“Ottalogo del sassarese al mare” di Gianvincenzo Belli
I Il vero sassarese non va al mare, ma “fara a Platamona”, che non è la semplice spiaggia dei sassaresi, ma un vero e proprio microcosmo, un concetto filosofico, un alto ideale, uno stile di vita esclusivo che solo un sassarese doc si può permettere.
II Se maggiorenne e dotato di mezzo proprio il sassarese percorre la strada statale Buddi Buddi per raggiungere la sua località balneare preferita. La scelta cade su questo percorso poiché un sassarese che si rispetti fa tappa al bar Graziella, dove, dopo aver parcheggiato sgommando, entra gioioso e schiamazzante e chiede una bottiglia di birra e tre bicchieri (anche se è da solo, ma dire “una bottiglia di birra e tre bicchieri mascì” fa più ommu).
III Il sassarese minorenne non dotato di mezzo proprio si reca a Platamona con il mezzo di trasporto per eccellenza, “l’ EMMEPI'”, nelle due varianti “via Buddi Buddi” e “via Ottava”. La scelta dell’una o dell’altra opzione è del tutto indifferente per il minorenne, perché l’importante è trovare posto dietro “pa fà barracca”. Essenziale un coro tipo “zi poni la faccia in cu… controllò lu controllò” all’ingresso del controllore sul mezzo.
IV Un sassarese “come si tocca” (epiteto dato a persona che si rispetti) va al mare con costume slip aderente, zocculi e maglia della Torres. Il perché di questi tre capi d’abbigliamento è spiegato di seguito:
a) Gli slip: intanto i boxer è “robba…”, e poi lo slip permette al sassarese di mostrare, tutto tronfio e pieno di sé, la propria attrezzatura sessuale (spesso sovradimensionata da una melanzana di dimensioni medie apposta all’interno degli slip stessi). Lo slip, accuratamente rinforzato, permette inoltre di sostare nel bagnasciuga della spiaggia (meglio se “lu terzo”, terzo pettine per i blasfemi) per mostrare alle gentili donzelle che passeggiano la propria virilità, accompagnando l’esposizione artistica con frasi del tipo “Ebbbé mascì, ma robba così mai visto ne hai?” o con ‘intramontabile “Meee mascì, abaidda ogna p, dell’anglona”, seguito da un sonoro verso del maiale.
b) Li zocculi (zoccoli per i profani): intanto le infradito è “robba…”. Questo pittoresco quanto elegantissimo capo d’abbigliamento, consente al vero sassarese di espletare due funzioni fondamentali: innanzitutto il passo con trascinamento del piede risulta molto rumoroso e cadenzato e può ricordare il rullare dei tamburi dei candelieri; in secondo luogo, se inserito in una mano e non nel piede, lu zocculu può diventare l’arma vincente in un sano “affarratorio” con qualcuno che sta guardando male.
c) Maglia della Torres: intanto chi non tifa Torres è “un bé…”.
Qui c’è poco da commentare, la maglia della Torres è la seconda pelle di qualsiasi sassarese che si rispetti.
V Almeno ¾ del tempo che un vero sassarese dedica alla sua gita al mare, vanno trascorsi a “lu chiosco” (per i trogloditi non sassaresi si legge chiosco), in modo tale da potersi dedicare all’attività nella quale ciascun sassarese che si consideri tale deve eccellere: bere birra. L’attività madre deve essere svolta possibilmente in chiassosa compagnia e comporta l’ingurgitamento di un minimo di 12 litri di birra a ora di permanenza a “lu chiosco”. Vietato rigorosamente sedersi: il sassarese puro beve in piedi vicino al bancone e appoggia il bicchiere solo in caso di eccessiva “magnazzona” (prurito per gli stranieri).
Inutile dirlo perché ovvio: sempre e comunque rutto libero! (naraducaddu!)
VI Il pranzo in pineta non è la semplice soddisfazione di un bisogno primario (l’alimentazione), ma è un’istituzione sacra, una filosofia di vita, un percorso mistico trascendentale che in certi casi può portare al raggiungimento del nirvana. Non esiste che un sassarese si porti il panino da casa o compri un tramezzino a lu ghiosco (tutta robba…); il pranzo in pineta deve essere consumato in compagnia numerosissima e deve prevedere come minimo una decina di portate: dallo zimino alla cordula, dalle favette alle lumachine, dai coccoi alla carne di cavallo e così via.
Immancabile la presenza dei “cigioni” (gnocchi) e della sindria
(anguria) messa a raffreddare sul bagnasciuga insieme ai boccioni di vino. E’ essenziale che il pasto venga accompagnato da fiumi di vino rosso (rigorosamente in boccione) e si concluda con un assaggio di acquavite o mirto rosso, possibilmente fatto in casa, ma un Zedda Piras (santi subito!!!) va bene uguale. Per il dopo pranzo al sassarese doc si presentano diverse opzioni ludico-culturali tra cui segnaliamo:
a) Una bella cantata in compagnia, rigorosamente cun la ghitterra (con aggiunta di mandulinu per i puristi) spaziando tra i pezzi storici di Ginetto Ruzzetta e Giovannino Giordo ai più commerciali e psichedelici Sonos de Mano, il cui pezzo storico “la notti” ha di gran lunga surclassato la ormai obsoleta Canzone del sole.
b) Il mangiare può provocare in alcuni degli scombussolamenti intestinali tali da richiedere un’immediata evacuazione. Il sassarese doc, da gran signore, segnala ai presenti la sua impellente necessità fisiologica innanzitutto e rivolgendosi ai commensali con francesismi e frasi culturalmente elevate. Dopo il gustosissimo siparietto un vero sassarese si alza dalla sedia (dopo tre ore di pranzo) e dichiara ad alta voce “Bè, guasi guasi andu a fammi una bedda ,,,” e tra gli applausi commossi della gente si avvia con passo svelto verso i pini interni che gli consentono di dedicarsi alla tanto agohnata attività,.
c) I più colti e cosmopoliti dei sassaresi si dedicano invece allo scambio interculturale. Già dal primo pomeriggio è infatti possibile scambiare opinioni sulla geopolitica internazionale con delle simpaticissime signorine che sostano nelle strade adiacenti ai pettini.
d) E’ concessa la pennicchella post-pranzo da consumarsi all’ombra di un pino, evitando accuratamente di posizionarsi su quelli un po’ più interni per non incorrere in spiacevoli discussioni con i sassaresi che si stanno dedicando all’attività descritta nel punto b.
VII Il telo da mare è un accessorio del tutto opzionale. In passato, il dibattito tra puristi e modernisti sull’utilità dell’oggetto in questione è stato anche molto aspro. Da un lato c’era chi sosteneva l’inutilità di un simile pezzo di stoffa e dall’altro chi invece spingeva per il suo utilizzo; l’avvento del bidet nelle case ha comunque spostato l’attenzione dell’intellighentia sassarese sulla possibilità o meno di utilizzare il sanitario in questione per piantare peddrusimmula (prezzemolo per gli ignoranti). Alla fine chi proprio non può farne a meno può utilizzare l’asciugamano, purché sia ben visibile la scritta Birra Ichnusa su un lato e Bionda Sardegna sull’altro.
VIII Durante la permanenza in spiaggia un vero sassarese non può a fare a meno di costruire di suo pugno e ovviamente con il talento ingegneristico che lo contraddistingue un “trampolinu” (trampolino per i blasfemi) adatto per l’attività fisica nota come “Tuffà”. Utilizzando vario materiale che la spiaggia di Platamona mette generosamente a disposizione il sassarese doc costruisce così “lu trampolinu” e si mette ordinatamente in fila per poter usufruire del medesimo. Correndo il più veloce possibile e con urlo sovraumano il degno sassarese si avvicina a lu trampolinu posizionato nel bagnasciuga, poggia un piede sulla pedana e spicca un atletico balzo che lo porta ad immergersi in acqua a “cabuzzoni” o nel più classico tuffo a “bbbomba”.😀😁😂