“Le delicatezze mancate che restano come vuoti che ti passano da parte a parte.” di Sarah Savioli
Poi ci sono quelle parole dette come nulla fosse che ti fanno sentire come se ti strappassero lo stomaco da sotto con un colpo secco.
Le delicatezze mancate che restano come vuoti che ti passano da parte a parte.
Le scorrettezze da poco che proprio perché da poco ti sviliscono e basta.
Le vigliaccate che ti lasciano addosso odore di marcio e senso di nausea.
E le ferite brucianti di quelli che pensavi amici, svaniti in nuvolette di… loro come se tu alla fine fossi sempre stata meno importante del vecchio scontrino di un caffè.
Poi le cadute.
E l’energia e lo sforzo per rialzarti sempre con un nuovo peso sulla schiena, sempre con un nuovo groppo in gola da mandare giù in qualche maniera.
E il sorriso da non perdere, non si sa mai che agli altri possa venire il dubbio che ogni tanto ti serva un aiuto diverso da quello a costo zero di “Come ti stimo che sei tanto forte”, che possano decidere di muoversi di tanto così.
Intanto i casini da affrontare, gli ostacoli da superare.
E ciò di cui ti devi fare una ragione, infondo non va poi così male.
E ciò per cui tanto ti devi scazzare, ma c’è di peggio, non ti puoi lamentare.
Poi ad un certo punto non sanguini più.
Oltre al tuo perenne e sfiancante dovere di vedere il bello e il buono, ti prendi finalmente il diritto di guardare dritte le pile di emme in allegato.
E a chi vorrebbe vederti muovere la testolina in un perpetuo simpatico “sì” come un cagnetto di plastica dedichi la tua uscita di scena di schiena.
Non una parola, non un fiato sprecato.
Solo le due dita medie imperialmente alzate verso il cielo.
C’è di meglio. C’è di più.