La colonia penale di Tramariglio. “Memorie di vita carceraria” di Stefano A. Tedde

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Stefano A. Tedde, Angelo Ammirati et alii (a cura di), La colonia penale di Tramariglio. Memorie di vita Carceraria, , Carlo Delfino editore, Sassari, 2014.
Con DVD che include videoregistrazioni storiche e interviste a testimoni d’epoca (ex agenti, e nomi, operatori del penitenziario rurale di Tramariglio)

I luoghi recepiscono la storia umana, ne assorbono le vicende, i fatti, le tragedie del passato. E in un certo senso cedono lentamente, a chi vi si avvicina, l’essenza degli avvenimenti trascorsi. A Porto Conte durante il periodo fascista venne istituita una colonia penale. Questa sorgeva in una propaggine di un territorio caratterizzato da un paesaggio rurale arido e brullo, incluso nella vasta regione della Nurra, oggetto, già dalla metà dell’Ottocento, di un intensivo e graduale piano di risanamento e di bonifica.

6-un-acquaiolo-punito-a-pane-ed-acqua-1Nel 1938 con uno specifico accordo, l’Ente Ferrarese di Colonizzazione (che sovrintendeva alle opere di bonifica, all’appoderamento dei terreni e alla loro assegnazione in proprietà ad un discreto numero di famiglie provenienti di preferenza dalla provincia di Ferrara, destinate a lavorare in Sardegna o in regioni a basso indice demografico) e Ministero di Grazia e Giustizia decidono per la costruzione del nuovo «Penitenziario di Porto Conte». Il Ministero avrebbe avuto la concessione per vent’anni: per tutto questo tempo i detenuti avrebbero dissodato, bonificato e messo a coltura le aree marginali della Nurra sulle quali si espandeva la colonia, in un periodo nel quale il regime fascista dava estrema importanza al lavoro all’aperto e al valore di emenda che questo avrebbe potuto rappresentare per i reclusi. Trascorso il citato ventennio il pristino contratto prevedeva la restituzione di fabbricati ed aree bonificate alla “comunità libera” e Tramariglio sarebbe divenuto un borgo di agricoltori e pescatori. Il progetto contemplava la costruzione di un edificio centrale, sul quale si articolavano gli stabili del “villaggio tipo” (chiesa, stalle, forno del pane, scuole, ospedale, alloggi per agenti e funzionari) e tre diramazioni, modelli in scala ridotta dello stabilimento principale di Tramariglio, edifici che presidiavano i territori di Prigionette, Porticciolo e Cala del Vino.

2-diploma-det-ponticello-tomaso-b-5-1Il disegno del complesso penitenziario (1939) venne affidato all’architetto Arturo Miraglia, funzionario tecnico dell’Ente Ferrarese, autore anche del primo progetto per l’erigenda borgata di Fertilia, altra località sorta durante la bonifica fascista. Lo stile architettonico, l’impostazione urbanistica, gli accorgimenti progettuali denotavano la primitiva intenzione di attuare dopo i venti anni di concessione al Ministero- un riuso “civile” degli stabili della borgata.

Ma passata una dittatura, trascorsa una guerra, attraversati gli anni post bellici e della ricostruzione, l’affaire colonia penale si evolse diversamente, e si andò incontro allo smembramento del complesso penitenziario e alla trasformazione degli stabili, che per alcuni aspetti si manifestò irreversibile. Gli ultimi detenuti vennero trasferiti da Tramariglio verso altri istituti di pena nella primavera del 1962. La proprietà dell’ex colonia passò dal soppresso Ente Ferrarese all’ETFAS, Ente per la Trasformazione Fondiaria e Assistenza in Agricoltura (1952), alcuni edifici furono venduti, altri come la monumentale sede centrale passarono per un certo periodo alla competenza dei Patronati scolastici che vi istituirono una colonia estiva per bambini in età scolare. Come è noto attualmente il centro di Tramariglio è inserito nel Parco Naturale di Porto Conte, e la sede centrale rappresenta la summa ideale tra gestione degli ecosistemi, conservazione e valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, storico-artistiche, la fruizione da parte della comunità, lo sviluppo economico del territorio.

Il termine “colonia penale agricola” sembra richiamare alla mente un luogo ameno, una sorta di idillio nel quale i condannati “meritevoli” che durante la permanenza in istituti di pena “chiusi” avevano dato prova di una condotta degna di lode e manifestavano evidenti «capacità di ravvedimento». Ma in realtà le cose erano piuttosto differenti. Vivere in una colonia penale equivaleva a sottostare a rigidi regolamenti, che spesso finivano per accomunare agenti di custodia e detenuti, la cui presenza era spesso identificata attraverso un “burocratico” numero di matricola, freddo e asettico. La documentazione lascia trasparire un mondo assai lontano dall’idillio a cui molte persone potrebbero ingenuamente far riferimento. Un esempio lampante è rappresentato dalla serie archivistica dei rapporti sui detenuti.

Il volume “La colonia penale di Tramariglio. Memorie di vita carceraria” narra le vicende della colonia penale di Tramariglio, che possiamo conoscere poiché prodigiosamente si è salvato l’archivio. La vicenda di questo fondo, simile a molti archivi storici penitenziari, è stata una sequenza di spostamenti e degrado. Dopo la chiusura della colonia penale di Tramariglio, la documentazione è stata depositata presso la vicina casa di reclusione di Alghero, dove venne istituito un «ufficio stralcio» (attivo fino al 1965) con il compito di presiedere al disbrigo di pratiche ed affari relativi alla dismissione della colonia penale agraria. Nel 1988 il carcere di Alghero venne chiuso, e carte, fascicoli e registri appartenenti sia allo storico penitenziario della città catalana che a Tramariglio vennero dislocati presso la casa circondariale di Sassari, nei dismessi e angusti cubicoli del sottopiano. Dopo altri decenni di incuria e abbandono un gruppo di detenuti, nell’ambito di un progetto regionale volto alla formazione archivistica e all’eliminazione del cosiddetto digital divide, ha attuato il graduale e delicato recupero della documentazione. Il censimento archivistico ha presentato non poche difficoltà, come la commistione di documenti pertinenti a più soggetti produttori, la frammentazione di alcune migliaia di carte, totalmente scompaginate dai relativi fascicoli, la presenza di registri spesso mutili e privi di qualsiasi riferimento all’ente che li aveva prodotti. Lo scavo archivistico ha messo in luce quasi 100 metri lineari di documentazione, in parte ancora da catalogare e riordinare, autentico tesoro della memoria da tutelare e promuovere.

Leggere, schedare e riordinare ha rappresentato, per i detenuti impegnati nel progetto, un’esperienza decisamente singolare. Infatti apprendere notizie relative alla vita e al regime penitenziario d’altri tempi li ha coinvolti intimamente, poiché quelle storie apparentemente lontane emergevano, si delineavano e confluivano nella quotidianità prossima a chi il carcere lo vive in continuazione, ne percepisce a sue spese tempi, difficoltà, problemi e dinamiche. Il sincretismo tra passato e presente determina la molla che fa scattare la curiosità, la voglia di conoscere, di sapere, il desiderio di poter illustrare ad altri quanto a poco a poco si stava apprendendo. Così, nel gennaio 2013 quando i detenuti “attuali” arrivavano per la prima volta a Tramariglio le emozioni erano forti: capita spesso, a chi si occupa di archivi, di conoscere prima le carte e la storia di un posto e successivamente prendere coscienza del luogo fisico del quale ci si è occupati per tanti mesi. Gli ambienti, le stanze, il cortile, le celle si popolavano di fantasmi noti attraverso i fascicoli, i rapporti di punizione, il carteggio, le foto segnaletiche. E, come nella collina di Spoon River, ogni fantasma detta il proprio epitaffio e afferma le sue verità.

Nei locali del Parco, oltre ad aver conseguito la patente europea del computer, i sei detenuti hanno digitalizzato una parte della rediviva documentazione e hanno scelto, tra le carte rinvenute, i documenti più rappresentativi adatti a spiegare la vita quotidiana nella colonia penale. In seguito si sono cimentati nel regestare e riassumere atti amministrativi, rapporti di punizione, cartoline e lettere, molte delle quali mai arrivate ai destinatari poiché censurate dalle autorità dell’istituto di pena. I dati estrapolati da questo primo screening documentale sono stati incrociati con quelli provenienti da ricerche esperite presso l’Archivio di Stato e la Biblioteca Universitaria di Sassari: mappe, avvisi, procedimenti penali, periodici d’epoca che contribuiscono ad ampliare il ventaglio di conoscenze sull’ex colonia penale.

Si sono impostati i pilastri per un museo della memoria carceraria, che si sviluppa oggi nei locali che un tempo ospitavano l’ufficio dei conti correnti dei fondi dei detenuti e le celle di punizione. L’esposizione si articola su più livelli. Il primo, di carattere testuale, è rappresentato dai pannelli luminosi che sintetizzano i vari argomenti trattati: il territorio, le bonifiche, la nascita di Tramariglio, le attività produttive e artigianali, la scuola, l’alimentazione, il cinema e le attività di relax, l’ingresso di un detenuto nella colonia, le lettere e la censura, le evasioni, le punizioni, il consiglio di disciplina, l’ammutinamento, la vita degli agenti di custodia, la colonia e il mondo esterno. In una delle vecchie celle di punizione e isolamento è collocata una scultura di Enrico Mereu, il celebre artista dell’Asinara, raffigurante il sacrificio del giovane agente di custodia Giuseppe Tomasiello, che, giunto da pochi mesi nella colonia, venne trucidato nel gennaio 1960 da un detenuto addetto alla manutenzione delle linee elettriche. Una parte multimediale ed interattiva si snoda nel piano superiore, dove un tempo erano collocati i cameroni per il riposo notturno dei condannati.

Il 9 luglio 2013 il Museo venne inaugurato dall’On. Anna Maria Cancellieri, Ministro di Giustizia, che presiedette alla solenne inaugurazione del museo di Tramariglio, chiudendo idealmente il percorso ciclico della storia

Il volume può anche essere proposto come catalogo dell’esposizione multimediale: circa 400 pagine realizzate dai curatori (Stefano A. Tedde, archivista e Angelo Ammirati, già direttore dell’Archivio di Stato di Sassari) con i contributi dei detenuti che hanno regestato una parte della documentazione. Il volume raccoglie i documenti esposti e illustra la vita quotidiana dei condannati con foto, lettere, filmati. Un DVD raccoglie infine le testimonianze di ex agenti di custodia e di vari testimoni d’epoca che, a vario titolo, vissero ed operarono a Tramariglio nei quattro lustri di attività del penitenziario rurale.

Didascalie delle foto.

1 Scuola elementare di Tramariglio (1955 circa). Riconoscibile il maestro Mulas. Tra i compiti del docente rientravano anche lezioni di alfabetizzazione ai detenuti e anche ad alcuni agenti di custodia

2 Diploma del detenuto Tommaso Ponticello (anno scolastico 1951-52). Gli esaminatori giungevano da Alghero a Tramariglio con gli autobus della ditta SCIA

3 Gli Agenti di Custodia impegnati in un picchetto d’onore (post 1950)

4 Prima comunione dei bambini di Tramariglio (1955, coll. Luisa De Mari)

5 Periodicamente il Vescovo di Alghero giungeva nella colonia per impartire la Cresima a ragazzi e detenuti (1955, coll. Luisa De Mari)

6 Un acquaiolo punito a pane… ed acqua.

In data 11 novembre 1953 il dirigente agricolo Giovanni Chiappalupi scrive al direttore della colonia facendo presente che: «mentre mi trovavo a sorvegliare i lavori in corso a Calalunga, ho trovato i detenuti Pedone Giuseppe e Assenza Pietro seduti vicino al fuoco. Siccome i medesimi sono addetti al servizio di acquaioli alle squadre, ho creduto opportuno ricordare loro che agli acquaioli, i quali durante la giornata non fanno altri lavori, spetta soltanto la paga di £. 60».

Alle rimostranze del dirigente agricolo il Pedone insorge in maniera piuttosto arrogante, pronunciando le seguenti parole: «mi darà quello che mi spetta, eppoi a lei non la conosco proprio e non mi rappresenta nulla, quindi non mi deve disturbare».

Il Chiappalupi chiede pertanto al direttore che si adottino a carico del detenuto Pedone le misure repressive del caso «anche perché simili inconvenienti non abbiano a ripetersi con altri detenuti». Dalle informazioni raccolte il Pedone risulta essere «un poco di buono» e viene punito con dieci giorni di cella a pane e acqua.

Commenti

  1. ho lavorato nella colonia di Tramariglio nell’estate del 1979, sapevo che era un ex colonia penale e spesso quando giravo nei grandi locali, alcuni con le sbarre alle finestre, immaginavo la vita dei detenuti. proprio l’otto dicembre sono andata a rivisitare quei luoghi che non vedevo da tanto tempo, e con piacere ho visto che di quella colonia hanno fatto un museo. ringrazio l’autore di questo articolo, che in parte ha colmato le lacune che avevo sulle origine della colonia. mi riprometto, (appena lo aprono) di andare a visitare il museo

    ELEONORA ORTU
    Dicembre 11th, 2016
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