“Giuliana: l’allevatrice coi guanti” di Ange de Clermont
Giuliana vive e alleva le sue pecore in quelle terre che un tempo appartenevano ai Falchi, ai Brau e ad altri proprietari terrieri. La mattina si leva con comodo, mettendo in funzione le mungitrici industriali, che mandano direttamente il latte al refrigeratore in attesa che passi la ditta lattiero-casearia a ritirarlo e a trasformarlo. Non produce direttamente né formaggio né ricotta le basta acquistare questi prodotti presso la bottega della Cooperativa a cui vende il latte.
Dopo la mungitura con l’ausilio dei cani pastori conduce le pecore nelle tanche dove ancora possono brucare l’erba oppure serve il fieno nei contenitori da cui il gregge mangia. A volte accompagna le pecore in qualche tancato lontano un chilometro dalla casa colonica dove abita tra Santa Giusta e su Crastu Biancu e poi va a riprenderle per la mungitura del secondo pomeriggio. Usa anche lei le macchine per la cultura del mangime, ma i lavori più gravosi glielo svolgono giornalieri a pagamento. Quasi sempre il mangime occorre comprarlo, in genere a Erula dove c’è un produttore di mangimi, prodotti in loco o in altre tanche lontane. Debbo solo accertarmi se per caso acquistano prodotti in Continente.
L’azienda l’ha ereditata dal padre che precedentemente lei aiutava nella gestione del gregge, ma non ha mai munto a mano. Quando nascono gli agnelli occorre separli dalle agnelle che per lo svezzamento debbono essere tenute lontane dalle madri, prima d’essere immesse nel gregge.
Giuliana è coetanea di Giovanna e va sempre più avvicinandosi alla pensione. Il suo cahier de doléances e che bisogna far fronte ai costi delle cure veterinarie, che il latte non è sufficientemente pagato e se non si sta attenti si finisce per lavorare in perdita o con un ristretto guadagno.
La zona in cui Giuliana ha i pascoli è abbastanza fertile e sicuramente fin dal tardomedievo è stata bonificata dai monaci Camaldolesi ai quali donna Maria Dettori, o de Tzori, donò nel XIII secolo servi, serve, bestiame e ville dove risiedevano i servi e le serve dei monasteri. Una di queste ville fu Orria Pitzinna il cui sito gli archeologi hanno identificato nell’attuale tanca di tre ettari nei pressi dell’attuale azienda agrituristica delle sorelle Truddaju. Subito dopo il rio Iscanneddu. Le costruzioni della villa debbono ancora essere portate alla luce attraverso un lavoro stratigrafico e cercando di risolvere il problema con gli attuali proprietari dei terreni che sono gli eredi dei Falchi.
Queste località oltre che ricche di pascoli conservano memorie storiche e beni culturali che potrebbero essere utilizzati per richiamare nel corso dell’anno visitatori alla ricerca di vicende storiche che hanno attraversato questi luoghi. Non possiamo che fare tanti auguri alla signorina allevatrice, visto che lei come Giovanna, ha preferito restare nubile e vivere direttamente tra i pascoli erbosi della sua terra. In paese sale per le solite incombenze burocratiche.