La mossa del cavallo e lo scoglio del taglio del debito pubblico greco Gianpaolo Rossini –
Tsipras ha obbligato i suoi interlocutori ad interrompere il negoziato indicendo un referendum sulle proposte di UE-BCE-FMI. Una mossa avventata e molto rischiosa che rischia di fare molto male alla Grecia e a gran parte dell’Europa. E’ una mossa del cavallo che scompiglia il gioco dell’avversario ma che rischia di esporre in maniera irreversibile chi la mette in atto. Ma perché Tsipras ha sbattuto la porta alla troika? Le lunghe trattative tra le parti si fermano su diversi punti ma il vero scoglio è la ristrutturazione del debito pubblico greco. Tsipras la chiede da tempo. Ma appare una richiesta irricevibile per gran parte dei partners euro, specie quelli Est Europa che hanno sopportato sacrifici notevoli per entrare nell’euro e che hanno visto i sorci verdi quando Tsipras ha preso a cinguettare con Putin. Il taglio del debito appare essenziale alla maggioranza dei greci. Un debito pubblico pari al 180% del Pil e con tassi nominali che mediamente sono intorno al 10% effettivamente non è sostenibile.
Le ragioni per cui si è arrivati a tutto questo dipendono da gravi inadempienze del governo greco e da altrettanto pesanti errori delle autorità europee quando non si è intervenuti subito (nel 2010) sui titoli di stato dei paesi in difficoltà spinti nel 2008 ad aumentare la spesa pubblica anche se con finanze vacillanti. Questa sequela di errori più volte sottolineata su questo periodico dovrebbero far fare un passo indietro a Grecia e troika accettando una rinegoziazione (ovvero taglio) e semi fallimento della Grecia dentro l’area euro. In questo modo le perdite per chi ha prestato alla Grecia, Italia in primis, potrebbero essere ridotte rispetto al caso di fallimento traumatico con uscita dall’euro. La Grecia potrebbe essere così posta su un sentiero finanziariamente (e socialmente) sostenibile. Purtroppo per una grave mancanza di coesione e di maturità istituzionale dell’Europa tra i finanziatori della Grecia è stato fatto entrare il Fondo Monetario Internazionale. Una vera sciocchezza. Perchè il FMI è la banca delle banche centrali dotate di sovranità monetaria. Ma la Grecia, come tutti gli altri membri euro, non ha sovranità monetaria, devoluta invece alla BCE. Dunque nei finanziamenti alla Grecia non doveva entrare il FMI. Questo si è verificato perché la BCE pre Draghi era una signora neghittosa e accidiosa più attenta alla sua eleganza istituzionale che alle necessità dei suoi figli (membri). Il FMI non è solito concedere a nessun paese sconti sui debiti dovuti, erogati a tassi abbastanza bassi, ma da restituire sempre e per intero. La presenza tra i negoziatori con la Grecia del FMI rende la riduzione (haircut) del debito greco più difficile, anche se non impossibile. Ma è questo il vero nodo da sciogliere. Come andrà il referendum greco è arduo prevedere anche se la maggioranza appare a favore di Tsipras che ha rifiutato le ultime proposte europee. Sarà una consultazione dura, speriamo senza violenze e con una organizzazione approntata in cinque giorni che neppure un paese tecnologicamente avanzato potrebbe garantire appieno. Comunque essa andrà occorre tornare ad un negoziato che affronti il tema della ristrutturazione del debito greco. Se lo si farà non sarà un regalo a Tsipras ma il superamento di uno scoglio che, se non viene eliminato, rende inevitabile una bancarotta drammatica tra qualche giorno o anche solo tra qualche mese della Grecia. Con costi molto alti per tutti e un percorso ad ostacoli anche sul piano della politica internazionale. Tutte cose che oggi l’Europa non si può permettere.