I. “Quattro figli e quattrocento poponi, una vacanza da non dimenticare” di Ange de Clermont
Mi scrive l’amico fraterno Paolo da Bologna:-Angelino, la storia dei poponi è esilarante, da film. Ne devi trarre un racconto: Quattro figli e quattrocento poponi, una vacanza da non dimenticare. Fantastico.-
Così nasce il racconto che mi appresto a fare. Dal novembre del 1965 ci eravamo trasferiti da Stintino a Sassari con due figli: un maschio e una femminuccia. Restammo in quello stabile in affitto fino al 1970 e poi ci trasferimmo non molto lontano in un appartamento dotato di riscaldamento. Quelli furono gli anni del minestrone, soltanto il giovedì e la domenica ci si poteva permettere un pollo arrosto con patate. Nel primo alloggio nacque il terzo figlio e nel secondo il quarto. La vita era dura perché mia moglie doveva attendere ai figli e alla casa, io dovevo insegnare, studiare per la laurea in Lettere Moderne e arrotondare lo stipendio con lezioni private di latino e d’italiano. Spesso in estate mi potevo permettere di uscire di notte a respirare l’anidride carbonica che esalavano le piante dei giardini pubblici che non erano troppo lontani da casa e rientrare verso la mezzanotte quando la giovane moglie e la tribù già dormiva.
Per sette anni stessa routine per tutte le stagioni, salvo la domenica, quando si vestiva a nuovo la prole e ci si recava in Piazza d’Italia, per consumare un gelato a testa, seduti al Bar Sanna, con la vista del monumento a Vittorio Emanuele, del Palazzo Liberty dei Giordano e della Provincia. Per alberi, qualche palma e niente più. Venne il felice anno della laurea a Genova dove mi ero trasferito da Cagliari, per dare Storia Romana e mi costrinsero a dare almeno un altro esame, che fu la Storia della Lingua Italiana, così tra gennaio e aprile feci il trasferimento, (per ottenere il trasferimento dall’Università di Cagliari a quella di Genova, a gennaio inoltrato, grazie ad un amico, fui nominato formalmente, (ad uso accademico) rappresentante della Pasta Agnesi a Genova). Per farla breve in quattro mesi diedi l’esame di Storia Romana, quello della Storia della Lingua Italiana, la tesi di Laurea (buttata giù in 15 giorni) sul Banditismo in Sardegna tra il 1848-1852. Non ebbi nemmeno tempo di apportare le correzioni suggerite, perché il professore per sbaglio la spedì ad altro laureando.
La discussione del 21 aprile 1969 durò tre quarti d’ora, ché la commissione parve più interessata a farmi domande sulla recrudescenza dei sequestri che non sui banditi dell’Ottocento, su Mesina più che su Tolu. Ero malmesso come media di voti , ma i commissari, vista la brillante discussione, furono straordinariamente generosi, dandomi 8 punti per la discussione invece dei 6 regolamentari, così raggiunsi il brillante (per me) voto di laurea di 99/110. Siano benedetti sia il prof. Narciso Nada, relatore, sia il prof. Raimondo Luraghi, correlatore. Sia il prof. Costantini che col suo marxismo cercò di mettere un neo alla mia brillante loquela. Luraghi era un grandissimo, Nada un grande con Claudio Costantini. Mandai una lettera di ringraziamento a Luraghi che mi rispose con molta gentilezza. Nada e Costini sono scomparsi nel 2009, Luraghi, il più longevo, è scomparso nel 2012. Era lo storico che conosceva più di tutti gli studiosi la storia degli USA. Sia bendtta anche la collega Maria Rosa Sini, da Tula, che mi suggerì il trasferimento, per non perdere tempo con MelonMike.
Era finito l’incubo della perdita del posto precario, visto che dal Meridione giungevano colonie di laureati che andavano a sostituire noi che eravamo studenti-professori.
Di lì a qualche anno doveva terminare anche la solita vita da cinese: insegnamento, lezioni private in tutte le stagioni.
Eravamo nel 1971 ed io, ormai abilitato, insegnavo italiano e latino in un Liceo della città per 120 mila lire al mese. I quattro rampolli, una femminuccia e tre maschietti, crescevano e spesso erano soggetti alla tonsillite e allora con la vivace e garibaldina consorte decidemmo di portarli al mare e di porre fine alla vita stressante dell’estate sassarese. C’informammo sulla località balneare: Isola Rossa, costo giornaliere di un piccolo stabile davanti al mare tremila lire al giorno. Servizi: acqua soltanto fino alle 8, doccia inesistente, strade sterrate, piazze sterrate. Una birreria-edicola-tabacchino. Capimmo subito che avremmo puzzato come pesci per tutta l’estate, ma il mare è il mare!
Memore dei tempi del collegio, quando le materne Figlie della Carità ci portavano al mare di Alghero per 40 giorni, dissi a mia moglie:- Quaranta giorni, non un giorno in più nè un giorno in meno.-
Occorrevano 120 mila lire. Come averli e come far fronte alle vettovaglie per 4o giorni, per dare il cibo ai quattro piccoli che andavano crescendo con appetito vorace?
Mi venne incontro un collega il cui padre era direttore della Banca Popolare della città. Con le sue referenze mi recai dal direttore che mi accolse gentilmente, sentì le mie esigenze e con movenze quasi sacerdotali, mi diede le 120 mila lire, previa firma di cambiali, acquisto di 25 azioni, con rimborso di 150 mila lire.
Felice come un pellicano che porta il cibo ai suoi piccoli raggiunsi casa. Mia moglie vide i soldi e le brillarono gli occhi. Ora bisognava pensare alle vettovaglie. L’dea l’ebbe lei dicendomi:
– Chiediamo a signora Titina di farci un ulteriore credito, (Allora mezza Italia comprava gli alimentari a credito). La pagheremo con la tredicesima!-
Affare fatto, ci demmo un bacio per l’dea geniale e mettemmo in opera il da farsi. Tre dei bambini, all’annuncio che saremmo andati al mare cominciarono a saltare, trasmettendo allegria anche al piccolo di sei mesi ancora in culla che cominciò a sgambettare, avvertendo il frastuono dei fratellini. Avuto l’assenso dell’alimentarista, prendemmo contatto con l’Isola Rossa e affare fu fatto. Dal 20 luglio avremmo occupato l’alloggio fino al 31 agosto, quando avremmo dovuto lasciarlo. (I segue)