Dogane, esattori, preposti e guardia di finanza di Angelino Tedde
Gerardo Severino, La Guardia di Finanza a Bosa. Cenni storici e cronache operative 1820-2014 Carlo Delfino editore, Sassari 2014, pp. 208, €. 12
L’autore del lavoro è uno specialista di questo settore storico e ormai si destreggia agevolmente, direi a passo di marcia. Basti leggere a voce alta e ti accorgi che non si tratta del solito stile di scrittura pignolo e stancante, ma piuttosto di una scrittura che fluisce solenne e cadenzata.
L’unico difetto della scrittura è da imputare all’avarizia dell’editore che utilizza corpi minuti, quasi che le fasce interessate alla lettura dell’opera siano quelle dotate di 10/10 di vista senza pensare che la popolazione italiana invecchia e non sempre gli occhiali sopperiscono ai difetti della vista. Ma nella confezione del libro c’è un altro grave difetto, la carta lucida, che quando per leggere l’avvicini alla lampada ti acceca creando dei riflessi urticanti. Un consiglio all’editore, se vuole risparmiare nella carta come fa nella stampa digitale, alleghi alle opere un DVD che permetta la lettura del libro su qualsiasi PC.
Ciò premesso esaminiamo l’opera, corredata di una copertina e di una retrocopertina su cui è stampata una veduta di Bosa. Nulla da dire per lo sfondo verde, ma di pessima riuscita il biancastro della fotografia. Credo che Carlo Delfino abbia parecchio da apprendere in fatto di confezione di libri. Suggestive, invece, risultano le fotografie riportate all’interno del libro.
Tornando all’autore osserviamo che in quasi tutta l’opera utilizza saggiamente sia le fonti documentali sia quelle bibliografiche. Queste ultime in particolare tracciano una sicura guida alla trattazione del tema: la Guardia di Finanza a Bosa; una storia che va evolvendosi così come in altri scritti si esprime l’autore.
La cittadina sorta lungo il Temo ha imposto, a chi arrivava dal mare e a chi sul mare viveva, di contribuire con una varietà di tributi alla sua sussistenza. I modi e le forme sono stati diversi a seconda delle epoche, ma sempre di tributi si trattava. Un’esazione che variò in relazione alle istituzioni preposte sia pure attraverso i difetti di ogni sistema, le carenze di personale, la sua integrità o corruzione, l’insufficiente o efficiente sistema.
“Disciplinare, quindi, l’esazione dei tributi doganali fu, da sempre, un’esigenza primaria, particolarmente sentita (allo scopo di ricolmare le casse erariali) da questo o quel regnante, da questo o quel signorotto, nei cui possedimenti, di volta in volta, ricadeva la nostra Bosa.”
“Per tale ragione, come è facile intuire, già nel corso del Medioevo, nella cittadina sarda si rese necessario istituire la figura professionale del “doganiere”, per l’appunto il percettore delle tasse doganali, termine con il quale verrà spesso chiamato sia il “Ricevitore” (funzionario incaricato) che la “guardia” (il vigilante armato), altrimenti definito nel tempo con l’epiteto di “gabellotto”, ovvero con il termine più appropriato di “preposto di dogana” o “finanziere”.
“La dogana bosana lavorava sinergicamente con la rada, ma soprattutto con il porto-canale di Bosa, che è poi la foce del fiume Temo, frequentato da piccole navi che vi caricavano cereali e che in un documento del 1468 (citato da Pietro Amat di San Filippo in “Del Commercio e della Navigazione dell’isola di Sardegna nei secoli XIV e XV”, Tip. Timon, Cagliari, 1865), appare ricco di “caricatoj” (magazzini), per non parlare delle storiche concerie di pelli.!
Dopo aver ricostruito con la massima cura l’evolversi della storia dei protagonisti delle dogane, in epoca moderna, l’autore decolla con fonti documentali nelle vicende ottocentesche a decorrere dal 1820 per giungere alla vigilia dell’Unità.
Un epoca di riforme operate in Sardegna da parte della corte sabaudia che vedrà l’editto delle chiudende nel 1820, il codice criminale e civile di Carlo Felice nel 1827, fino all’abolizione del feudalesimo nel 1839-40, riforme che non potevano non incidere sia sulla normativa doganale in generale sia sugli esattori dei tributi. Giungiamo così alla vigilia della creazione delle guardie doganali del Regno d’Italia (1862-1881) precorritrici di quella che sarà la Guardia di Finanza del Regno d’Italia (1881).
Su questa storia generale di dogane, tributi ed esattori, l’autore traccia il simultaneo sviluppo delle vicende riguardanti l’approdo bosano con alti e bassi e con le variazioni dovute alle contingenze storiche, quali il ventennio foscista, le due guerre mondiali. lo sviluppo economico del secondo dopoguerra, il declino economico, per approdare ai nostri giorni.
Solo una grande passione per questo settore della storia e una collaudata esperienza di sintesi storica ha potuto stimolare l’autore a portare a termine questo lavoro di storia locale.
La ricchezza delle note a piè pagina, l’iconografica, danno al lavoro un suo decoro e una sua grande dignità.
All’autore va il merito della grande specializzazione in quest’ambito storico nel quale dimostra non soltanto erudizione, ma capacità di lettura e di sintesi.
Le competenze archivistiche si associano bene alla conoscenza della letteratura sulla materia, la nettezza della scrittura e la cadenza ad essa imposta rendono estremamente piacevole la lettura delle vicende.
Per quanto sia trascorso un anno dalla pubblicazione dell’opera a questa semplice recensione si può dire che non c’è stato giorno in cui abbiamo apprezzato il lavoro sia pure con tutti i limiti dovuti alla nostra vista carente, ma a conclusione dell’anno recuperata a metà: 5/10 per occhio, non corroborati come speravamo da occhiali capaci di supplire alle carenze.
Su questo ci scusiamo con lo stimato e caro amico Gerardo Severino che ha continuato a produrre opere su questo importante settore della storia.
Commenti
Ringrazio di vero cuore il Prof. Tedde, per il lusinghiero apprezzamento rivoltomi.
Sono, tuttavia, solo un “appassionato” di storia, quindi non uno storico, termine che purtroppo appartiene solo agli accademici o ai “fortunati” ospiti di talune trasmissioni televisive.
Ancora grazie, Gerardo Severino
Novembre 6th, 2015
Esimio Capitano Gerardo Severino, sarebbe tragico, se fosse soltanto l’accademia a conferire la qualifica di storico, Per nostra fortuna abbiamo numerosi storici di valore fuori dell’accademia e lei è uno di questi. Quando le accademie più che luoghi di ricerca diventano luoghi burocratici e non sanno riconoscere il valore e la qualifica di storico a chi storico lo è davvero allora hanno perso la loro funzione di luogo della ricerca e della didattica. Chiunque legga le sue opere assapora non solo la interessante ricostruzione delle vicende storiche, ma la sua grande passione per la “nuova storia”al cui vertice per nostra buona ventura stanno uomini lontani dall’accademia. Gradisca i miei più cordiali auguri e la mia stima per i lavori svolti e per quelli che sicuramente farà nel futuro.
Angelino Tedde
Novembre 7th, 2015