“Perfugas e la sua comunità” presentazione di Angelo Ammirati
Mauro Maxia, Perfugas e la sua comunità. Profilo onomastico storico descrittivo, 2, Tafros, Olbia 2016 pp. 446, €. 20
Sarebbe stato più prestigioso se a presentare l’opera fosse stato uno storico di fama nazionale che evidenziasse tutti i meriti che l’opera presenta. Voi cittadini di Perfugas siete fortunati. Dovreste essere orgogliosi di avere un concittadino come il Prof Maxia, che ha saputo proporre la ricetta per combattere l’Alzaimer, malattia che fa perdere la memoria e la personalità. Con le sue opere, ed in particolare con questo secondo volume, Prof. Maxia è riuscito a far rivivere i ricordi più ancestrali della Comunità di Perfugas e renderli conoscibili da tutti. Ha donato nuova vita a storie di singoli individui, di povera gente, ma anche di preti, canonici, nobili più o meno onesti. Storie riportate nei tanti documenti consultati.
La funzione del documento è proprio quella di tramandare la memoria di un fatto, di un avvenimento, ai posteri, a futura memoria per coloro che non erano presenti all’accadimento del fatto, prima che il fatto stesso si perda nella notte buia del tempo. Senza memoria non c’é Comunità. Essa si fonda su valori ed esperienze condivise, che hanno segnato la vita e la storia della Comunità nello scorrere dei secoli. In sardo si usa un’espressione molto bella per esprimere questo concetto il: SU CONNOTTU. Esso rappresenta il conosciuto, i valori, condivisi da tutti i membri della stessa comunità. Se ne accettano le regole che sono alla base dei rapporti sociali e si rispettano. E guai a colui che osa infrangere tali regole. E’ come se facesse un affronto a tutta la comunità e quindi merita l’ostracismo, essere allontanato dalla società. Già nel titolo dell’opera si scorge l’amore che l’autore ha per la sua terra e la sua Comunità. Il territorio e la gente che su esso vive, formano una comunità. La Comunità è una colla che unisce gli abitanti di uno stesso territorio. La Comunità è una mini patria che identifica un popolo. Il territorio e la sua popolazione vivono in simbiosi, il territorio viene modellato in base alle caratteristiche ed ai valori della gente che lo frequenta e lo abita. Anche il territorio è un bene culturale che va rispettato perché conserva le tracce dell’agire dell’uomo. Il merito di Prof. Maxia è stato quello di aver fatto rivivere, riportando alla luce, storie e fatti che hanno caratterizzato l’antropizzazione del territorio, attribuendo ad esso macro e mini toponimi nel corso dei secoli, alcuni dei quali scomparsi da tempo anche dalla memoria dei più anziani del paese, altri invece hanno resistito sino ai giorni nostri con immancabili trasformazioni, che il Prof. Maxia ha saputo ricondurre alle origine.Ha saputo descrivere usi e costumi dei vostri antenati dal 1300 sino a tutto il secolo scorso. Gli usi, costumi, la lingua che identificano la Comunità di Perfugas, costituiscono beni culturali immateriali, tutelati dalla stessa Regione Sarda. Per tale motivo, vanno conosciuti, protetti, valorizzati. La conoscenza infatti è il primo passo per la tutela dei beni culturali. L’analisi descrittiva che Prof. Maxia fa della Comunità di Perfugas non è frutto di immaginazione, ma poggia su solide fondamenta, costituite da documenti e fonti scritte. Documenti e fonti scritte sono due termini che sembrano la ripetizione dello stesso concetto. Essi invece denotano la particolare preparazione di prof. Maxia dal punto di vista storico, diplomatistico ed archivistico. I documenti infatti sono tutti quegli atti che sottendono un valore giuridico, che regolano i rapporti tra le persone e tra queste e le istituzioni, sono frutto dell’attività pratica, giuridica, amministrativa del cittadino e della pubblica amministrazione. I documenti tutelano i diritti del cittadino e delle istituzioni. Regolano la convivenza civile. Più la comunità si ingrandisce, maggiore è l’esigenza di avere regole chiare, precise, durature nel tempo, fissate su un supporto stabile, conosciute da tutti. Le regole mnemoniche erano adottate dai primi aggregati umani, che non avevano rapporti con altre comunità. La vita si svolgeva tutta esclusivamente all’interno di quei pochi membri. Le fonti scritte invece sono costituite da quegli atti che, pur fornendo dati e notizie storiche, non hanno una valenza giuridica. Propongo un esempio: la licenza edilizia rilasciata dal comune è un documento a tutti gli effetti perché, tale concessione, autorizza il cittadino a costruire la sua casa. Il diario che il sindaco di Perfugas compila durante il suo mandato, un domani se venisse pubblicato, pur fornendo notizie sul paese e gli abitanti, costituirebbe una fonte scritta letteraria, ma non giuridica, non è un documento con valore giuridico. Le relazioni di Francesco de Vico, Vincenzo Mameli de Armedillo, Vittorio Angius, citate nel volume, costituiscono fonti scritte. Inoltre prof. Maxia ha instaurato un profondo legame con gli anziani della Comunità. Non si è chiuso nella roccaforte di studioso, autoreferenziale, ma è stato sempre disponibile a chiarire situazioni del passato della Comunità, a fornire approfondimenti e chiarimenti di certi fatti riportati nel primo volume, a interrogare gli stessi anziani per riportare alla luce notizie che altrimenti sarebbero destinate alla sicura scomparsa. Questo atteggiamento di apertura si riscontra raramente negli studiosi. Il confronto è sempre crescita. Chi ti critica è il tuo migliore interlocutore perché ti aiuta a crescere. L’atteggiamento di ascolto alle esigenze del lettore, ha ispirato la composizione dell’opera. Infatti la stesura dei regesti dei documenti, ossia la spiegazione in sintesi del contenuto del documento, il glossario, ossia la spiegazione di termini di difficile comprensione, gli indici dei nomi di luogo e di persone, hanno tutti la finalità di facilitare la lettura dell’;opera, di invogliare il lettore ad amare la ricerca e salvaguardare i documenti. Eopera è utile non solo ai concittadini che vivono a Perfugas, ma anche per tutti gli emigrati, coloro che per lavoro sono sparsi nel mondo ed i cui figli, pur non parlando il sardo, devono avere ben presente le origini dei propri antenati. Devono conoscere le proprie radici. Senza radici l’albero è destinato a vivere poco. La sua sorte è segnata. In effetti i due volumi hanno come oggetto la descrizione su più piani, di una lunga fase storica della Comunità di Perfugas e del suo territorio.
Sempre per facilitare il lettore e, ben sapendo che questi non può essere a conoscenza di tre o quattro lingue, o della paleografia, ha riportato la traduzione in italiano di testi scritti in sardo e in spagnolo. Un’opera certosina che ha spinto l’autore a ricercare le perdute carte in tanti archivi e biblioteche. Cito innanzitutto: 1) l’Archivio di Stato di Sassari, di cui sono stato Direttore, ove Prof. Maxia ha consultato gli atti notarili di diversi notai e di tappe diverse; il cessato catasto, la reale governazione; 2) l’archivio del Capitolo e della Curia di Ampurias; 3) l’archivio parrocchiale; 4) l’archivio comunale; 5) la Biblioteca Universitaria di Sassari. Questi archivi sono luoghi che custodiscono la memoria dei vostri antenati e un domani anche la vostra. Tutti noi sin dalla nascita produciamo documenti che testimoniano la nostra permanenza su questa terra. Se volete conoscere la storia militare dei vostri nonni o bisnonni, il passaggio delle proprietà dall’impianto del catasto sardo, se volete consultare procedimenti civili o penali ove un vostro antenato risulta imputato o vittima di qualche reato, dovete andare presso l’Archivio di Stato di Sassari e riscoprire la memoria di fatti accaduti nel tempo passato. Il secondo volume è un’opera di 446 pagine, un’opera voluminosa che per essere realizzata ha richiesto anni di duro lavoro, di confronto, che ha costretto l’autore a girare da una parte all’altra della Sardegna per accedere agli archivi. Tempo e danaro sprecati, qualcuno direbbe. La passione spinge a fare questo ed altro, rimettendoci del proprio. Ai posteri l’ardua sentenza di gloria. Ma vogliamo ringraziare Prof. Maxia per tutto quello che ha realizzato. In questo peregrinare suppongo che prof. Maxia abbia dovuto pazientare non poco prima di accedere alla consultazione dei documenti. Ma la pazienza premia sempre. Ha riportato infatti alla luce ben 230 documenti inediti sparsi nei 5 archivi. E leggere certi documenti scritti con grafia indecifrabile per un comune lettore, con abbreviazioni, in castigliano, in sardo, ha richiesto una preparazione intellettuale che fa onore al vostro concittadino. Il sottoscritto, come direttore dell’Archivio di Stato di Sassari, ha potuto constatare di persona l’impegno profuso da prof. Maxia nella lettura degli atti notarili, del cessato catasto, degli atti giudiziari. L’Archivio di Stato era orgoglioso di avere come utente un simile ricercatore, che ha sempre goduto della massima stima da parte nostra e di tutto il personale, disponibile a soddisfare ogni sua richiesta di consultazione. Nell’opera si riproducono anche documenti editi, ma di non facile consultazione, che sono di fondamentale importanza per la storia di Perfugas.
Il volume è diviso in tre parti. La prima è intitolata: La Chiesa di San Giorgio de Ledda con la sua azienda e il patrimonio delle chiese di Perfugas. La seconda: Perfugas dal Seicento all’Ottocento attraverso gli atti notarili; la terza: L’articolazione del territorio, la privatizzazione dei terreni comunali e la compagnia barracellare. Segue una prima appendice di fonti documentarie edite ed inedite. Una seconda appendice di fonti iconografiche; un glossario; l’indice di nomi e cognomi; indice di nomi di luogo.
Per quanto riguarda La Chiesa di San Giorgio de Ledda, l’autore descrive sei secoli di storia di questa Chiesa, partendo dalla costruzione avvenuta intorno alla metà del Quattrocento a tutto il novecento. Ha descritto il suo splendore e la sua decadenza. E’ stato possibile ricostruire la storia di questa chiesa grazie ai quattro libri di amministrazione dell’azienda gestita dall’Opera durante i periodi che vanno, rispettivamente, dal 1773 al 1793, dal 1804 al 1812, dal 1823 al 1836 e dal 1853 al 1878, all’inventario dei beni posseduti dalla chiesa di S. Giorgio nell’anno 1773; un atto di acquisto di terreni effettuato nel 1789 e alcuni fogli sciolti relativi al periodo compreso fra gli anni 1841 e 1856. Di questi quattro libri, i primi tre sono conservati nell’Archivio Parrocchiale, mentre il quarto si trova nell’Archivio della Curia Vescovile di Ampurias a Castelsardo. Essi evidenziano il ruolo svolto dalla Chiesa di San Giorgio e l’importanza che ha avuto per Perfugas e per il territorio circostante sotto l’aspetto religioso, storico, economico, culturale. E’ possibile scorgere e valutare l’ingente patrimonio immobiliare di San Giorgio rispetto alle altre chiese rurali, la ricchezza di bestiame e di prodotti della terra, la grandiosità e solennità delle feste religiose che vi si celebravano. Sarebbe stato bello in occasione di questa manifestazione se si fosse organizzata anche un'escursione presso la Chiesa di San Giorgio. Leggendo questa prima parte del volume, si coglie subito l'erudizione storica e linguistica dell'autore. Le spiegazioni che propone alle sue tesi sono suffragate da approfondite note e mai da pure congetture. Quanto detto appare chiaramente quando l’autore discute del nome della chiesa di San Giorgio. Altre informazioni inerenti questa chiesa si possono ricavare dai registri dei defunti della parrocchia di Perfugas, che riportano i nomi di coloro che nel testamento indicavano tale chiesa come luogo del loro seppellimento. Anche i registri di amministrazione, le voci entrate e uscite, rivestono grande importanza per ricostruire la dinamica dei rapporti socio-economici che interessano tutta l’Anglona. (Registri delle corporazioni religiose soppresse). Leggendo questo secondo volume, si nota subito che essa è una testimonianza del vivere quotidiano della popolazione di Perfugas. Vengono descritti fatti, avvenimenti, circostanze che hanno caratterizzato i rapporti sociali nel corso dei secoli, come ad esempio le questue che venivano fatte nel giorno delle paci, i rapporti con i paesi limitrofi, la morte violenta di un soldato sconosciuto. Il lavoro del Prof. Maxia si inserisce nel filone della cosiddetta microstoria. L’autore non descrive né discute di dichiarazioni di guerra né di trattati di pace tra nazioni, ma descrive la conflittualità tra individui che il vivere insieme comporta. Evidenzia le relazioni intercorrenti tra la gente e le istituzioni politiche e religiose. Descrive le difficoltà giornaliere, del vivere quotidiano, riportando alla luce sentimenti di paura e di speranza, di gioie e delusioni di uomini e donne, di ecclesiastici e nobili. Testimonianze che sarebbero state ancora coperte dalla polvere dei secoli, se Prof. Maxia non avesse provveduto a riesumare i tanti documenti citati nell’opera. La lettura di questi documenti fa intravvedere indirettamente gli effetti che avvenimenti politi e religiosi a carattere nazionale ed internazionale hanno prodotto sul territorio di una piccola comunità locale. Basta vedere ad esempio gli effetti che la prima guerra mondiale ha prodotto sull’economia del territorio, l’impoverimento di tante famiglie che si sono trovate improvvisamente prive di mano d’opera, l’abbandono dei terreni perché mancavano le braccia di uomini robusti, impegnati in una guerra di cui non conoscevano né le finalità, né le motivazioni, circondati da commilitoni di cui non comprendevano neanche la lingua. Immaginatevi come potevano essere eseguiti da povera gente che parlava e capiva solo l’idioma sardo, gli ordini impartiti in lingua italiana da ufficiali che ignoravano completamente la realtà sociale sarda. Gli avvenimenti riportati da Prof. Maxia descrivono una storia che parte dal basso, dalle storie di persone e gruppi che inconsapevolmente portano sulle spalle il peso di decisioni altrui. Ben venga la Micro storia. Essa è la riscoperta dell’uomo comune che ha la sua dignità, e come tale va rispettato e ricordato. Tutto ciò è ben visibile leggendo gli atti notarili, soprattutto nei testamenti ove vengono manifestati i sentimenti più intimi, le proprie convinzioni religiose, nell’approssimarsi del trapasso da questa vita. In quei frangenti non si può fingere. Si scorgono quali siano i timori dei moribondi: la salvezza della propria anima. E da qui tutta una serie di donazioni in danaro e beni mobili e immobili a canonici, prelati, per la celebrazioni di messe solenni e messe basse, ossia ordinarie, al momento della morte ed in occasione dei vari anniversari della morte. Ecco quanto si legge nel testamento del sacerdote Antonio Fois del villaggio di Perfugas fatto nell’anno del Signore mille ottocento trenta sette ed alli sedici del mese di maggio in Perfugas. Dopo aver raccomandato la sua anima a Dio, prosegue dicendo: Più voglio che si venda l’altra mettà delle cavalle, il grano che al presente tengo in magazzino e dai danari si dia quaranta scudi alla chiesa parrocchiale e sedici scudi alla chiesa dello Spirito Santo; il rimanente si distribuisca in tante messe diarie, come anche voglio che si diano in messe la sottana e cappa di panno che tengo nuove, ed il breviario per esser questa la mia volontà. Più voglio che il rimanente dei miei beni stabili siano della chiesa, coll’obbligo che dal predetto si faccia ogni anno un anniversario in suffragio dell’anima mia e dei miei antenati, come anche si faccia ogni anno la festa della Santissima Trinità per esser questa la mia volontà. Comportamenti analoghi sono adottati anche da semplici fedeli come si legge ad esempio nel testamento fatto da Salvatore Andrea Patarinu Capecce di Perfugas nell’anno del Signore mille ottocento quarantacinque e alli nove del mese di Settembre in Perfugas Sia nel nome del Signore Iddio, della Vergine Maria S(antis)s(i)ma e più santi della celeste patria a tutti ovunque manifesto come io Salvatore Patarinu Capecce di questo villaggio di Perfugas dal sottoscrito pubb(li)co not(ai)o e testi infraespressi ben conosciuti, trovandomi ditenuto in letto da infermità corporale, sano però in tutti li miei sensi, con ferma memoria, chiara favella libero visu et udito, ben sapendo che la morte è certa, incerto però il momento che dovrà accadere, e volendo in tempo disporre della mia anima e beni, mi sono determinato di fare il mio nuncupativo testamento presso dell’infrascritto notajo, presenti li infraespressi testi da me ben conosciuti e di mio ordine chiamati e pregati quale è del tenore seguente.= Primieram(en)te raccomando l’anima mia al Divino Redentore perché separata dal corpo si degni per li suoi grandi meriti di riceverla in Paradiso.= Eleggo sepoltura ecclesiastica al mio corpo fatto cadavere in questo camposanto e voglio che dall’infrascritto mio curatore si facciano le mie funebri funzioni di prima classe e nel giorno puramente del mio obito, con ciò però che la spesa non oltrepassi quella solita farsi per esser questa la mia volontà.= Eleggo curatore dell’anima mia ed esecutore di questo mio deposto testamentario il mio caro zio Antonio Andrea Meli di questo villag(gi)o al quale conferisco tutta facoltà per avervi piena confidenza e per esser questa la mia volontà. Queste storie evidenziano i momenti più delicati ed intimi della vita di una persona.
Sotto questo punto di vista, devo dire che c’è una certa affinità tra la visione della storia di Prof. Maxia e quella del sottoscritto nel soffermarsi a portare alla luce la quotidianità della persona, come testimoniano due opere portate a termine: 1) La colonia penale di Tramariglio. Memorie di vita carceraria; 2) Detenuto matricola n. 555: perché sparai alla mia amante. Nel volume si fa riferimento anche alle antiche famiglie perfughesi e tra queste figurano anche diverse famiglia con il cognome Uggias. Inoltre dall’indice è possibile ricavare i cognomi estinti della Comunità. Interessante la spiegazione dell’origine del paese di Perfugas.
Prof. Maxia sostiene che il vocabolo derivi dal latino e significa tansfughi, esuli, profughi. Fin dall’antichità Perfugas è stato un centro di accoglienza degli immigrati. Si vede che ha preceduto i tempi odierni. Quante Perfugas abbiamo oggi sul territorio sardo. Quest’opera dovrebbe servire anche di stimolo per gli amministratori locali, a non essere superficiali quando si dovranno adottare decisioni di salvaguardia di testimonianze del passato, anche se in rovina. Bisogna avere amore e rispetto per la propria terra e per i beni culturali, che un domani non si debba dire: l’insipienza degli amministratori del comune di Perfugas del 2016 ha distrutto questo bene culturale, come purtroppo avvenuto nel 1934 con l’abbattimento del campaniletto dell’Oratorio di S. Croce. La lettura della prima parte del volume consente di ricavare l’andamento dei prezzi di generi alimentari, di animali di vario genere, il mercato ed il valore della mano d’opera, i mestieri praticati nel tempo, le rendite delle varie chiese rurali, la religiosità del popolo con le relative feste religiose. Come si può notare, di carne al fuoco ce n’è per tutti i gusti.
La seconda parte riporta la trascrizione di testamenti ed atti notarili redatti tra la fine del 600 e la metà dell’800. Alcuni riguardano le ultime volontà di persone benestanti che lasciano i propri beni ai familiari, alla chiesa, ai poveri come rilevasi dal testamento fatto dalla vedova Francesca Meloni di Perfugas l’anno del Signore mille ottocento quarantasei ed alli cinque del mese di novembre in Perfugas, tra le altre disposizioni, si legge: Dichiaro che possiedo in società col mio compare di battesimo Salvatore Casu di Chiaramonti un branco di capre, quindi voglio che, seguito appena il mio decesso, debbano le medesime dividersi a la mia porzione vendersi da detti miei curatori e distribuirsi il prodotto ai sacerdoti di questo villaggio in messe manuali, colla limosina di soldi quindici, pari a lire nuove una e centesimi quarantaquattro ciascheduna, in suffraggio delle anime del Purgatorio, per esser questa la mia volontà. Dichiaro parimenti che possiedo un branco di porci, quali tiene ad intregu il detto mio compare Salvatore Casu, quindi voglio che, seguito il mio decesso, debbano questi col medesimo dividersi pro equali e la mia porzione debba dai miei curatori distribuirsi in limosina ai poveri di questo villaggio, per esser questa la mia volontà. Tengo dello stesso modo un branco di vache in società col più volte nominato Salvatore Casu, quindi voglio che, seguito il mio decesso, si dividano pro equali e la mia porzione nel primo venturo mese di maggio si distribuisca in limosina ai poveri di questo villaggio, per esser questa la mia volontà.
Altri atti riguardano persone meno agiate ma che rappresentano ugualmente la realtà del periodo descritto da Prof. Maxia. Altri atti descrivono i beni mobili portati in dote matrimoniale, altri ancora riguardano gli inventari dei beni mobili presenti nelle abitazioni dei ricchi e dei poveri, dei laici e religiosi.
A questo punto lancio un’idea: gli atti notarili potrebbero essere utilizzati per fare una ricostruzione virtuale del centro storico del paese che ripercorre le condizioni sociali ed economiche della comunità di Perfugas nel corso dei secoli. E’ anche possibile ricostruire con veridicità il costume tradizionale di Perfugas, leggendo i vari inventari redatti in occasione della morte di un individuo. Tali atti riportano dettagliatamente tutti i beni presenti in una abitazione con il loro relativo valore. In atto notarile si legge che il tizio morto aveva tre mutandoni di orbace molto usati. Nell’opera sono riportati oltre ai testamenti anche codicilli. A tal proposito cito il codicillo fatto dal marchese di Montemuros nella prima metà dell’Ottocento. Nel codicillo fatto qualche tempo dopo il testamento, toglie i beni lasciati alla sua domestica perché la sua vita non era stata irreprensibile. Infatti aveva avuto un figlio prima del matrimonio. Per curiosità cito quanto segue: a pagina 126 dell’opera si possono leggere i capitoli matrimoniali giurati tra Francesco Antonio Piga e Maria Nicoletta Piga tutti e due di Perfugas; a pagina 127 il testamento dello scarparo Pietro Sardu di Perfugas; a pagina 128 l’inventario dei beni mobili dello scarparo Pietro Sardo; a pagina 130 testamento dell’agricoltore Steffano Zira; a pagina 134 il testamento del sacerdote Antonio Fois; a pagina 136 il testamento del chirurgo Giovanni Andrea Cervo; a pagina 138 il codicillo del chirurgo Giovanni Andrea Cervo; a pagina 144 il testamento della vedova Francesca Meloni di Perfugas. La terza parte del volume descrive l’articolazione del territorio, la privatizzazione dei terreni comunali e la compagnia barracellare. In merito a questo argomento riporto la delibera del 28 aprile 1872 del Consiglio comunale di Perfugas nella quale si legge: Il Consiglio delibera di cedere i terreni comunali ad alcuni cittadini che ne avevano fatto richiesta per risollevare le sorti della comunità e dare l’esempio agli oziosi per farne buoni e costumati cittadini. Nel processo di delimitazione del territorio di Perfugas su otto consiglieri, solo uno sapeva firmare: il notaio. Gli altri si firmano con il segno Più, ad indicare la croce. Va notato che la privatizzazione dei terreni ademprivili, prevista dalla legge del 18 agosto 1870 a Perfugas avvenne pacificamente a differenza degli altri comuni del centro Sardegna. L’autore riporta con precisione gli elenchi dei possessori dei terreni ademprivili. Da elogiare è ugualmente il vocabolario delle parole sarde non più in uso che vengono spiegate molto bene, come ad esempio barracello e bidazzone, ossia i terreni privati che si estendevano attorno il centro abitato. Un’altra curiosità che viene riportata nello statuto dei barracelli è all’articolo 71 ove si legge: I barracelli dovevano battere la campana del ritiro alle nove di notte dal primo giorno di novembre a tutto il mese di aprile e alla dieci dal primo giorni di maggio a tutto il mese di giugno. Solo alcune persone, dopo tale ora potevano uscire per motivi gravi e muniti di lanterna. Molto interessante la descrizione della colonizzazione della bassa valle del Coghinas da parte del Marchese di Villamarina e come tale marchese si sia appropriato di un immeso territorio appartenente alla comunità di Perfugas. E a proposito dei ruderi sulla collina di Monterennu, l’autore constata: “Quanto la gente dimentica in fretta la propria storia è dimostrata dal fatto che già quaranta anni fa, dopo neanche un secolo dalla costruzione dei fabbricati di Sa Colonia sulla collina di Monterennu, c’era qualcuno che diceva che dovevano essere delle antiche carceri.” In questa terza parte l’autore presenta una dettagliata analisi dei proprietari terrieri di: Tempio, Laerru, Martis, dei nobili, sacerdoti, delle chiese, parrocchie, dei privati, del basso clero, dei nobili forestieri e una ventina di famiglie locali che possedevano la quasi totalità dei terreni privati. La maggior parte delle restanti famiglie ne possedevano una piccola parte. ECCO SPIEGATA LA POVERTE E LA MISERIA CHE LA FACEVANO DA PADRONE NELLA COMUNITA DI PERFUGAS. Nell’ appendice PRIMA: fonti documentarie va rilevato che la metodologia espositiva adottata è fatta molto bene, l’autore ha sempre di mira il lettore per aiutarlo a capire ed interpretare i documenti. Si trovano: i regesti degli atti notarili i testi sardi e spagnoli tradotti in italiano. In nota sono riportati chiarimenti ed approfondimenti.
In questa appendice, tra le altre notizie, è riportata anche la relazione di Vittorio Angius del 1846 ove si legge che: La vita media dei cittadini di Perfugas è di 45 anni Gli abitanti sentono l’;influsso dei banditi Gli uomini esercitano l’agricoltura, le donne lavorano al telaio Pochi sono i proprietari Il maestro ha otto alunni. In tutto il paese solo 5 persone sanno leggere Non si curano degli alberi da frutta Non coltivano gli ulivi, per olio usano le bacche del lentischio Producono poco vino e cattivo Nei fiumi si pescano anguille e trote I preti non si muovo dalle loro chiese e non vanno a trovare i pastori nei loro stazzi. Un secolo dopo circa, un altro prete, Padre Manzella, ha dedicato la sua vita ad incontrare ed evangelizzare i pastori della Nurra e dell’Anglona. La memoria del bene fatto da questo prete della Missione è ancora viva in tutta la Sardegna. Nella chiesa parrocchiale si sente il fetore per le sepolture che vi si praticano. Rivolgendo lo sguardo a voi questa sera, mi viene voglia di esclamare: Deo gratias. Vedo giovani ed anziani vestiti bene, in ottima salute, strade asfaltate ed illuminate, negozi pieni di abbondanza. Che differenza tra la comunità di Perfugas di allora e quella di oggi.
Evidenzia tutta la sua preparazione di storico, di glottologo, di paleografo e archivista. Voi cittadini di Perfugas dovete essere fieri di avere tra di voi uno studioso come il Prof. Maxia che è diventato il ricordatore ufficiale della storia di Perfugas e della sua Comunità, come i GRIOT nella società del Mali, paese del centro Africa. L’invito che rivolgo ai visitatoi del blog è quello di leggere con attenzione il volume.
Perfugas, 5 agosto 2016