“Maria Cristina Manca, La via stretta che conduce al Cielo” di Angelino Tedde
Maria Crstina Manca, La via stretta che conduce al Cielo, Casa Editrice Abbà, Cagliari 2006 pp. 194, €. 10,00
Questo romanzo di Maria Cristina Manca è il terzo che recensisco. I precedenti sono stati “Alzati, rivestiti di luce” edito nel 2003 e “Porta di speranza” edito nel 2012. Questo mi è capitato tra le mani come penultimo dei quattro che ho il piacere di recensire.
Superfluo sarebbe dire che mi è piaciuto e che dopo un’interruzione di lettura dovuta ai miei problemi agli occhi, l’ho letto quasi tutto d’un fiato talmente la fabula è avvincente. Il fatto più curioso di questo romanzo è che nella sua dinamica ricorda le matriosche russe, quelle bambole che, aperta la prima, trovi la seconda, aperta la seconda trovi la terza, aperta la terza trovi la quarta e così di seguito. Si tratta di bambole di legno colorate che puoi smontare e poi rimettere a posto. D’altra parte, la sapienza narrativa della scrittrice, trae dalla Russia la sorgente delle protagoniste, esattamente da San Pietroburgo e l’anima profondamente religiosa che pervade il romanzo è, o vuol essere, la spiritualità russa che quando c’è è profonda e permea tutta l’esistenza dei personaggi. A questa prima osservazione occorre aggiungere che le vicende narrate hanno come proscenio non solo la Russia, la Francia, gli USA, e l’Italia, non manca l’Arabia Saudita.
L’epoca in cui i personaggi vanno incontro al loro destino è quello prima, durante e successivo agli anni dissacratori di ogni fede e di ogni morale del ’68 parigino, quindi possiamo concludere che si tratta di personaggi del nostro tempo. Le stesse peripezie, a tratti ai limiti del bordline, di Margherita e di Miriam, studentesse russe a Parigi, quelle della stessa protagonista Laura, una studentessa controcorrente per aver scelto Cristo come punto di riferimento della sua vita di studentessa liceale, contrapponendola alla superficialità e alla crudezza dello stile di vita e della condotta delle compagne, rispecchiano fedelmente gli ambienti studenteschi di oggi.
Quando si va a smontare la bambola russa, la prima bambola, quella più dimensionata sembra la storia di Laura e le altre paiono le seconde e terze, invece a metà romanzo scopri che la storia che sottende tutte e tutte le ingloba, è quella di Miriam e di Margherita, e in seguito quella di Miriam e la sua Cristina, infine, seguono le storie di Laura col suo eroismo di offrirsi vittima per la conversione della sua amica Mary il cui destino si lega alla vera saga della famiglia russa di Miriam, annichilita e dispersa dalla rivoluzione d’ottobre, ma ricca di sentimenti nobili unita alla nobiltà delle origini.
Forse il titolo del romanzo sarebbe andato bene anche così:
“Donne nella tormenta delle rivoluzioni”, donne forti, donne dalla trasgressione alla conversione, alla santità.
Maria Cristina Manca ben conosce l’arte della narrazione con i suoi colpi de foudre, con la narrazione delle vicende, ma anche col silenzio parlante degli avvenimenti e dei personaggi.
La narrazione avvince, le storie si succedono alle storie dei suoi personaggi, finemente incastrate come le matriosche; una sola apparente bambola, ma poi più smonti e più ti accorgi che le bambole sono tante, fino a giungere a quella di più ridotte dimensioni. L’intreccio avvince quanto la fabula e il lettore viene preso per mano e condotto in un labirinto di storie concatenate che tutto sommato formano una saga familiare, infine, scopri che la saga familiare è una saga di forti e coerenti donne e uomini che hanno scelto non la via larga che conduce al male, ma quella stretta che conduce al bene, anzi al Cielo.
Il resto lo lascio ai lettori, la cui lettura sarà sicuramente avvincente e i contenuti certamente edificanti.