“Blasco Ferrer (1956-2017): il ricordo di un grande studioso del sardo” di Mauro Maxia
Il 12 gennaio il messaggio di un amico mi ha annunciato la scomparsa di Eduardo Blasco Ferrer. La notizia è giunta improvvisa e sconcertante dato che attendevo una sua risposta a una email che gli avevo trasmesso appena il giorno prima. Oltretutto sapevo che Eduardo era una persona molto metodica in fatto di cura della propria salute. Per questo non dimostrava affatto i suoi 60 anni. Eduardo Blasco Ferrer, filologo e linguista, era nato a Barcellona nel 1956 e si era laureato nel 1981 in Linguistica romanza all’Università di Erlangen, giungendo poi all’Università di Cagliari come lettore di catalano presso la Facoltà di Magistero. Aveva insegnato negli atenei di Sassari, Bonn, Firenze, Monaco di Baviera e infine di nuovo a Cagliari, dove dal 1996 era ordinario e docente di Linguistica sarda e romanza e aveva diretto il master “Approcci interdisciplinari nella didattica del sardo” per la Facoltà di Scienze della Formazione. Studioso di catalano e altre lingue iberiche, di italiano e di ladino, dedicò gran parte della sua attività scientifica al sardo, a cominciare dalla sua classica storia linguistica della Sardegna apparsa nei primi anni 80. Particolarmente ricca la sua bibliografia; per limitarsi alle principali monografie, si ricorderanno qui: Grammatica storica del catalano e dei suoi dialetti con speciale riguardo all’algherese (Tübingen, Gunther Narr 1984); La lingua sarda contemporanea: grammatica del logudorese e del campidanese: norma e varietà dell’uso: sintesi storica (Cagliari, Ed. Della Torre 1986); Storia linguistica della Sardegna (Tübingen, Niemeyer 1984); Le parlate dell’alta Ogliastra: analisi dialettologica – saggio di storia linguistica e culturale (Cagliari, Ed. Della Torre 1988); Ello Ellus. Grammatica della lingua sarda, Ilisso Edizioni, coll. Poliedro, Nùoro 1994; La lingua nel tempo: variazione e cambiamento in latino, italiano e sardo (Cagliari, cuec 1995); Pro domo: grammatica essenziale della lingua sarda (Cagliari, Condaghes 1998); Storia della lingua sarda (Cagliari, cuec 2009); Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica (Berlin, De Gruyter 2010). In Linguistica sarda. Storia, metodi, problemi (Cagliari, Condaghes 2002), Blasco Ferrer aveva raccolto 30 articoli prodotti in un ventennio di ricerche su vari aspetti della linguistica sarda; nel primo capitolo aveva offerto un consuntivo critico di tutti i lavori linguistici concernenti il sardo pubblicati da Settecento in poi, repertoriati di seguito in una bibliografia ricca di oltre mille titoli. Negli anni 2000 si era occupato anche di manualistica, con Italiano, sardo e lingue moderne a scuola (Milano, Franco Angeli 2003) e con il recentissimo Corso di linguistica sarda e romanza (Firenze, Franco Cesati 2016). A proposito di questo suo ultimo libro, la Direzione Generale Scolastica per la Sardegna il 21 ottobre 2016, diramando a tutte le scuole sarde la notizia della presentazione, ha evidenziato che “il prof. Blasco Ferrer ha rinunciato ai diritti d’autore per favorire la diffusione della cultura sarda”. Nella «Rivista Italiana di Onomastica» aveva pubblicato alcuni articoli nei quali ha cercato di dimostrare, servendosi soprattutto di toponimi, alcune teorie innovative sui rapporti tra lingue, in particolare tra paleosardo e paleobasco: Tipologia e ricostruzione del Paleosardo, xvi (2010), 1, pp. 9-30; Cognomi sardi e italiani e questioni di metodo nella ricerca (top)onomastica: Mele, Mela(s), Mula(s) e Miele, Ortu, Manno, Barisone e Salusi, xvii (2011), 1, pp. 35-54; Toponomastica e ricostruzione morfologica. Paleobasco *doni (> toki, lo(g)i) e Paleosardo Doni, Toni (tòneri e Tonara), Tok-, Dog- e Lo(g)i, xviii (2012), 1, pp. 19-46. In particolare nel primo dei testi citati Blasco Ferrer aveva applicato schemi strutturalisti – di distribuzione e di frequenza – al corpus dei microtoponimi delle aree più arcaiche della Sardegna, e la successiva interpretazione tipologica dei risultati lo portava a chiarire la tipologia dell’enigmatico sostrato paleosardo e a avviare proficui confronti con le antiche lingue dell’Iberia, scoprendo a suo parere suggestivi parallelismi formali e semantici.
Nel terzo saggio lo studioso si era proposto di dimostrare come sia prioritario condurre un’esauriente analisi morfologica del materiale toponimico per ottenere regole di sviluppo diacronico capaci di consentire una comparazione più sicura. Su questo argomento, insieme a studiosi di altre discipline, organizzò anche un convegno internazionale di taglio multidisciplinare, intitolato Gorosti U5b3 (Sardegna, giugno 2012), i cui atti sono usciti col titolo Iberia e Sardegna. Legami linguistici, archeologici e genetici dal Mesolitico all’Età del Bronzo per Le Monnier Università, Firenze/Città di Castello 2013 Aveva inoltre curato le recensioni di: Dieter Kremer (a cura di, in collaborazione con Monique Bourin / Wilhelm F. Nicolaisen / Wilfried Seibicke), Onomastik. Akten des 18. Internationalen Kongresses fur Namenforschung, vol. vi. Namenforschung und Geschichtswissenschaften. Literarische Onomastik. Namenrecht. Ausgewahlte Beitrage (Ann Arbor, 1981) (Tübingen, Niemeyer 2002), xi (2005), 2, pp. 463-66; di María Dolores Gordón Peral (a cura di), Toponimia de España. Estado actual y perspectivas de la investigación (Berlin, Walter de Gruyter 2010), xvii (2011), 1, pp. 176-78; e di Xosé Lluis García Arias (coordinador) / Emili Casanova (editor), Toponimia hispánica. Origen y evolución de nuestros topónimos más importantes (València, Denes 2011), xviii (2012), 1, pp. 176-80. E nelle pagine della rivista era stato presentato da Giulio M. Facchetti il suo Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica (Berlin/New York, Walter de Gruyter 2010), xvii (2011), 2, pp. 690-94.
Conoscevo personalmente Eduardo Blasco Ferrer da oltre venti anni e ne ho sempre apprezzato la franchezza e quella immediatezza che ad altri talvolta poteva provocare disagio. Di Eduardo mi aveva colpito subito, in positivo, che se c’era un complimento da fare te lo faceva senza preamboli come pure se c’era una critica da fare te la esponeva su due piedi e non restava altro che accettarla oppure controbattere nel merito dei singoli aspetti specialistici. Proprio per le sue prese di posizione chiare e nette nell’ambiente scientifico tutti sapevano come Blasco la pensasse su ogni singola questione. Questa sua inclinazione a discutere, talvolta anche in modo aspro e senza alcuna remora, poteva creargli delle inimicizie cui forse si deve qualche giudizio ingeneroso. Diversamente da altri studiosi che si confrontano solo con loro pari, Blasco amava parlare con chiunque fosse in grado di soddisfare la sua enorme curiosità che, poi, era alla base delle sue indagini e delle speculazioni scientifiche alle quali si deve la sua notorietà internazionale. Quanto Eduardo Blasco Ferrer (o EBF come lui amava firmarsi) fosse conosciuto lo si può dedurre dal numero di visualizzazioni sul motore Google di Internet che da anni staziona intorno a 400 mila, cioè un numero che di solito segnala artisti nazionali di buon livello ma non gli studiosi che, di solito, non superano le 50 mila visualizzazioni. Sono debitore a Eduardo Blasco Ferrer di positive esperienze didattiche presso l’università di Cagliari. Egli infatti mi sollecitò più volte a concorrere a incarichi di insegnamento relativi a materie come le eteroglossie sardo-corse e la metodologia di ricerca in toponomastica per le quali può essere più difficile reperire specialisti di riconosciute competenze. E si dispiacque quando a un certo punto, oppresso dai troppi impegni, dovetti rinunciare sia pure a malincuore a quelle esperienze. In questi ultimi anni Eduardo accolse, a sua volta, il mio invito a partecipare alle “Giornate internazionali della lingua gallurese”. In quelle occasioni mi resi conto direttamente della passione che metteva nel realizzare le sue inchieste linguistiche andando a intervistare le persone sedute sulle panchine nelle piazze oppure ai tavolini dei bar. Del resto aveva organizzato una rete di informatori qualificati, spesso suoi ex allievi, che gli davano una mano per il reperimento di dati e informazioni in vari punti della Sardegna. Più volte mi chiese di fornirgli riscontri o di indirizzarlo verso informatori affidabili presso i quali realizzare le sue indagini con minori difficoltà. Eduardo era un ricercatore puro come sempre meno se ne vedono, specialmente quando l’età comincia a non essere più verde. Lui che cercava di restare giovane contrastando convintamente l’avanzare degli anni… Tutto questo non gli è bastato per mandare avanti un impegno intensissimo che, nell’arco di una trentina d’anni, lo ha portato a pubblicare centinaia di lavori tra volumi, saggi e articoli partecipando, nel contempo, a numerosi convegni qua e là per l’Europa e continuando a insegnare ai suoi allievi dell’università cagliaritana. Lo ricordo all’ultimo convegno, a cui lo avevo invitato nel 2015, quando, lui che era catalanofono e ispanofono, parlava contestualmente di questioni linguistiche agli altri relatori in italiano, francese e tedesco secondo la lingua usata da ciascuno di essi. Purtroppo non ha avuto la fortuna di vedere il frutto della sua ultima fatica, il corposo Manuale di Linguistica Sarda di cui, insieme al compianto Peter Koch e a Daniela Marzo, ha curato l’edizione per De Gruyter e la cui uscita è programmata a Berlino/New York per l’8 maggio 2017. Blasco si è interessato di lingua a 360 gradi. Egli è stato forse lo studioso più completo del sardo essendosi occupato, oltre che di lingua a tutti i livelli, anche di complessi problemi filologici e di spinose questioni sociolinguistiche. Del sardo, cioè, egli ha percorso tutte le vicende dai prodromi più remoti fino ai problemi più attuali. Ha vissuto solo 60 anni ma ha prodotto molto più di quanto un linguista produca normalmente nell’arco della propria vita. Peccato aver perso così presto uno studioso tanto prolifico e dinamico che poteva dare ancora tantissimo. Mauro Maxi