Rapporti tra lo Stato italiano, la Santa Sede, le istituzioni cattoliche
Costituzione della Repubblica italiana Art. 7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
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Lo Statuto albertino definiva la religione cattolica come “la sola religione di Stato”. Gli artt. 7 e 8 della Costituzione repubblicana vedono il superamento del concetto stesso di “religione di Stato” e disciplinano i rapporti tra Stato e confessioni religiose sulla base di due principi: il principio della distinzione degli ordini e il principio di bilateralità. Alla Chiesa cattolica vengono comunque riconosciute indipendenza e sovranità.
Il fenomeno religioso viene considerato sostanzialmente estraneo all’ordinamento dello Stato. Il principio di bilateralità riconosce comunque alle istituzioni religiose la possibilità di negoziare accordi con lo Stato, secondo il modello delle relazioni internazionali, nelle materie di loro competenza. Con l’art. 7 la Costituzione recepisce i Patti Lateranensi, cioè gli accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929 da Mussolini (per l’Italia) e dal Cardinale Gasparri (per la Santa Sede). Il 18 febbraio 1984 è stato sottoscritto tra il Governo italiano e la Santa Sede un nuovo accordo, contenente “modifiche consensuali del Concordato lateranense”: si tratta di un documento che, ispirato ai principi di eguaglianza e neutralità espressi dalla Costituzione repubblicana e, al tempo stesso, più consono ai valori espressi dal Concilio Vaticano II, ha introdotto rilevanti novità nei rapporti tra Stato e Chiesa, riaffermando il principio di laicità dello Stato. Si è così concretizzato quel principio pattizio, esplicitato nell’ultima parte di questo art. 7, in base al quale lo Stato italiano si impegna a stabilire di comune accordo con la Chiesa ogni modifica dei Patti Lateranensi. È da osservare che se tale accordo non viene raggiunto, diventa necessaria una Legge costituzionale che, tramite abrogazione di questo articolo, consenta la revisione unilaterale dei Patti.
ACCORDO
TRA LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA ITALIANA
CHE APPORTA MODIFICAZIONI AL CONCORDATO
LATERANENSE
LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA ITALIANA
tenuto conto del processo di trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia negli ultimi decenni e degli sviluppi promossi nella Chiesa dal Concilio Vaticano II;
avendo presenti, da parte della Repubblica italiana, i principi sanciti dalla sua Costituzione, e, da parte della Santa Sede, le dichiarazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la libertà religiosa e i rapporti fra la Chiesa e la comunità politica, nonché la nuova codificazione del diritto canonico;
considerato inoltre che, in forza del secondo comma dell’art. 7 della Costituzione della Repubblica italiana, i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati dai Patti lateranensi, i quali per altro possono essere modificati di comune accordo dalle due Parti senza che ciò richieda procedimenti di revisione costituzionale;
hanno riconosciuto l’opportunità di addivenire alle seguenti modificazioni consensuali del Concordato lateranense:
ART. 1
La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese.
ART. 2
1. La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica.
2. È ugualmente assicurata la reciproca libertà di comunicazione e di corrispondenza fra la Santa Sede, la Conferenza Episcopale Italiana, le Conferenze Episcopali regionali, i Vescovi, il clero e i fedeli, cosi come la libertà di pubblicazione e diffusione degli atti e documenti relativi alla missione della Chiesa.
3. È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
4. La Repubblica italiana riconosce il particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità.
ART. 3
1. La circoscrizione delle diocesi e delle parrocchie è liberamente determinata dall’autorità ecclesiastica. La Santa Sede si impegna a non includere alcuna parte del territorio italiano in una diocesi la cui sede vescovile si trovi nel territorio di altro Stato.
2. La nomina dei titolari di uffici ecclesiastici è liberamente effettuata dall’autorità ecclesiastica. Quest’ultima dà comunicazione alle competenti autorità civili della nomina degli Arcivescovi e Vescovi diocesani, dei Coadiutori, degli Abati e Prelati con giurisdizione territoriale, cosi come dei Parroci e dei titolari degli altri uffici ecclesiastici rilevanti per l’ordinamento dello Stato.
3. Salvo che per la diocesi di Roma e per quelle suburbicarie, non saranno nominati agli uffici di cui al presente articolo ecclesiastici che non siano cittadini italiani.
ART. 4
1. I sacerdoti, i diaconi ed i religiosi che hanno emesso i voti hanno facoltà di ottenere, a loro richiesta, di essere esonerati dal servizio militare oppure assegnati al servizio civile sostitutivo.
2. In caso di mobilitazione generale gli ecclesiastici non assegnati alla cura d’anime sono chiamati ad esercitare il ministero religioso fra le truppe, oppure, subordinatamente, assegnati ai servizi sanitari.
3. Gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia ed i novizi degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica possono usufruire degli stessi rinvii dal servizio militare accordati agli studenti delle università italiane.
4. Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero.
ART. 5
1. Gli edifici aperti al culto non possono essere requisiti, occupati, espropriati o demoliti se non per gravi ragioni e previo accordo con la competente autorità ecclesiastica.
2. Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica.
3. L’autorità civile terrà conto delle esigenze religiose delle popolazioni, fatte presenti dalla competente autorità ecclesiastica, per quanto concerne la costruzione di nuovi edifici di culto cattolico e delle pertinenti opere parrocchiali.
ART. 6
La Repubblica italiana riconosce come giorni festivi tutte le domeniche e le altre festività religiose determinate d’intesa tra le Parti.
ART. 7
1. La Repubblica italiana, richiamandosi al principio enunciato dall’art. 20 della Costituzione, riafferma che il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.
2. Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici che ne sono attualmente provvisti, la Repubblica italiana, su domanda dell’autorità ecclesiastica o con il suo assenso, continuerà a riconoscere la personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, eretti o approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità di religione o di culto. Analogamente si procederà per il riconoscimento agli effetti civili di ogni mutamento sostanziale degli enti medesimi.
3. Agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fine di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fine di beneficenza o di istruzione.
4. Le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime.
5. Gli edifici aperti al culto, le pubblicazioni di atti, le affissioni all’interno o all’ingresso degli edifici di culto o ecclesiastici, e le collette effettuate nei predetti edifici, continueranno ad essere soggetti al regime vigente.
6. L’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico. Gli acquisti di questi enti sono però soggetti anche ai controlli previsti dalle leggi italiane per gli acquisti delle persone giuridiche.
7. All’atto della firma del presente Accordo, le Parti istituiscono una Commissione paritetica per la formulazione delle norme da sottoporre alla loro approvazione per la disciplina di tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici e per la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano e degli interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli enti ecclesiastici.
In via transitoria e fino all’entrata in vigore della nuova disciplina restano applicabili gli articoli 17, comma terzo, 18, 27, 29 e 30 del precedente testo concordatario.
ART. 8
1. Sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione, il parroco o il suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi, e redigerà quindi, in doppio originale, l’atto di matrimonio, nel quale potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile.
La Santa Sede prende atto che la trascrizione non potrà avere luogo:
a) quando gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età richiesta per la celebrazione;
b) quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile.
La trascrizione è tuttavia ammessa quando, secondo la legge civile, l’azione di nullità o di annullamento non potrebbe essere più proposta.
La richiesta di trascrizione è fatta, per iscritto, dal parroco del luogo dove il matrimonio è stato celebrato, non oltre i cinque giorni dalla celebrazione. L’ufficiale dello stato civile, ove sussistano le condizioni per la trascrizione, la effettua entro ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto e ne dà notizia al parroco.
Il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione, anche se l’ufficiale dello stato civile, per qualsiasi ragione, abbia effettuato la trascrizione oltre il termine prescritto.
La trascrizione può essere effettuata anche posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro, sempre che entrambi abbiano conservato ininterrottamente lo stato libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta di trascrizione, e senza pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti dai terzi.
2. Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d’appello competente, quando questa accerti:
a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo;
b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano;
c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere.
La corte d’appello potrà, nella sentenza intesa a rendere esecutiva una sentenza canonica, statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo, rimandando le parti al giudice competente per la decisione sulla materia.
3. Nell’accedere al presente regolamento della materia matrimoniale la Santa Sede sente l’esigenza di riaffermare il valore immutato della dottrina cattolica sul matrimonio e la sollecitudine della Chiesa per la dignità ed i valori della famiglia, fondamento della società.
ART. 9
1. La Repubblica italiana, in conformità al principio della libertà della, scuola e dell’insegnamento e nei termini previsti dalla propria Costituzione, garantisce alla Chiesa cattolica il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione.
A tali scuole che ottengano la parità è assicurata piena libertà, ed ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali, anche per quanto concerne l’esame di Stato.
2. La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado.
Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento.
All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione.
ART. 10
1. Gli istituti universitari, i seminari, le accademie, i collegi e gli altri istituti per ecclesiastici e religiosi o per la formazione nelle discipline ecclesiastiche, istituiti secondo il diritto canonico, continueranno a dipendere unicamente dall’autorità ecclesiastica.
2. I titoli accademici in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche, determinate d’accordo tra le Parti, conferiti dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti dallo Stato.
Sono parimenti riconosciuti i diplomi conseguiti nelle Scuole vaticane di paleografia, diplomatica e archivistica e di biblioteconomia.
3. Le nomine dei docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dei dipendenti istituti sono subordinate al gradimento, sotto il profilo religioso, della competente autorità ecclesiastica.
ART. 11
1. La Repubblica italiana assicura che l’appartenenza alle forze armate, alla polizia, o ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza negli istituti di prevenzione e pena non possono dar luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della libertà religiosa e nell’adempimento delle pratiche di culto dei cattolici.
2. L’assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa fra tali autorità.
ART. 12
1. La Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo ordine, collaborano per la tutela del patrimonio storico ed artistico.
Al fine di armonizzare l’applicazione della legge italiana con le esigenze di carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni culturali d’interesse religioso appartenenti ad enti e istituzioni ecclesiastiche.
La conservazione e la consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i competenti organi delle due Parti.
2. La Santa Sede conserva la disponibilità delle catacombe cristiane esistenti nel suolo di Roma e nelle altre parti del territorio italiano con l’onere conseguente della custodia, della manutenzione e della conservazione, rinunciando alla disponibilità delle altre catacombe.
Con l’osservanza delle leggi dello Stato e fatti salvi gli eventuali diritti di terzi, la Santa Sede può procedere agli scavi occorrenti ed al trasferimento delle sacre reliquie.
ART. 13
1. Le disposizioni precedenti costituiscono modificazioni del Concordato lateranense accettate dalle due Parti, ed entreranno in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica. Salvo quanto previsto dall’art. 7, n. 6, le disposizioni del Concordato stesso non riprodotte nel presente testo sono abrogate.
2. Ulteriori materie per le quali si manifesti l’esigenza di collaborazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due Parti sia con intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza Episcopale Italiana.
ART. 14
Se in avvenire sorgessero difficoltà di interpretazione o di applicazione delle disposizioni precedenti, la Santa Sede e la Repubblica italiana affideranno la ricerca di un’amichevole soluzione ad una Commissione paritetica da loro nominata.
Roma, diciotto febbraio millenovecentottantaquattro.
AGOSTINO CARD. CASAROLI
B. CRAXI
PROTOCOLLO ADDIZIONALE
Al momento della firma dell’Accordo che apporta modificazioni al Concordato lateranense la Santa Sede e la Repubblica italiana, desiderose di assicurare con opportune precisazioni la migliore applicazione dei Patti lateranensi e delle convenute modificazioni, e di evitare ogni difficoltà di interpretazione, dichiarano di comune intesa:
1. In relazione all’Art. 1
Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano.
2. In relazione all’Art. 4
a) Con riferimento al n. 2, si considerano in cura d’anime gli Ordinari, i parroci, i vicari parrocchiali, i rettori di chiese aperte al culto ed i sacerdoti stabilmente addetti ai servizi di assistenza spirituale di cui all’art. 11.
b) La Repubblica italiana assicura che l’autorità giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.
c) La Santa Sede prende occasione dalla modificazione del Concordato lateranense per dichiararsi d’accordo, senza pregiudizio dell’ordinamento canonico, con l’interpretazione che lo Stato italiano dà dell’art. 23, secondo comma, del Trattato lateranense, secondo la quale gli effetti civili delle sentenze e dei provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche, previsti da tale disposizione, vanno intesi in armonia con i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani.
3. In relazione all’Art. 7
a) La Repubblica italiana assicura che resterà escluso l’obbligo per gli enti ecclesiastici di procedere alla conversione di beni immobili, salvo accordi presi di volta in volta tra le competenti autorità governative ed ecclesiastiche, qualora ricorrano particolari ragioni.
b) La Commissione paritetica, di cui al n. 6, dovrà terminare i suoi lavori entro e non oltre sei mesi dalla firma del presente Accordo.
4. In relazione all’Art. 8
a) Ai fini dell’applicazione del n. 1, lett. b), si intendono come impedimenti inderogabili della legge civile:
1) l’essere uno dei contraenti interdetto per infermità di mente;
2) la sussistenza tra gli sposi di altro matrimonio valido agli effetti civili;
3) gli impedimenti derivanti da delitto o da affinità in linea retta.
b) Con riferimento al n. 2, ai fini dell’applicazione degli articoli 796 e 797 del codice italiano di procedura civile, si dovrà tener conto della specificità dell’ordinamento canonico dal quale è regolato il vincolo matrimoniale, che in esso ha avuto origine. In particolare,
1) si dovrà tener conto che i richiami fatti dalla legge italiana alla legge del luogo in cui si è svolto il giudizio si intendono fatti al diritto canonico;
2) si considera sentenza passata in giudicato la sentenza che sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico;
3) si intende che in ogni caso non si procederà al riesame del merito.
c) Le disposizioni del n. 2 si applicano anche ai matrimoni celebrati, prima dell’entrata in vigore del presente Accordo, in conformità alle norme dell’art. 34 del Concordato lateranense e della legge 27 maggio 1929, n. 847, per i quali non sia stato iniziato il procedimento dinanzi all’autorità giudiziaria civile, previsto dalle norme stesse.
5. In relazione all’Art . 9
a) L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito – in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni – da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica.
Nelle scuole materne ed elementari detto insegnamento può essere impartito dall’insegnante di classe, riconosciuto idoneo dall’autorità ecclesiastica, che sia disposto a svolgerlo.
b) Con successiva intesa tra le competenti autorità scolastiche e la Conferenza Episcopale Italiana verranno determinati:
1) i programmi dell’insegnamento della religione cattolica per i diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche;
2) le modalità di organizzazione di tale insegnamento, anche in relazione alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni;
3) i criteri per la scelta dei libri di testo;
4) i profili della qualificazione professionale degli insegnanti.
c) Le disposizioni di tale articolo non pregiudicano il regime vigente nelle regioni di confine nelle quali la materia è disciplinata da norme particolari.
6. In relazione all’Art. 10
La Repubblica italiana, nell’interpretazione del n. 3 – che non innova l’art. 38 del Concordato dell’11 febbraio 1929 – si atterrà alla sentenza 195/1972 della Corte Costituzionale relativa al medesimo articolo.
7. In relazione all’Art. 13 n. 1
Le Parti procederanno ad opportune consultazioni per l’attuazione, nel rispettivo ordine, delle disposizioni del presente Accordo.
Il presente Protocollo addizionale fa parte integrante dell’Accordo che apporta modificazioni al Concordato lateranense contestualmente firmato tra la Santa Sede e la Repubblica italiana.
Roma, diciotto febbraio millenovecentottantaquattro.
AGOSTINO CARD. CASAROLI B. CRAXI
L. S. L. S.
PROTOCOLLO
DI APPROVAZIONE DELLE NORME PER LA DISCIPLINA DELLA MATERIA DI CUI ALL’ART. 7 N. 6 DELL’ACCORDO TRA LA SANTA SEDE E LA REPUBBLICA ITALIANA CHE APPORTA MODIFICAZIONI AL CONCORDATO LATERANENSE
Il Cardinale Segretario di Stato e Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Agostino Casaroli, e
il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Onorevole Bettino Craxi,
esaminate le norme formulate dalla Commissione paritetica, istituita a norma dell’art. 7 n. 6 dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del 18 febbraio 1984, e sottoposte all’approvazione delle Alte Parti in data 8 agosto dello stesso anno,
preso atto che le norme predette rientrano nell’ambito del mandato conferito alla Commissione paritetica,
considerato che le medesime norme sono rispondenti ai principi ed ai criteri enunciati nel preambolo dell’Accordo del 18 febbraio 1984 e sono idonee a modificare gli articoli 17 comma 3°, 18, 27, 29 e 30 del testo concordatario dell’11 febbraio 1929 e le relative disposizioni applicative,
tenuto conto di quanto concordato con lo scambio di lettere tra loro intercorso in data odierna (allegato I), con particolare riguardo alle modificazioni relative agli arti-coli 46, 47, 50 e 51 delle predette norme,
convengono, a nome rispettivamente della Santa Sede e della Repubblica Italiana, su quanto segue :
ART. 1
Le norme presentate alle Alte Parti dalla Commissione paritetica per gli enti ecclesiastici, istituita a norma dell’art. 7 n. 6 dell’Accordo tra la Santa Sede e l’Italia del 18 febbraio 1984, sono approvate nella formulazione del testo firmato dalla Commissione paritetica in data 8 agosto 1984, con le modifiche concordate con le lettere di cui all’allegato 1.
ART. 2
Resta inteso che tali norme non concernono la condizione giuridica della Santa Sede e dei suoi organi.
ART. 3
Resta inoltre inteso che sono applicabili alle materie disciplinate dalle norme predette le disposizioni degli art. 13, n. 2 e 14 dell’Accordo 18 febbraio 1984.
ART. 4
Le Parti daranno piena ed intera esecuzione al presente Protocollo emanando, con gli strumenti giuridici propri dei rispettivi ordinamenti, le norme approvate in data odierna.
ART. 5
Il presente Protocollo e le norme predette entreranno in vigore alla data dello scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo del 18 febbraio 1984 e del Protocollo medesimo.
Roma, 15 novembre 1984.
AGOSTINO CARD. CASAROLI B. CRAXI
L. S. L. S.
ALLEGATO
SCAMBIO DI LETTERE TRA SUA EMINENZA REVERENDISSIMA IL SIGNOR CARDINALE AGOSTINO CASAROLI, SEGRETARIO DI STATO, PREFETTO DEL CONSIGLIO PER GLI AFFARI PUBBLICI DELLA CHIESA, E SUA ECCELLENZA L’ONOREVOLE SIGNORE BΕΤΤIΝΟ CRAXI, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DELLA REPUBBLICA ITALIANA.
CONSIGLIO
PER GLI AFFARI PUBBLICI
DELLA CHIESA
IL PREFETTO
N. 7126/84 Dal Vaticano, 15 novembre 1984
Signor Presidente del Consiglio,
La Commissione paritetica istituita all’atto della firma dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del 18 febbraio 1984, ha sottoposto all’approvazione delle Alte Parti, il giorno 8 agosto st. a., a compimento del suo mandato, le norme da essa formulate circa gli enti ed i beni ecclesiastici in Italia e circa la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano e degli interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli enti ecclesiastici.
Prima di procedere all’approvazione di dette norme, la Santa Sede – attesi anche i rilievi ad essa esposti in merito dalla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana – ritiene di dover proporre al Governo italiano la modificazione di talune disposizioni delle norme stesse e l’interpretazione di altre: ciò al fine di garantire la possibilità stessa di dare l’avvio al nuovo sistema amministrativo ecclesiastico proposto dalla Commissione paritetica e di rendere l’applicazione delle nuove norme sicura e rispondente alla concorde volontà delle Alte Parti.
I. Si tratta, anzitutto, delle disposizioni relative ai seguenti articoli, la cui proposta modificazione viene indicata con sottolineatura:
1) Art. 46, comma 1:
A decorrere dal periodo d’imposta 1989 le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali in denaro, fino all’importo di lire due milioni, a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana».
2) Art. 47, comma 1:
«Le somme da corrispondere a far tempo dal 1° gennaio 1987 e sino a tutto il 1989 alla Conferenza Episcopale Italiana e al Fondo edifici di culto in forza delle presenti norme sono iscritte in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del tesoro, verso contestuale soppressione del capitolo n. 4493 del medesimo stato di previsione, dei capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031 e 2071 dello stato di previsione del Ministero dell’interno, nonché del capitolo n. 7871 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici».
3) Art. 50.
«I contributi e concorsi nelle spese a favore delle Amministrazioni del Fondo Culto e del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma di cui al capitolo n. 4493 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno finanziario 1984, gli assegni al personale ecclesiastico ex palatino, le spese concernenti l’inventario degli stati patrimoniali degli istituti ecclesiastici e il contributo per integrare i redditi dei Patrimoni riuniti ex economali destinati a sovvenire il clero particolarmente benemerito e bisognoso e a favorire scopi di culto, di beneficenza e di istruzione, iscritti, rispettivamente ai capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031 e n. 2071 dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno finanziario 1984, nonché le spese di concorso dello Stato nella costruzione e ricostruzione di chiese di cui al capitolo n. 7871 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici per l’anno finanziario 1984, sono corrisposti, per gli anni finanziari 1985 e 1986, negli stessi importi risultanti dalle previsioni finali dei predetti capitoli per l’anno 1984, al netto di eventuali riassegnazioni per il pagamento di residui passivi perenti. Lο stanziamento del suddetto capitolo n. 4493 dello stato di previsione del Ministero del tesoro sarà comunque integrato dell’importo necessario per assicurare negli anni 1985 e 1986 le maggiorazioni conseguenti alle variazioni dell’indennità integrativa speciale, di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 e successive modificazioni e integrazioni, che si registreranno negli anni medesimi.
Per gli anni 1985 e 1986 i suddetti contributi, concorsi, assegni e spese continuano ad essere corrisposti nelle misure di cui al comma precedente, rispettivamente alle Amministrazioni del Fondo per il Culto, del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e dei Patrimoni riuniti ex economali, nonché al Ministero dei lavori pubblici per la costruzione e la ricostruzione di chiese.
Per ciascuno degli anni 1987, 1988, 1989 gli stessi contributi, concorsi, assegni e spese, aumentati del 5% rispetto all’importo dell’anno precedente, sono invece corrisposti alla Conferenza Episcopale Italiana, ad eccezione della somma di L. 3.500 milioni annui che verrà corrisposta, a decorrere dall’anno 1987, al Fondo edifici di culto di cui all’art. 55 delle presenti norme.
Le erogazioni alla Conferenza Episcopale Italiana, da effettuarsi in unica soluzione entro il 20 gennaio di ciascun anno, avvengono secondo modalità che sono determinate con decreto del Ministro del tesoro. Tali modalità devono, comunque, consentire l’adempimento degli obblighi di cui al successivo articolo 51 e il finanziamento dell’attività dell’Istituto di cui all’art. 21, comma terzo.
Resta a carico del bilancio dello Stato il pagamento delle residue annualità dei limiti di impegno iscritti, sino tutto l’anno finanziario 1984, sul capitolo n. 7872 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici».
4) Art. 51, commi 1 e 2:
«Le disposizioni di cui al regio decreto 29 gennaio 1931, n. 227 e successive modifiche e integrazioni sono abrogate dal 1° gennaio 1985, salvo quanto stabilito nel precedente art. 50.
Le somme liquidate per l’anno 1984 a titolo di supplemento di congrua, onorari e spese di culto continuano ad essere corrisposte, in favore dei medesimi titolari, nel medesimo ammontare e con il medesimo regime fiscale, previdenziale e assistenziale per il periodo 1° gennaio 1985-31 dicembre 1986, aumentate delle maggiorazioni di cui al primo comma del precedente articolo 50, conseguenti alle variazioni dell’indennità integrativa speciale per gli anni 1985 e 1986. Il pagamento viene effettuato in rate mensili posticipate con scadenza il giorno 25 di ciascun mese e il giorno 20 del mese di dicembre» .
II. Ritengo opportuno, inoltre, allegare l’unanime dichiarazione messa a verbale dalla Commissione paritetica all’atto conclusivo dei lavori, circa la retta interpretazione degli articoli 41, 42, 46, 47 e 50 delle norme predette.
III. Data la natura del tutto «sui generis» della personalità giuridica della Santa Sede e delle sue peculiari esigenze, la Santa Sede propone di inserire nel protocollo di approvazione una disposizione che chiarisca che le nuove norme non concernono la condizione giuridica della Santa Sede e dei suoi organi.
La Santa Sede conferma la sua disponibilità ad esaminare col Governo italiano questioni riguardanti le attività in Italia dell’Istituto per le Opere di Religione.
Nel sottoporre alla Sua considerazione quanto sopra, sono a chiederLe, Signor Presidente, a nome della Santa Sede, il consenso del Governo Italiano alla corrispondente modificazione ed interpretazione delle norme da approvare.
Gradisca, Signor Presidente, i sensi della mia più alta considerazione.
AGOSTINO CARD. CASAROLI
ALLEGATO
«La Commissione ha ritenuto superfluo formulare apposita norma per chiarire che non sono oggetto di imposizione fiscale le somme che alla Conferenza episcopale italiana perverranno in virtù degli articoli 47 e 50.
La Commissione ritiene, infatti, sulla base dei principi generali dell’ordinamento giuridico italiano, che i trasferimenti di cui agli articoli 41, 42, 46, 47 e 50 sono per loro natura esclusi da ogni tributo, difettando i presupposti per l’imposizione in virtù della effettiva destinazione delle somme.
Va considerato, comunque, che la tassazione avviene, come disposto dall’articolo 25, nella fase finale a carico dei sacerdoti percipienti la remunerazione, ovvero, sulla base dei principi generali, quando le somme predette costituiscano o producano reddito imponibile».
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A Sua Eccellenza
l’Onorevole Signore BETTINO CRAXI
Presidente del Consiglio dei Ministri
della Repubblica Italiana
ROMA
(con allegato)
IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Roma, 15 novembre 1984
Eminenza Reverendissima,
ho l’onore di accusare ricevuta della lettera dell’ E . V . in data odierna n. 7126/84.
Il Governo italiano ha esaminato le norme formulate dalla Commissione paritetica istituita ai sensi dell’art. 7 n. 6 dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana del 18 febbraio 1984 e sottoposte all’approvazione delle Alte Parti in data 8 agosto dello stesso anno.
Preso atto che le norme formulate dalla Commissione paritetica rientrano nell’ambito del mandato ad essa affidato, il Governo italiano ritiene che dette norme sono rispondenti ai principi ed ai criteri enunciati nel preambolo dell’Accordo del 18 febbraio 1984 e idonee a modificare gli articoli 17 comma terzo, 18, 27, 29 e 30 del testo concordatario dell’11 febbraio 1929 e le relative disposizioni applicative.
In vista dell’approvazione di dette norme il Governo italiano, nell’intento di favorire l’avvio del nuovo sistema amministrativo ecclesiastico proposto dalla Commissione paritetica, ritiene di accettare le modifiche degli articoli 46, 47, 50 e 51 e le interpretazioni proposte dalla Santa Sede con la predetta lettera della Eminenza Vostra.
Colgo l’occasione, Eminenza Reverendissima, per presentarLe i sensi della mia più alta considerazione.
B. CRAXI
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Sua Eminenza Reverendissima
il Sig. Cardinale AGOSTINO CASAROLI
Segretario di Stato di Sua Santità
CITTÀ DEL VATICAΝΟ
ROMA
PROCESSO-VERBALE
I sottoscritti, debitamente autorizzati, si sono riuniti oggi per procedere allo scambio delle Ratifiche di Sua Santità il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e del Signor Presidente della Repubblica italiana Sandro Pertini relative ai seguenti Atti stipulati tra la Santa Sede e l’Italia:
a) ACCORDO che apporta modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, firmato a Roma il 18 febbraio 1984;
b) PROTOCOLLO di approvazione delle norme circa gli enti e beni ecclesiastici in Italia e circa la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano e degli interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli enti ecclesiastici, firmato a Roma il 15 novembre 1984.
Gli strumenti di queste Ratifiche essendo stati trovati esatti e concordanti, lo scambio è stato eseguito.
Le Alte Parti contraenti, nell’atto di procedere allo scambio delle Ratifiche, dei predetti Atti, hanno riaffermato la loro volontà, di osservare lealmente oltre al Trattato lateranense che, ha posto fine alla Questione Romana – le nuove disposizioni che apportano modificazioni al Concordato lateranense, impegnandosi a procedere sempre, nell’interpretazione ed applicazione nei rispettivi ordinamenti di tutte le norme concordate, non solo nel doveroso rispetto della lettera e dello spirito degli accordi, ma anche secondo quella volontà di amichevole collaborazione che caratterizza i loro reciproci rapporti.
In fede di che, i sottoscritti hanno redatto il presente Processo-Verbale e vi hanno apposto il loro sigillo.
Fatto in doppio originale, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il tre giugno millenovecentottantacinque.
AGOSTINO CARD. CASAROLI B. CRAXI
L. S. L. S.
NORME CIRCA GLI ENTI E BENI ECCLESIASTICI IN ITALIA E CIRCA LA REVISIONE DEGLI IMPEGNI FINANZIARI DELLO STATO ITALIANO E DEGLI INTERVENTI DEL MEDESIMO NELLA GESTIONE PATRIMONIALE DEGLI ENTI ECCLESIASTICI.
DECRETO
IL CARDINALE AGOSTINO CASAROLI
SEGRETARIO DI STATO
PREFETTO DEL CONSIGLIO PER GLI AFFARI PUBBLICI
DELLA CHIESA
Premesso che con lo scambio degli strumenti di ratifica, avvenuto in data odierna in Vaticano, sono entrati in vigore l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana del 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense, ed il Protocollo del 18 novembre 1984, relativo alla materia di cui all’art. 7 n. 6 di detto Accordo;
Atteso quanto stabilito nel citato Protocollo, art. 5;
Allo scopo di dare ad esso piena ed intera esecuzione in conformità a quanto convenuto nell’art. 4 del medesimo Protocollo;
In virtù degli speciali poteri conferitigli a tal fine da Sua Santità il Papa Giovanni Paolo II, emana, per quanto attiene all’ordinamento canonico, le seguenti Norme:
TITOLO I
ENTI ECCLESIASTICI
CIVILMENTE RICONOSCIUTI
ART. 1
Gli enti costituiti o approvati dall’autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, possono essere riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato.
ART. 2
Sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari.
Per altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica nell’ordinamento della Chiesa, il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell’articolo 16.
L’accertamento di cui al comma precedente è diretto a verificare che il fine di religione o di culto sia costitutivo ed essenziale dell’ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico.
ART. 3
Il riconoscimento della personalità giuridica è concesso su domanda di chi rappresenta l’ente secondo il diritto canonico, previo assenso dell’autorità ecclesiastica competente, ovvero su domanda di questa.
ART. 4
Gli enti ecclesiastici che hanno la personalità giuridica nell’ordinamento dello Stato assumono la qualifica di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.
ART. 5
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono iscriversi nel registro delle persone giuridiche.
Nel registro, con le indicazioni prescritte dagli articoli 33 e 34 del codice civile, devono risultare le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dell’ente. Agli enti ecclesiastici non può comunque essere fatto, ai fini della registrazione, un trattamento diverso da quello previsto per le persone giuridiche private.
I provvedimenti previsti dagli articoli 19 e 20 delle presenti norme sono trasmessi d’ufficio per l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.
ART. 6
Gli enti ecclesiastici già riconosciuti devono richiedere l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche entro due anni dalla entrata in vigore delle presenti norme.
La Conferenza episcopale italiana deve richiedere l’iscrizione entro il 30 settembre 1986.
Gli Istituti per il sostentamento del clero, le diocesi e le parrocchie devono richiedere l’iscrizione entro il 31 dicembre 1989.
Decorsi tali termini, gli enti ecclesiastici di cui ai commi precedenti potranno concludere negozi giuridici solo previa iscrizione nel registro predetto.
ART. 7
Gli istituti religiosi e le società di vita apostolica non possono essere riconosciuti se non hanno la sede principale in Italia.
Le province italiane di istituti religiosi e di società di vita apostolica non possono essere riconosciute se la loro attività non è limitata al territorio dello Stato o a territori di missione.
Gli enti di cui ai commi precedenti e le loro case non possono essere riconosciuti se non sono rappresentati, giuridicamente e di fatto, da cittadini italiani aventi il domicilio in Italia. Questa disposizione non si applica alle case generalizie e alle procure degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica.
Resta salvo quanto dispone l’articolo 9.
ART. 8
Gli istituti religiosi di diritto diocesano possono essere riconosciuti soltanto previo assenso della Santa Sede e sempre che sussistano garanzie di stabilità.
ART. 9
Le società di vita apostolica e le associazioni pubbliche di fedeli possono essere riconosciute soltanto previo assenso della Santa Sede e sempre che non abbiano carattere locale.
ART. 10
Le associazioni costituite o approvate dall’autorità ecclesiastica, non riconoscibili a norma dell’articolo precedente, possono essere riconosciute alle condizioni previste dal codice civile.
Esse restano in tutto regolate dalle leggi civili, salvi la competenza dell’autorità ecclesiastica circa la lοrο attività di religione o di culto e i poteri della medesima in ordine agli organi statutari.
In ogni caso è applicabile l’articolo 3 delle presenti norme.
ART. 11
Il riconoscimento delle chiese è ammesso solo se aperte al culto pubblico e non annesse ad altro ente ecclesiastico, e sempre che siano fornite dei mezzi sufficienti per la manutenzione e la ufficiatura.
ART. 12
Le fondazioni di culto possono essere riconosciute quando risultino la sufficienza dei mezzi per il raggiungimento dei fini e la rispondenza alle esigenze religiose della popolazione.
ART. 13
La Conferenza episcopale italiana acquista la personalità giuridica civile, quale ente ecclesiastico, con l’entrata in vigore delle presenti norme.
ART. 14
Dal 1° gennaio 1987, su richiesta dell’autorità ecclesiastica competente, può essere revocato il riconoscimento civile ai capitoli cattedrali o collegiali non più rispondenti a particolari esigenze o tradizioni religiose e culturali della popolazione.
Nuovi capitoli possono essere civilmente riconosciuti solo a seguito di soppressione o fusione di capitoli già esistenti o di revoca del loro riconoscimento civile.
ART. 15
Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, alle condizioni previste dall’articolo 7, n. 3, secondo comma, dell’Accordo del 18 febbraio 1984.
ART. 16
Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
a) attività di religione o di culto quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana;
b) attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura, e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro.
ART. 17
Per gli acquisti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti si applicano le disposizioni delle leggi civili relative alle persone giuridiche.
ART. 18
Ai fini dell’invalidità o inefficacia di negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici non possono essere opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri di rappresentanza o l’omissione di controlli canonici che non risultino dal codice di diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche.
ART. 19
Ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione dei beni e nel modo di esistenza di un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto acquista efficacia civile mediante riconoscimento con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato.
In caso di mutamento che faccia perdere all’ente uno dei requisiti prescritti per il suo riconoscimento può essere revocato il riconoscimento stesso con decreto del Presidente della Repubblica, sentita l’autorità ecclesiastica e udito il parere del Consiglio di Stato.
ART. 20
La soppressione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e la loro estinzione per altre cause hanno efficacia civile mediante l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche del provvedimento dell’autorità ecclesiastica competente che sopprime l’ente o ne dichiara l’avvenuta estinzione.
L’autorità ecclesiastica competente trasmette il provvedimento al Ministro dell’interno che, con proprio decreto, dispone l’iscrizione di cui al primo comma e provvede alla devoluzione dei beni dell’ente soppresso o estinto.
Tale devoluzione avviene secondo quanto prevede il provvedimento ecclesiastico, salvi in ogni caso la volontà dei disponenti, i diritti dei terzi e le disposizioni statutarie, e osservate, in caso di trasferimento ad altro ente, le leggi civili relative agli acquisti delle persone giuridiche.
TITOLO II
BENI ECCLESIASTICI
E SOSTENTAMENTO DEL CLERO
ART. 21
In ogni diocesi viene eretto, entro il 30 settembre 1986, con decreto del Vescovo diocesano, l’Istituto per il sostentamento del clero previsto dal canone 1274 del codice di diritto canonico.
Mediante accordo tra i Vescovi interessati, possono essere costituiti Istituti a carattere interdiocesano, equiparati, ai fini delle presenti norme, a quelli diocesani.
La Conferenza episcopale italiana erige, entro lo stesso termine, l’Istituto centrale per il sostentamento del clero, che ha il fine di integrare le risorse degli Istituti di cui ai commi precedenti.
ART. 22
L’Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento del clero acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Ministro dell’interno, che conferisce ad essi la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
La procedura di cui ai commi precedenti si applica anche al riconoscimento civile dei decreti canonici di fusione di Istituti diocesani o di separazione di Istituti a carattere interdiocesano emanati entro il 30 settembre 1989.
ART. 23
Lo statuto di ciascun Istituto per il sostentamento del clero è emanato dal Vescovo diocesano in conformità alle disposizioni della Conferenza episcopale italiana.
In ogni caso, almeno un terzo dei membri del consiglio di amministrazione di ciascun Istituto è composto da rappresentanti designati dal clero diocesano su base elettiva.
ART. 24
Dal 1° gennaio 1987 ogni Istituto provvede, in conformità allo statuto, ad assicurare, nella misura periodicamente determinata dalla Conferenza episcopale italiana, il congruo e dignitoso sostentamento del clero che svolge servizio in favore della diocesi, salvo quanto previsto dall’articolo 51.
Si intende per servizio svolto in favore della diocesi, ai sensi del canone 1274, paragrafo 1, del codice di diritto canonico, l’esercizio del ministero come definito nelle disposizioni emanate dalla Conferenza episcopale italiana.
I sacerdoti che svolgono tale servizio hanno diritto a ricevere la remunerazione per il proprio sostentamento, nella misura indicata nel primo comma, da parte degli enti di cui agli articoli 33, lettera a) e 34, primo comma, per quanto da ciascuno di essi dovuto.
ART. 25
La remunerazione di cui agli articoli 24, 33, lettera a) e 34 è equiparata, ai soli fini fiscali, al reddito da lavoro dipendente.
L’Istituto centrale opera, su tale remunerazione, le ritenute fiscali e versa anche, per i sacerdoti che vi siano tenuti, i contributi previdenziali e assistenziali previsti dalle leggi vigenti.
ART. 26
Gli istituti religiosi, le loro province e case civilmente riconosciuti, possono, per ciascuno dei propri membri che presti continuativamente opera in attività commerciali svolte dall’ente, dedurre, ai fini della determinazione del reddito di impresa, se inerente alla sua produzione e in sostituzione degli altri costi e oneri relativi alla prestazione d’opera, ad eccezione di quelli previdenziali, un importo pari all’ammontare del limite minimo annuo previsto per le pensioni corrisposte dal Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti dell’Istituto nazionale di previdenza sociale.
Con decreto del Ministro delle finanze è determinata la documentazione necessaria per il riconoscimento di tali deduzioni.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore delle presenti norme.
ART. 27
L’Istituto centrale e gli altri Istituti per il sostentamento del clero possono svolgere anche funzioni previdenziali integrative autonome per il clero.
Gli Istituti diocesani destinano, in conformità ad apposite norme statutarie, una quota delle proprie risorse per sovvenire alle necessità che si manifestino nei casi di abbandono della vita ecclesiastica da parte di coloro che non abbiano altre fonti sufficienti di reddito.
ART. 28
Con il decreto di erezione di ciascun Istituto sono contestualmente estinti la mensa vescovile, i benefici capitolari, parrocchiali, vicariali curati o comunque denominati, esistenti nella diocesi, e i loro patrimoni sono trasferiti di diritto all’Istituto stesso, restando peraltro estinti i diritti attribuiti ai beneficiari dal canone 1473 del codice di diritto canonico del 1917.
Con il decreto predetto o con decreto integrativo sono elencati i benefici estinti a norma del comma precedente.
Il riconoscimento civile dei provvedimenti canonici di cui ai commi precedenti avviene con le modalità e nei termini previsti dall’articolo 22.
L’Istituto succede ai benefici estinti in tutti i rapporti attivi e passivi.
ART. 29
Con provvedimenti dell’autorità ecclesiastica competente, vengono determinate, entro il 30 settembre 1986, la sede e la denominazione delle diocesi e delle parrocchie costituite nell’ordinamento canonico.
Tali enti acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Ministro dell’interno che conferisce alle singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
Con provvedimenti del Vescovo diocesano gli edifici di culto, gli episcopi, le case canoniche, gli immobili adibiti ad attività educative o caritative o ad altre attività pastorali, i beni destinati interamente all’adempimento di oneri di culto ed ogni altro bene o attività che non fa parte della dote redditizia del beneficio, trasferiti all’Istituto a norma dell’articolo 28, sono individuati e assegnati a diocesi, parrocchie e capitoli non soppressi.
ART. 30
Con l’acquisto, da parte della parrocchia, della personalità giuridica a norma dell’articolo 29, si estingue, ove esistente, la personalità giuridica della chiesa parrocchiale e il suo patrimonio è trasferito di diritto alla parrocchia, che succede all’ente estinto in tutti i rapporti attivi e passivi.
Con il provvedimento di cui al primo comma dell’articolo 29, l’autorità ecclesiastica competente comunica anche l’elenco delle chiese parrocchiali estinte.
Tali enti perdono la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto del Ministro dell’interno, che priva le singole chiese parrocchiali della qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il decreto è emanato entro sessanta giorni dalla data di ricezione dei relativi provvedimenti canonici.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche all’estinzione di chiese cattedrali e al trasferimento dei loro patrimoni alle rispettive diocesi qualora l’autorità ecclesiastica adotti i relativi provvedimenti canonici.
ART. 31
Fino al 31 dicembre 1989 i trasferimenti di cui agli articoli 22, terzo comma, 28, 29, 30 e tutti gli atti e adempimenti necessari a norma di legge sono esenti da ogni tributo e onere.
Le trascrizioni e le volture catastali relative ai trasferimenti previsti dagli articoli 28 e 30 avvengono sulla base dei decreti ministeriali di cui ai medesimi articoli senza necessità di ulteriori atti o documentazioni, salve, per le iscrizioni tavolari, le indicazioni previste dalle leggi vigenti in materia.
Nelle diocesi per il cui territorio vige il catasto con il sistema tavolare, i decreti di cui all’articolo 28 possono provvedere alla ripartizione dei beni immobili degli enti estinti tra l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero e gli altri enti indicati nell’articolo 29, ultimo comma, che ad essi succedono.
Analogamente si procede per i trasferimenti di cui agli articoli 55 e 69.
ART. 32
Le liberalità disposte con atto anteriore al luglio 1987 a favore di un beneficio ecclesiastico sono devolute all’Istituto diocesano per il sostentamento del clero, qualora la successione si apra dopo l’estinzione del beneficio o la donazione non sia stata da questo accettata prima della estinzione.
Analogamente le liberalità disposte a favore di una chiesa parrocchiale o cattedrale sono devolute rispettivamente alla parrocchia o diocesi che ad essa succede a norma dell’articolo 30.
ART. 33
I sacerdoti di cui all’articolo 24 comunicano annualmente all’Istituto diocesano per il sostentamento del clero:
a) la remunerazione che, secondo le norme stabilite dal Vescovo diocesano sentito il Consiglio presbiterale, ricevono dagli enti ecclesiastici presso i quali esercitano il ministero;
b) gli stipendi eventualmente ad essi corrisposti da altri soggetti.
ART . 34
L’Istituto verifica, per ciascun sacerdote, i dati ricevuti a norma dell’articolo 33. Qualora la somma dei proventi di cui al medesimo articolo non raggiunga la misura determinata dalla Conferenza episcopale italiana a norma dell’articolo 24, primo comma, l’Istituto stabilisce l’integrazione spettante, dandone comunicazione all’interessato.
La Conferenza episcopale italiana stabilisce procedure accelerate di composizione o di ricorso contro i provvedimenti dęll’Istituto. Tali procedure devono assicurare una adeguata rappresentanza del clero negli organi competenti per la composizione o la definizione dei ricorsi.
Contro le decisioni di tali organi sono ammessi il ricorso gerarchico al Vescovo diocesano e gli ulteriori rimedi previsti dal diritto canonico.
I ricorsi non hanno effetto sospensivo, salvo il disposto del canone 1737, paragrafo 3, del codice di diritto canonico.
ART. 35
Gli Istituti diocesani per il sostentamento del clero provvedono all’integrazione di cui all’articolo 34 con i redditi del proprio patrimonio.
Qualora tali redditi risultino insufficienti, gli Istituti richiedono all’Istituto centrale la somma residua necessaria ad assicurare ad ogni sacerdote la remunerazione nella misura stabilita.
Parte degli eventuali avanzi di gestione è versata all’Istituto centrale nella misura periodicamente stabilita dalla Conferenza episcopale italiana.
ART. 36
Per le alienazioni e per gli altri negozi di cui al canone 1295 del codice di diritto canonico, di valore almeno tre volte superiore a quello massimo stabilito dalla Conferenza episcopale italiana ai sensi del canone 1292, paragrafi 1 e 2, l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero dovrà produrre alla Santa Sede il parere della Conferenza episcopale italiana ai fini della prescritta autorizzazione.
ART. 37
L’Istituto per il sostentamento del clero che intende vendere, a soggetti diversi da quelli indicati nel terzo comma, un immobile per un prezzo superiore a lire 1.500 milioni, deve darne, con atto notificato, comunicazione al Prefetto della provincia nella quale è ubicato l’immobile, dichiarando il prezzo e specificando le modalità di pagamento e le altre condizioni essenziali alle quali la vendita dovrebbe essere conclusa.
Entro sei mesi dalla ricezione della proposta, il Prefetto comunica all’Istituto, con atto notificato, se e quale ente tra quelli indicati al successivo comma intende acquistare il bene per le proprie finalità istituzionali, alle condizioni previste nella proposta di vendita, trasmettendo contestualmente copia autentica della deliberazione di acquisto alle medesime condizioni da parte dell’ente pubblico.
Il Prefetto, nel caso di più enti interessati all’acquisto, sceglie secondo il seguente ordine di priorità: Stato, Comune, Università degli Studi, Regione, Provincia.
Il relativo contratto di vendita è stipulato entro due mesi dalla notifica della comunicazione di cui al secondo comma.
Il pagamento del prezzo, qualora acquirente sia un ente pubblico diverso dallo Stato, deve avvenire entro due mesi dalla stipulazione del contratto, salva diversa pattuizione.
Qualora acquirente sia lo Stato, il prezzo di vendita deve essere pagato, salva diversa pattuizione, nella misura del quaranta per cento entro due mesi dalla data di registrazione del decreto di approvazione del contratto, e, per la parte residua, entro quattro mesi da tale data.
Le somme pagate dall’acquirente oltre tre mesi dalla notificazione di cui al secondo comma, sono rivalutate, salva diversa pattuizione, a norma dell’articolo 38.
Qualora la comunicazione di cui al secondo comma non sia notificata entro il termine di decadenza ivi previsto, l’Istituto può vendere liberamente l’immobile a prezzo non inferiore e a condizioni non diverse rispetto a quelli comunicati al Prefetto.
Il contratto di vendita stipulato in violazione dell’obbligo di cui al primo comma, ovvero per un prezzo inferiore o a condizioni diverse rispetto a quelli comunicati al Prefetto, è nullo.
Le disposizioni precedenti non si applicano quando:
a) acquirente del bene sia un ente ecclesiastico;
b) esistano diritti di prelazione, sempre che i soggetti titolari li esercitino.
La comunicazione di cui al primo comma deve essere rinnovata qualora la vendita a soggetti diversi da quelli indicati al terzo comma avvenga dopo tre anni dalla data di notificazione.
ART. 38
Le somme di cui al primo e settimo comma dell’articolo precedente sono rivalutate in misura pari alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati verificatasi:
a) nel caso del primo comma, tra il mese precedente l’entrata in vigore delle presenti norme e quello di comunicazione della proposta;
b) nel caso del settimo comma, tra il mese precedente il termine ivi indicato e quello del pagamento.
ART. 39
L’Istituto centrale per il sostentamento del clero è amministrato da un consiglio composto per almeno un terzo dei suoi membri da rappresentanti designati dal clero secondo modalità che verranno stabilite dalla Conferenza episcopale italiana.
Il presidente e gli altri componenti sono designati dalla Conferenza episcopale italiana.
ART. 40
Le entrate dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero sono costituite principalmente dalle oblazioni versate a norma dell’articolo 46 e dalle somme di cui all’articolo 41, secondo comma.
ART. 41
La Conferenza episcopale italiana determina annualmente le destinazioni delle somme ricevute ai sensi dell’articolo 47 nell’ambito delle sole finalità previste dall’articolo 48.
Le somme che la Conferenza episcopale italiana destina al sostentamento del clero sono trasferite all’Istituto centrale.
ART. 42
Ogni Istituto per il sostentamento del clero, prima dell’inizio di ciascun esercizio, comunica all’Istituto centrale il proprio stato di previsione, corredato dalla richiesta di integrazione di cui all’articolo 35, secondo comma.
L’Istituto centrale, verificati i dati dello stato di previsione, provvede alle erogazioni necessarie.
ART. 43
Ogni Istituto per il sostentamento del clero, alla chiusura di ciascun esercizio, invia all’Istituto centrale una relazione consuntiva, nella quale devono essere indicati in particolare i criteri e le modalità di corresponsione ai singoli sacerdoti delle somme ricevute a norma dell’articolo 35.
ART. 44
Ira Conferenza episcopale italiana trasmette annualmente all’autorità statale competente un rendiconto relativo alla effettiva utilizzazione delle somme di cui agli articoli 46, 47 e 50, terzo comma, e lo pubblica sull’organo ufficiale della stessa Conferenza.
Tale rendiconto deve comunque precisare:
a) il numero dei sacerdoti che svolgono servizio in favore delle diocesi;
b) la somma stabilita dalla Conferenza per il loro dignitoso sostentamento;
c) l’ammontare complessivo delle somme di cui agli articoli 46 e 47 destinate al sostentamento del clero;
d) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata l’intera remunerazione;
e) il numero dei sacerdoti a cui con tali somme è stata assicurata una integrazione;
f) l’ammontare delle ritenute fiscali e dei versamenti previdenziali e assistenziali operati ai sensi dell’articolo 25;
g) gli interventi finanziari dell’Istituto centrale a favore dei singoli Istituti per il sostentamento del clero;
h) gli interventi operati per le altre finalità previste dall’articolo 48.
La Conferenza episcopale italiana provvede a diffondere adeguata informazione sul contenuto di tale rendiconto e sugli scopi ai quali ha destinato le somme di cui all’articolo 47.
ART. 45
Le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili appartenenti ai benefici ecclesiastici si applicano agli immobili appartenenti agli Istituti per il sostentamento del clero.
ART. 46
A decorrere dal periodo d’imposta 1989 le persone fisiche possono dedurre dal proprio reddito complessivo le erogazioni liberali in denaro, fino all’importo di lire due milioni, a favore dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana.
Le relative modalità sono determinate con decreto del Ministro delle finanze.
ART. 47
Le somme da corrispondere a far tempo dal 1° gennaio 1987 e sino a tutto il 1989 alla Conferenza episcopale italiana e al Fondo edifici di culto in forza delle presenti norme sono iscritte in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del tesoro, verso contestuale soppressione del capitolo n. 4493 del medesimo stato di previsione, dei capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031. e n. 2071 dello stato di previsione del Ministero dell’interno, nonché del capitolo n. 7871 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici.
A decorrere dall’anno finanziario 1990 una quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica.
Le destinazioni di cui al comma precedente vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi. In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.
Per gli anni finanziari 1990, 1991, e 1992 lo Stato corrisponde, entro il mese di marzo di ciascun anno, alla Conferenza episcopale italiana, a titolo di anticipo e salvo conguaglio complessivo entro il mese di giugno 1996, una somma pari al contributo alla stessa corrisposto nell’anno 1989, a norma dell’articolo 50.
A decorrere dall’anno finanziario 1993, lo Stato corrisponde annualmente, entro il mese di giugno, alla Conferenza episcopale italiana, a titolo di anticipo e salvo conguaglio entro il mese di gennaio del terzo periodo di imposta successivo, una somma calcolata sull’importo liquidato dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali relative al terzo periodo d’imposta precedente con destinazione alla Chiesa cattolica.
ART. 48
Le quote di cui all’articolo 47, secondo comma, sono utilizzate: dallo Stato per interventi straordinari per fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali; dalla Chiesa cattolica per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo.
ART. 49
Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall’autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell’importo deducibile di cui all’articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all’articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche.
ART. 50
I contributi e concorsi nelle spese a favore delle Amministrazioni del Fondo per il culto e del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma di cui al capitolo n. 4493 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno finanziario 1984, gli assegni al personale ecclesiastico ex palatino, le spese concernenti l’inventarlo degli stati patrimoniali degli istituti ecclesiastici e il contributo per integrare i redditi dei Patrimoni riuniti ex economali destinati a sovvenire il clero particolarmente benemerito e bisognoso e a favorire scopi di culto, di beneficenza e di istruzione, iscritti, rispettivamente, ai capitoli n. 2001, n. 2002, n. 2031 e n. 2071 dello stato di previsione del Ministero dell’interno per l’anno finanziario 1984, nonché le spese di concorso dello Stato nella costruzione e ricostruzione di chiese di cui al capitolo n. 7871 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici per l’anno finanziario 1984, sono corrisposti, per gli anni finanziari 1985 e 1986, negli stessi importi risultanti dalle previsioni finali dei predetti capitoli per l’anno 1984, al netto di eventuali riassegnazioni per il pagamento di residui passivi perenti. Lo stanziamento del suddetto capitolo n. 4493 dello stato di previsione del Ministero del tesoro sarà comunque integrato dell’importo necessario per assicurare negli anni 1985 e 1986 le maggiorazioni conseguenti alle variazioni dell’indennità integrativa speciale, di. cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 e successive modificazioni e integrazioni, che si registreranno negli anni medesimi.
Per gli anni 1985 e 1986 i suddetti contributi, concorsi, assegni e spese continuano ad essere corrisposti nelle misure di cui al comma precedente, rispettivamente alle Amministrazioni del Fondo per il culto, del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e dei Patrimoni riunite ex economali, nonché al Ministero dei lavori pubblici per la costruzione e la ricostruzione di chiese.
Per ciascuno degli anni 1987, 1988 e 1989 gli stessi contributi, concorsi, assegni e spese, aumentati del 5 per cento, rispetto all’importo dell’anno precedente, sono invece corrisposti alla Conferenza episcopale italiana, ad eccezione della somma di lire 3.500 milioni annui che verrà corrisposta, a decorrere dall’anno 1987, al Fondo edifici di culto di cui all’articolo 55 delle presenti norme.
Le erogazioni alla Conferenza episcopale italiana, da effettuarsi in unica soluzione entro il 20 gennaio di ciascun anno, avvengono secondo modalità che sono determinate con decreto del Ministro del tesoro. Tali modalità devono, comunque, consentire l’adempimento degli obblighi di cui al successivo articolo 51 e il finanziamento dell’attività per il sostentamento del clero dell’Istituto di cui all’articolo 21, terzo comma.
Resta a carico del bilancio dello Stato il pagamento delle residue annualità dei limiti di impegno iscritti, sino a tutto l’anno finanziario 1984, sul capitolo n. 7872 dello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici.
ART. 51
Le disposizioni di cui al regio decreto 29 gennaio 1931, n. 227 e successive modifiche e integrazioni sono abrogate dal 1° gennaio 1985, salvo quanto stabilito nel precedente articolo 50.
Le somme liquidate per l’anno 1984 a titolo di supplemento di congrua, onorari e spese di culto continuano ad essere corrisposte, in favore dei medesimi titolari, nel medesimo ammontare e con il medesimo regime fiscale, previdenziale e assistenziale per il periodo 1° gennaio 1985-31 dicembre 1986, aumentate delle maggiorazioni di cui al primo comma del precedente articolo 50 conseguenti alle variazioni dell’indennità integrativa speciale per gli anni 1985 e 1986. Il pagamento viene effettuato in rate mensili posticipate con scadenza il giorno 25 di ciascun mese e il giorno 20 del mese di dicembre.
L’Ordinario diocesano, in caso di mutamenti della titolarità o di estinzione di uffici ecclesiastici, chiede al Prefetto della provincia competente per territorio la modifica della intestazione dei relativi titoli di spesa in favore di altro sacerdote che svolga servizio per la diocesi.
Per gli anni 1987, 1988 e 1989 la Conferenza episcopale italiana assume, in conformità al titolo II delle presenti norme, tutti gli impegni e oneri ai quali facevano fronte i contributi e concorsi che vengono ad essa corrisposti ai sensi dell’articolo 50, terzo comma; assicurando in particolare la remunerazione dei titolari degli uffici ecclesiastici congruati.
Nei medesimi anni potrà essere avviato il nuovo sistema di sostentamento del clero anche per gli altri sacerdoti che svolgono servizio in favore della diocesi, a norma dell’ articolo 24.
Dal 1° gennaio 1990 le disposizioni del titolo II delle presenti norme si applicano, comunque, a tutti i sacerdoti che svolgono servizio in favore della diocesi.
ART. 52
Lo Stato continua ad esercitare fino al 31 dicembre 1986 la tutela per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione dei benefici ecclesiastici.
Dal 1° gennaio 1987 e fino al 31 dicembre 1989, i benefici eventualmente ancora esistenti non possono effettuare alienazioni di beni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione senza i provvedimenti canonici di autorizzazione. I contratti di vendita devono contenere gli estremi di tale autorizzazione, che determina anche le modalità di reimpiego delle somme ricavate.
ART. 53
Gli impegni finanziari per la costruzione di edifici di culto cattolico e delle pertinenti opere parrocchiali sono determinati dalle autorità civili competenti secondo le disposizioni delle leggi 22 ottobre 1971, n. 865 e 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni.
Gli edifici di culto e le pertinenti opere parrocchiali di cui al primo comma, costruiti con contributi regionali e comunali, non possono essere sottratti alla loro destinazione, neppure per effetto di alienazione, se non sono decorsi venti anni dalla erogazione del contributo.
Il vincolo è trascritto nei registri immobiliari. Esso può essere estinto prima del compimento del termine, d’intesa tra autorità ecclesiastica e autorità civile erogante, previa restituzione delle somme percepite a titolo di contributo, in proporzione alla riduzione del termine, e con rivalutazione determinata con le modalità di cui all’articolo 38.
Gli atti e i negozi che comportino violazione del vincolo sono nulli.
TITOLO III
FONDO EDIFICI DI CULTO
ART. 54
Il Fondo per il culto e il Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma sono soppressi dal 1° gennaio 1987.
Dalla stessa data sono soppresse anche le Aziende speciali di culto destinate, sotto varie denominazioni, a scopi di culto, di beneficenza e di religione, attualmente gestite dalle Prefetture della Repubblica.
Fino a tale data i predetti Fondi e Aziende continuano ad essere regolati dalle disposizioni vigenti.
ART. 55
Il patrimonio degli ex economati dei benefici vacanti e dei fondi di religione di cui all’articolo 18 della legge 27 maggio 1929, n. 848, del Fondo per il culto, del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e delle Aziende speciali di culto, denominate Fondo clero veneto – gestione clero curato, Fondo clero veneto – gestione grande cartella, Azienda speciale di culto della Toscana, Patrimonio ecclesiastico di Grosseto, è riunito dal 1° gennaio 1987 in patrimonio unico con la denominazione di Fondo edifici di culto.
Il Fondo edifici di culto succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli enti, aziende e patrimoni predetti.
ART. 56
Il Fondo edifici di culto ha personalità giuridica ed è amministrato in base alle norme che regolano le gestioni patrimoniali dello Stato, con i privilegi, le esenzioni e le agevolazioni fiscali ad esse riconosciuti.
ART. 57
L’amministrazione del Fondo edifici di culto è affidata al Ministero dell’interno, che la esercita a mezzo della Direzione generale degli affari dei culti e, nell’ambito provinciale, a mezzo dei Prefetti.
Il Ministro dell’interno ha la rappresentanza giuridica del Fondo.
Il Ministro è coadiuvato da un consiglio di amministrazione, nominato su sua proposta dal Presidente della Repubblica, e composto da:
– il Presidente, designato dal Ministro dell’interno;
– il Direttore generale degli affari dei culti;
– 2 componenti designati dal Ministro dell’interno;
– 1 componente designato dal Ministro dei lavori pubblici;
– 1 componente designato dal Ministro per i beni culturali e ambientali;
– 3 componenti designati dalla Conferenza episcopale italiana.
Le attribuzioni del consiglio di amministrazione sono determinate con apposito regolamento.
ART. 58
I proventi del patrimonio del Fondo edifici di culto, integrati nella misura di cui al terzo comma dell’articolo 50, sono utilizzati per la conservazione, il restauro, la tutela e la valorizzazione degli edifici di culto appartenenti al Fondo, nonché per gli altri oneri posti a carico del Fondo stesso.
La progettazione e l’esecuzione delle relative opere edilizie sono affidate, salve le competenze del Ministero dei beni culturali ed ambientali, al Ministero dei lavori pubblici.
ART. 59
Il bilancio preventivo e quello consuntivo del Fondo edifici di culto sono sottoposti all’approvazione del Parlamento in allegato, rispettivamente, allo stato di previsione e al consuntivo del Ministero dell’interno.
ART. 60
Sono estinti, dal 1° gennaio 1987, i rapporti perpetui reali e personali in forza dei quali il Fondo edifici di culto, quale successore dei Fondi soppressi di cui al precedente articolo 54 e dei patrimoni di cui all’articolo 55, ha diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o in derrate di ammontare non superiore a lire sessantamila annue.
L’equivalente in denaro delle prestazioni in derrate è determinato con i criteri di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 607.
Gli uffici percettori chiudono le relative partite contabili, senza oneri per i debitori, dandone comunicazione agli obbligati e agli uffici interessati.
ART. 61
Il Fondo edifici di culto, con effetto dal 1° gennaio 1987, affranca i canoni enfiteutici perpetui o temporanei la cui spesa grava sui bilanci dei Fondi, delle aziende e dei patrimoni soppressi di cui agli articoli 54 e 55, mediante il pagamento di una somma corrispondente a quindici volte il loro valore.
L’equivalente in denaro delle prestazioni in derrate è determinato con i criteri di cui all’articolo 1, secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 607.
ART. 62
I contratti di locazione di immobili siti in Roma, Trento e Trieste a vantaggio del clero officiante, il cui onere grava sui bilanci del Fondo di beneficenza e religione nella città di Roma e del Patrimoni riuniti ex economali, sono risolti a decorrere dal 1° gennaio 1987, salva la facoltà degli attuali beneficiari di succedere nei relativi contratti assumendone gli oneri.
In tali casi ad essi è liquidata una somma pari a cinque volte il canone annuo corrisposto aumentato del dieci per cento a titolo di contributo per le spese di volturazione e registrazione dei contratti.
ART. 63
L’affrancazione di tutte le altre prestazioni che gravano sui Fondi, aziende e patrimoni soppressi, di cui agli articoli 54 e 55, sotto qualsiasi forma determinate, si effettua mediante il pagamento di una somma pari a dieci volte la misura delle prestazioni stesse.
ART. 64
I soggetti, nei cui confronti si procede alle affrancazioni previste dagli articoli precedenti, devono comunicare, entro trenta giorni dalla notifica del relativo provvedimento, l’eventuale rifiuto dell’indennizzo.
In caso di rifiuto si applica il procedimento di cui agli articoli 2 e seguenti della legge 22 luglio 1966, n. 607.
ART. 65
Il Fondo edifici di culto può alienare gli immobili adibiti ad uso di civile abitazione secondo le norme che disciplinano la gestione dei beni disponibili dello Stato e degli enti ad esso assimilati, investendo il ricavato in deroga all’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1959, n. 2.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
ART. 66
Il clero addetto alle chiese della Santa Sindone e di Superga in Torino, del Pantheon e del Sudario in Roma, alle cappelle annesse ai palazzi ex reali di Roma, Torino, Firenze, Napoli, Genova, alla tenuta di San Rossore, all’oratorio entro il palazzo ex reale di Venezia, alle cappelle annesse ai palazzi di dimora e di villeggiatura degli ex sovrani e dell’ex famiglia reale e alle chiese parrocchiali di S. Gottardo al palazzo in Milano, di San Francesco di Paola in Napoli e di San Pietro in Palermo, è nominato liberamente, secondo il diritto canonico comune, dalla autorità ecclesiastica competente.
ART. 67
Al clero di cui all’articolo 66 in servizio al momento della entrata in vigore delle presenti norme viene conservato, a titolo di assegno vitalizio personale, l’emolumento di cui attualmente fruisce, rivalutabile nella stessa misura percentuale prevista per i dipendenti dello Stato dal relativo accordo triennale.
I salariati addetti alla Basilica di San Francesco di Paola in Napoli alla data del 1° luglio 1984, e che continuino nelle proprie mansioni alla data di entrata in vigore delle presenti norme, sono mantenuti in servizio.
ART. 68
Le chiese, le cappelle e l’oratorio di cui all’articolo 66 continuano ad appartenere agli enti che ne sono attualmente proprietari.
ART. 69
I patrimoni della Basilica di San Francesco di Paola in Napoli, della cappella di San Pietro nel palazzo ex reale di Palermo e della chiesa di San Gottardo annessa al palazzo ex reale di Milano sono trasferiti, con i relativi oneri, al Fondo edifici di culto.
ART. 70
Le spese conseguenti all’attuazione degli articoli 67 e 69 gravano sul bilancio del Fondo edifici di culto, eccetto quelle attualmente a carico del bilancio della Presidenza della Repubblica.
ART. 71
Le confraternite non aventi scopo esclusivo o prevalente di culto continuano ad essere disciplinate dalla legge dello Stato, salva la competenza dell’autorità ecclesiastica per quanto riguarda le attività dirette a scopi di culto.
Per le confraternite esistenti al 7 giugno 1929, per le quali non sia stato ancora emanato il decreto previsto dal primo comma dell’articolo 77 del regolamento approvato con regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2262, restano in vigore le disposizioni del medesimo articolo.
ART. 72
Le fabbricerie esistenti continuano ad essere disciplinate dagli articoli 15 e 16 della legge 27 maggio 1929 n. 848, e dalle altre disposizioni che le riguardano. Gli articoli da 33 a 51 e l’articolo 55 del regolamento approvato con regio decreto 2 dicembre 1929, n. 2262, nonché il regio decreto 26 settembre 1935, n. 2032, e successive modificazioni, restano applicabili fino all’entrata in vigore delle disposizioni per l’attuazione delle presenti norme.
Entro il 31 dicembre 1989, previa intesa tra la Conferenza episcopale italiana e il Ministro dell’interno, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato, può essere disposta la soppressione di fabbricerie anche fuori dei casi previsti dalle disposizioni vigenti, ferma restando la destinazione dei beni a norma dell’articolo 1 del regio decreto 26 settembre 1935, n. 2032.
ART. 73
Le cessioni e ripartizioni previste dall’articolo 27 del Concordato dell’11 febbraio 1929 e dagli articoli 6, 7 e 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848, in quanto non siano state ancora eseguite, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni vigenti.
ART. 74
Sono abrogate, se non espressamente richiamate, le disposizioni della legge 27 maggio 1929, n. 848, e successive modificazioni, e delle leggi 18 dicembre 1952, n. 2522, 18 aprile 1962, n. 168, e successive modifiche e integrazioni, e le altre disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con le presenti norme.
ART. 75
Le presenti norme entrano in vigore nell’ordinamento dello Stato e in quello della Chiesa con la contestuale pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana e negli Acta Apοstolicae Sedis.
L’autorità statale e l’autorità ecclesiastica competenti emanano, nei rispettivi ordinamenti, le disposizioni per la loro attuazione.
Per le disposizioni di cui al precedente comma relative al titolo II delle presenti norme, l’autorità competente nell’ordinamento canonico è la Conferenza episcopale italiana.
Dal Vaticano, 3 giugno 1985.
AGOSTINO CARD. CASAROLI
L. S.
ACHILLE SILVESTRINI
Arcivescovo tit. di Novaliciana
Segretario del Consiglio
per gli Affari Pubblici della Chiesa