Bimbi illegittimi, trovatelli e anonimi nei Quinque libri di Perfugas tra il Seicento e l’Ottocento[1] di Mauro Maxia
Illegittimi. Le attestazioni di bambini illegittimi non sono affatto rare. Talvolta di essi i registri parrocchiali ricordano il nome della madre, della quale i figli porteranno il cognome. Questa modalità è attestata nei casi della piccola Giovanna, figlia di Giovanna De F., tempiese residente a Perfugas, che fu battezzata il 14 febbraio 1685; di Juanna, figlia di Maria M., battezzata dal curato Giovan Martino Cabras il 3 luglio 1689; di “Jagu figiu de Migalina forestera” che il curato Pedru Seque battezzò il 4 luglio 1689. Il 3 ottobre del 1693 sempre il curato Seque battezzò un’altra bambina della suddetta Maria M. cui fu imposto il nome di Francisca.
Il 4 marzo del 1736 fu battezzata Juanna Maria, figlia di Lugia T. e di “Patre necio” (così) scrive il curato Philipu Loriga.
Nel 1817 fu battezzato Nicolau, figlio della vedova Giovanna Maria S. Nel 1845 fu cresimato Giovanni Maria Cabras, figlio di Maria. Il 29 novembre del 1822 fu battezzato Antonio Francesco, figlio di Giovannica L. originaria di Oschiri, mentre il 24 maggio del 1824 fu battezzato Giuseppe, figlio della tempiese Gavina M.
Il primo di gennaio del 1826 nacque Giovanni Antonio della ploaghese Maria Antonia B., il quale fu battezzato il giorno successivo.
Il 10 aprile 1866 fu battezzato Gabriele R., “ex Maria R. nubili templensi, pater autem ignoratur”, che ebbe per padrino il poeta Pasquale Capece e sua moglie Giovanna Maria Cascioni. Il 14 settembre dello stesso anno fu battezzata Gavina, figlia della bortigiadese Lucia P., “ejus pater ignoratur”.
Il 16 gennaio 1877 fu battezzata una bimba, figlia di Caterina D., che fu chiamata Clelia e che ebbe lo stesso cognome della madre.
Altre volte, pur conoscendosi il nome della madre, ai bambini illegittimi veniva dato un cognome di fantasia. È questo il caso di Antonio Domenico Cedrello e di Cesare Giglio, entrambi figli di Caterina D., che furono cresimati nel 1899.
Tra gli illegittimi che per cognome ebbero il nome di una località merita ricordare il piccolo Francesco Falzitu, figlio della vedova Maria R., “ejus pater ignoratur”, che fu battezzato il 23 dicembre del 1871. Il caso è analogo a quello di Maria Antonia Monterenu, “spuria” nata il 17 gennaio 1885 da Giovannangela D. e battezzata il giorno dopo dal viceparroco Pietro Andrea.
Tra gli illegittimi è da considerare, per un certo verso, una bimba battezzata il 10 gennaio 1863 e chiamata Maria Teresa Z. per il fatto che neanche l’unione dei suoi genitori, Filippo Z. e Caterina B., era considerata legittima dalla Chiesa.
Nei registri parrocchiali non mancano altri casi di figli di genitori che vivevano more uxorio[2] che qui si omettono perché sono relativamente recenti.
- Trovatelli. Anche per quanto riguarda gli esposti è possibile avere delle notizie attraverso i registri dei battezzati. La documentazione del primo trovatello nei registri parrocchiali risale al 1684 quando, l’8 di luglio, il curato Giovan Martino Sanna battezzò un neonato che fu chiamato Giuseppe. In quello stesso anno il medesimo curato, il 13 ottobre, battezzò una bimba che fu chiamata Mariangela in onore della santa patrona Santa Maria degli Angeli.
Molte trovatelle furono battezzate appunto col nome di Maria. Il 23 luglio del 1689 fu battezzata Maria Rosa “figia de quie no isco” scriveva icasticamente il curato Juan Baquis Satta.
Una bimba di nome Maria fu battezzata il 29 aprile 1692 dal curato Pedru Seque. Il 22 gennaio del 1696 lo stesso curato battezzò una neonata che fu chiamata ugualmente Maria mentre il 4 di aprile battezzò un maschio di nome Vincenty e pochi mesi dopo, il 5 di agosto, battezzò un’altra Maria. Il 31 maggio dell’anno successivo il medesimo curato battezzò ancora una bambina che fu chiamata ugualmente Maria. Il 28 agosto di quello stesso anno fu battezzata, stavolta dal curato Juanne Ugias, un’altra neonata di nome Maria Giuseppa. Il 22 ottobre del 1699 il curato Seque battezzò un bimbo che fu chiamato Giovanni e un altro Giovanni fu battezzato sempre da questo curato l’8 ottobre del 1700. Qualche dettaglio in più fornisce il medesimo curato a proposito del battesimo di un’altra Maria, il 20 luglio 1701, la quale fu trovata lungo la strada in cui abitava Leonardo Farina il maggiore che insieme a Maria Francisca Virde fu chiamato a battezzare l’ennesima trovatella. Ancora il curato Seque battezzò, il 3 febbraio 1703, un nuovo bimbo, che fu chiamato ancora Giovanni forse per essere stato ritrovato nei pressi di San Giovanni, la piccola chiesa che allora si trovava appena fuori dell’abitato. Poco più di un anno dopo, il 28 febbraio del 1704, nell’antico Mulinu de Josso,[3] che allora sorgeva presso la località di Ziromineddu, fu ritrovata un’altra neonata che fu chiamata, come quelle precedenti, Maria.
Per sei anni nel registro dei battezzati non si fa più menzione di alcun trovatello fino all’8 marzo del 1710 quando un altro Giovanni, figlio di “babbu e mama non s’isquit” riaprirà una serie che si protrarrà negli anni successivi. Già il 9 novembre di quello stesso anno fu battezzato un altro Giovanni.
L’11 novembre del 1711 fu battezzata una bambina cui fu imposto il nome di Juanna Martina. Nel relativo atto uno dei curati, il licenziato Giovan Battista Usai, scrive che “(sa) p(rese)nte criatura si est agatada in sa funtana de Sos Baddulesos…” che è una sorgente situata lungo la strada campestre che attraversa la località di Su Concheddu e che un tempo conduceva verso il Campo di Coghinas (oggi più noto col nome di Bassa valle del Coghinas).
Il 5 giugno del 1712 il curato Giovanni Addis battezzò un bimbo che fu chiamato Giovanni Ignazio.
Il 29 ottobre del 1725 il curato Stefano Carta battezzò un bimba cui fu imposto il nome di Juanna. Il successivo 25 di novembre dello stesso anno il medesimo curato battezzò un maschietto che venne chiamato Juanne.
Il motivo per cui quasi tutti questi trovatelli venissero battezzati con nome di Juanne o Juanna appare chiaro da un atto di battesimo del 7 agosto del 1726, relativo a un bimbo per il quale il curato Carta, affermando “cuyus parentes nescio”, impone il nome di Giovanni Battista. Il santo che battezzò Cristo, appunto, è lo stesso che viene invocato per proteggere i poveri trovatelli fin dal momento del loro battesimo. E infatti la serie dei bimbi abbandonati alla nascita prosegue col solito nome. Il 26 settembre di quello stesso anno un altro trovatello è battezzato con la formula “Joannes P(ater) et M(ater) nescio”. E il 4 marzo del 1727 un’altra Juanna è battezzata dall’altro curato Simon Pedru Fois, stavolta con l’acronimo P(ater) M(ater) N(escio).
Un caso particolare è quello di un bimbo il cui nome, […]du, si legge soltanto in parte a causa di una lacuna del relativo foglio. La fortuna di questo bimbo, che il curato Juan Maria Sotgia definisce impropriamente “illegitimu”, fu l’essere stato battezzato, il 27 luglio 1728, addirittura dal vescovo di allora, Anguelu Galcerinu, e l’avere avuto per padrino il signor Martine Corsu Pogiu. Forse la lacuna che impedisce di leggere il nome del bimbo non è casuale ma può essere dovuta all’esigenza di cancellare l’attestazione di una nascita poco onorevole.
Il 4 giugno del 1731 viene battezzata un’altra Juanna “cuyus Parentes innorantur” (così) precisa il curato Simon Pedru Fois.
Il 7 ottobre del 1729 la serie dei trovatelli battezzati col nome del Battista riprende con un’altra Juanna per la quale il suddetto curato scrive “P(ater) et M(ater) Necio” (così). Il medesimo curato l’8 aprile del 1733 battezza un’altra Juanna e il 24 dello stesso mese un altro Juanne precisando ancora una volta e in entrambi i casi “cuyus Parentes innorantur” sovrascrivendo “innorantur” a “necio” (così). Giusto un anno dopo, il 24 aprile 1734, sarà battezzato un altro Juanne, stavolta dall’altro curato Salvadore Farina che precisa “Pater et mater nessio” (così).
Il 7 maggio 1736 fu battezzato un bimbo di nome Juanne “cuyus Parentes innorantur”, così scriveva il curato Simon Pedru Fois.
Il 6 novembre del 1740 il vicario perpetuo Juan Maria Sotgia in uno dei primi atti scritti in spagnolo, battezzò una bimba col nome di Maria Juanna “cuius parentes ignoro”.
Passarono tre anni prima che venisse battezzato un nuovo trovatello, chiamato Juan in spagnolo, “cujus Parentes ignorantur” scrive stavolta il curato Simon Pedro Fois mostrando miglioramenti nella resa grafica della formula.
Una eccezione alla serie dei Giovanni e delle Giovanne si rileva in data 3 agosto 1746 quando viene battezzato Gavino che il curato Fois finalmente registra in forma corretta “P(ater) et M(ater) nescio”.
Dopo un lungo intervallo di otto anni il 14 aprile del 1754 ancora una volta un bimbo di genitori ignoti fu battezzato col nome di Juan. Nella sventura gli toccò un briciolo di buona sorte in quanto ebbe per madrina donna Juanna Guillermo, una signora tempiese che era tra le persone più in vista di Perfugas. Ma il 28 settembre dello stesso anno un altro maschietto che si era “encontrado en el camino (de) la Escapha” cioè nei pressi del guardo della Scafa, nel punto in cui la strada proveniente da Sassari superava il fiume Coghinas grazie a una grossa zattera o rudimentale traghetto a fune. Questo bambino, a differenza degli altri, fu chiamato Miguel perché il suo ritrovamento era avvenuto alla vigilia di San Michele, la festività che allora segnava l’inizio del nuovo anno agrario.
Il 7 ottobre del 1798 il curato Pinna battezzò “una espuria a q(uie)n se impuso el nombre Juanna”. Il 30 dicembre dello stesso anno fu battezzata un’altra trovatella alla quale sempre il curato Pinna impose il solito di Giovanna. Anche il 30 gennaio 1800 fu battezzata una bimba cui fu imposto il nome di Giovanna.
L’11 dicembre 1804 fu battezzata “una infante esposta nel luogo chiamato Belvisi, ritrovata da Antonio Matteo Derosas, alla quale se gli [è] imposto il nome di Giovanna”.
Il 19 marzo del 1815 nella chiesa parrocchiale fu registrato col nome di Joannes Spurius un neonato, dall’apparente età di otto giorni, che l’eremitana di S. Giorgio Deledda, Maria Marchesa Cucadu, aveva trovato presso le mura di quella chiesa.
Un’altra bimba fu ritrovata il 6.8.1824 nella località di Mulinos de Josso e battezzata nello stesso giorno col nome di Giovanna Maria ma senza cognome.
Alle sei del mattino del 23 febbraio del 1826 Lorenzo Cannas trovò fuori della propria abitazione di Falzittu un bambino che doveva essere nato il giorno prima e che fu subito battezzato col nome di Giovanni De Falsitu. Soltanto quattro giorni dopo Francesco Campus trovò nella località di Badu de Riu (dove oggi sorge il ponte sul Riu de Idda lungo la statale n. 127 per Laerru) un bambino che doveva essere nato il giorno prima e che fu battezzato con l’insolito nome di Antonio e l’ancor più insolito cognome Debaduderiu.
Il 25 aprile del 1827 fu battezzato un neonato “…repertum infra clausuram ecclesie ruralis Sancti Giorgi Martiris vulgo dicto Deledda …”, cioè all’interno della corte di quella chiesa, al quale fu imposto il nome di Marco Maria Deledda. Mai come in questo caso il toponimo di una località fu più indicato come cognome di un trovatello.
All’alba del 13 novembre del 1829 ancora Maria Marchesa Cucada, eremitana di San Giorgio de Ledda, trovò fuori della porta della medesima chiesa un bimbo dell’età apparente di una decina di giorni che fu battezzato col nome di Giovanni di San Giorgio.
Il 25 gennaio del 1862 fu battezzato un bimbo che, dal nome della via in cui fu ritrovato, fu chiamato Antonio Belvisi, essendo questo l’antico toponimo, ormai in disuso, dell’odierna via Roma nel tratto compreso tra l’incrocio con la via XX Settembre e l’inizio della discesa che conduce alla stazione ferroviaria.
Il 16 giugno del 1884 fu battezzata una bimba “espuria” che fu chiamtata Giovanna Olmo, un cognome fin troppo trasparente anche per chi non ne avesse conosciuto le reali origini.
Altri bimbi trovatelli continuarono a nascere e a essere battezzati nei decenni successivi. Qui non se ne farà menzione perché il relativo periodo è abbastanza vicino ai giorni nostri e si deve tener conto del diritto alla riservatezza degli eventuali discendenti.
Oltre alla loro triste condizione, questi bambini venivano battezzati sub conditione diversamente dai figli legittimi e anche dagli illegittimi, i quali erano battezzati solemniter ossia in modo solenne.
- Anonimi. Non di tutti gli individui di cui si conserva memoria nelle fonti scritte si conserva anche il nome. Per esempio, in un atto di morte del 5 gennaio 1808 si registra la morte di “… un soldado… de muerte desastrada“.
Il 26 luglio 1805 morì, all’età di 35 anni, un tale Jacamo Forestero il cui cognome non è altro che un’etichetta muta, in quanto dice soltanto che egli era forestiero ma senza indicare neppure la nazione o la località di cui era originario.
Altri casi, involontari (?), di individui anonimi sono rappresentati da registrazioni che si sono perdute a causa di lacune e abrasioni dei registri. Un caso tra gli altri è quello dell’eremitano di San Giorgio de Ledda morto nel 1754, del quale si apprende, tuttavia, che era “pobre de solennidad” secondo un cliché tipico degli eremitani. Naturalmente egli fu seppellito a San Giorgio.
Un caso enigmatico appare quello di un atto di morte del 1750 in cui il defunto è registrato col nome di N. (sigla per lat. nescio ‘non so’) forse perché, essendo perito di morte violenta, poteva non conoscersene l’identità. Ma il mistero aumenta, se possibile, perché anche i due testimoni sono registrati con le sigle “N. y N.” e lo stesso curatore testamentario è ricordato con la lettera N. Insomma, di tutto si può parlare, fuorché di un atto legittimo.
Tra gli anonimi andrà annoverato anche un bimbo, avente Fenu per cognome, che nacque morto nel 1863.
Nei registri dei defunti si rilevano diversi casi di individui ricordati soltanto col nome; per esempio, Antonio Blasio (Def. 29.2.1724), Francisca (Def. 20.2.1725), Agada Luçia (Def. 22.12.1735), Jsabetta (Def. 3.10.1748), Maddalena (Def. 23.2.1783).
Il 3 marzo del 1744 morì all’improvviso, a causa di un non meglio precisato incidente, un frate del convento degli Scolopi di Tempio, tale Sylvestre, di cui, come d’uso in questi casi, non si riportò il cognome.
Il 23 gennaio del 1768 morì in tarda età una donna originaria di Bortigiadas che il curato Francesco Giua registrò col nome di Andriana “incerta”, formula se non altro originale per constatare come della persona in questione non si conoscesse il cognome.
Il 21 agosto del 1775 il curato Paolo Tamponi registrava la morte di una tale Maria Sufia, giovane venticinquenne originaria di Ghilarza.
Il 20 dicembre 1784 morì una giovane di Bortigiadas di cui nel registro dei defunti il curato Andrea Pinna annotò soltanto che si chiamava Angela. Nel giorno dei defunti del mese precedente era morto un altro ragazzo, di cui il curato Cossu Maxu annotò soltanto l’insolito nome, Claru Maria. Alcuni anni dopo, il 3 marzo 1800 morì una cinquantenne, anch’essa originaria di Bortigiadas, tale Vittoria. Lo stesso curato il 6 marzo 1804 registrò la morte di Francesco, un ragazzo di dodici anni. Due anni prima era morto di morte violenta, all’età di circa trent’anni, un tale Andrea. In realtà queste apparenti dimenticanze potrebbero celare la mancanza di un cognome nel senso che le persone fin qui citate potevano essere dei trovatelli. Non a caso nessuno di loro lascia un testamento poiché si trattava, in tutti i casi presi in esame, di individui privi di sostanze
[1] Il presente articolo è tratto dall’opera Perfugas e la sua comunità. Profilo storico onomastico, volume 1, Olbia, Taphros 2010.
[2] Per es. Maria Margherita Usai, figlia dei concubini chiaramontesi Gavino Usai e Gavina Casu, ma residente nella parrocchia di Perfugas fin dall’infanzia.
[3] Il Mulinu de Josso, detto anche Mulinu de sa Coa de Josso, era l’ultimo di una serie di mulini idraulici che per alcuni secoli funzionarono lungo tutto il corso del torrente Silanis.