Categoria : storia

I Chiaramonti: alla ricerca dell’origine del nome del borgo di Chiaramonti (SS) a cura di Angelino Tedde

 

Sito del Castello di Chiaramonti (SS) (1348-1557)

Chiaramonti ha oggi, 2017, circa 1557 abitanti, Il Casula sostiene, nel suo Dizionario storico, che il nome del borgo deriverebbe dal matrimonio di Branca leone Doria di Uta con la seconda moglie Costanza, figlia di Manfredi Chiaramonti  III di Sicilia, che sposandola le fece  omaggio dando il suo cognome al Castello, che fu edificato nella vasta piattaforma miocenica a forma di ellisse irregolare  sul colle più alto e maestoso (470 mlm)  fra gli altri due che gli si affiancano ( Codinarasa 447 e  Carmelo 442. Il borgo andò crescendo negli anni anche alle pendici degli altri due fino ad estendersi ai giorni nostri nella piattaforma di Codinas.
Sull’origine del nome ci ha tessuto una bella ricerca onomastica Mauro Maxia, definendolo  Monte della Tzara, una specie di erba che vi sarebbe cresciuta.
Pers0nalmente ritengo che il nome del paese sia stato data dai fondatori Doria, per via di combinazioni matrimoniali coi Chiaramonti di Sicilia, ivi infeudati dai Re d’Aragona, Non abbiamo finora documenti tali da poter affermare con certezza che fu così, ma vari dubbi si, dato che gli Aragonesi  ebbero relazioni coi Chiaramonti e anche coi Doria. Riportiamo qui un passo tratto da un libro in cui pare aprirsi una pista che potrebbe avvalorare la tesi della quale siamo fautori. Occorrono certamente ricerche tanto a Genova nelle carte dei Doria quanto nell’Archivio di Aragona e di quello Segreto Vaticano da cui è tratto il passo del libro citato.

I Chiaramonti

Da un documento dell’Archivio Segreto Vaticano del 1365, è certo che Manfredi Chiaramonte, possedeva in Sicilia 33 Feudi, Baronie, Contee, tra cui Misilmeri.Non abbiamo una data precisa quando vennero in possesso della nostra Baronia. Si pensa che abbiano acquistato la Baronia di Misilmeri subito dopo del Caltagirone, cioè verso la metà del 1300. I Chiaramonti erano allora una delle Famiglie più Nobili e più potenti della Sicilia, Manfredi I Chiaramonte specialmente spicca tra tutti per la sua munificenza. Si costruì nel 1307 quasi una reggia a Piazza Marina, chiamata tutt’oggi il Palazzo dello “Steri”, dal latino “Hosterium”, ossia Palazzo fortificato, oggi Aula Magna dell’Università di Palermo.  Costruì anche molte Chiese e Conventi a Palermo e nei suoi molti Stati. Inoltre ingrandì ed abbellì il Castello dell’Emiro. I suoi Nobili Cavalieri Crociati di ritorno dai luoghi santi, portarono la devozione particolare di S. Antonio Abate, Fondatore del Monachesimo Orientale. Come a Palermo accanto allo “Steri” sorse la cappella di S. Antonio Abate, così altrettanto ne dedicarono una allo stesso Santo nel loro Castello di Misilmeri.

Alla morte di Simone Chiaramonte avvenuta il 17-3-1356, gli successe lo zio Federico Chiaramonte e nel 1363 il figlio Matteo Chiaramonte, questi non avendo avuto dalla moglie Jacobella Ventimiglia figli maschi, tutti i suoi stati passano a Manfredi III Chiaramonte figlio naturale di Giovanni II Chiaramonte, per concessione speciale accordata dal Re Federico III nel 1374. Questo Manfredi era nato per dominare gli eventi. Partecipò alle tremende lotte civili scatenatesi allora in Sicilia tra i Borboni ed il Re, parteggiando per la fazione detta dei Latini, contro la Fazione detta Catalana. Il suo Castello di Misilmeri fu allora la sua roccaforte, munitissima com’è nelle sue mura e le 4 Torri angolari di difesa, con al centro il Torrione Arabo inespugnabile. Aveva organizzato un forte esercito di armigeri, armati di archi e balestre.

Fu Grande Ammiraglio del Regno di Sicilia e Governatore di Palermo fin dal Settembre del 1374.Alla morte del Re Federico III, 27-7-1378, rimase sua erede del trono la figlia Maria di pochi anni, sotto la tutela del Gran Giustiziere del regno, il Conte Artale Alagona, ma perché il Regno non fosse turbato dall’ambizione dei Grandi Feudatari Siciliani, furono allora creati i 4 Vicari del Regno. Manfredi Chiaramonte fu uno di essi , anzi primeggiava fra tutti per doti d’anima e posizione politica Per 3 anni (1377-1380) la Sicilia godette di un pò di pace, e la potenza dei Chiaramonti accrebbe ancor di più. Una figlia di Manfredi III andò in sposa a Ladislao Re di Napoli. Godeva in particolar modo le simpatie di Papa Urbano VI e di una larga popolarità in gran parte della Sicilia e specialmente a Palermo, tanto da emulare la stessa potenza reale.

La Regina Maria era intanto giunta al suo 14° anno di età e molti pretendenti si offrivano per la sua mano. Il Gran Giustiziere, senza farne intesi con gli altri tre Vicari concluse il matrimonio della Regina con Galeazzo Visconti, nipote del Duca di Milano, Principe potentissimo D’Italia. Una tale risoluzione ricrebbe al Grande Ammiraglio Manfredi Chiaramonte Signore di Misilmeri. La Regina fu sequestrata dal Conte Raimondo Moncada e rinchiusa prima nella Fortezza di Augusta, poi a Licata poi in Sardegna ed infine in Aragona, dove fu sposata da Martino V. Il Governo di Sicilia in questo periodo si era sconvolto ed i 4 Vicari non potendo andare d’accordo fra loro, avevano diviso la Sicilia in 4 Province, dove ognuno governava indipendentemente dall’altro. In tale triste situazione si trovava la Sicilia, quando nel 1391 muore Manfredi Chiaramonte. Gli succede il figlio Andrea Chiaramonte Conte di Modica, Signore di Misilmeri e di tantissimi Stati. Questi sposò una certa Isabella da cui ebbe un figlio di nome Giovanni. Intanto la Regina Maria sposa a Barcellona Martino d’Aragona. Nei primi di Marzo del 1392 partono gli sposi Reali per la Sicilia, ed il 21 dello stesso mese sono a Favignana e di lì intimano al Conte Andrea Chiaramonte di recarsi entro 6 giorni a Mazzara Del Vallo a prestare loro omaggio e mettersi a loro disposizione.

Il Conte Andrea si rifiutò. Il corteo reale avanzando verso Palermo giunse il 3 Aprile a Salemi, di lì il Duca di Monblanco padre del Re, scrisse ad Andrea Chiaramonte, che i sovrani si sarebbero recati a Palermo ed egli si tenesse pronto a consegnare la Città e tutti gli altri Castelli e Luoghi di pertinenza Sovrana. Da Salemi i Sovrani giunsero il 4 Aprile ad Alcamo, dove il conte Andrea, non rispondendo alle richieste sovrane fu dichiarato contumace e ribelle e gli furono confiscati gli Stati compreso Misilmeri e concessi a Guglielmo Raimondo Moncada. Il 15 Maggio 1392, per intercessione di Frate Paolo, Monaco di Roma ed Arcivescovo di Monreale, Re Martino concesse il perdono e la remissione per tutti, compreso il Conte Andrea Chiaramonte, revocando la confisca dei beni.

Il 17 Maggio il Conte Andrea, con molti Signori e Cittadini si recò a Monreale a prestare atto di omaggio al Re e alla Regina, nonché fece il giuramento di fedeltà e subito dopo se ne tornò a Palermo, col pretesto di preparare il trionfale ingresso ai Sovrani. Il 18 l’indomani invece le spie riferirono al Re che il Conte Andrea Chiaramonte era andato a Palermo a preparare una rivolta contro i Reali. Andrea la stessa sera tornò a Monreale a discolparsi di quanto si diceva a suo carico e che tali macchinazioni venivano da Manfredi Alagna. Il Re allora ordinò l’arresto immediato del Conte Andrea Chiaramonte, di Manfredi Alagna, dell’Arcivescovo di Palermo e di altri. Il 21 Maggio il Re Martino fece il suo ingresso a Palermo, ed il 22 il Conte Andrea fu giudicato dichiarato reo e condannato a morte, dinanzi al suo Palazzo detto lo “Steri”. Come detto nella prima confisca dei beni del Conte Andrea, così in questa seconda confisca, tutti i beni, compreso Misilmeri passano a Guglielmo Raimondo Moncada.

Oggi dei Chiaramonti a Misilmeri ci resta, come prezioso prezioso ricordo di questo glorioso passato, solo un Capitello di pietra con lo stemma dei Chiaramonti, ripetuto nei 4 lati di esso tra foglie d’acanto, lo stemma è formato da 5 monticelli di disuguale altezza in campo partito, che dal Castello dell’Emiro passò nella Chiesa di S. Vincenzo Ferreri che è alle sue falde. Il Capitello fu ritrovato nel 1956 durante i restauri della Chiesa ed ora in possesso di Mons. Francesco Romano.

Con Andrea Chiaramonte si estingue una delle più potenti Famiglie Feudali di Sicilia, reo di voler aspirare a diventare un Sovrano autentico Siciliano, al posto di uno straniero. Guglielmo Raimondo Moncada fu investito della Signoria, del feudo e del Castello di Misilmeri nel 1392, dopo Moncada fu Barone di Misilmeri nel 1397 Giliberto Talamanca al quale gli successe Ubertino Talamanca-La Grua sposato a Diana Castagna da cui nacquero Giliberto II e Giovanni. Questi premuoiono al padre. Alla morte del Barone Ubertino gli succede il nipote Pietro La Grua figlio di Giovanni, che s’investì della Baronia di Misilmeri nel 1478. A lui succede Giovanni Vincenzo-La Grua che s’investì nel 1485 e sposa Flavia Ajutamicristo. Nessun ricordo si ha a Misilmeri di questi ultimi Baroni.

* Tratto da ” La Storia di Misilmeri “di Mons .F. Romano Tip .F. Seraficaleone

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