Salvatore Alepus aveva invitato a venire a Sassari, prendendo contatto personalmente con Sant’Ignazio di Loyola.
Benemerita è quindi la fatica del nostro appassionato Marcello Derudas, che ha raccolto con diligenza gli studi e i documenti per offrire al lettore una visione d’insieme sulla storia del “Canopoleno”.
Antonio Canopolo era nato a Sassari nel 1540 da un padre proveniente dalla Corsica, aveva compiuto gli studi nella prestigiosa Università di Salamanca, era stato cappellano dell’imperatrice Maria d’Asburgo e poi pievano di Bitti-Gorofai, ed era divenuto infine arcivescovo di Oristano. Nel tempo in cui la Sardegna cominciava ad affacciarsi agli orizzonti della civiltà umanistica, egli contribuì a diffondere la cultura in tutta l’isola, spalancando ai giovani le strade già percorse da alcuni sardi eminenti che si erano andati formando nelle Accademie della Spagna e dell’Italia. Permaneva certamente nella popolazione sarda un diffuso analfabetismo, insieme ad una fede religiosa sincera, impregnata però di superstizione e sguarnita di dottrina teologica.
L’arrivo dei Gesuiti a Sassari nell’anno 1562 e la fondazione del Seminario Tridentino nel 1611 segnarono il tempo della rinascita, che consolidava la cultura e la passione dei molti intellettuali sardi, quali Nicolò Caneylles, Sigismondo Arquer, Gerolamo Araolla, Alessio Fontana, Giovanni Francesco Fara. La Chiesa e le Municipalità convergevano nel riconoscere nella scuola e nell’istruzione il fondamento di una nuova storia della fede e della civiltà. I Gesuiti trasmettevano ai giovani delle famiglie elevate scienza e sapienza, e si dedicavano anche all’educazione liturgica e catechistica di tutto il popolo. La predicazione cominciava a discendere dalla solenne lingua catalana e castigliana alla umile ed espressiva lingua sarda. E si diffondevano le celebrazioni religiose, le processioni delle confraternite, le feste popolari.
Labia sapientium disseminabunt scientiam: “le labbra dei sapienti diffonderanno la scienza”, sentenziava la Sacra Scrittura (Proverbi 15,7). I docenti e gli educatori del “Canopoleno” erano altamente qualificati e gli allievi li ascoltavano con soddisfazione, sottoposti ad una rigorosa disciplina di vita. Uno stile sobrio e austero, che i convittori hanno conservato anche nei tempi successivi, nei quali avvenne una graduale trasformazione degli studi e della convivenza comunitaria, a cominciare dal “ritmo” della giornata. Il tempo dello studio e della preghiera, dei pasti e del lavoro, del gioco e del riposo, erano scanditi con ordine e puntualità nella vita del Convitto. E chissà se tutti i giovani saranno stati sempre contenti del vitto “sano e nutriente”, ma inondato da fiumane di “minestre e minestroni”.
Il nostro autore ricorda i personaggi illustri che hanno vissuto al “Canopoleno” nei quattro secoli della sua esistenza, sicché i loro discendenti di oggi potranno scoprirli e ritrovarli, per onorare soprattutto quegli allievi che dovettero partire soldati e perirono nella Grande Guerra. A me sembra importante ricordare il più piccolo tra gli allievi, Giuseppe Maria Orrù, che fu accolto al Convitto all’età di sei anni nel 1832, manifestò da bambino la sua sete di bontà e la sua aspirazione alla santità, e morì all’età di tredici anni, circondato dall’affetto e dalla preghiera di tutta la popolazione di Sassari, che lo considerava “il piccolo San Luigi Gonzaga della Sardegna”.
I preziosissimi libri dell’antica Biblioteca del Convitto erano il tesoro della cultura e della scuola, tra i quali splendeva la “Bibbia” nell’edizione veneziana dell’anno 1572, con la versione latina del grande umanista Roberto Stephanus, anteriore alla Vulgata Sistina-Clementina della fine del Cinquecento. Preziosi sono anche gli antichi tesori dell’arte tramandati al Convitto e all’Università, come splendenti sono i dipinti degli artisti a noi contemporanei, che ornano il Nuovissimo Convitto di “Luna e Sole”: Stanis Dessy, Filippo Figari, Mario Delitala, Cesare Bazzoni, Giuseppe Sciola.
Grande fu la festa per la posa della prima pietra il 16 maggio 1968 alla presenza dell’arcivescovo Mons. Paolo Carta e dell’Onorevole Francesco Cossiga, preludio all’inaugurazione della moderna sede della Scuola, nella quale anch’io ebbi la fortuna di impartire ai ragazzi l’Insegnamento della Religione nelle Scuole Elementari al tempo del Preside Luigi Palomba.
Oggi ringraziamo Marcello Derudas per averci fatto gustare la storia del glorioso “Convitto Canopoleno” e auguriamo ai suoi educatori e ai loro discepoli un avvenire sereno e fruttuoso.
+ Pietro Meloni
Vescovo Emerito di Nuoro